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*Michel le Roi*

Conte: «Rapporti fantastici con Agnelli e Marotta ma il gap in Europa è difficilmente colmabile, prenderò le mie decisioni»

Post in rilievo

Gentile Sig. Portatore di Luce (non avrei mai immaginato di scrivere un incipit così… bellezza dei forum!), l’ho letta con attenzione, interesse e a tratti una certa apprensione.

Innanzitutto, nonostante non sia nessuno per farlo, mi complimento per la forma, perché dalla sua scrittura traspare, oltre a tutta la sua preparazione, anche la sincerità… un’educata intensità, mi verrebbe da dire, verso quello che prova.

Allo stesso modo ho analizzato la sostanza di quanto afferma, e mi viene spontaneo affermare, senza voler con questo tradire alcuna mancanza di riguardo nei suoi confronti, anzi, se mi permetto è proprio perché intravedo in lei l’intelligenza per cogliere l’ironia… “esci da quel corpoooo!” (dove il “Tu” è ovviamente rivolto al demone dalle grandi, enormi orecchie che si è impossessato di lei, non certo alla sua persona ;) ).

Spero, ovviamente, che l’accetti con un sorriso.

 

Le confesso che sono combattuto, Sig. Portatore di Luce, tra il risponderle pezzo per pezzo o replicare ad una stretta sintesi del suo pensiero, facilmente ricavabile dal suo post (e da alcuni dei suoi precedenti). Nel primo caso il rischio è quello di instaurare un infinito scambio epistolare (o "ePOSTolare", trattandosi di forum) da tempi biblici, poco adatti alla fruizione di un forum e, peraltro, forieri di tempo sottratto ad altre mansioni. Nel secondo caso si corre il rischio di non riuscire a spiegarsi a sufficienza. Proverò a fare una sintesi tra le due cose, sperando di riuscirci.

 

Muovendo dalla sua premessa inizio col dirle che qualche juventino impossessato dallo stesso demone è presente anche su questo forum, e il numero di commenti che gira e rigira vanno sempre lì… è talmente alto da farli apparire in numero maggiore di quanti in realtà siano. Questo naturalmente perché, trattandosi di possessione, il demone sa bene come fare per manifestarsi apertamente in tutta la sua crudezza . E’ altresì palese che la difficoltà che lei trova nel far recepire il suo messaggio sia del tutto comprensibile, ed è riconducibile alla persistente illibatezza delle altre anime bianconere, ancora non intaccate da tale entità malvagia. :)

 

Lei afferma in parole povere che “bisogna vincere la Champions! Punto!” (Il “punto” appartiene alla sintesi del suo pensiero, è un rafforzativo, non intendo affermare che non ha altri argomenti). Per farlo, oltretutto, muove una critica alla proprietà a cui risponderò in seguito.

Poggia questa sua tesi su 2 piani che a me appaiono del tutto fuorvianti: uno filosofico, l’altro materialistico.

Lei traccia la storia del calcio, e il prestigio delle squadre che l’hanno scritta… essenzialmente… sul numero non tanto di coppe (in quello saremmo quarti in Europa… e il tutto potrebbe far intravedere delle crepe nel discorso a cui lei si vuole sottrarre), ma proprio di Champions League vinte. Inizia da quella che ne ha vinte di più e dice che è più importante o meno importante di un’altra eccetera, e Tizio non conta niente, e Caio conta di più, e via dicendo. Non solo… in base a questo stesso numero di coppe arriva a dire che Tizio “ha fatto più storia del calcio” di Caio!!!

Ora le chiedo… se per assurdo la Juve vincesse le prossime due Champions League, oltre al suo giovamento (come naturalmente anche al mio), la Juve, la Juventus FC… vedrebbe cancellarsi i 119 anni di storia precedente (calcolati tra 2 anni)… per il risultato conseguito in un biennio? Ma lei davvero pensa, Sig. Portatore di Luce, che la Juve sia quello che le vogliono far credere quelli che dalla Juve possono solo ricavare continui tormenti al fegato, e di cui non mi sembra, purtroppo, che non si curi… dato che in altri suoi post ho letto altri riferimenti verso chi ci considererebbe “il nulla del calcio” o verso coloro ai cui occhi dovremmo acquisire il “vero rispetto”? Ma siccome posso sbagliarmi e credo al fatto che non se ne curi… che se ne curi o no… questa è una convinzione endemica a cui è bene che lei ponga sin da subito rimedio, e se vuole io mi offro come esorcista in questo ( :) esorcista “a tempo”… oltre un certo numero di caratteri e di post la guarigione è impossibile!). Non è tanto differente dal tormento di chi guardandosi allo specchio si trova brutto, o da chi, perdoni l’esempio, soffre del complesso del righello per misurare parti in cui non batte il sole. E la cosa che mi fa più rabbia, Sig. Portatore di Luce, (rabbia, purtroppo sì, una rabbia di pura constatazione, ma rabbia) è dover constatare che persone della sua intelligenza si facciano condizionare da queste illogicità. Sul serio crede che, mettiamo il caso i Colchoneros vincano la Champions, il prestigio dell’Atletico Madrid nel mondo possa superare quello della Juventus? Davvero crede che ci siano oggi persone nel mondo che riconoscano all’Inter maggiore prestigio di quanto non riconoscano nella Juventus? O che magari ci siano altri che, impazzendo totalmente, vedano nel Nottingham Forest una squadra a noi affine? O che, anche solo nel 2005, prima dei successi recenti, qualcuno potesse pensare al Real e al Barcellona come squadre imparagonabili tra di loro, viste le 8 coppe di differenza, e non invece come 2 club di grande storia, blasone, tradizione mondiale, secolare… con la differenza che, semplicemente, una ha vinto più coppe dell’altra? Oppure, dato che contestava l’esempio sull’Indipendiente in quanto questo aveva vinto l’ultima Libertadores prima che noi vincessimo la prima CL (e non è che da allora il River, dato che il paragone era col River, abbia stradominato, ha vinto qualcosa, ma non ha dominato: la forza del River, anche in paragone col Boca, è nella sua stessa tradizione), può credere che il prestigio, il blasone, la tradizione del Real Madrid, possa essere stata intaccata dal 1966 al 1998… per i 32 anni di astinenza? O, guardi cosa arrivo a dirle, che possa essere cresciuta successivamente? O che la Ferrari (tanto per cambiare sport), in quei 20 anni senza mondiale, possa aver oscurato il suo fascino?

No egregio, e sa perché? Perché i club di certe nazioni, una volta affermatisi in Europa e schiodato lo zero dalla propria casella, manterranno il loro valore "ad aeternum", basta solo che non spariscano dalla scena, basta che continuino a vincere titoli nazionali e a lottare per quelli europei, affermandosi “a rotazione” in base alla forza, alla disponibilità economica, alla bravura, alla fortuna del momento. Per far sì che “pensando” ad una certa nazione, ad una grande nazione, si possa subito accostare quella squadra come appartenente alle alte sfere del mondo. E allora se si pensa alla Spagna si penserà SEMPRE a Real e Barcellona (e a quest’ultima anche nel 2005, anche nel ’96, persino nell’84, o nel '58, prima che i blaugrana vincessero la prima CL del ’92… e non per chissà quale tipo di calcio, ma perché semplicemente il “nome” Barcellona veniva trasmesso dalla notte dei tempi), se si pensa all’Italia si penserà sempre a Juve e Milan (e un po’ anche all’Inter), se si pensa alla Germania si penserà al Bayern, e così via… fino ad arrivare appunto in Argentina… dove NON il pensiero di un argentino, ma di un europeo o di un cinese sarà sempre rivolto a River e Boca. Questo è talmente vero che… addirittura venendo alle sue convinzioni… sarebbe immotivata la diffusione mondiale di cui godrebbero alcune squadre “nonostante” la mancanza di alcune coppe in bacheca. Già… chissà come mai!… Bè, è perché il “mito” non lo stabilirà la finale raggiunta dall’Atletico (assolutamente da osannare e che, per quella realtà, sarà più che mitica, ma che non stravolgerà nei prossimi 10 anni la percezione dell’Atletico a livello mondiale nei confronti di altre squadre), ma il “mito” affonda le radici nella notte dei tempi, e non tramonta mai! Non tramonta per squadre che arrancano in patria, figurarsi se tramonta per chi continua a costruire vittorie su vittorie! Ed in questo la Juve non prende lezioni da nessuno… forse solo dal Real Madrid, a cui peraltro differentemente da quanto lei asseriva in un altro post (del tipo che “non ci sarà mai nessun addetto ai lavori che dirà pubblicamente o scriverà che la Juventus abbia fatto la storia del calcio più di molte altre squadre”… o una cosa del genere), fu l’unica squadra a cui succedette nella classifica “del secolo XX” stilata dagli istituti preposti poco più di 10 anni fa. Secondi dietro al solo Real Madrid! Con buona pace degli altri!

 

Quando affermo che la storia di questo sport si fonda innanzitutto (innanzitutto che lei ha messo tra virgolette) sulle competizioni nazionali è perché il calcio “nasce” proprio da quelle, quindi “si fonda” (la parte più giusta da inserire tra virgolette) su quelle. Le competizioni internazionali così come le conosciamo, al di là di alcune rassegne internazionali che in precedenza godevano di un prestigio minore, nascono 50, 60, 70 anni (a seconda del Paese che prendiamo come riferimento) dopo la nascita dei campionati. E quando appartieni ad un movimento calcistico importante come quello di alcune nazioni, i tuoi successi vengono goduti anche all’estero, e prima ancora dell’avvento delle coppe è questo che è avvenuto. Il “mito” è lì che è stato costruito, in quell’epoca. Il suo credo fondamentalista verso il potere sciamanico emanato dalle coppe, ed in particolare una, avrebbe senso se fossimo nel 1970, nel 1980… quando, con un’ancora relativa vita breve delle stesse, potevano esserci grandi squadre che ancora non si erano affermate in Europa. Le coppe, dopo una prima fase a cui peraltro si dava un’importanza relativa, hanno goduto del loro fulgore, ma addirittura in quelle stesse fasi nessuno, nessuno al mondo poteva mettere in discussione il prestigio di una qualunque grande squadra dell’epoca che non ne avesse nemmeno una nel suo carniere, e questo perché il mito delle grandi squadre già allora si tramandava! Oltre un certo limite è solo palmares, non più prestigio. Oltretutto la consumazione del calcio attuale è effimera. Passionale certo, sentitissima, seguitissima, ma più veloce, digerita più in fretta. Il Porto nel mondo… gode di una maggiore considerazione dell’Arsenal? O pensa che possa essere “percepita” di più la vittoria di un exploit in Champions di 6 o 7 anni fa rispetto all’attualità di 3 o più campionati di fila di una delle grandi nazioni del calcio? O forse la Francia, vincitrice di un mondiale, gode di maggior prestigio o “ha fatto più la storia” dell’Olanda? O della Grande Ungheria? O il Chelsea “ha fatto più storia del calcio” del Grande Torino?!?

 

Non abbia paura, Sig. Portatore di Luce, ho viaggiato e viaggio abbastanza in Europa per constatare che non c’è nessun rischio di complesso del righello con nessuno, se non a livello momentaneo, difronte a cicli come quello del Barcellona di Guardiola a difronte a cui ci si siede tutti in silenzio ad ammirare… per poi tornare alla normalità, alla solita giostra. Non solo perché il nome della Juve è ben chiaro e presente, associato a quelli di Barcellona, Real, Manchester e di tutte le grandi del continente, ma perché addirittura (forse memori anche di "caratteristiche particolari" che ci contraddistinguono… in aggiunta al blasone ed al mito che ci portiamo dietro… come quella, giusto un filino “unica”, di aver avuto alla nostra guida un ambasciatore mondiale come l’Avvocato Agnelli) è capitato molto spesso che dicendo che provenivo dall’Italia la prima cosa che mi sia stata detta sia “Juventus”, prima ancora di Ferrari, Armani, Fellini, Benigni, Leonardo Da Vinci e via dicendo!

Non si faccia condizionare oltre da questo demone, vivrà male e in modo distorto il rapporto d’amore con la sua squadra del cuore. Lo vivrà basandolo sulla logica “pubblicitaria” del calcio attuale, il calcio come “immagine” momentanea, che, persino nella vittoria di una Champions, a questo si riduce, alla pubblicità effimera di alcune settimane (tralascio il lato economico perché qui si è volato alti con discorsi sul prestigio e la storia) e ad un ovvio quanto auspicabile arricchimento del palmares (ripeto, non faccio il superiore, quando usciamo dalle coppe rischio seriamente la rottura di varie ossa della mia mano per i pugni dati al muro), ma che nulla dà e nulla toglie a talune squadre che il loro nome lo hanno scolpito sulla pietra da decenni, ormai, nella storia di questo sport! Dà “solo” una bacheca più ricca, e che tutti vorremmo tale, ma lo “status” la Juventus ce lo ha nella carta d’identità ormai, anche grazie ai suoi successi internazionali!

 

C’è di più, e cioè che l’aspetto sociologico da lei accennato, quasi crudele (ragion di più per non sottomettervisi, senza che, peraltro, ve ne siano nemmeno le basi) della “corsa all’eccellenza” che varrebbe per tutti i campi della vita, nel calcio, anzi, per “alcune” squadre di calcio, conta paradossalmente infinitamente meno rispetto a tutti gli altri campi dello scibile umano. Perché la vita di una singola persona è SEMPRE “da costruire”, per ognuno di noi, per qualunque bambino stia nascendo in questo momento nel mondo. E oltretutto si tratta di vite “finite”, con un principio ed una fine, quindi con un tempo relativamente breve per poterne raccogliere i frutti. Nel calcio, e ripeto, soprattutto per alcune squadre di calcio, la “carriera” è già lì, c’è la storia, il passato, la tradizione, si tratta solo di arricchirla. In più si tratta di entità infinite, e per questo bellissime! La Juve esisterà anche dopo di noi ed esisteva prima. Questo fermo restando che si punta e bisogna puntare sempre al successo, ma un conto è chi “si deve fare”, un conto è chi è già una realtà di successo. La Juve è DA SEMPRE memoria collettiva!

 

Nella differenza tra la “forma” delle competizioni, a suo commento rispondo che non c’è nessun senso di “ingiustizia dovuta all'incidenza dell'imponderabile, il quale tende a far vedere la vittoria come meno indicativa di grandezza rispetto a quanto in realtà non sia”. E’ chiaro che vi siano dei meriti e degli aspetti premianti che hanno il loro importantissimo peso nello scontro dentro/fuori, ma erano sottintesi. Si voleva intendere che spesso persino tutta quella cura dei dettagli, l’attenzione per il particolare, la sistematicità dei comportamenti più produttivi frutto di un accurata selezione… e chi più ne ha più ne metta… va a farsi benedire difronte all’episodio non preparato da nessuno e che condiziona una singola partita. E questo a testimonianza della bellezza di questo sport che, con riferimento all’incidenza dei suddetti episodi, quasi non ha eguali al mondo, e per questo è il più amato.

 

Leggo poi da più parti di accuse alla proprietà… di dimensione “volutamente” nazionale nel corso della nostra storia… ma… mi scusi, una proprietà… deciderebbe di conquistare 7 finali di Champions, cioè in media 1 ogni 4 partecipazioni… quindi un importante dimensione “internazionale”… salvo poi una volta in finale cambiare idea, decidendo di ritornare alla dimensione “nazionale”… perdendo quelle stesse finali? Se non avessimo mai combinato niente potrei capire… ma essere arrivati 7 volte in finale, ripeto, 1 ogni 4 partecipazioni, dimostra ampiamente che, a parte i primissimi anni di vita delle coppe stesse (il Wiener, per intenderci), l’intenzione c’è sempre stata. Ripeto, un paio di finali su 5 andate diversamente e tutti questi ragionamenti starebbero ancora nell’iperuranio. Senza contare gli altri 11 titoli vinti che ci vedono quarti nella gerarchia europea “nonostante”, “nonostante” quelle 5 finali perse. Appena 16 anni fa sarebbe bastato che una certa finale fosse andata diversamente e avremmo avuto serie possibilità di diventare in quel momento il club con più titoli internazionali al mondo… poi c’è stata una finale nel 2003… ed un certo terremoto di mezzo… che è sempre bene rammentare, dato che la memoria collettiva deve valere per tutti gli ambiti.

Per quanto concerne la parte relativa alla gestione attuale, non sono affatto un ammiratore di Elkann (anzi!), Ma pur prendendo le parti di Conte nella vicenda del rinnovo (in quanto da tecnico preparato, da fine osservatore, e da juventino che ha vissuto una certa Juve, ha capito che c’è la necessità di alzare il livello attuando un cambiamento in alcuni uomini), va detto che la Juve attuale, quella di Andrea, esiste da 4 anni, da solo 2 in Europa. E partiva da un rosso di bilancio clamoroso lasciato dai gestori messi lì inizialmente dal nostro velista in erba. Leggo che fa già previsioni sui vari percorsi delle italiane da qui ai prossimi 10, 20 anni… bè, come minimo, eufemisticamente, direi che siamo al pessimismo cosmico. Poi magari va così, perché la storia c’ha insegnato che il Real c’ha provato 30 anni mentre la vincevano Amburgo, Porto e Steaua, ma è il presupposto che è fuorviante. Così come lo stesso Real è tornato in finale dopo 12 anni, cioè più anni della nostra assenza… ma con una spesa enooorme e senza un terremoto come farsopoli alle spalle. Questo per dire che “i soldi, i soldi, i soldi”… sono importanti per raggiungere uno status (che la Juve si sta ricostruendo), ma non sono l’unico fattore, e talvolta nemmeno bastano, come dimostrano Manchester City e Psg (o come ha dimostrato per 15 anni Moratti… e come lui tanti altri!).

 

Insomma caro Portatore di Luce, si liberi da quel demone dalle grandi orecchie quanto prima! Bene la voglia, il desiderio, la bramosia di vincerla, che ci deve essere e ci deve accomunare, ma non se questa stessa fame deve dare adito a considerazioni che con il prestigio, il blasone… addirittura la credibilità della nostra squadra nulla hanno a che vedere!

Sembra di scorgere dei segnali di possibile ravvedimento ( ;) )quando afferma di rendersi conto da sé che si tratta di considerazioni mutuate dalla società dello spettacolo, da un’amara realtà “pubblicitaria”, ma che a questa bisogna adeguarsi… ecco, riparta da qua, e pensi che la Juve per ribadire il suo prestigio non deve sottostare ad un bel niente. Pensi che con 2 finali diverse su 5 a quest’ora lei non starebbe patendo alcun “dolorosissimo” complesso d’inferiorità, e pensi che non sono 2 partite in 117 anni che possono modificare chi siamo. Possono farci incazzare ancora adesso a pensarci, ma non scalfiscono la nostra storia!

Vedrà che pian piano il demone se ne andrà!

 

La Juve è la Juve! La Juve non muore mai! (cit. Hernan Crespo)

 

Saluti.

 

Carissimo Leevancleef. Sono lieto di proseguire questa nostra conversazione. Che bello poter parlare di calcio con persone come lei. Le porgo i miei complimenti per l’estrema proprietà di linguaggio, educazione e chiarezza di pensiero. Mi scusi per il ritardo nel risponderle, ma sono stato molto occupato.

 

Premetto che il mio intervento la infastidirà notevolmente per il cinismo e la freddezza che trasparirà da alcuni ragionamenti, i quali la faranno dubitare che io sia una persona assolutamente serena nel vivere questi temi, ma questo dipenderà da quella che constato essere una fortissima differenza di personalità tra noi, probabilmente ascrivibile ad una differenza culturale, emozionale, caratteriale e comunque a fattori soggettivi che caratterizzano in un modo l’uno ed in modo opposto l’altro.

Lei è certamente una persona splendida, dal cuore grande e dalla pazienza importante; un uomo dai forti valori, fermo nel combattere per ciò in cui crede, come una fede, come un grande amore.

Io, forse per estrazione culturale tecnico/scientifica, avendo ricevuto un’educazione che definirei marziale, essendo un praticante di sport di forza e disciplina assoluta (sono in particolare un bodybuilder amatoriale), non ho la capacità di giustificare determinati eventi con occhio “ragionevolmente benevolo” (con “gli occhi del buon senso”), quanto piuttosto una straordinaria onestà intellettuale (non certo verità, ci mancherebbe… Potrei partire da presupposti completamente errati. Chissà..) che mi porta ad analizzare in modo crudo e talvolta distaccato anche l’oggetto del mio amore. Ho un carattere particolarissimo, che probabilmente non ha mai incontrato e non si augurerebbe neppure di incontrare, dato che non sono certo il massimo dell’allegria (Ah ah ah… Mi perdoni).

 

Ma veniamo al punto. Consideriamo le sue legittime osservazioni dal mio punto di vista (glielo ripeto, non si spaventi e non perda stima verso di me per quello che dirò, la prego).

 

1) Non si tratta di un “demone”, ne del “potere sciamanico emanato dalle coppe”, ne del “complesso di inferiorità” verso altri club, ne delle eventuali prese in giro (anche perché, per fortuna, non sono la persona che per caratteristiche fisiche e intellettuali solitamente si “prenda in giro”).

Io sono fermamente convinto che la mia squadra del cuore non sia tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale, e lo sono sulla base di tutta una serie di considerazioni oggettive che le ho riportato in precedenza, ma sulle quali ritornerò nelle risposte alle sue altre osservazioni.

 

2) Mi scusi per il “Punto” dopo l’affermazione “Bisogna vincere la Champions”, ma si trattava di una frase riportata da un altro utente; l’ho ritenuta esemplificativa e mi sono lasciato trasportare dall’emozione nello scriverla. Mi perdoni.

Io sulla proprietà della Juventus come “origine di tutti i mali” articolo il mio pensiero sui seguenti due punti cardine, frutto di un unico nucleo negativo, che è rappresentato dalla mancanza d’amore della proprietà per la società ed i suoi tifosi.

Il punto (A) è la scarsa considerazione e superficialità verso tutte quelle scelte tecniche, tattiche, economiche, gestionali, che possono condurre al successo internazionale e far conquistare (sia in conseguenza del successo stesso, che non) maggiore rispetto alla società ed ai suoi tifosi, a vantaggio di logiche aziendali e personalistiche che interessano solo i proprietari.

Il punto (B) è la mancata volontà di dimostrare, anche solo simbolicamente, di aver a cuore la tifoseria al di la di tutto, mediante irrisori investimenti extra-budget che sarebbero non solo possibili, ma doverosi.

Riguardo il punto A, il rispetto deriva dal “blasone” (concetto astratto che io definisco come “la percezione del prestigio di una società da parte di osservatori disinteressati”, come potrebbero esserlo dei tifosi neutrali, dei non tifosi, o chiunque non abbia interessi specifici nel calcio), dall’onorabilità dei comportamenti, e da quanto è convincente il proprio operato.

Per favorire la conquista del rispetto, la società di calcio deve vincere in modo da potenziare il suo blasone (che non è un entità immutabile, anzi..!) nel contesto proporzionato alla dimensione che essa stessa si riconosca, mantenere comportamenti apprezzabili, e convincere nelle scelte e nelle prestazioni.

Per mantenere lo status di “uno dei club più importanti al mondo” che qualsiasi juventino riconosce per diritto quasi divino alla propria squadra, occorre vincere ai massimi livelli (nel formato attuale la Uefa Champions League) in un intervallo di tempo ragionevolmente contenuto attorno all’istante al quale si fa riferimento nella valutazione: su questo punto probabilmente siamo quasi tutti d’accordo; lo siamo stati in alcuni momenti della nostra storia, ma non lo siamo attualmente.

Per acquisire a mantenere lo status di “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale” (argomento del quale si discuteva) occorre vincere ai massimi livelli (nel formato di volta in volta contemporaneo) in ogni epoca, o farlo anche in modo concentrato purché la frequenza media dei successi sia sufficientemente grande; occorre ottenere piazzamenti, questi si, sistematicamente di grande livello in tali competizioni; occorre giocare in alcune partecipazioni un numero accettabile di grandi partite, e farlo esibendo grandi campioni le cui gesta riecheggino nel tempo e nello spazio, oltre ogni confine di lontananza geografica, isolamento territoriale o limite di memoria. E’ semplicemente l’esigenza di vincere “con discreta frequenza media” ad implicare che il blasone di una squadra che abbia scritto la storia del calcio si quantifichi sommariamente principalmente mediante il numero di volte che essa abbia conquistata la vittoria nella massima competizione per club (essendo la base temporale la stessa per tutti). Non è crudeltà, ne una fredda analisi matematica, è soltanto l’osservazione oggettiva del parametro che determina direttamente la frequenza della vittoria ai massimi livelli.

Se poi i massimi successi siano, come io asserisco e credo, così preponderanti nel determinare uno spostamento del prestigio percepito rispetto ai successi minori (nazionali), questo è ovunque materia di dibattito e sicuramente la sua posizione meno sbilanciata della mia è altrettanto meritevole di considerazione. Purtroppo però alcuni indicatori (non il vangelo, per carità) generalizzati sembrano concordare con la mia visione di questo aspetto (si pensi ad esempio al merchandising, per citare solo una voce).

Va da se che, secondo la mia visione delle cose una società come la Juve debba mettere in atto tutte le dinamiche sportive e gestionali per cercare il successo ai massimi livelli, cercare di mantenere ottenere ottimi piazzamenti anche quando il successo non sia possibile, fare in modo di giocare grandi partite quando queste contano molto anche solo sul piano dell’immagine, procurarsi (creandoli, se i soldi sono pochi) grandi campioni e grandi uomini che mettano in atto sul campo prestazioni leggendarie. In tal modo si entra prima nel novero dei “club più importanti al mondo”, e poi, dopo decenni di continuità ed imprese leggendarie, alla dimensione di “club che abbia scritto la storia del calcio”.

Quando invece per vent’anni le scelte tecniche siano volutamente anti-europeiste per vocazione verso una maggior predisposizione al pragmatismo ed alla solidità trasmessa alla società da un proprietà che da sempre crede nella supremazia del lavoro sul talento e che da sempre limita l’audacia delle scelte per contenere il rischio d’impresa, io deduco che ci sia volontà di non provare ad eccellere; deduco ci sia la volontà di cogliere i frutti benefici a livello di stabilità economico finanziaria derivante dalla vittoria in ambito nazionale, sacrificando tutta quella componente di competitività internazionale che principalmente (a mio avviso) dona la gloria. In sintesi mi viene trasmessa la “volontà” di mancare di rispetto ai tifosi, privandoli della possibilità di veder coincidere nei fatti la dimensione che loro attribuiscono alla squadra per cui tifano (dimensione da “club tra i più importanti al mondo”) e quella che essa manifesta in questo periodo storico (club di elevatissima caratura nazionale e mediocre caratura assoluta).

Ecco che, in assenza dalla scena mondiale del calcio ai massimi livelli per vent’anni in termini di vittorie, piazzamenti importanti e grandi partite (in numero accettabile), ed in presenza di pochi campioni assoluti “in senso europeo” (Trezeguet, tanto per intenderci, non è un campione assoluto “in senso europeo”), nonché in considerazione del digiuno di successi fino al 1977, non posso sinceramente affermare che la Juventus abbia scritto la storia del calcio mondiale. Non lo posso fare, e nessuno che non sia così particolarmente accecato d’amore per non osservare oggettivamente quanto fatto dalle squadre che realmente hanno scavato un solco nella storia, si sognerebbe di farlo. Avremmo dovuto recuperare il gap acquisito in precedenza proseguendo oltre il 1996 sulla strada aperta dalla Juve del Trap e della prima Juve di Lippi, ed ai giorni nostri si parlerebbe di altro. Ma non è stato così, per via della mancanza d’amore da parte della proprietà, che a cascata, ha condizionato le scelte societarie in direzione sbagliata (sbagliata per i tifosi, non per le casse e le idee bizzarre dei padroni del club). Non c’è niente di male e magari ci rifaremo anche in futuro (non nei prossimi 50 anni credo, ma non è detto) grazie a personalità dal talento grandioso operanti in dirigenza e sul fronte tecnico, ma ad oggi, è così per me e per tutti coloro che hanno una visione globale delle cose; una visione “mondiale”, dai poli all’equatore, come dicevo.

Se lei parla con un qualsiasi tifoso straniero, non sentirà mai, se non per una questione di simpatie, dire che la Juve abbia scritto la storia del calcio similmente a Real Madrid o Milan, semplicemente perché non è vero. Se la Juve avesse vinto 9 Champions League / Coppe dei Campioni come il Real Madrid (9!! Come le nostre coppe Italia) e 15 trofei internazionali totali, o 7 Champions League come il Milan, di cui 5 in un arco temporale di 19 anni (5 in 19 anni, ma ci rendiamo conto??) e 19 trofei internazionali totali, be’… probabilmente alcuni di noi (non lei, non mi fraintenda) si sentirebbero di tifare per una squadra che ha scritto la storia dell’universo e la cui sede sia illuminata anche di notte da una intensa luce divina…

Riguardo il punto B, credo non ci sia molto da dire. Io credo che se la società “gettasse” a fondo perduto nella Juve una ventina di milioni di Euro quando, diciamo una volta ogni 7-8 anni, l’andamento ciclico della squadra raggiunge il suo picco più alto (oltre che investire nei momenti straordinariamente negativi per evitare la morte del club), ciò sarebbe un bel gesto per i tifosi (per dei tifosi eccezionalmente affettuosi con la squadra come quelli della Juve…Per i tifosi innamorati come lei, pronti a difendere la storia della Juve da ogni critica… Tifosi che hanno sopportato sofferenze indicibili in seguito a calciopoli) anche se il riflesso positivo sulla qualità della squadra fosse minimo.

Io non sono frustrato dai nostri risultati, anzi, tengo molto alle competizioni nazionali che da sempre ci vedono come i migliori in assoluto. Quello che odio è la mancanza di rispetto e d’amore che questa proprietà senza scrupoli non smette impunemente di sbatterci sotto il naso quasi crudelmente. Come ho già detto, io non riesco ad accettare l’idea di tifare per una squadra il cui proprietario non la ama. Per me è come essere figlio di un padre che non prova alcun sentimento per me (dico giusto per fare una similitudine, si intende). Non lo accetto, non lo sopporto. Questo sì, mi frustra, e mi fa invidiare tifosi anche meno fortunati ma che possano provare stima del proprietario della propria squadra del cuore.

 

3) Per quanto riguarda il peso del calcio nazionale sul prestigio mi sono già espresso, ma riguardo il peso di quello internazionale tengo a ribadire che non conta tanto chi è nato prima di cosa, quanto il livello che si intende rappresentare con una certa competizione. Le coppe europee sono nate dall’esigenza di confrontare la squadre di calcio su di un piano più vasto di quello nazionale, sottintendendo il concetto intuitivo che chi è più forte nel proprio paese non è detto lo sia nel continente o nel mondo. E’ così; non si può prescindere dal fatto che il prestigio percepito sia una questione di dimensione, di quantità numerabili… Sì, esattamente “celodurismo” allo stato antropologicamente più rozzo ed elementare, quasi puerile.

Le coppe europee sono nate mezzo secolo dopo i campionati nazionali, ma sono nate con l’intento di decretare la figura di un vincitore di livello più alto, e quindi più meritevole dei singoli vincitori dei campionati nazionali. Chi ha trascurato le coppe europee nei loro primi decenni di vita semplicemente non ne ha compreso la definizione, oppure non è stato abbastanza lungimirante. Purtroppo noi siamo tra costoro, ed ne pagheremmo le conseguenze certamente per più di mezzo secolo.

Il prestigio dei più grandi vincitori dei campionati nazionali non è ne limitato ne sottostimato dall’osservatore comune, semplicemente è subordinato a quello dei più grandi vincitori delle competizioni internazionali, come è giusto che sia. Anni fa tutto il movimento calcistico internazionale era visto (specie in Italia) con un occhio differente da ora, ed il blasone delle squadre di club risentiva degli insuccessi in queste competizioni in misura minima rispetto ad oggi. Ma quando parliamo di blasone, lo ripeto, parliamo di una entità mutevole nel tempo, che da allora ai giorni nostri, solo le squadre meritevoli in ambito internazionale avrebbero potenziato esponenzialmente. Peraltro io non contesto assolutamente il fatto che la Juve abbia blasone, ci mancherebbe, quanto il fatto che esso la collochi attualmente “tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale”.

Riguardo l’esempio del Porto e dell’Arsenal premetto che a mio avviso, nessuna delle due squadre sia “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale” nel senso oggetto della discussione (anche se immagino lei pensi il contrario riguardo la squadra inglese); ciò proprio in virtù del limitato palmares internazionale di entrambe (anche del Porto, che ha vinto addirittura 2 Champions / C. Campioni come noi), unito alle loro non memorabili gesta, alla scarsa continuità di piazzamenti significativi, ed alla mancata presenza di campioni dal profilo tecnico e umano in grado di marchiare a fuoco il loro nome nella mente degli appassionati.

Tuttavia il suo discorso credo non fosse tanto questo, quanto piuttosto porre in essere il paradosso per il quale l’Arsenal sarebbe un club più blasonato del Porto pur avendo vinto meno a livello internazionale (ed anche nazionale a dire il vero).

A tal proposito mi ripeto sul fatto che non sono solo le vittorie a fare la differenza in termini di prestigio, ma anche i piazzamenti, le partite memorabili, i campioni proposti, il gioco convincente; tutto questo prima nelle competizioni internazionali e secondariamente in quelle nazionali. Il prestigio acquistato dal Porto per meriti internazionali è troppo contenuto per sovrastare il peso che hanno i successi in un campionato importante, mediaticamente diffuso, e di per se molto autocelebrativo come quello inglese. Tuttavia poiché il prestigio dell’Arsenal si basa essenzialmente sui successi nazionali esso è irrisorio rispetto a quello di club realmente gloriosi come Real Madrid o Milan e poggia il suo perpetuarsi su di una base estesa di tifosi storicamente consolidata e fedele. Il prestigio dell’Arsenal fonda le sue radici in motivazioni simili a quelle che riguardano la Juventus, ovvero la forte spinta dettata dall’elevata base di tifosi (trattandosi di un club antichissimo), ma non certo sulla riconoscenza dello status di squadra di valore assoluto da parte degli avversari e degli osservatori neutrali.

Per tornare alle due definizioni di “uno dei club più importanti al mondo” ed “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale”, basti pensare che l’Arsenal non è attualmente neppure uno dei club più importanti al mondo (come invece eravamo noi fino a pochi anni fa), figuriamoci l’essere uno dei club leggendari che hanno scritto la storia del calcio mondiale.

Di Torino, Chelsea ecc.. parlerò un'altra volta perché mi sto dilungando troppo, ma potrà facilmente intuire le mie contestazioni a quella che è la sua opinione.

 

4) Io non ho ne paura ne mi preoccupo del fatto che questa interpretazione dei fatti possa limitare la gloria della Juventus. Non c’è alcun “demone” che mi tormenti.

Quello che forse non è chiaro è che io condivido assolutamente questa interpretazione dei fatti (fatto salvo per alcune semplificazioni superficiali di taluni) pur ritenendola bonariamente “crudele”, e mi dispiaccio solo del fatto che la società non ambisca ad uniformare, secondo questo criterio, il proprio blasone all’idea che i suoi tifosi hanno di lei. Tutto qui. Non mi crea alcun problema riconoscere che la Juventus non sia tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale, e non mi offendo se un tifoso milanista afferma che il prestigio della Juventus non è neanche lontanamente paragonabile a quello della sua squadra, perché sono d’accordo. Lo sport, del resto, non c’entra con questo tipo di considerazioni, tanto è vero che la maggior parte delle volte che Juve e Milan si affrontano, siamo noi ad uscirne vincitori.

Per quanto riguarda il discorso del nome scolpito sulla pietra, io sono d’accordo con lei, ma il problema è che la pietra che lei prende in considerazione è troppo piccola per ospitare anche il nostro nome. Si tratta di uno spazio elitario, privilegiato, cui per ora non possiamo dire di appartenere. Su piani più ampi e meno selezionati siamo di gran lunga tra le squadre più prestigiose, ma non ai vertici; non lassù dove solo 3-5 club arrivano.

Avremmo potuto far parte di tale classe esclusiva e potremo farlo ancora in futuro, ma l’ordine di grandezza del tempo necessario affinché ciò avvenga, anche in condizioni di perfetta gestione societaria (cioè senza sbagliare alcuna mossa) è del mezzo secolo. Noi non avremo neppure lontanamente le condizioni di ottimale gestione, quindi ci vorrà molta molto fortuna.

Se sarà possibile ci riusciremo, se non lo sarà pazienza, ma io continuerò a contestare la proprietà per la sua continua azione avversa a quanto occorrerebbe per riportarci almeno tra i club più importanti del mondo (tra l’altro ci siamo vicini…non mancherebbe molto a livello di immagine) e per le sue mancanze di rispetto verso i tifosi.

 

5) Per quanto riguarda la presenza della Juve nella memoria collettiva, be’, ci mancherebbe. Farci scomparire dalle menti degli appassionati sarebbe troppo anche per questa indegna proprietà.

Il punto è che siamo nella storia del calcio mondiale perché l’abbiamo vissuta, non perché l’abbiamo scritta. E qui si discuteva proprio di quest’ultimo aspetto.

Noi veniamo ovviamente ricordati ed apprezzati, ma per ora non possiamo essere considerati un club leggendario nella storia del calcio non disponendo di quei requisiti di continuo successo ai massimi livelli che caratterizzano quei pochi club eletti e che catturano le menti (e talvolta i cuori) di tutti coloro che, ad esempio, non si interessano di calcio.

 

6) Si, ovviamente come dice lei gli episodi possono far saltare il banco anche quando apparentemente tutte le carte in tavola siano state giocate bene, ma in realtà quest’ultimo fatto non si realizza mai completamente, ed è quasi sempre nelle pieghe di questa imperfezione che si annida la genesi dell’evento considerato “sfortunato”. Va da se che, salvo eventi eccezionali, la misura dell’estensione del campo che possa interessare quella che chiamiamo “sfortuna” sia complementare alla nostra abilità, intelligenza, e cura per i dettagli. La nostra, in quanto Juventus, è sempre troppo limitata, e nelle coppe ne paghiamo le conseguenze (non è solo un discorso di coppe europee, come dimostra il fatto che non vinciamo la Coppa Italia da vent’anni, persino più della Champions).

 

7) Riguardo la volontà di vincere della proprietà, ho già descritto al punto (2) come non ritenga adeguato l’operato della società al raggiungimento dell’eccellenza; ma l’aspetto più raccapricciante di questa storia è proprio la loro malafede, che lei non riesce a vedere, ad esempio in virtù del raggiungimento di 7 finali di Champions.

Prima di tutto mi permetta di fare un distinguo tra l’attuale proprietario ed i suo predecessori. Io contesto malafede a questo proprietario, mentre alla proprietà dei precedenti 80 anni io contesto principalmente scarsa lungimiranza e scelte societarie orientate in direzioni infruttuose, ma sempre in buona fede. Spero che questo aspetto sia chiaro.

La malvagità di questo proprietario si sintetizza anzitutto nel perseverare volontariamente su scelte improduttive nel calcio che conta, al solo scopo di contenere il rischio d’impresa e limitare l’impatto economico della Juve sulle casse di famiglia. Secondariamente nel disinteresse per il precipitare del nostro blasone, se ciò significa minor disturbo finanziario.

Ed ancora le continue menzogne atte a far credere ai tifosi che tale crollo del prestigio non sia in atto, edulcorando la realtà attraverso il raggiungimento dei successi nazionali a basso costo.

Le continue mancanze di rispetto verso i tifosi, considerati alla stregua di sportelli bancari ed indifesi se non addirittura sbeffeggiati di fronte alla palese discriminazione di connotazione quasi “razziale” subita dai media e dalle istituzioni.

Potrei andare avanti per ore, ma parlo spesso di questi temi in altre discussioni, e la mia opinione è chiara.

Con la famiglia Agnelli abbiamo vinto troppo poco, ma abbiamo giocato come dice lei quelle 7 finali e siamo stati talvolta competitivi. Con Elkann come proprietario e fautore dei nostri destini, si parla di quasi quindici anni di mancate vittorie e mancati piazzamenti, cui ne seguiranno molti altri ancora, oltre che di continue figure vergonose.

Dopo questi quindici anni, più cinque precedenti, per un totale di vent’anni di fallimenti, ogni proprietà innamorata della propria creatura virerebbe con decisione. Ma non è il caso di questa nostra proprietà, che ha invece solo interessi economici e non conosce il rispetto o i sentimenti.

 

8) “Appena 16 anni fa sarebbe bastato che una certa finale fosse andata diversamente e avremmo avuto serie possibilità di diventare in quel momento il club con più titoli internazionali al mondo”… Si, ne ho parlato, ma non è successo, quindi ogni sviluppo in quella direzione è solo fantasia.

“Poi c’è stata la finale del 2003”.. Si, ma persa anche quella, e per giunta contro un club che anche in virtù di quello storico successo ha fortificato la sua leadership di secondo club più prestigioso della storia del calcio mondiale; un club della nostra stessa nazione che da sempre non perde occasione per sbatterci in faccia la sua superiorità (acclarata purtroppo).

Dire che la Juve di Agnelli esiste solo da 4 anni è un esercizio formale che non trova riscontro nell’attribuzione delle responsabilità, che vanno invece lette in chiave di continuità, perché anche l’attuale gestione ha Elkann alle spalle, ed egli sa che stiamo scomparendo dal calcio che conta ma ciò nonostante non interviene con interventi drastici perché non gli conviene.

Per quanto riguarda le proiezioni sui risultati delle altre italiane in Europa, mi permetto solo di dire che non sono “previsioni”, ma solo ragionevoli interpretazioni della realtà attuale e delle sue prospettive. Si tratta chiaramente della mia sensazione riguardo ciò che accadrà. Ma ovviamente spero ardentemente di sbagliare.

Sui soldi del Real torno a dire che per il successo massimo i soldi sono “quasi sempre necessari e talvolta non sufficienti”. Prendere come esempi il Real Madrid (soldi non sufficienti) o l’Atletico Madrid (soldi non necessari), sempre ammesso che poi quest’ultimo vinca, rappresenta un errore poiché si tratta di eccezioni che non possono essere prese in considerazione in quanto statisticamente irrilevanti.

Peraltro il complemento essenziale ai soldi, tanti o pochi che siano, è la competenza, che a noi manca completamente e che quindi pregiudica alla base ogni discorso (in particolare nel secondo caso che sarebbe, tra i due, l’unico modello da noi teoricamente avvicinabile).

 

9) Non ho demoni dalle grandi orecchie che mi assillano, ed ovviamente (ormai sarà chiaro) non sono d’accordo sul fatto che la vittoria di quella Coppa non abbia, come dice lei, “niente a che vedere” con il nostro blasone; quest’ultimo è una entità mutevole nel tempo (non si acquisisce per sempre, ma dipende dal progressivo comportamento della propria e delle altre squadre) e si plasma principalmente in funzione del successo in quella competizione.

Non mi ravvedo rendendomi conto che quella che lei chiama “sindrome del righello” sia frutto di una tendenza propria della società dello spettacolo che tutto amplifica e fa sentire tutti inadeguati. Io mi sento perfettamente adeguato e non soffro di nessuna sindrome del righello, ma ritengo che una società calcistica di massimo livello debba competere su quel piano, visto che attualmente è quello il piano della competizione. Si possono fare scelte diverse ed essere l’Arsenal d’Italia (peraltro realtà molto differente da noi per ogni altro aspetto che non sia quello dell’insuccesso internazionale), basta poi non avere la pretesa di sostenere di essere “tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale”. Tutto qua.

Io non soffro di complessi di inferiorità verso nessuno, anzi sono tra i pochi ad accettare serenamente la realtà. Che peraltro ritengo mutabile con adeguati e duraturi comportamenti.

“Con 2 finali diverse su 5 a quest’ora lei…”….Si, ma non sono andate diversamente, sono andate proprio così.

Certo che “possono essere 2 partite perse in 117 anni a modificare chi siamo”, perché quelle erano 2 delle 7 partite più importanti della nostra storia. Non tutte le partite sono uguali e non tutte hanno lo stesso valore. Inoltre noi abbiamo sempre fatto abbastanza male in generale, e continuare a tornare sulle 5 dannate finali perse sarebbe inappropriato alla luce di tutto l’articolato discorso fatto.

Concludo dicendo che la nostra storia non viene assolutamente “scalfita” da nulla; è la dimensione di essa che non è quella che avrebbe dovuto e potuto essere; ma non importa, l’ho detto.

Non c’è dubbio che quello che conti sia il campo, il divertimento, ed il fatto che, come lei dice, “la Juve non muoia mai”. Forza Juve!

 

Cordiali saluti.

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Carissimo Leevancleef. Sono lieto di proseguire questa nostra conversazione. Che bello poter parlare di calcio con persone come lei. Le porgo i miei complimenti per l’estrema proprietà di linguaggio, educazione e chiarezza di pensiero. Mi scusi per il ritardo nel risponderle, ma sono stato molto occupato.

 

Premetto che il mio intervento la infastidirà notevolmente per il cinismo e la freddezza che trasparirà da alcuni ragionamenti, i quali la faranno dubitare che io sia una persona assolutamente serena nel vivere questi temi, ma questo dipenderà da quella che constato essere una fortissima differenza di personalità tra noi, probabilmente ascrivibile ad una differenza culturale, emozionale, caratteriale e comunque a fattori soggettivi che caratterizzano in un modo l’uno ed in modo opposto l’altro.

Lei è certamente una persona splendida, dal cuore grande e dalla pazienza importante; un uomo dai forti valori, fermo nel combattere per ciò in cui crede, come una fede, come un grande amore.

Io, forse per estrazione culturale tecnico/scientifica, avendo ricevuto un’educazione che definirei marziale, essendo un praticante di sport di forza e disciplina assoluta (sono in particolare un bodybuilder amatoriale), non ho la capacità di giustificare determinati eventi con occhio “ragionevolmente benevolo” (con “gli occhi del buon senso”), quanto piuttosto una straordinaria onestà intellettuale (non certo verità, ci mancherebbe… Potrei partire da presupposti completamente errati. Chissà..) che mi porta ad analizzare in modo crudo e talvolta distaccato anche l’oggetto del mio amore. Ho un carattere particolarissimo, che probabilmente non ha mai incontrato e non si augurerebbe neppure di incontrare, dato che non sono certo il massimo dell’allegria (Ah ah ah… Mi perdoni).

 

Ma veniamo al punto. Consideriamo le sue legittime osservazioni dal mio punto di vista (glielo ripeto, non si spaventi e non perda stima verso di me per quello che dirò, la prego).

 

1) Non si tratta di un “demone”, ne del “potere sciamanico emanato dalle coppe”, ne del “complesso di inferiorità” verso altri club, ne delle eventuali prese in giro (anche perché, per fortuna, non sono la persona che per caratteristiche fisiche e intellettuali solitamente si “prenda in giro”).

Io sono fermamente convinto che la mia squadra del cuore non sia tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale, e lo sono sulla base di tutta una serie di considerazioni oggettive che le ho riportato in precedenza, ma sulle quali ritornerò nelle risposte alle sue altre osservazioni.

 

2) Mi scusi per il “Punto” dopo l’affermazione “Bisogna vincere la Champions”, ma si trattava di una frase riportata da un altro utente; l’ho ritenuta esemplificativa e mi sono lasciato trasportare dall’emozione nello scriverla. Mi perdoni.

Io sulla proprietà della Juventus come “origine di tutti i mali” articolo il mio pensiero sui seguenti due punti cardine, frutto di un unico nucleo negativo, che è rappresentato dalla mancanza d’amore della proprietà per la società ed i suoi tifosi.

Il punto (A) è la scarsa considerazione e superficialità verso tutte quelle scelte tecniche, tattiche, economiche, gestionali, che possono condurre al successo internazionale e far conquistare (sia in conseguenza del successo stesso, che non) maggiore rispetto alla società ed ai suoi tifosi, a vantaggio di logiche aziendali e personalistiche che interessano solo i proprietari.

Il punto (B) è la mancata volontà di dimostrare, anche solo simbolicamente, di aver a cuore la tifoseria al di la di tutto, mediante irrisori investimenti extra-budget che sarebbero non solo possibili, ma doverosi.

Riguardo il punto A, il rispetto deriva dal “blasone” (concetto astratto che io definisco come “la percezione del prestigio di una società da parte di osservatori disinteressati”, come potrebbero esserlo dei tifosi neutrali, dei non tifosi, o chiunque non abbia interessi specifici nel calcio), dall’onorabilità dei comportamenti, e da quanto è convincente il proprio operato.

Per favorire la conquista del rispetto, la società di calcio deve vincere in modo da potenziare il suo blasone (che non è un entità immutabile, anzi..!) nel contesto proporzionato alla dimensione che essa stessa si riconosca, mantenere comportamenti apprezzabili, e convincere nelle scelte e nelle prestazioni.

Per mantenere lo status di “uno dei club più importanti al mondo” che qualsiasi juventino riconosce per diritto quasi divino alla propria squadra, occorre vincere ai massimi livelli (nel formato attuale la Uefa Champions League) in un intervallo di tempo ragionevolmente contenuto attorno all’istante al quale si fa riferimento nella valutazione: su questo punto probabilmente siamo quasi tutti d’accordo; lo siamo stati in alcuni momenti della nostra storia, ma non lo siamo attualmente.

Per acquisire a mantenere lo status di “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale” (argomento del quale si discuteva) occorre vincere ai massimi livelli (nel formato di volta in volta contemporaneo) in ogni epoca, o farlo anche in modo concentrato purché la frequenza media dei successi sia sufficientemente grande; occorre ottenere piazzamenti, questi si, sistematicamente di grande livello in tali competizioni; occorre giocare in alcune partecipazioni un numero accettabile di grandi partite, e farlo esibendo grandi campioni le cui gesta riecheggino nel tempo e nello spazio, oltre ogni confine di lontananza geografica, isolamento territoriale o limite di memoria. E’ semplicemente l’esigenza di vincere “con discreta frequenza media” ad implicare che il blasone di una squadra che abbia scritto la storia del calcio si quantifichi sommariamente principalmente mediante il numero di volte che essa abbia conquistata la vittoria nella massima competizione per club (essendo la base temporale la stessa per tutti). Non è crudeltà, ne una fredda analisi matematica, è soltanto l’osservazione oggettiva del parametro che determina direttamente la frequenza della vittoria ai massimi livelli.

Se poi i massimi successi siano, come io asserisco e credo, così preponderanti nel determinare uno spostamento del prestigio percepito rispetto ai successi minori (nazionali), questo è ovunque materia di dibattito e sicuramente la sua posizione meno sbilanciata della mia è altrettanto meritevole di considerazione. Purtroppo però alcuni indicatori (non il vangelo, per carità) generalizzati sembrano concordare con la mia visione di questo aspetto (si pensi ad esempio al merchandising, per citare solo una voce).

Va da se che, secondo la mia visione delle cose una società come la Juve debba mettere in atto tutte le dinamiche sportive e gestionali per cercare il successo ai massimi livelli, cercare di mantenere ottenere ottimi piazzamenti anche quando il successo non sia possibile, fare in modo di giocare grandi partite quando queste contano molto anche solo sul piano dell’immagine, procurarsi (creandoli, se i soldi sono pochi) grandi campioni e grandi uomini che mettano in atto sul campo prestazioni leggendarie. In tal modo si entra prima nel novero dei “club più importanti al mondo”, e poi, dopo decenni di continuità ed imprese leggendarie, alla dimensione di “club che abbia scritto la storia del calcio”.

Quando invece per vent’anni le scelte tecniche siano volutamente anti-europeiste per vocazione verso una maggior predisposizione al pragmatismo ed alla solidità trasmessa alla società da un proprietà che da sempre crede nella supremazia del lavoro sul talento e che da sempre limita l’audacia delle scelte per contenere il rischio d’impresa, io deduco che ci sia volontà di non provare ad eccellere; deduco ci sia la volontà di cogliere i frutti benefici a livello di stabilità economico finanziaria derivante dalla vittoria in ambito nazionale, sacrificando tutta quella componente di competitività internazionale che principalmente (a mio avviso) dona la gloria. In sintesi mi viene trasmessa la “volontà” di mancare di rispetto ai tifosi, privandoli della possibilità di veder coincidere nei fatti la dimensione che loro attribuiscono alla squadra per cui tifano (dimensione da “club tra i più importanti al mondo”) e quella che essa manifesta in questo periodo storico (club di elevatissima caratura nazionale e mediocre caratura assoluta).

Ecco che, in assenza dalla scena mondiale del calcio ai massimi livelli per vent’anni in termini di vittorie, piazzamenti importanti e grandi partite (in numero accettabile), ed in presenza di pochi campioni assoluti “in senso europeo” (Trezeguet, tanto per intenderci, non è un campione assoluto “in senso europeo”), nonché in considerazione del digiuno di successi fino al 1977, non posso sinceramente affermare che la Juventus abbia scritto la storia del calcio mondiale. Non lo posso fare, e nessuno che non sia così particolarmente accecato d’amore per non osservare oggettivamente quanto fatto dalle squadre che realmente hanno scavato un solco nella storia, si sognerebbe di farlo. Avremmo dovuto recuperare il gap acquisito in precedenza proseguendo oltre il 1996 sulla strada aperta dalla Juve del Trap e della prima Juve di Lippi, ed ai giorni nostri si parlerebbe di altro. Ma non è stato così, per via della mancanza d’amore da parte della proprietà, che a cascata, ha condizionato le scelte societarie in direzione sbagliata (sbagliata per i tifosi, non per le casse e le idee bizzarre dei padroni del club). Non c’è niente di male e magari ci rifaremo anche in futuro (non nei prossimi 50 anni credo, ma non è detto) grazie a personalità dal talento grandioso operanti in dirigenza e sul fronte tecnico, ma ad oggi, è così per me e per tutti coloro che hanno una visione globale delle cose; una visione “mondiale”, dai poli all’equatore, come dicevo.

Se lei parla con un qualsiasi tifoso straniero, non sentirà mai, se non per una questione di simpatie, dire che la Juve abbia scritto la storia del calcio similmente a Real Madrid o Milan, semplicemente perché non è vero. Se la Juve avesse vinto 9 Champions League / Coppe dei Campioni come il Real Madrid (9!! Come le nostre coppe Italia) e 15 trofei internazionali totali, o 7 Champions League come il Milan, di cui 5 in un arco temporale di 19 anni (5 in 19 anni, ma ci rendiamo conto??) e 19 trofei internazionali totali, be’… probabilmente alcuni di noi (non lei, non mi fraintenda) si sentirebbero di tifare per una squadra che ha scritto la storia dell’universo e la cui sede sia illuminata anche di notte da una intensa luce divina…

Riguardo il punto B, credo non ci sia molto da dire. Io credo che se la società “gettasse” a fondo perduto nella Juve una ventina di milioni di Euro quando, diciamo una volta ogni 7-8 anni, l’andamento ciclico della squadra raggiunge il suo picco più alto (oltre che investire nei momenti straordinariamente negativi per evitare la morte del club), ciò sarebbe un bel gesto per i tifosi (per dei tifosi eccezionalmente affettuosi con la squadra come quelli della Juve…Per i tifosi innamorati come lei, pronti a difendere la storia della Juve da ogni critica… Tifosi che hanno sopportato sofferenze indicibili in seguito a calciopoli) anche se il riflesso positivo sulla qualità della squadra fosse minimo.

Io non sono frustrato dai nostri risultati, anzi, tengo molto alle competizioni nazionali che da sempre ci vedono come i migliori in assoluto. Quello che odio è la mancanza di rispetto e d’amore che questa proprietà senza scrupoli non smette impunemente di sbatterci sotto il naso quasi crudelmente. Come ho già detto, io non riesco ad accettare l’idea di tifare per una squadra il cui proprietario non la ama. Per me è come essere figlio di un padre che non prova alcun sentimento per me (dico giusto per fare una similitudine, si intende). Non lo accetto, non lo sopporto. Questo sì, mi frustra, e mi fa invidiare tifosi anche meno fortunati ma che possano provare stima del proprietario della propria squadra del cuore.

 

3) Per quanto riguarda il peso del calcio nazionale sul prestigio mi sono già espresso, ma riguardo il peso di quello internazionale tengo a ribadire che non conta tanto chi è nato prima di cosa, quanto il livello che si intende rappresentare con una certa competizione. Le coppe europee sono nate dall’esigenza di confrontare la squadre di calcio su di un piano più vasto di quello nazionale, sottintendendo il concetto intuitivo che chi è più forte nel proprio paese non è detto lo sia nel continente o nel mondo. E’ così; non si può prescindere dal fatto che il prestigio percepito sia una questione di dimensione, di quantità numerabili… Sì, esattamente “celodurismo” allo stato antropologicamente più rozzo ed elementare, quasi puerile.

Le coppe europee sono nate mezzo secolo dopo i campionati nazionali, ma sono nate con l’intento di decretare la figura di un vincitore di livello più alto, e quindi più meritevole dei singoli vincitori dei campionati nazionali. Chi ha trascurato le coppe europee nei loro primi decenni di vita semplicemente non ne ha compreso la definizione, oppure non è stato abbastanza lungimirante. Purtroppo noi siamo tra costoro, ed ne pagheremmo le conseguenze certamente per più di mezzo secolo.

Il prestigio dei più grandi vincitori dei campionati nazionali non è ne limitato ne sottostimato dall’osservatore comune, semplicemente è subordinato a quello dei più grandi vincitori delle competizioni internazionali, come è giusto che sia. Anni fa tutto il movimento calcistico internazionale era visto (specie in Italia) con un occhio differente da ora, ed il blasone delle squadre di club risentiva degli insuccessi in queste competizioni in misura minima rispetto ad oggi. Ma quando parliamo di blasone, lo ripeto, parliamo di una entità mutevole nel tempo, che da allora ai giorni nostri, solo le squadre meritevoli in ambito internazionale avrebbero potenziato esponenzialmente. Peraltro io non contesto assolutamente il fatto che la Juve abbia blasone, ci mancherebbe, quanto il fatto che esso la collochi attualmente “tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale”.

Riguardo l’esempio del Porto e dell’Arsenal premetto che a mio avviso, nessuna delle due squadre sia “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale” nel senso oggetto della discussione (anche se immagino lei pensi il contrario riguardo la squadra inglese); ciò proprio in virtù del limitato palmares internazionale di entrambe (anche del Porto, che ha vinto addirittura 2 Champions / C. Campioni come noi), unito alle loro non memorabili gesta, alla scarsa continuità di piazzamenti significativi, ed alla mancata presenza di campioni dal profilo tecnico e umano in grado di marchiare a fuoco il loro nome nella mente degli appassionati.

Tuttavia il suo discorso credo non fosse tanto questo, quanto piuttosto porre in essere il paradosso per il quale l’Arsenal sarebbe un club più blasonato del Porto pur avendo vinto meno a livello internazionale (ed anche nazionale a dire il vero).

A tal proposito mi ripeto sul fatto che non sono solo le vittorie a fare la differenza in termini di prestigio, ma anche i piazzamenti, le partite memorabili, i campioni proposti, il gioco convincente; tutto questo prima nelle competizioni internazionali e secondariamente in quelle nazionali. Il prestigio acquistato dal Porto per meriti internazionali è troppo contenuto per sovrastare il peso che hanno i successi in un campionato importante, mediaticamente diffuso, e di per se molto autocelebrativo come quello inglese. Tuttavia poiché il prestigio dell’Arsenal si basa essenzialmente sui successi nazionali esso è irrisorio rispetto a quello di club realmente gloriosi come Real Madrid o Milan e poggia il suo perpetuarsi su di una base estesa di tifosi storicamente consolidata e fedele. Il prestigio dell’Arsenal fonda le sue radici in motivazioni simili a quelle che riguardano la Juventus, ovvero la forte spinta dettata dall’elevata base di tifosi (trattandosi di un club antichissimo), ma non certo sulla riconoscenza dello status di squadra di valore assoluto da parte degli avversari e degli osservatori neutrali.

Per tornare alle due definizioni di “uno dei club più importanti al mondo” ed “uno dei club che hanno scritto la storia del calcio mondiale”, basti pensare che l’Arsenal non è attualmente neppure uno dei club più importanti al mondo (come invece eravamo noi fino a pochi anni fa), figuriamoci l’essere uno dei club leggendari che hanno scritto la storia del calcio mondiale.

Di Torino, Chelsea ecc.. parlerò un'altra volta perché mi sto dilungando troppo, ma potrà facilmente intuire le mie contestazioni a quella che è la sua opinione.

 

4) Io non ho ne paura ne mi preoccupo del fatto che questa interpretazione dei fatti possa limitare la gloria della Juventus. Non c’è alcun “demone” che mi tormenti.

Quello che forse non è chiaro è che io condivido assolutamente questa interpretazione dei fatti (fatto salvo per alcune semplificazioni superficiali di taluni) pur ritenendola bonariamente “crudele”, e mi dispiaccio solo del fatto che la società non ambisca ad uniformare, secondo questo criterio, il proprio blasone all’idea che i suoi tifosi hanno di lei. Tutto qui. Non mi crea alcun problema riconoscere che la Juventus non sia tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale, e non mi offendo se un tifoso milanista afferma che il prestigio della Juventus non è neanche lontanamente paragonabile a quello della sua squadra, perché sono d’accordo. Lo sport, del resto, non c’entra con questo tipo di considerazioni, tanto è vero che la maggior parte delle volte che Juve e Milan si affrontano, siamo noi ad uscirne vincitori.

Per quanto riguarda il discorso del nome scolpito sulla pietra, io sono d’accordo con lei, ma il problema è che la pietra che lei prende in considerazione è troppo piccola per ospitare anche il nostro nome. Si tratta di uno spazio elitario, privilegiato, cui per ora non possiamo dire di appartenere. Su piani più ampi e meno selezionati siamo di gran lunga tra le squadre più prestigiose, ma non ai vertici; non lassù dove solo 3-5 club arrivano.

Avremmo potuto far parte di tale classe esclusiva e potremo farlo ancora in futuro, ma l’ordine di grandezza del tempo necessario affinché ciò avvenga, anche in condizioni di perfetta gestione societaria (cioè senza sbagliare alcuna mossa) è del mezzo secolo. Noi non avremo neppure lontanamente le condizioni di ottimale gestione, quindi ci vorrà molta molto fortuna.

Se sarà possibile ci riusciremo, se non lo sarà pazienza, ma io continuerò a contestare la proprietà per la sua continua azione avversa a quanto occorrerebbe per riportarci almeno tra i club più importanti del mondo (tra l’altro ci siamo vicini…non mancherebbe molto a livello di immagine) e per le sue mancanze di rispetto verso i tifosi.

 

5) Per quanto riguarda la presenza della Juve nella memoria collettiva, be’, ci mancherebbe. Farci scomparire dalle menti degli appassionati sarebbe troppo anche per questa indegna proprietà.

Il punto è che siamo nella storia del calcio mondiale perché l’abbiamo vissuta, non perché l’abbiamo scritta. E qui si discuteva proprio di quest’ultimo aspetto.

Noi veniamo ovviamente ricordati ed apprezzati, ma per ora non possiamo essere considerati un club leggendario nella storia del calcio non disponendo di quei requisiti di continuo successo ai massimi livelli che caratterizzano quei pochi club eletti e che catturano le menti (e talvolta i cuori) di tutti coloro che, ad esempio, non si interessano di calcio.

 

6) Si, ovviamente come dice lei gli episodi possono far saltare il banco anche quando apparentemente tutte le carte in tavola siano state giocate bene, ma in realtà quest’ultimo fatto non si realizza mai completamente, ed è quasi sempre nelle pieghe di questa imperfezione che si annida la genesi dell’evento considerato “sfortunato”. Va da se che, salvo eventi eccezionali, la misura dell’estensione del campo che possa interessare quella che chiamiamo “sfortuna” sia complementare alla nostra abilità, intelligenza, e cura per i dettagli. La nostra, in quanto Juventus, è sempre troppo limitata, e nelle coppe ne paghiamo le conseguenze (non è solo un discorso di coppe europee, come dimostra il fatto che non vinciamo la Coppa Italia da vent’anni, persino più della Champions).

 

7) Riguardo la volontà di vincere della proprietà, ho già descritto al punto (2) come non ritenga adeguato l’operato della società al raggiungimento dell’eccellenza; ma l’aspetto più raccapricciante di questa storia è proprio la loro malafede, che lei non riesce a vedere, ad esempio in virtù del raggiungimento di 7 finali di Champions.

Prima di tutto mi permetta di fare un distinguo tra l’attuale proprietario ed i suo predecessori. Io contesto malafede a questo proprietario, mentre alla proprietà dei precedenti 80 anni io contesto principalmente scarsa lungimiranza e scelte societarie orientate in direzioni infruttuose, ma sempre in buona fede. Spero che questo aspetto sia chiaro.

La malvagità di questo proprietario si sintetizza anzitutto nel perseverare volontariamente su scelte improduttive nel calcio che conta, al solo scopo di contenere il rischio d’impresa e limitare l’impatto economico della Juve sulle casse di famiglia. Secondariamente nel disinteresse per il precipitare del nostro blasone, se ciò significa minor disturbo finanziario.

Ed ancora le continue menzogne atte a far credere ai tifosi che tale crollo del prestigio non sia in atto, edulcorando la realtà attraverso il raggiungimento dei successi nazionali a basso costo.

Le continue mancanze di rispetto verso i tifosi, considerati alla stregua di sportelli bancari ed indifesi se non addirittura sbeffeggiati di fronte alla palese discriminazione di connotazione quasi “razziale” subita dai media e dalle istituzioni.

Potrei andare avanti per ore, ma parlo spesso di questi temi in altre discussioni, e la mia opinione è chiara.

Con la famiglia Agnelli abbiamo vinto troppo poco, ma abbiamo giocato come dice lei quelle 7 finali e siamo stati talvolta competitivi. Con Elkann come proprietario e fautore dei nostri destini, si parla di quasi quindici anni di mancate vittorie e mancati piazzamenti, cui ne seguiranno molti altri ancora, oltre che di continue figure vergonose.

Dopo questi quindici anni, più cinque precedenti, per un totale di vent’anni di fallimenti, ogni proprietà innamorata della propria creatura virerebbe con decisione. Ma non è il caso di questa nostra proprietà, che ha invece solo interessi economici e non conosce il rispetto o i sentimenti.

 

8) “Appena 16 anni fa sarebbe bastato che una certa finale fosse andata diversamente e avremmo avuto serie possibilità di diventare in quel momento il club con più titoli internazionali al mondo”… Si, ne ho parlato, ma non è successo, quindi ogni sviluppo in quella direzione è solo fantasia.

“Poi c’è stata la finale del 2003”.. Si, ma persa anche quella, e per giunta contro un club che anche in virtù di quello storico successo ha fortificato la sua leadership di secondo club più prestigioso della storia del calcio mondiale; un club della nostra stessa nazione che da sempre non perde occasione per sbatterci in faccia la sua superiorità (acclarata purtroppo).

Dire che la Juve di Agnelli esiste solo da 4 anni è un esercizio formale che non trova riscontro nell’attribuzione delle responsabilità, che vanno invece lette in chiave di continuità, perché anche l’attuale gestione ha Elkann alle spalle, ed egli sa che stiamo scomparendo dal calcio che conta ma ciò nonostante non interviene con interventi drastici perché non gli conviene.

Per quanto riguarda le proiezioni sui risultati delle altre italiane in Europa, mi permetto solo di dire che non sono “previsioni”, ma solo ragionevoli interpretazioni della realtà attuale e delle sue prospettive. Si tratta chiaramente della mia sensazione riguardo ciò che accadrà. Ma ovviamente spero ardentemente di sbagliare.

Sui soldi del Real torno a dire che per il successo massimo i soldi sono “quasi sempre necessari e talvolta non sufficienti”. Prendere come esempi il Real Madrid (soldi non sufficienti) o l’Atletico Madrid (soldi non necessari), sempre ammesso che poi quest’ultimo vinca, rappresenta un errore poiché si tratta di eccezioni che non possono essere prese in considerazione in quanto statisticamente irrilevanti.

Peraltro il complemento essenziale ai soldi, tanti o pochi che siano, è la competenza, che a noi manca completamente e che quindi pregiudica alla base ogni discorso (in particolare nel secondo caso che sarebbe, tra i due, l’unico modello da noi teoricamente avvicinabile).

 

9) Non ho demoni dalle grandi orecchie che mi assillano, ed ovviamente (ormai sarà chiaro) non sono d’accordo sul fatto che la vittoria di quella Coppa non abbia, come dice lei, “niente a che vedere” con il nostro blasone; quest’ultimo è una entità mutevole nel tempo (non si acquisisce per sempre, ma dipende dal progressivo comportamento della propria e delle altre squadre) e si plasma principalmente in funzione del successo in quella competizione.

Non mi ravvedo rendendomi conto che quella che lei chiama “sindrome del righello” sia frutto di una tendenza propria della società dello spettacolo che tutto amplifica e fa sentire tutti inadeguati. Io mi sento perfettamente adeguato e non soffro di nessuna sindrome del righello, ma ritengo che una società calcistica di massimo livello debba competere su quel piano, visto che attualmente è quello il piano della competizione. Si possono fare scelte diverse ed essere l’Arsenal d’Italia (peraltro realtà molto differente da noi per ogni altro aspetto che non sia quello dell’insuccesso internazionale), basta poi non avere la pretesa di sostenere di essere “tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale”. Tutto qua.

Io non soffro di complessi di inferiorità verso nessuno, anzi sono tra i pochi ad accettare serenamente la realtà. Che peraltro ritengo mutabile con adeguati e duraturi comportamenti.

“Con 2 finali diverse su 5 a quest’ora lei…”….Si, ma non sono andate diversamente, sono andate proprio così.

Certo che “possono essere 2 partite perse in 117 anni a modificare chi siamo”, perché quelle erano 2 delle 7 partite più importanti della nostra storia. Non tutte le partite sono uguali e non tutte hanno lo stesso valore. Inoltre noi abbiamo sempre fatto abbastanza male in generale, e continuare a tornare sulle 5 dannate finali perse sarebbe inappropriato alla luce di tutto l’articolato discorso fatto.

Concludo dicendo che la nostra storia non viene assolutamente “scalfita” da nulla; è la dimensione di essa che non è quella che avrebbe dovuto e potuto essere; ma non importa, l’ho detto.

Non c’è dubbio che quello che conti sia il campo, il divertimento, ed il fatto che, come lei dice, “la Juve non muoia mai”. Forza Juve!

 

Cordiali saluti.

 

 

Caro Portatore di Luce, la ringrazio di cuore per i complimenti che sono andati ben oltre i classici convenevoli. Naturalmente li ricambio nuovamente in modo sincero.

Quando ho letto che il suo intervento mi avrebbe infastidito mi aspettavo chissà cosa… ed invece trovo relativamente poco per cui infastidirsi, solo una visione diversa delle cose ascrivibile a posizioni radicate che non solo lei stesso ha dichiarato, ma che sono deducibili dal suo ragionamento.

Ho avuto anch’io una formazione tecnico/scientifica, sebbene eclettica, ho praticato sport a livello semi-professionistico (in particolare quello di cui stiamo parlando) fino a poco tempo fa, alleno una piccola squadra di ragazzi, studio il calcio e la sua storia dal giorno stesso in cui ho visto un pallone, non ho avuto un’educazione “marziale”, ma severa il giusto. Non so se basti questo pregresso a metterci su 2 posizioni differenti, ma, perlomeno per quel che riguarda lei, mi tocca darle retta (sebbene faccia fatica a crederle vista la sua cortesia) quando asserisce con tale fermezza di avere un carattere particolarissimo, al punto che “non mi augurerebbe neppure di incontrarla”. Lo faccio a fatica, davvero.

In realtà, a parte alcune questioni, il tutto ruota più o meno sul solito punto. Punto a cui, dopo aver riletto gli interventi, scopro di aver già dato delle risposte. Alcune di queste, peraltro, si erano trasformate in domande a cui non ho trovato replica se non attraverso la ri-esposizione di concetti precedenti, il che in una discussione così lunga fa nascere il rischio di entrare in un circolo vizioso in cui io mordo la coda a lei e viceversa. In realtà un altro punto è emerso in modo ancora più forte rispetto a prima, e cioè l’antipatia verso Elkann, e su questo ha tutta la mia comprensione. Ma per seguire uno “schema” più logico (senò cosa li abbiamo fatti a fare stì studi scientifici?) procedo per ordine a rispondere alle sue considerazioni. Naturalmente voglia permettermi di proseguire sui binari dell’ironia e, quando necessario, della sua stessa schiettezza.

  • 1) Certamente non si tratta delle prese in giro da parte degli altri, ovvio. Ma che il suo demone sia vivo e vegeto emerge fin dalla sua prima considerazione. Io le ho citato il “potere sciamanico emanato dalle coppe”, lei nega, ma poi afferma di essere fermamente convinto che la sua squadra del cuore non sia tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale. Quando si tratta di analizzare il perché di questa affermazione cosa si scopre? Che secondo lei non lo è in virtù del minor numero di coppe vinte! E cita gli esempi di Real Madrid e Milan per questo, su cui tra l’altro tornerò più avanti. Anche laddove fosse un qualcosa che non la faccia soffrire, una semplice attestazione di fatto, una lettura “fredda” che non le suscita dolore, anche si trattasse di una mera presa d’atto… sarebbe sempre una presa d’atto che si basa su una questione: le coppe, la coppa, e il potere sciamanico che le stesse emanano a lei e che emanerebbero “indiscutibilmente” al mondo circostante. Ecco perché parlo di “demone delle coppe”. Non in senso denigratorio naturalmente, ma puramente esistenzialista.

  • 2) Veniamo alla proprietà come origine di tutti i mali. Premetto che, purtroppo, parla con uno che sa bene di cosa si sia macchiata questa proprietà 8 anni or sono. Il discorso è talmente ampio che è inutile persino tornarci, anche perché mi farei il sangue amaro e non procederei nel modo corretto in questa discussione. Solo che persino verso il mio nemico cerco di non farmi ottenebrare la vista da quelli che sono alcuni dati oggettivi, e quindi rispondo ai suoi punti.

Nel punto (A) lei imputa alla proprietà superficialità verso le scelte tecniche, tattiche (???), economiche ecc, che possono condurre al successo internazionale a discapito di logiche aziendali. Premesso che non riesco ad inquadrare le scelte “tattiche”, e premesso che ho scritto tanti post in questo forum in cui mi auguravo che un bel giorno qualcuno si svegliasse con la voglia di tirare fuori soldi extra per la squadra, partiamo da una base storica ineluttabile ed importantissima per analizzare i fatti, e procediamo oltre (altrimenti rimane tutto una presa di posizione e basta).
Nel 2006 questa squadra viene affossata!
Sappiamo il ruolo avuto da tutti, sappiamo come sono andati i fatti, sappiamo con chi prendercela, ma rimaniamo al fatto. Si inizia da lì. Siamo in Serie B, quindi prima di poter pensare a traguardi internazionali ce ne corre! Si torna in A. La proprietà, che ha scelto uomini che di calcio non capiscono una beneamata, gente fidata, credendo che per tornare a vincere sarebbe bastato metterci dei soldi (che sono stai immessi nella Juve, al contrario di quanto dice lei, ma purtroppo male, a vuoto, sperperati), gli assegni li stacca. E pure belli grossi. Forse non considerando la Juventus come un asset principale (già il fatto di chiamarlo assset…), forse non mostrando l’amore che aveva chi li ha preceduti, molto probabilmente avendo ancora in mano la pistola fumante dell’assassinio sportivo di pochi mesi prima… ma sorvolando sulla faida, sulla guerra intestina, di interessi, ecc… i soldi ce li mette. Eh sì caro Portatore. Perchè se va a vedere quanto abbiamo speso in quegli anni si mette a piangere rapportando il tutto ai sacrifici che tocca fare oggi. Di più: dopo essere tornati in CL, dopo Ranieri, si arriva persino a spendere 50 milioni per soli 2 giocatori (oltre al resto per tutti gli altri… e l’anno prima ne era arrivato un altro per la stessa cifra!), 25 milioni a giocatore, 50 miliardi delle vecchie lire… senza che vi sia stata alcuna cessione (lo Zidane di turno). Praticamente… 100 miliardi delle vecchie lire spese così… senza pensarci, immesse dalla proprietà nella Juventus come
quasi mai
fatto in precedenza nella storia (di certo mai con Moggi)… solo... affidati alle persone sbagliate, ad una dirigenza incompetente, a chi di calcio non capiva niente se non sfruttando il potere dei soldi per chiudere quanto prima una trattativa. Ora, a meno che uno non sia completamente scemo, e per quanto mi possa stare sui cosiddetti (a livelli altissimi), se arrivi a spendere 50 mln per soli 2 giocatori, e più di 150 mln in 2 anni… non credo certo che lo fai per buttare i soldi, ma per augurarti di tornare competitivo da subito. Il punto è che non bastano i soldi, come qualcuno poteva pensare, e se sbagli dirigenti, allenatori e in parte anche i giocatori, strapagandoli, hai fatto quello che ha fatto Moratti per anni: spendere come un tifoso pensando che basti questo per vincere, senza considerare che non vincendo ti ritroverai con dei buchi di bilancio da fare impressione. Lei dice “se la società gettasse 20 milioni ogni 7-8 anni a fondo perduto”… ma questa proprietà c’è appunto da 8 anni (non 15 come ha scritto) e ne ha immessi ben più di 20, solo gestiti ad minchiam.

Chiuso quel capitolo, cambia la dirigenza (e Andrea, che era stato messo da parte, fa capire al cugino di poter essere l’unico in grado di salvare baracche e burattini, conti e risultati) e la ripresa la stiamo vedendo da 3 anni a questa parte. Certo, con tanti sacrifici, dovendo operare di cesello… ma se ti porti appresso un rosso da far spavento, se cmq hai fatto un aumento di capitale, se parallelamente hai dato il là alla realizzazione di strutture uniche in Italia… sei costretto a fare con quello che hai! I soldi prima ce li hai messi, sono stati gestiti male, e adesso bisogna procedere risanando, calcolando che è subentrata anche una piccola questione che si chiama fair play finanziario, sottovalutata da molti, ma non da chi una multa di 60 milioni non la vuole pagare. Se non fai così ti ritrovi come Moratti, costretto con le pezze in quel posto a vendere ad uno che non capisce nemmeno dove è capitato e che sta provando a chiedere prestiti su prestiti alla banche (buonanotte triplete… la giusta punizione per chi si è appropriato di ciò che non gli apparteneva). Da qui anche le risposte al punto (B), punto che certo anch’io a volte contesto, ma. consapevole del rosso da cui proveniamo (e non ancora ripianato) a volte storco il muso e mi tengo l’incazzatura, dato che se le società di calcio non vanno verso il pareggio di bilancio non hanno praticamente futuro! Con questa gestione delle cose, accompagnate a scelte completamente diverse dal punto di vista dirigenziale e tecnico, la Juve si è riattestata in Italia come società principale e si è riaffacciata da appena 2 anni in Europa! Solo 2 anni! E peraltro in un periodo di crisi del calcio italiano nei confronti dell’Europa. 2 anni… di cosa vogliamo parlare… sembra quasi il “dove eravamo rimasti” di Enzo Tortora!

In merito al blasone… chiariamoci. Io non ho scritto “semplicemente” che sia immutabile, ma ho scritto che alcuni club, pochi eletti, manterranno il loro valore "ad aeternum", aggiungendo una parte fondamentale in quanto segue:
“basta solo che non spariscano dalla scena, basta che continuino a vincere titoli nazionali e a lottare per quelli europei, affermandosi “a rotazione” in base alla forza, alla disponibilità economica, alla bravura, alla fortuna del momento.”
Ecco, la Juve è ritornata a far questo, e non deve temere alcunchè rispetto a nessuno in materia di blasone, eccetto il solo Real Madrid. E non perché le merengues hanno semplicemente delle coppe in più, ma perché a quelle coppe in più aggiungono il fatto che, come la Juve e il Barcellona, “ci sono sempre stati”. Quindi la somma del "tutto" del Real è superiore alle altre squadre. E’ sempre stato il Real, così come Juve e Barcellona sono sempre stati tali. E il blasone di chi ha primeggiato fin dagli albori del calcio rimarrà
ineguagliabile
, perché, molto semplicemente, non ci saranno più gli albori del calcio! Oggi Tokyo potrà essere una città fantastica, Londra una capitale straordinaria e Amsterdam una città fighetta che riscuote successo, ma
nessuna sarà mai come Roma
. Perché Roma era Roma quando queste città erano ancora delle paludi! Se la stessa Roma si fosse trasformata in una palude sarebbe un conto, ma Roma, per quanto zoppicante, rimane capitale d’Italia e teatro di meraviglie uniche, quindi inattaccabile.
Questa è la Juventus
. Questo sono Barcellona e (ancor di più) il Real Madrid. Poi, un gradino sotto, in quanto a blasone, tutte le altre! Il blasone non si riduce ad una mera “percezione”, la percezione è un istante, è adesso. Il blasone deve sottintendere la conoscenza della storia del calcio. E se certe squadre tramandano il proprio mito è perché fanno parte della storia stessa del calcio, l’hanno scritta! Tra 5 anni anche dall’altro capo del mondo il PSG sarà diventata una squadra percepita come “conosciuta”, magari avrà vinto anche una coppa… chi lo sa. Ma sarà sempre il PSG, cioè una società con appena 2 miseri titoli nazionali, una società nata negli anni ’70, una società che prima di costruirselo, un blasone, non le basteranno 3 Champions League di seguito! Ecco perché non è “l’istante” ad imprimere una legge immutabile a chicchessia. L’istante è l’istante. Anche lo Steaua Bucarest è stato un istante, anche l’Amburgo (sigh). Persino l’Inter, già adesso, in Europa non se la ricorda nessuno perché non suffraga in patria il risultato di un exploit! Sono istanti, non storia! Ecco perché le ho fatto quella sfilza di esempi e di domande nel precedente post, perché il Barcellona pre-2006 rimaneva tale anche con un parziale di 8 Coppe dei Campioni di differenza rispetto ai rivali madrileni, senza che nessuno si sognasse di intaccarne la storia!

Il merchandising è un altro specchio dell’istante, non del blasone. Anche il Chelsea vende molto merchandising, anche lo stesso Arsenal, anche il PSG… ma che c’entrano col blasone? Sono capacità gestionali del prodotto calcio che vanno sempre relativizzate al Paese di provenienza, alle leggi in atto, agli accordi commerciali ecc. In quel caso non serve nemmeno vincere, ma sapersi vendere.

Proprio perché è un uomo che dimostra di saper utilizzare la ragione e al contempo proviene da un’educazione marziale… proprio lei… non sbatta i piedini come l’ultima delle reclute! Stiamo rinascendo adesso dopo il terremoto… e non si tratta di 20 anni di assenza dalle vette europee! 11 anni fa facevamo la finale col Milan e 3 anni dopo scoppiò il patatrac. Se la Juve stesse andando male potrei capire qualsiasi sua pretesa alla vittoria… ma la Juve esce da 3 anni fantastici di cui solo 2 in Europa, giocati peraltro con gente che quelle competizioni, a parte alcuni giocatori, le avevano viste giusto in tv!
Stiamo, praticamente, ritornando a nuova vita dopo essere stati uccisi
. Questo è bene che non lo dimentichino gli anti-juventini… ma se lo dimenticano persino gli juventini allora bisogna dare ragione a chi ci vuole male!
  • 3) In merito all’importanza delle coppe... o il ragionamento vale sempre o non vale mai. In alcuni passaggi dei suoi ragionamenti talvolta si palesa in modo un po’ più chiaro quello che lei chiama "carattere particolare" e che io definisco semplicemente “demone”. Cita squadre vicino alle quali mette il numero complessivo di titoli internazionali…. E poi deride la Juventus che è quarta in Europa in questa classifica? E che appena 15 anni fa era seconda? Ma… allora o esistono al mondo solo 3 squadre “blasonate” e la Juve è la prima delle non blasonate… oppure il demone sta facendo davvero un lavoro penetrante! Oltretutto leggo alcune cose… mi dice che “da qua a 50 anni...”, fa previsioni di mezzo secolo… appena ho letto ho pensato ad uno scherzo. Voglio dire… così ragionando... in confronto a lei Giacomo Leopardi era un inguaribile ottimista! Come se un uomo nel 1950 avesse predetto tutto ciò che sarebbe capitato da lì al 2000! Ci rendiamo conto? E questo nell’anno in cui un Atletico Madrid, squadra che la finale di CL non ce l’aveva certo nei programmi né di quest’anno, né a maggior ragione di appena 2 anni fa… a momenti vince la coppa! Su, andiamo!

Se poi ho fatto l’esempio di Porto e Arsenal è perché lei quasi disprezzava l’importanza dei campionati nazionali rispetto a quella delle competizioni europee. Poi però per affermare che l’Arsenal è superiore al Porto mi parla dell’importanza del campionato in cui milita. Io però potrei dirle che campionato o non campionato il Porto quelle coppe le ha vinte, e ha giocato contro squadre dei campionati più rinomati. E parliamo di 2 Coppe Campioni contro 0 dei lancieri! Vorrebbe dirmi che il Porto, lo Steaua, il Nottingham… godono di un seguito maggiore rispetto all’Arsenal? Ecco perché se il teorema non vale per tutte le squadre che hanno vinto quel tipo di torneo... sono addirittura risibili quegli stessi teoremi per una società come la Juve! Poi potrei ribatterle facilmente che se lei considera i fattori che ha elencato a favore dell’Arsenal… ma quanti ce ne sarebbero da considerare a favore della Juventus, tra vittorie a livello nazionale, grandi giocatori che hanno vestito la nostra maglia, riconoscimenti di UEFA e FIFA (che per esempio mette la Juve di Lippi al terzo posto tra le migliori squadre di tutti i tempi, dietro l’Ajax dei ’70, il Milan di Sacchi e prima del Barcellona di Guardiola, mentre l'Uefa arrivò a definirla persino la miglior squadra di sempre, addirittura rivoluzionaria), numero di giocatori campioni del mondo e, come detto, il fatto di essere la quarta squadra con più titoli internazionali in Europa? Ma secondo lei quante squadre possono contare tutto questo?

Se la competizione nazionale è identificabile per lungo tempo con quella più importante al mondo, e, persino in un periodo di crisi, sempre tra le prime 3 o 4, va da sé che è un dato rilevantissimo. Non è come la Sparta Praga, che essendo più forte nel proprio Paese non è detto che sia davvero competitiva nel mondo. Vale sempre il concetto dell’NBA. Non è che il vincitore dell’NBA ha bisogno di affermarsi anche in un campionato del mondo per vedere riconosciuto il proprio valore.

Si potrebbe persino ragionare sulle vittorie in sé! Come
forza, diffusione del nome, prestigio
ecc, valgono più 4 semifinali di seguito o una vittoria in mezzo ad altri 3 anni di totale anonimato? Vale più essere sempre presente sugli schermi del mondo o vincere una volta ogni 40 anni scomparendo poi dai radar? Quindi, a quel punto, le stesse vittorie non sarebbero più così importanti rispetto all’essere sempre presenti! Insomma… è tutto palesemente fuori senso se non si capisce che con la Juventus Football Club questi ragionamenti non hanno modo di esistere. Siamo la Juventus, basta il nome! Siamo sempre e da sempre stati presenti e sempre lo saremo. Non c’è proprio da essere lontanamente d’accordo con chiunque possa asserire il contrario!

Lei stesso poi dice
“sì, esattamente “celodurismo” allo stato antropologicamente più rozzo ed elementare, quasi puerile”
… quand’è così… di cosa si ragiona? Basta affermare che bisogna averlo duro come era solito fare un noto politico. E chi parla di celodurismo soffre endemicamente di complessi d’inferiorità, anche affermando il contrario. Ecco perché nell’altro commento mi dispiacevo, quasi fino all’arrabbiarmi. Perché lei, persona di indubbie capacità, così offende dapprima sé stesso e la sua intelligenza, e poi, ragionando col celodurismo rozzo e puerile, il concetto stesso di “intelligenza”.
  • 4) Va da sé che quando io dico “non abbia paura” o che un demone la tormenta non mi riferisco ad una paura in quanto “timore” o ad un demone della sottomissione. Ho compreso che lei condivide, dal suo punto di vista, questa crudele interpretazione dei fatti. Ma proprio di interpretazione dei fatti "crudele" si tratta, ed è a questo che mi riferisco quando parlo di “demone”. Basata peraltro su presupposti anti-storici come tutto ciò che la Juventus si porta appresso sta lì a dimostrare. I 5 club di maggior prestigio della storia del calcio possono ruotare ed essere diversi da un anno all’altro, da un triennio all’altro, “in quel momento” (per esempio l’Ajax dei ’70). Ma su larga scala, quindi “per definizione”, la Juve entra di diritto in questa cerchia! Innanzitutto perché se sei di gran lunga il primo club italiano ci sei per forza! Così come se sei di gran lunga il primo club spagnolo. A maggior ragione se, oltre ad essere il maggior club italiano, sei il quarto in Europa per numero di trofei internazionali. Ancor di più se reciti questo ruolo sin dall’alba dei tempi, se hai dato il maggior numero di giocatori nella storia alle nazionali campioni del mondo, se sei stato il primo a vincere tutti i trofei esistenti, se sei stato riconosciuto come il secondo club del secolo dalla Fifa… eccetera eccetera eccetera. Non esistono discussioni a riguardo. La percezione di un momento (specie dopo un assassinio) non intacca più di un secolo di storia. Real, Juve, Barcellona, Milan… e poi la quinta se la disputassero Manchester, Liverpool, Bayern e chi per loro! Sul “futuro”… sui 50 anni… non mi ripeto. Oltretutto lei vede quello step come una cosa impossibile ma al contempo afferma che “ci siamo vicini”! Secondo me l’odio verso la proprietà la fa entrare in contraddizioni palesi. Non entro oltre nel merito, ma credo che sia davvero da lì che parta questo moto d’inferiorità attribuito a tutta la squadra.

  • 5) Mi pare abbastanza chiaro che siamo in disaccordo totale su asserzioni tanto paradossali. Se la Juve non ha scritto la storia del calcio mi viene da chiedermi chi la possa aver scritta! Odio ripetermi e confrontarmi su ripetizioni dello stesso concetto, ma se vincere 32 titoli del campionato più difficile del mondo (non negli ultimi anni… ma si tratta, appunto, degli ultimi anni), se aver vinto 11 titoli internazionali, se arrivare a giocarsi finali europee in media una volta ogni 4 anni, se nonostante tutto possiamo pure lamentarci di non aver vinto ancora di più… eccetera eccetera… non significa scrivere la storia… allora io non so leggere! Questi sono massimi livelli! Altrimenti se i livelli massimi sono altri vale l’esempio del Nottingham Forest con il Barcellona pre 2006 o addirittura pre ’92! Ma siccome non vale… direi che la storia del calcio l’abbiamo scritta eccome! E da sempre!

  • 6) In una partita secca si possono anche calcolare tutti i dettagli, ma i fattori indipendenti dal tuo controllo sono tantissimi, e quindi se già possono mandare a carte quarantotto quanto è stato preparato con tutta l’attenzione possibile… figuriamoci cosa possono fare con i dettagli! Questo senza considerare che in quell’unica e sola partita che capita durante quel periodo dell’anno puoi avere giocatori infortunati, squalificati, squalificati più o meno giustamente, un calo di forma fisiologico… e questo solo per rimanere alla “disponibilità” degli uomini, cioè ad un fattore che riguarda la squadra prima ancora di entrare in campo! Che la coppa abbia un fascino è cosa certa, esattamente come è altrettanto certo che spesso puoi giocarti bene tutte le carte a tua disposizione e rimanere vittima dell’episodio singolo. Non si tratta di “sfortuna” in quanto entità, in quanto superstizione, ma del puro caso, dato dall’incontrollabilità di tutto ciò che si muove attorno alle tue carte ed al tuo tavolo da gioco.

  • 7) Lei accusa la precedente gestione di scarsa lungimiranza… ma è con quella che abbiamo ottenuto le 7 finali di Champions, che al momento della settima finale volevano dire una ogni 3 partecipazioni! Una finale ogni 3 partecipazioni è “scarsa lungimiranza”? Dove si firma per questo ruolino di marcia? Firmo subito, all’istante!

In merito alla gestione attuale mi sembra di essermi già espresso fin troppo al punto 2, nel bene e nel male. Mi lasci però sottolineare nuovamente che i numeri non sono un’opinione. Gli anni di proprietà Elkann non sono 15, ma 8 a giugno! La metà! E lei riesce di nuovo a dire 15+5… “20 anni” di fallimenti! Bè, Sig. Portatore di Luce, le ho già detto che comprendo la sua antipatia, per alcuni versi la condivido (nei confronti di Jaki)… ma 20 anni fa John Elkann ancora doveva essere scelto da Gianni Agnelli come successore alla guida dell’azienda di famiglia… figuriamoci se poteva anche solo immaginare di gestire la Juventus! E’ subentrato dal 2006, da 8 anni, ed è inutile che ripeta l’iter di questi 8 anni, di cui gli ultimi 3 assolutamente trionfali e che ci vedono da appena 2 ad esserci riaffacciati in Europa. Questo con tutta l’antipatia che posso provare anch’io nei suoi confronti. Ma ripeto, un conto è l’antipatia, un conto sono i fatti.
  • 8) Sì, ma “è il punto in cui eravamo”, e al di là di come è andata eravamo "quello": la seconda squadra per numero di trofei internazionali al mondo, era per dire che se secondo lei “non siamo mai stati leggendari nella nostra storia”… arrivare ad un passo dal superare il Real come numero di trofei ed essere riconosciuti 2 anni dopo come il secondo club del secolo… significa tutto fuorchè fantasia!

Poi vedo che continua a parlare di un club che ci sbatte in faccia la sua superiorità… ripeto, ma di chi? Se valgono quei parametri allora le ripeto che il Barcellona ed il Manchester sarebbero stati inferiori al Nottingham Forest e all’Amburgo, al Porto e allo Steaua! E andiamo! Non si può fare la classifica in un caso sì ed in uno no. Il Real è un conto, perché oltre ai trofei internazionali (e cmq appena 4 in più dei nostri fino all’altra sera) associa un numero di titoli nazionali paragonabile al nostro. Il Milan no. Il Milan ha quasi la metà dei nostri titoli nazionali, per larghissime fette di tempo nella storia è stato solo spettatore, ha vinto queste coppe in più, ok... ma, sommando il tutto, come minimo siamo sullo stesso livello! Altrimenti ripeto, sarebbe come dire che l’Indipendiente asfalta il River Plate in quanto a prestigio in Sudamerica, quando come minimo sono alla pari, ma nella realtà è il River ad essere superiore. Lei dice di non soffrire di complessi… però poi ritira fuori ogni tot l’inferiorità verso il Milan, che ce la rinfaccerebbe. Sinceramente non vedo nemmeno tutto questo rinfacciare "a noi"; si auto-scrivono sulla maglia una frase e sono liberi di scriversela, ma è solo una frase, è uno spot, un appiglio di chi, quando è in fase di magra, arriva a calcolare chi ha fatto più punti negli ultimi 5 anni… sono trovate figlie dell’edonismo berlusconiano di cui giusto questo (p)aese poteva rimanere vittima, ma del quale all’estero ridono. Sempre secondo quella frase Real e Barcellona dovrebbero togliersi il cappello difronte a questa trovata… lo chieda ad un tifoso blancos o blaugrana… non ci pensa lontanamente! Come allo stesso modo non ci penso io. Rispetto, certo, perché riconosco i risultati, ma complessivamente, storicamente, la Juve non è affatto inferiore al Milan!

Su Real e Atletico... ho citato 2 estremi per significare come una coppa può premiare le squadre più svariate! Non sono eccezioni! Basta ricercare gli eponimi di Real e Atletico nella storia per capire che puoi vincere da outsider o puoi
non
vincerla per molto tempo spendendo un abisso di soldi (e i casi recenti di squadre sceiccate, dal City al Psg, ce lo dimostrano). Poi però lei chiede alla proprietà la spesa di soldi extra (e potrei capirla a livello affettivo, ma meno da un punto di vista gestionale) quasi come se questo fosse l’unico modo per puntare a vincere in Europa. Ci aggiunge la competenza che a noi "mancherebbe"… eppure non si sa come sono 3 anni che siamo ritornati ad un modello vincente e competitivo (con il cambio di dirigenza, che nelle scelte tecniche è fondamentale anche a fonte di una proprietà che rimane la stessa). Casomai sono proprio i soldi che mancano per strutturarsi più adeguatamente. Non si analizzano mai le situazioni di contorno degli altri club europei, le strutture delle varie società, i cambi di proprietà a fini elettorali per i soci, i prestiti a vuoto delle banche, le spese a fondo perduto dei nuovi ricchi, il peso nei rispettivi campionati associato al fatto che certe squadre, pur facendo male, a differenza nostra hanno cmq la qualificazione in Champions assicurata (un po’ perché i competitor sono sempre gli stessi un po’ perché abbiamo perso un posto in CL grazie a farsopoli)... ecc. Sono tante le cose da analizzare. Ma sempre nell’ottica di un nuovo ciclo vincente, di una rinascita che abbiamo appena ricominciato a goderci.
  • 9) Lo ripeto: se lei considera quella coppa come dirimente la deve considerare tale a tutti i livelli e in ogni epoca, e allora varrebbero i ragionamenti fatti con l Nottingham Forest, Steaua, Porto e Amburgo, nei confronti di Barcellona e Manchester United! Siccome non è così, siccome non è solo quello il piano della competizione, e non lo sarà mai, e siccome 2 partite in 116 anni possono dare 2 coppe in più, ma NON cambiano una storia (potrebbero cambiarla se ti chiami Avellino, Sampdoria, Crystal Palace o Deportivo La Coruna, non se ti chiami Juventus, Barcelona… Federer, Nadal… Ferrari o McLaren… e così via!), il tutto mi pare ridursi, ironicamente e senza naturalmente voler intendere che lei non si senta adeguato, ad un complesso del righello. Il quale la fa sentire inferiore al Milan per il numero di quelle stesse coppe, ma le fa fare dei distinguo quando si fanno esempi con altre squadre e altre vittorie. Ecco il senso. Peraltro dire che si può essere l’Arsenal d’Italia, e che l’Arsenal sarebbe simile a noi sotto il punto di vista dell’insuccesso internazionale, è, mi scusi, offensivo non solo verso la Juventus, ma verso chi le scrive in quanto tifoso. E’ da questi piccoli accenni, da questi brevi tratti, da queste frasi buttate lì… che si percepisce l’esistenza del demone che la attanaglia! E’ offensivo 2 volte innanzitutto perché casomai è l’Arsenal che può augurarsi di diventare, prima o poi, la Juventus d’Inghilterra, e non il contrario. E poi perché paragonare la quarta squadra per titoli internazionali d’Europa, con una che di titoli internazionali ne ha vinto uno solo, come il Napoli, mi scusi, mi perdonerà, ma fa solo ridere! In questo caso 11 titoli contro 1 ci accomunerebbero… mentre differenze complessive di 4, 5 o 6… ci renderebbero inferiori ad altre squadre che vantano la metà dei nostri titoli nazionali! Esca da quel coooorpoooo! ;)

Caro PdL, la nostra storia e la dimensione della stessa può essere inferiore solo a quella del Real. A cui peraltro va ascritta una certa furbizia, in un dato momento storico su cui è meglio non dilungarsi, nella persona di Santiago Bernabeu (vale a dire proprio nel momento in cui nacquero le coppe internazionali attuali). Ma tant’è, furbizia o non furbizia, davanti al Real ci si toglie il cappello. Davanti a chiunque altro il cappello rimane ben saldo in testa, a chiunque altro! Se non per superiorità pura, per un valore complessivo paritario.

Con l'assoluta certezza che non moriremo mai e che continueremo a scrivere altri successi di cui andare fieri.

Forza Juve anche a lei e ad maiora semper!

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Gentilissimo Leevancleef, la ringrazio per la laboriosa risposta e la saluto. Le rinnovo ogni complimento e la mia stima. Mi perdoni per il tempo impiegato a risponderle, ma, come giustamente lei stesso sottolineava, questa conversazione ne ha richiesto non poco, e non è facile trovarlo. Avevo intenzione di risponderle subito, ma poi gli impegni mi hanno tenuto a lungo lontano dal calcio ed impedito persino di recarmi sul forum anche solo per brevi conversazioni. Prossimamente spero di essere un po' più libero, ma ne dubito. Tornando a noi ed a questo nuovo messaggio, cercherò di essere il più essenziale possibile (ma non ci riuscirò), perché ci sono veramente troppe cose da dire, ma purtroppo il risultato sarà comunque imponente. Inoltre mi perdoni nuovamente se risulterò sgradevole nella forma, ma ciò sarà dovuto ad una semplificazione necessaria anche ad una migliore comprensione.

Prima di tutto, quando mi riferivo al suo possibile risentimento alludevo ovviamente non tanto ai contenuti, quanto proprio alla apparente freddezza e distacco nel descriverli, il che è in parte una mia prerogativa, ed in parte è dovuto alla necessità di sintesi. Chiarisco con simpatia che, quando dico << Ho un carattere particolarissimo, che probabilmente non ha mai incontrato e non si augurerebbe neppure di incontrare >>, mi riferisco appunto semplicemente al mio carattere (tra l’altro limitatamente a quell’apparente “freddezza”) e non alla mia persona nello specifico, perché per quanto noi si possa essere molto differenti, andremmo certamente d’accordo, ci mancherebbe. Ma veniamo alla sostanza.

 

Preciso che la mia suddivisione in punti voleva ricalcare i temi da lei trattati nel precedente messaggio; in realtà in questa nostra discussione esistono argomenti trasversali che tendono a localizzarsi automaticamente e che quella suddivisione in punti forza inevitabilmente, oltre ad aspetti che, sempre in base ad essa, risultano a mio avviso ridondanti. Pertanto non continuerò a rispettarla, proponendo una nuova suddivisione in tre punti fondamentali attorno ai quali mi sembra orbitare tutto il nostro disquisire. Li intitolerò rispettivamente: "Il prestigio di un club", "L'importanza delle competizioni europee", "La proprietà della Juventus".

Credo che le uniche difficoltà da me finora incontrate nella bellissima conversazione con lei siano la mia impressione che non le arrivino integralmente o correttamente alcuni miei concetti (come se ci fosse spesso una lettura parziale di determinati passaggi logici, per me fondamentali), quella che mi sembra la sua tendenza a “supporre” arbitrariamente che alcune mie parole sottendano un concetto differente da quello che io abbia letteralmente espresso (direi quasi "oscuro", ma comunque non completamente sereno), ed infine la dispersività delle sue domande cui faccio fatica a dare individualmente risposta per la difficoltà di reperirle da un contesto organico e riproporne soluzione in modo analogo: all’interno della discussione le indicherò esempi dei primi due tipi, in modo da evitare ulteriori disquisizioni su concetti che chiaramente si autosostengano e fraintendimenti, mentre la risposte alle sue domande esemplificative cercherò di inserirle in modo implicito nel contesto, oppure, quando si tratti di un nodo cardine del discorso, di fornirle esplicitamente.

Detto che ovviamente al termine di questa bellissima discussione entrambi rimarremo di pareri diametralmente opposti su quanto sia soggettivo, ciò che conta è provare a chiarirsi (non è detto ci si riesca) su come stiano realmente le cose in merito a quei pochi concetti realmente oggettivi o con una forte componente oggettiva. Posto che il tema finale del nostro dibattere, ovvero se la Juve sia o meno “tra le 5 società che abbiano maggiormente scritto la storia del calcio”, è un tema che si colloca in posizione intermedia tra il soggettivo e l’oggettivo, io cercherò di focalizzare l’attenzione su quei temi a corollario di tale quesito principale, i quali abbiano identità più oggettive e tangibili, trascurando quelli che pur essendo a mio avviso da interpretare ragionevolmente in una certa direzione, lei e molti altri vedete da prospettive totalmente differenti dalle mie.

 

 

1.
IL PRESTIGIO DI UN CLUB (riferimento ai suoi precedenti punti 1-3-4-5-9)

 

Io non risento del “potere sciamanico delle coppe”. Io credo nell’importanza assoluta delle prestazioni nelle coppe internazionali al fine di determinare il prestigio storico e di conseguenza il blasone di un club di calcio che competa ad alti livelli. Sostengo che il blasone determini poi l’appartenenza o meno all’eccellenza del calcio, e che quindi le coppe europee siano l’indicatore principale per stabilirà quali siano i club che abbiano maggiormente scritto la storia del calcio. Va da se che io non ritenga il blasone una entità assoluta ed immutabile, acquisita per diritto divino in tempi remoti (<< Siamo la Juventus, basta il nome! >>) e preservata se non in caso di eventi catastrofici. E' piuttosto una proprietà variabile nel tempo, soprattutto sulla base dei risultati sportivi, non tanto assoluti, quanto piuttosto relativi rispetto ai propri concorrenti. Il suo valore cambia progressivamente e quello in un certo istante è funzione del suo valore all'istante precedente e dei comportamenti del club nell'intervallo di tempo considerato. Ne consegue che, secondo la mia visione delle cose, il blasone attuale dipenda sì del valore del medesimo in tempi remoti, ma sia più significativamente funzione dei comportamenti del club nell'arco di tutta la vita dello stesso. Il Blasone va dunque coltivato e rinnovato soprattutto con successi di valore adeguato, frequenti quanto basta, ed ottenuti in modo sufficientemente convincente.

Chiarisco che questa è la mia personale visione, ma è anche quella che ritengo essere l'interpretazione inconscia della maggior parte delle persone che nella loro vita vengano più o meno direttamente a contatto con il mondo del calcio. Questa mia convinzione si basa su sensazioni, raccolta di opinioni (nei limiti delle mie ristrette conoscenze dirette e di quelle consentite dagli strumenti della globalizzazione quali la rete), pareri prevalenti di addetti ai lavori, di studiosi di questo tipo di dinamiche, di esperti di marketing, di psicologi e chiunque altro si esprima pubblicamente riguardo questi temi. Lei può non essere d'accordo con me e con il pragmatismo della mente umana, ma non cambierà la realtà dei fatti, che è quella che le sto descrivendo. Essa è semplicemente verificabile e verificata attraverso adeguati sondaggi e restituita nella sua crudezza dall'andamento di determinati indicatori (come il merchandising, benché lei non sia d'accordo), che, se correttamente interpretati e contestualizzati, possono fornire utili indicazioni riguardo queste dinamiche del pensiero umano.

 

Sulla base di questo assunto, come detto, io valuto il blasone della Juventus insufficiente a collocarla tra i primi 5 club della storia del calcio (questo non significa che non sia anch'esso un club che abbia scritto la storia del calcio) .

Riassunto ciò, visto che anche lei ha una formazione tecnico-scientifica, stabiliamo uno schema letteralmente matematico (benché noiosissimo, mi perdonerà per questo…) e procediamo in senso logico al riassunto dei fondamenti di questa mia tesi (per lei e per molti altri juventini, quasi eretica), incontrando gradualmente le sue resistenze mano a mano che il mio discorso si sviluppa, così da poterle segnalare quei casi in cui, come le dicevo, ho la sensazione non le arrivino integralmente o correttamente alcuni concetti da me proposti; contestualmente li affronteremo e discuteremo.

 

L’assioma cardine del mio ragionamento è la mia personale definizione di “blasone”, che io ritengo inappuntabile in quanto pienamente descrittiva di quella che è, a mio avviso, l’opinione comune:

il “blasone” di un club di calcio è la “percezione del prestigio storico di un club da parte di osservatori disinteressati”, e per “prestigio” (storico) intendo più precisamente la “grandezza” (misurabile, numerabile, quantificabile, rappresentabile in senso relativo attraverso relazioni d’ordine) associata al club sulla base di valutazioni che, seppur personali (e quindi soggettive), sono dettate dalla lettura in chiave razionale degli eventi di quel club.

Ora viene il cuore del mio ragionamento, costituito dalla seguente assunzione, che, mi ripeto, pur avendo l'aspetto di un teorema del tutto indimostrato ed indimostrabile, è solo la ragionevole formalizzazione dell'osservazione (intellettualmente onesta) dei comportamenti delle persone. Il prestigio storico e quindi il blasone di un club è determinato, nella coscienza popolare, principalmente dall’incisività sportiva del club nella storia del calcio, riassumibile in modo sommario come risultato della valutazione delle prestazioni del club assegnando ad esse il seguente ordine di priorità decrescente (trascuro le voci minori):

 

· Numero di vittorie della massima competizione internazionale; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo (ad eccezione del caso delle vittorie multiple consecutive, che costituiscono un grande fattore di merito).

· Vittoria della massima competizione internazionale in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittorie delle competizioni europee minori; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo (ad eccezione del caso delle vittorie multiple consecutive).

· Vittoria delle competizioni internazionale minori in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittoria della massima competizione nazionale (campionato), preferibilmente in un paese dall’elevata competitività e buona notorietà del campionato.

· Vittoria della massima competizione nazionale (campionato) in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittorie delle competizioni nazionali minori; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo.

· Realizzazione di numerosi e frequenti grandi piazzamenti internazionali; subordinatamente uniformità della distribuzione dei grandi piazzamenti nel tempo.

 

Ne consegue che sia lecito individuare i primi club della storia del calcio come quelli di maggior blasone, e quelli di maggior blasone come quelli che si sono distinti nelle prestazioni sportive principalmente (ma non esclusivamente, come l'elenco sopra testimonia) nelle competizioni internazionali.

 

Dalle sue contestazioni emerge come lei non ritenga inesatto da parte mia assumere che i club che abbiano maggiormente fatto la storia del calcio siano quelli cui viene riconosciuto un maggior blasone (tra i quali lei colloca la Juve e io no), bensì la mia definizione di blasone come effetto principalmente della percezione del valore dei risultati sportivi, ed in particolare di quelli internazionali (motivo per il quale io non colloco come lei la Juve tra i 5 club di maggior blasone). Poiché concorda sul primo fatto, lei contesta indirettamente la mia definizione di blasone tramite delle osservazioni tese a dimostrare che i concetti in essa racchiusi siano incompatibili con la rappresentazione dell'incisività di un club nello scrivere la storia del calcio.

La "classifica" del merito sportivo percepito contenuta in tale assunto, rispetto alla quale lei muove fortissime contestazioni di cui discuteremo specificamente al punto 2 laddove discuteremo sul peso relativo delle competizioni nazionali rispetto a quelle nazionali, è solo l'ultima delle contestazioni che lei muove alla mia definizione.

In sostanza lei è fortemente in disaccordo con la mia definizione di blasone come “percezione del prestigio storico” e la contesta con strenua resistenza tanto da risultare dialetticamente eroico. In questo modo lei può affermare che la Juventus sia, in base a dinamiche diverse da quelle prese in considerazione dalla mia definizione, una delle 5 squadre più blasonate della storia del calcio, e, secondo l'ulteriore assunto per le quali questo sono anche quelle che hanno fatto maggiormente la storia di questo sport, lei colloca la Juventus tra le 5 squadre che abbiano maggiormente fatto la storia del calcio. Le sue principali contestazioni riguardo la compatibilità tra i concetti racchiusi nella mia definizione di blasone e la rappresentazione dell'incisività di un club nello scrivere la storia del calcio, mi sembra siano le seguenti tre:

- La percezione sarebbe per lei intrinsecamente un concetto “istantaneo” (<< la percezione è un istante, è adesso >>), e come tale incompatibile con la descrizione della storia nella sua interezza (<< Ecco perché non è “l’istante” ad imprimere una legge immutabile a chicchessia >>).

- La percezione del prestigio sarebbe per lei innescata dalla “diffusione mediatica” e quindi dalla “notorietà attuale” (<< Tra 5 anni anche dall’altro capo del mondo il PSG sarà diventata una squadra percepita come “conosciuta”, …. Ma sarà sempre il PSG >>), mentre affinché essa abbia valenza storica dovrebbe derivare esclusivamente dalla “conoscenza della storia” (<< Il blasone deve sottintendere la conoscenza della storia del calcio >>).

- La percezione del prestigio sarebbe per lei condizionata dalla “visibilità dei successi più recenti” (<< il Chelsea “ha fatto più storia del calcio” del Grande Torino?!? >>) e non avrebbe quindi quel carattere “storico” necessario per una piena descrizione della storia (<< Oggi Tokyo potrà essere una città fantastica, Londra una capitale straordinaria e Amsterdam una città fighetta che riscuote successo, ma nessuna sarà mai come Roma >>).

Proverò a confutare quanto da lei sostenuto procedendo con una analisi “letterale” dei termini usati nella mia definizione, così da rispondere alle sue contestazioni e dimostrare complessivamente che il blasone, così definito, sia indicativo di quanto un club abbia scritto la storia del calcio.

-
“Percezione”
: la percezione non è intrinsecamente un concetto “istantaneo”, “momentaneo”, “circostanziale”, come lei dice (<< la percezione è un istante, è adesso >>). Perché mai dovrebbe esserlo? In una mente coerente e relativamente ad eventi osservabili in maniera prolungata (anche se l’interpretazione può essere soggettiva) si tratta di un concetto che può avere i caratteri della continuità (si può avvertire la stessa sensazione dall’osservazione di una certa realtà dinamica per un tempo di qualsivoglia durata, benché questa si evolva), e quindi su di essa si possono fare riflessioni del tutto strutturali. E’ questo il caso del mondo del calcio. Non facciamo passare la percezione che si ha degli eventi del mondo del calcio come frutto della sensazione di un attimo e come tale non indicativa (<< Ecco perché non è “l’istante” ad imprimere una legge immutabile a chicchessia >>). La percezione è sì una entità potenzialmente mutevole in modo istantaneo, e di conseguenza lo è il blasone (che nella mia visione da essa discende), ma la sua connotazione abbraccia un arco temporale ampio al minimo (nel caso di persone non informate sul passato che li precede) quanto la vita di che osserva quella realtà.

-
“Percezione del prestigio”
: Il prestigio di un club è, come detto inizialmente, l’immagine mentale che un individuo ha dell’importanza e della difficoltà delle imprese compiute dal club. L’uomo intellettualmente onesto che osserva gli accadimenti concreti in modo neutrale e disinteressato, confronta le situazioni, valuta i parametri che regolano ogni evento, ed esprime inconsciamente un giudizio sull’agire del club mediante una propria personale rappresentazione mentale. Dentro di se l’immagine della straordinarietà delle imprese del club “X” sovrasta quella della straordinarietà delle imprese del club “Y”, e non è possibile ridurre la genesi di questo processo ad un mero condizionamento mediatico; quest’ultimo può aiutare ad amplificare soggettivamente l’aura di mito che circonda un club, ma non può innescare il processo di legittimazione per il quale un club venga percepito “di diritto” nel novero di quelli eletti. I fatti oggettivi e concreti sono il motore primario, non come e quanto essi vengano descritti. In ciò non ha influenza diretta la “diffusione mediatica” da cui deriva quella “conoscenza diffusa”, quella “notorietà” delle vicende di un club, cui lei fa riferimento con l’esempio attuale e futuro del PSG (<< Tra 5 anni anche dall’altro capo del mondo il PSG sarà diventata una squadra percepita come “conosciuta”, …. Ma sarà sempre il PSG >>); quindi va da se che secondo i miei criteri di valutazione il suddetto club non sia prestigioso quanto o più della Juventus, in virtù della sua attuale maggiore notorietà. Non lo è, e se lo diventasse in futuro non sarebbe certo per merito della sua maggiore notorietà. Il PSG non ha e verosimilmente non avrà per molto tempo un gran prestigio e quindi un gran blasone pur godendo attualmente di una notorietà incredibile per via dei suoi campioni e della sua disponibilità economica (ed essendo peraltro, questo sì con valenza istantanea, “una delle squadre più forti del mondo”). Quindi perché lei deduce dalle mie tesi che io ritenga la notorietà un parametro primario per la determinazione del prestigio e quindi del blasone? Io sostengo esattamente il contrario ed a tal proposito la rimando per conferma al mio "teorema". Non a caso io non ho certo citato il PSG tra gli esempi di squadre che ritengo ci estromettano dalle prime 5 posizioni della “classifica” delle quadre che abbiano maggiormente scritto la storia del calcio. Ci mancherebbe. Sarei un folle.

Qui forse nasce il primo fraintendimento. Quando io, come nei miei massaggi precedenti, dico che le squadre che hanno fatto la storia del calcio restano nella memoria collettiva e sono quindi note e riconoscibili da tutti in ogni parte del mondo, non intendo dire che valga anche l’implicazione contraria. Una squadra può essere nota quanto si voglia, ma se non lo è per quelle specifiche ragioni che io pongo ai primi posti della mia classifica degli aspetti che condizionano il prestigio, non si colloca di certo tra le squadre indicate. Al contrario le squadre indicate risultano note, non necessariamente, non esclusivamente, ma soprattutto non principalmente, per ragioni legate alla presenza di campioni e disponibilità economica.

-
“Prestigio Storico”
: il prestigio che da luogo al blasone non è esclusivamente “attuale” né esclusivamente “passato”, come lei sostiene (<< il blasone di chi ha primeggiato fin dagli albori del calcio rimarrà ineguagliabile, perché, molto semplicemente, non ci saranno più gli albori del calcio! >>), ed il concetto è riassunto dall’aggettivo “storico” che faccio seguire alla parola prestigio nella definizione di blasone. Il fatto che non si tratti della sola percezione attuale o solo di quella passata del prestigio (e quindi del blasone) in un breve arco di tempo attorno all’istante considerato (<< Oggi Tokyo potrà essere una città fantastica, Londra una capitale straordinaria e Amsterdam una città fighetta che riscuote successo, ma nessuna sarà mai come Roma >>) è implicito nei meccanismi che regolano la memoria umana. Mi sembra ovvio. Non è possibile pensare che il fascino legato all’antichità di un club o l’irrepetibilità delle sue gesta agli albori delle competizioni, possa coinvolgere la memoria della gente a tal punto da sovrastare in modo perpetuo e compensare l’eventuale mediocrità delle sue gesta successive, così come non è pensabile che la freschezza delle emozioni derivanti dalla visione dei successi recenti di un club possa coinvolgere la memoria della gente a tal punto da sovrastare e compensare l’eventuale mediocrità o inesistenza delle sue gesta precedenti.

La percezione del prestigio che da luogo al blasone è di tipo “storico”, ovvero è la risultante di tutte le immagini di grandezza del club che un individuo sovrappone nella propria mente al pensiero di tutte le gesta di cui ha memoria diretta od indiretta (indiretta nel senso che si tratta non di solo quelle che ha accumulato gradualmente nel corso del tempo limitatamente all’arco della sua vita, ma anche quelle formatesi per informazione relativamente agli eventi precedenti la sua nascita). Ogni altra visione delle cose, per la quale squadre anticamente meritevoli sarebbero blasonate perennemente a prescindere dai comportamenti successivi e/o per la quale squadre come il Chelsea potrebbero essere diventate tali esclusivamente in virtù dei risultati recenti, non è ragionevole ne verosimile; quindi va da se che, ad esempio, secondo i miei criteri di valutazione il club inglese non sia prestigioso quanto o più della Juventus, in virtù della maggiore attualità delle sue vittorie. Non lo è, e se lo diventasse in futuro non sarebbe certo per merito della maggiore attualità delle sue vittorie. Il Chelsea non ha e verosimilmente non avrà per molto tempo un grande blasone pur avendo nell’ultimo decennio incrementato sensibilmente il proprio prestigio (ed essendo peraltro, questo sì con valenza ancora una volta istantanea, “una delle squadre più forti del mondo”). Quindi perché lei deduce dalle mie tesi che io ritenga l’attualità dei successi un parametro primario per la determinazione del prestigio e quindi del blasone? Anche in questo caso io sostengo esattamente il contrario ed a tal proposito la rimando per conferma nuovamente al mio "teorema". Non a caso io non ho mai fatto esempi come quello del Chelsea tra le squadre che ritengo ci estromettano dalle prime 5 posizioni della “classifica” delle quadre che abbiano maggiormente scritto la storia del calcio. Ci mancherebbe nuovamente. Lo ripeto…, sarei un folle.

In particolare qui abbiamo probabilmente uno di quei casi in cui ho la sensazione che le mie parole le arrivino incomplete. Io le ho detto esattamente che: << Per acquisire e mantenere lo status di “uno dei club che abbiano scritto la storia del calcio mondiale” occorre vincere ai massimi livelli (nel formato di volta in volta contemporaneo) in ogni epoca, o farlo anche in modo concentrato purché la frequenza media dei successi sia sufficientemente grande; occorre ottenere piazzamenti, questi si, sistematicamente di grande livello in tali competizioni; occorre giocare in alcune partecipazioni un numero accettabile di grandi partite, e farlo esibendo grandi campioni le cui gesta riecheggino nel tempo e nello spazio, oltre ogni confine di lontananza geografica, isolamento territoriale o limite di memoria >>. Quindi, a meno che lei non ritenga tutto questo elenco riassumibile alla voce “aver vinto il più recentemente possibile”, non capisco con quale punto della mia tesi non sia d’accordo e perché. Peraltro mi sembra di aver descritto chiaramente ogni singola osservazione come una condizione individualmente necessaria ma non sufficiente allo scopo di rientrare nel novero dei club di cui discutiamo, dunque anche quando dico << vincere ai massimi livelli in ogni epoca, o farlo anche in modo concentrato purché la frequenza media dei successi sia sufficientemente grande >> la seconda opzione, interpretata forzatamente in senso attuale, non è sufficiente di per sé a garantire tale status. Se poi consideriamo anche che nelle mie intenzioni essa è ovviamente da intendersi come il susseguirsi di una tale quantità di vittorie che non ha eguali negli esempi di competitività attuale da lei discussi quali quello del Chelsea, non possiamo che concludere che io non abbia mai detto che l’attualità delle vittorie nella massima competizione possa da sola legittimare l’appartenenza a quella cerchia.

 

Arrivati a questo punto penso di averle spiegato con temi piuttosto convincenti che a mio avviso le sue tre obiezioni alla validità della mia definizione non siano fondate o ragionevoli; confermo quindi la validità del suddetto.

Per arrivare finalmente al nucleo del tema trattato in questo punto 1, applico al caso specifico della mia Juventus il pensiero teorizzato, per provare a spiegarmi quale sia agli occhi del mondo il nostro blasone e poter fare conseguente una stima di quanto essa abbia scritto la storia del calcio o possa averlo fatto per l'opinione pubblica (ovviamente parlo in senso retorico, perché nella mia mente ho fatto più volte questo triste ragionamento, quindi l'ho perfettamente chiaro).

Si può non essere d’accordo sull’ordine o sul peso assoluto di alcuni dei punti dell’elenco riportato, ma la distanza che ci separa dai primi 5 club della storia del calcio attraverso questo comune metro di valutazione, è a mio avviso talmente ampia (almeno rispetto alle prime due posizioni, meno rispetto alle restanti tre) che anche opinioni parzialmente discordanti sulle priorità da considerare non possono che condurre alla medesima conclusione sul valore assoluto della Juventus, che per questo diventa a mio avviso “quasi di tipo oggettivo”: non siamo, ad oggi, tra i primi 5 club della storia del calcio. Vediamo nel dettaglio perché, in base ad una interpretazione dei fatti quanto più onesta possibile, anche laddove sia dolorosa:

- Abbiamo vinto troppo poche volte la massima competizione europea (2 coppe contro le almeno 4 dei primi cinque club) e lo abbiamo fatto troppo di rado (a riguardo, a nostra discolpa, c'è che questa è per noi una conseguenza inevitabile dell’aver aver vinto così poco); inoltre non abbiamo mai conseguito vittorie consecutive (anche questa è una conseguenza inevitabile dell’aver vinto così poco, specie nel nostro caso, giacché finali consecutive le abbiamo effettivamente giocate e se le avessimo vinte avremmo beneficiato anche di questo enorme boost oltre ad avere più vittorie).

Il numero di C. Campioni / Champions L. è un parametro davvero molto importante. Probabilmente il più importante in assoluto. Tuttavia non è tutto, ed un "contenuto sbilanciamento negativo" di questo parametro può essere compensato nella memoria collettiva da eccellenze straordinarie in alcune voci secondarie del mio elenco riassuntivo. Il nostro problema è che noi non abbiamo un "contenuto deficit" di questo fattore di merito rispetto ai migliori 5 club, ma una voragine spropositata che come un buco nero risucchia e comprime fino alla scomparsa ogni nostra velleità di autoproclamarci tra i maggiori simboli della storia di questo sport. I nostri risultati in alcune altre voci ci conferiscono la linfa per superare agevolmente l'immagine di praticamente tutti i club che possiedono il nostro stesso numero di CC / UCL (come ad esempio il Porto o il Benfica), ed addirittura di raggiungere ed oltrepassare quella di alcuni club con una o due coppe più di noi (come ad esempio l'Inter, e, per ragioni molto particolari anche il comunque grandioso Ajax). Non sono però sufficienti per superare l'immagine di club che si siano fregiati di un numero troppo elevato di questi titoli (salvo eccezioni come quella dell'Ajax, di cui magari parlerò in seguito), specie qualora essi si siano distinti "anche" negli altri argomenti e lo abbiano fatto talvolta in modo perfino molto superiore a noi.

- Le C. Campioni / Champions L. che abbiamo vinto non sono ricordate come grandi imprese da praticamente nessuno nel mondo del calcio che non sia Juventino (la prima vinta con un rigore conquistato per un fallo 1,5 metri fuori area in una partita vinta 1-0, la seconda conquistata ai rigori in una partita “in casa” assolutamente equilibrata), anzi, vengono portate anche dai meno interessati a testimonianza della totale “normalità” della Juve ai massimi livelli nella sua storia.

Purtroppo possiamo come dice lei "sbattere i piedini" finché vogliamo, ma noi non possiamo raccontare di finali di Champions League vinte nei tempi regolamentari, con uno o più gol di scarto realizzati su azione e di buona fattura (come invece purtroppo può fare anche il più becero dei tifosi della seconda squadra di Milano). Non parliamo poi di partite dominate, con vittorie per 3 o 4 a zero contro le squadre più forti al mondo del momento. Noi abbiamo solo un paio di ricordi di stenti e difficoltà inaudite a raggiungere l'obbiettivo della vittoria, benché poi conquistata con i pugni e con i denti.

Questo nella memoria collettiva sposta molto, perché strozza l'orgoglio del successo attenuando la percezione dei meriti e ridimensionando l'idea di forza che la mente degli osservatori inconsapevolmente costruisce attorno ai vincitori. Se oltre a non poter contare che su due misere CC / UCL, queste sono anche state conquistate senza sfruttare interamente il loro potenziale emotivo, o addirittura con effetto distruttivo (come nel caso dell'Heysel), non si dispone praticamente dei due maggiori strumenti di condizionamento della memoria degli osservatori del calcio di cui un club possa disporre per elevare la sua storia.

- Raramente nelle coppe europee abbiamo superato i nostri limiti contro squadre più forti e molto frequentemente abbiamo miseramente fallito anche contro avversari riconosciuti come più deboli di noi. Sulla nostra strada c’è sempre un Aston Villa, un Copenaghen, un Nordsjaelland, o un Benfica di turno che si dimostra un ostacolo insormontabile e che ci ridimensiona violentemente agli occhi di chi osserva le nostre prestazioni in campionato, ponendo seri interrogativi all’osservatore neutrale per via della sistematicità di questi accadimenti, che per ogni altra squadra del nostro “presunto” blasone sono invece solo eventi episodici.

Per restare alle sole finali di CC / UCL, noi siamo quelli che giocarono contro un Amburgo ritenuto (forse a ragione) palesemente inferiore e non riuscirono ad averne la meglio. Noi siamo quelli che giocarono contro il Dortmund apparentemente inferiore senza mai, non dico evidenziare supremazia, ma almeno dare l'impressione di poter vincere la partita. Noi siamo quelli che giocarono contro un Real Madrid che vinse con un gol palesemente irregolare, ma che non furono comunque capaci di segnare un solo gol in 90 minuti. Più in generale noi siamo quelli che su 5 finali di CC / UCL perse furono capaci di mettere a segno un solo gol (questo dato è veramente imbarazzante), e di segnare solo 3 gol totali nelle 7 finali disputate.

Ma tra le partite minori, specie negli ultimi 15 anni, non si contano le figuracce contro squadrette di basso lignaggio e le difficoltà quasi insuperabili (e quasi sempre non superate) di raggiungere il risultato pieno contro avversari abbordabili anche per squadre considerate "di poco conto" rispetto alla Juve. Questo in tutte le coppe europee, indistintamente, in modo quasi "democratico", sia che si trattasse della grandiosa CC / UCL o delle coppe di secondo piano, dove, a detta di molti, avremmo dovuto incontrare avversari che nella nostra tanto cara ed amata Serie A avrebbero raggiunto a stento la salvezza. A fronte della non irresistibile caratura di ogni avversario di questo tipo, c'eravamo spesso noi, pronti come sempre, a dimostrare al mondo di essere arrivati a giocarci quella importante partita quasi per caso, e di non avere la più pallida idea di come poterci imporre.

Un tale senso di impotenza contro avversari anche abbordabili, trasmesso in questa misura e con questa continuità e frequenza, è una prerogativa quasi solo nostra e di squadre che non vengono collocate neppure nelle prime 20 posizioni della storia, figuriamoci di quei 5 club straordinari che tendono a considerare quelle poche figure simili cui si rendono anch'essi saltuariamente protagonisti, come delle onte da lavare con il sangue, e che manifestano la loro superiorità ogni volta che possono devastando l'avversario di turno anche ben oltre le necessità di punteggio o di classifica. Il potenziale futuro tifoso è attento a queste radicate difficoltà, e non dimentica la delusione che regolarmente prova nel riporre erroneamente fiducia su di una squadra che magari conosce poco, ma che da taluni gli viene descritta come leggendaria. A fronte di tali continue disfatte egli talvolta non solo abortisce l'eventuale idea di riporre quella squadra nel cassetto dei suoi pensieri sportivamente "erotici", ma addirittura intimamente si vergona di aver provato pulsione verso chi fino a quel momento non aveva mai dato impressione di poter valere più di quanto effettivamente dimostrato. L'osservatore disinteressato è invece semplicemente scettico sulla consistenza di questa società e si interroga sulla possibilità che essa sia globalmente sopravvalutata. Egli può accettare l'idea degli insuccessi anche frequenti, ma non la sistematicità della dimostrazione di inadeguatezza del club da egli analizzato, al livello che egli stesso si propone di osservare il calcio; quando ritiene di aver avuto sufficienti indicazioni, seppur nell'ambito del suo orizzonte temporale, declassa inconsciamente il club al livello che le sue prestazioni certificano.

- Non abbiamo quasi mai giocato in modo convincente e spesso lo abbiamo fatto in modo addirittura anacronistico; a tal proposito ricordo ancora la vergognosa prestazione della Juve Capelliana contro l’Arsenal in trasferta (ma potrei citare decine di partite simili), quando una squadra con un Fabregas debuttante ci fece vedere da vicino come si giocasse a calcio in Europa da almeno un lustro… Solo noi potevamo presentarci in Europa con 4-4-2 e catenaccio esasperato anni ‘70, con assenza di gioco centrale manovrato ed azioni d’attacco frutto solo di improbabili cross dalle fasce. Lo abbiamo fatto esibendo solo raramente grandissimi campioni o comunque raramente campioni che abbiano dato dimostrazioni di forza monumentale in tali partecipazioni (quelli che ci riuscirono poco più che un minimo, come Platinì, Baggio o Nedved, vinsero addirittura il Pallone d’Oro nella loro carriera e costituiscono oggi la componente più gloriosa della storia della nostra squadra; questo per dire che non ce ne ricordiamo molti se non tra le nostre massime leggende, che tuttavia hanno ottenuto la metà di quanto ottenuto da un Massaro qualsiasi).

La nostra società ha a lungo ritenuto vincente anche ai massimi livelli un modello di calcio anacronistico che con il tempo è divenuto gradualmente obsoleto persino a livelli nazionali. L'applicazione di tali concetti alle competizioni dalla risonanza mediatica globale ha cristallizzato nella mente di tutti (osservatori più o meno interessati) che l'arretratezza del gioco fosse lo specchio di una mancanza di conoscenza (cose che peraltro è stata), e/o di scarsezza dei suoi interpreti (in effetti talvolta il motivo è stato anche questo), inadeguati a riuscire nell'applicazione di un calcio bello ed efficace laddove si cimentano i migliori. In entrambi i casi noi ci abbiamo fortemente rimesso in termini di immagine a tutti i livelli, con riferimento sia alle opinioni delle persone qualsiasi (aspetto primario), sia alle opinioni degli addetti ai lavori (aspetto secondario). La rarità di campioni determinanti a questi livelli (conseguenza di precise scelte strategiche e di scarsa disponibilità economica) non ha poi certamente giovato ad un quadro già molto fosco in termini di credibilità e di emozioni primordiali suscitate nella gente. Tutto questo si contrappone a campioni straordinari e mediatici che fluivano e fluiscono inarrestabili negli organici di alcune delle squadre top 5 della storia, le cui gesta si sono spesso rivelate incredibilmente decisive ed hanno portato ai massimi successi. Si contrappone al fatto che la maggior parte di questi club, anche nei periodi più bui ha sempre creduto in un'idea di gioco audace, offensiva, moderna e talvolta persino innovativa per l'epoca; tali club hanno cercato di convincere il mondo dell'importanza della loro presenza nel calcio con i fatti, mediante prestazioni storiche fino nei singoli particolari, con un impegno ed una attenzione crescenti al crescere del livello di difficoltà proposto dalla competizione, e sempre premurandosi di essere convincenti all'estero almeno quanto in patria (ma tendenzialmente molto di più fuori dai confini).

- Abbiamo avuto raramente campioni che, anche in tono minore rispetto ai massimi esponenti della categoria nella nostra personale storia, imponessero una netta supremazia o che ribaltassero eroicamente risultati altrimenti compromessi (un Seedorf per esempio); abbiamo avuto raramente anche campioni di “tipo europeo”, ossia calciatori estrosi e risolutivi, che scaldassero anche i cuori dei tifosi non juventini o dei neutrali, e quei pochi che abbiamo avuto non hanno dimostrato appieno il loro valore con noi nelle competizioni internazionali (basti vedere l’esempio attualissimo di Tevez, giocatore per me fantastico ed "europeissimo", che fatica a segnare un gol in Europa e con noi non vincerà probabilmente nulla).

I primi 5 club della storia del calcio, per vocazione ma soprattutto per la necessità pratica di sviluppare la propria idea di calcio audace ed offensiva, hanno frequentemente potuto contare su calciatori di questo tipo, e la loro immagine ne ha tratto notevole giovamento anche indipendentemente dalle gesta grandiose del collettivo. Il solo fatto di possedere campioni che si rivelassero "forti con i forti" ha fatto e fa tutt'oggi la differenza nell'opinione della gente. Il solo fatto di possedere calciatori che imponessero sull'avversario una supremazia tecnica anziché eventualmente tattica od atletica ha marchiato a fuoco nelle menti delle persone lo stemma sociale di questi club a prescindere dal fine, ovvero la vittoria (comunque spesso ottenuta).

- Abbiamo ottenuto piazzamenti troppo poco importanti e frequenti rispetto al numero delle partecipazioni (52 partecipazioni a tutte le coppe europee di cui 28 in CC / UCL, ed in queste ultime ad esempio solo 3 semifinali escluse le volte che siamo pervenuti in finale. Il Barcellona, solo per fare un esempio, ha giocato 6 semifinali solo negli ultimi 7 anni, 4 oltre alle 2 volte che è pervenuto in finale, peraltro vincendola). Di contro abbiamo vinto complessivamente “troppo pochi” trofei internazionali secondari (solo 9 considerando l’Intertoto, contro ad esempio gli 11 del Milan che “non ne avrebbe neanche bisogno” a fronte dell’enorme mole di trofei pesanti che possiede) ed il massimo trofeo nazionale (questo davvero tante volte in senso assoluto, ben 32, ma in media solo 7 volte in più dei 6 club che occupano le prime cinque posizioni della storia) per poter compensare anche solo parte della nostra enorme (quasi totale) assenza ingiustificata a tutti i livelli da quello che è probabilmente diventato attualmente il più prestigioso palcoscenico sportivo mondiale insieme al Super bowl statunitense.

Non si scappa da queste amare constatazioni. Se lei ritiene che 32 scudetti (di cui 2 sono oltretutto dannatamente spariti dagli almanacchi) compensino le 7 Coppe dei Campioni / Uefa Champions league del Milan (di cui 5 nell’arco temporale di 19 anni!? Ma secondo lei, la Juve ne vincerà altrettante nei prossimi 50? Sia sincero con se stesso. Se esistesse una scommessa che mi permettesse di giocarmi la casa sul fatto che non ci riusciremo, penso che accetterei senza troppi patemi. Perché un club che ha vinto una media di una coppa dalle grandi orecchie ogni 30 anni dovrebbe improvvisamente triplicare la sua media e portarla ad un successo ogni 10 anni?) o magari addirittura le 10 (10!! Fa impressione solo a dirlo. Più delle nostre coppe Italia!), io penso che lei moduli in modo poco realistico la scala dei valori sportivi delle varie competizioni e sopravvaluti le nostre prestazioni in occasione delle vergognose ed umilianti figure cui siamo continuamente protagonisti ogni volta che mettiamo piede fuori dall’Italia. Non si può essere tanto autoreferenziali e presuntuosi da proclamarsi club di primissima grandezza nella storia senza il palmares necessario, oltre che senza il suffragio popolare degli appassionati di calcio (non italiano, non juventino, ma mondiale) e non. Attualmente siamo lontani da quella che è l’idea che la maggior parte di noi ha sulla Juventus basata sui picchi di eccellenza raggiunti nella nostra storia (tipo Juve di Lippi o del Trap), e per uniformarsi servirà tantissimo tempo e pezzi del puzzle che vadano ad incastrarsi sempre molto velocemente e sempre al posto giusto. Figurarsi poi che questi picchi di eccellenza non sono nulla in confronto a quelli dei club di cui parliamo (Real di Di Stefano, Milan di Sacchi e Milan di Ancelotti, Liverpool fine anni 70-primi anni 80, Bayern di Beckembauer e Muller, Barcellona di Guardiola, Manchester di Ferguson).

La nostra storia è (per ora, si intende) troppo povera di firme sulla “Hall of fame” del calcio per consentirci di escludere qualcun altro e prenderci uno di quei primissimi posti. Se parliamo di stare nei primi 10 invece, sono d’accordissimo con lei e qui c’è molto margine di discussione (a mio avviso veniamo percepiti mediamente come il 7° club della storia di questo sport). Ripeto che però non è una gara dalla quale chi esce sconfitto perde l’onore. E’ una semplice constatazione su una situazione che ha poco a che vedere coi rapporti di forza del calcio giocato e comunque è in futuro parzialmente rimediabile. Il Milan, il secondo club più prestigioso del mondo, viene ad esempio da noi abbastanza regolarmente bastonato (peccato solo per quella dannata volta!), ed il Real che è addirittura il numero uno in questa particolare classifica, non ha certo un buono score contro di noi.

 

Chiarito tutto questo, io credo di aver valutato in maniera piuttosto oggettiva (ma soprattutto nel modo in cui quasi tutti ci valutano, nel mondo, non solo in Italia) la nostra collocazione nel panorama della storia del calcio.

Come già detto, per discutere del mio assunto e delle sue valutazioni volte a sancire una diversa collocazione per il valore dei successi nazionali, la rimando al punto 2.

In una sua eventuale replica a questo punto 1 sarò tuttavia lieto di ascoltare e discutere sue eventuali ulteriori osservazioni, secondo le quali noi dovremmo spodestare dalle prime 5 posizioni dei club che maggiormente abbiano scritto la storia del calcio, uno dei 6 club (ne cito 6 perché nelle prime 5 posizioni vedo ad oggi un pari merito) tra Real Madrid, Milan, Bayern Monaco - Liverpool, Barcellona e Manchester United (come detto, io personalmente ci vedo settimi o al massimo ottavi in assoluto, vicini all’Ajax nonostante la loro storica tripletta e le quattro Coppe Campioni / UCL complessive, ma solo perché quest’ultimo ha nell’ultimo quindicennio definitivamente rinunciato al suo ruolo storico, mentre la Juve no pur avendo fatto molto male, ed a livello di peso dei successi nazionali in questo caso non c’è paragone).

Anzi, rilancio ulteriormente. Poiché dalle sue parole (<< Questa è la Juventus. Questo sono Barcellona e (ancor di più) il Real Madrid. Poi, un gradino sotto, in quanto a blasone, tutte le altre! >>) mi sembra di intendere che secondo lei la Juve avrebbe fatto la storia di questo sport addirittura più di ogni altro club al mondo ad eccezione di Real Madrid e Barcellona, la sfido a giustificarmi in termini concreti e razionali (attribuendo valori e pesi precisi ai fatti che lei porta a sostegno delle sue tesi, e mettendo tutto sui piatti di una bilancia) per quale ragione, non evidente agli occhi del mondo, la nostra squadra del cuore dovrebbe aver complessivamente meglio figurato nella pratica di questo sport rispetto a club leggendari come Milan o Bayern, Liverpool o Manchester United. Non mi parli del valore assoluto della Juventus (che è ottimo!), ma delle sue gesta rispetto a quelle di questi club. Purtroppo penso che sentirò parlare di riconoscimenti folcloristici come la famosa targa UEFA per la vittoria di un esemplare di ognuno dei 3 principali trofei europei (ma che diavolo di peso ha? Cos’è, un record di “assortimento”? Di “varietà”? Ma cosa significa!? Non lo capirò mai.. Lei ad esempio non rinuncerebbe a questo insignificante record per convertire la nostra Coppa delle Coppe con una immensamente più prestigiosa Coppa dei Campioni?) o riferimenti a situazioni che poco abbiano a che fare con l’inestimabile orgoglio di alzare sul campo la coppa più importante del mondo davanti agli occhi di centinaia di milioni di persone.

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Per concludere questo punto 1, mi occuperò ora di dare una risposta sommaria a tutta quella serie di domande e considerazioni secondarie che lei ha diffuso presso i vari punti del suo precedente messaggio ma che siano riconducibili alla discussione sul blasone, sia in generale, che con riferimento alla Juventus (mi perdoni se dimenticherò qualcosa o se invertirò l'ordine di qualcos'altro).

 

Colgo per prima la sua frase: << In merito al blasone… chiariamoci. Io non ho scritto “semplicemente” che sia immutabile, ma ho scritto che alcuni club, pochi eletti, manterranno il loro valore "ad aeternum", aggiungendo una parte fondamentale in quanto segue: “basta solo che non spariscano dalla scena, basta che continuino a vincere titoli nazionali e a lottare per quelli europei, affermandosi “a rotazione” in base alla forza, alla disponibilità economica, alla bravura, alla “fortuna del momento.” >>.

Se è d’accordo con me sul fatto che il blasone non sia immutabile (come mi sembra di intendere, ma potrei sbagliare, dalla parte in cui dice: << In merito al blasone… chiariamoci. Io non ho scritto “semplicemente” che sia immutabile... >>), non capisco come possa affermare che << alcuni club manterranno il loro valore inalterato in eterno >>, visto che le due cose sarebbero in palese contraddizione se continuassimo ad attribuire a questi termini il significato che abbiamo fin qui attribuito loro. Forse si riferisce ad un "valore" diverso da quello di cui abbiamo sin qui discusso ed il quale trova riscontro nel blasone? Non capisco. In ogni caso, indipendentemente da ulteriori diversificazioni che lei voglia significare con questa frase, ribadisco che il blasone è assolutamente mutabile nel tempo, e lo è, come fin qui ho cercato di spiegare, principalmente proprio in virtù delle imprese sportive del club. Non esiste nulla di eterno nel blasone, proprio come non esiste nulla di immutabile nell'ambito delle opinioni umane. Come si può pensare che una opinione sia immutabile a prescindere dagli eventi che coinvolgono i suoi protagonisti? Lei non è mai stato deluso da nessuno né stupito positivamente da nessun'altro? Lei ha solo opinioni precostituite che prescindono dagli eventi? Non ha senso. Quando lei parla di questi argomenti sembra quasi che non analizzi il funzionamento della mente umana per comprendere il perché dei giudizi che dalle opinioni discendono, ma piuttosto che enunci dei criteri secondo i quali le persone dovrebbero a suo avviso pensare. Come ho detto, non capisco. Forse lei vuole mettere in evidenza una possibile distonia tra la realtà dei fatti e come invece essi vengano percepiti; ma in questo caso, o lei pensa che siano tutti vittime di una allucinazione collettiva che li porta a vedere la realtà in un modo totalmente distinto dal vero, oppure accetta l'idea che i fatti siano probabilmente diversi da come lei li descrive.

Sul discorso di ciò che devono fare le squadre per continuare ad appartenere all’elite del calcio invece ribadisco che i titoli nazionali di per sé non garantiscono alcuna presenza tra “gli eletti”, e che non si può “lottare” eternamente per i titoli europei, bensì ogni tanto è anche necessario vincere, come discuteremo al punto 2. Peraltro noi non abbiamo mai "lottato" molto, in quanto come detto, i nostri piazzamenti sono stati poche volte all'altezza.

Di nuovo rispetto a quanto già discusso c’è che lei mi parla di “vincere a rotazione” quando a vincere in Europa sono sempre e solo gli altri. Lei mi parla di farlo anche in base alla “disponibilità economica” ma essa nel nostro caso è sempre la medesima, ossia inesistente. Lei mi parla di farlo anche in base alla “fortuna del momento”, quando, come ho avuto modo di dirle nel mio precedente messaggio, io credo alla sfortuna solo come ad una congiuntura di variabili (solo alcune delle quali realmente aleatorie) sulle quali non abbiamo capacità di intervento (o non ne abbiamo abbastanza) e che si configura in modo particolarmente sfavorevole e decisivamente penalizzante: come le ho fatto notare, salvo eventi imponderabili extra-contestuali, la sfortuna è solo un complemento della nostra abilità, intelligenza, attenzione e cura per i dettagli, che si annida tra le imperfezioni delle nostre azioni; la fortuna, di contro, è la sfortuna degli altri quando i nostri e gli altrui interessi sono in contrapposizione. Insomma, la fortuna è anch’essa riconducibile a quella “bravura” che lei cita separatamente. La nostra (bravura intendo), in quanto Juventus, è sempre troppo limitata, e nelle coppe ne paghiamo le conseguenze (non è solo un discorso di coppe europee, come dimostra il fatto che non vinciamo la Coppa Italia da vent’anni, persino più della Champions).

 

Poi viene ad esempio la sua frase: << Il merchandising è un altro specchio dell’istante, non del blasone. Anche il Chelsea vende molto merchandising, anche lo stesso Arsenal, anche il PSG… ma che c’entrano col blasone? Sono capacità gestionali del prodotto calcio che vanno sempre relativizzate al Paese di provenienza, alle leggi in atto, agli accordi commerciali ecc. In quel caso non serve nemmeno vincere, ma sapersi vendere >>.

Riguardo il Chelsea ed il PSG, il fatto che le squadre da lei citate non siano particolarmente blasonate non deve ingannarla sui motivi dei loro buon merchandising. Esse sono esempi di merchandising che premia il “prestigio in crescita” (Chelsea per i risultati a tutti i livelli, PSG per i risultati nazionali e la presenza di determinati campioni); il sapersi vendere non ha mai costituito un motivo di indirizzo verso un certo club né da parte dei gruppi commerciali, ne tantomeno da parte dei clienti che del prodotto distribuito da tali gruppi fruiscono. Come sempre sono i fatti a determinare queste dinamiche, non le intenzioni. Lei pensa che sul miglioramento del merchandising del Chelsea degli ultimi 10 anni abbia influito più "il sapersi vendere" oppure il fatto di aver vinto 13 trofei contro gli altrettanti dei 100 anni precedenti?

L’Arsenal invece, non c’entra nulla come sempre, ed ha un merchandising sviluppato pur non avendo né un enorme prestigio storico, né prestigio attualmente in crescita, per le ragioni che le avevo già esposto (grande basi di tifosi storici e fedeli legati alla tradizione; campionato di appartenenza molto autopromozionale ed autoreferenziale; campionato di grande diffusione mediatica, ricchezza ed importanza) e che danno anche luogo al suo comunque non eccezionale blasone.

Lei stesso inconsapevolmente, con questi esempi, conferma esattamente la mia tesi, ovvero che il merchandising possa essere (non che sia sempre, attenzione) un buon indicatore delle evoluzioni temporali del prestigio.

 

Altrove lei dice: << A maggior ragione se, oltre ad essere il maggior club italiano, sei il quarto in Europa per numero di trofei internazionali. Ancor di più se reciti questo ruolo sin dall’alba dei tempi >>.

Ma chi le ha mai certificato che siamo il maggior club italiano? Ma da quali fatti attinge questa sua convinzione? Ma come si può solo pensare questo sulla base dell’osservazione della storia? Noi siamo un club importantissimo per numero di tifosi e storia dei tornei nazionali, siamo apprezzati nel mondo per stile e presenza a tutti i livelli, per continuità della nostra storia (ad esempio della proprietà; proprio quella dannata proprietà che ci strozza, ma che da fuori sembra un vanto) e carattere. Ma non siamo e non saremo mai a breve la più importante squadra italiana nella storia del calcio. Queste sono fantasie inventate da che vive i 9 mesi della durata del campionato italiano come un’epica traversata verso la conquista del nuovo mondo, quando invece si tratta solo una manifestazione secondaria (non "poco importante", semplicemente "secondaria"!) attualmente di basso profilo trasmessa (realmente, non venduta su piattaforme ridicole) in pochi paesi esteri con introiti miserabili (pensi ai ricavi Infront per la vendita della serie A all’estero), che non ha niente a che fare con la vittoria di una manifestazione di portata globale dall’altissimo profilo tecnico e dalla valenza culturale della Uefa Champions League.

 

Dice ancora: <<Va da sé che quando io dico “non abbia paura” o che un demone la tormenta non mi riferisco ad una paura in quanto “timore” o ad un demone della sottomissione. Ho compreso che lei condivide, dal suo punto di vista, questa crudele interpretazione dei fatti. Ma proprio di interpretazione dei fatti "crudele" si tratta, ed è a questo che mi riferisco quando parlo di “demone”. Basata peraltro su presupposti anti-storici come tutto ciò che la Juventus si porta appresso sta lì a dimostrare. I 5 club di maggior prestigio della storia del calcio possono ruotare ed essere diversi da un anno all’altro, da un triennio all’altro, “in quel momento” (per esempio l’Ajax dei ’70). Ma su larga scala, quindi “per definizione”, la Juve entra di diritto in questa cerchia! Innanzitutto perché se sei di gran lunga il primo club italiano ci sei per forza! Così come se sei di gran lunga il primo club spagnolo. A maggior ragione se, oltre ad essere il maggior club italiano, sei il quarto in Europa per numero di trofei internazionali. Ancor di più se reciti questo ruolo sin dall’alba dei tempi, se hai dato il maggior numero di giocatori nella storia alle nazionali campioni del mondo, se sei stato il primo a vincere tutti i trofei esistenti, se sei stato riconosciuto come il secondo club del secolo dalla Fifa… eccetera eccetera eccetera. Non esistono discussioni a riguardo. La percezione di un momento (specie dopo un assassinio) non intacca più di un secolo di storia>>.

E' proprio affezionato a questa figura del demone… Non ha senso da parte sua parlare di presupposti anti-storici, perché la storia del calcio dice esattamente quello che le descrivo. Siamo stati grandi, ma non grandissimi; non abbastanza almeno per fare meglio dei primissimi club. Glielo ripeto, è proprio la storia a gridare chiaramente il nome di altre squadre. Le ripeto anche che, "per definizione" nessuno entra nella storia; l'unica cosa che è realmente "definizione" è la superiorità del valore delle competizioni internazionali rispetto a quelle nazionali di cui parleremo al punto 2, e che, anziché eleggerci, ci condanna.

Sul numero di trofei internazionali abbiamo già detto: sono tanti, ma dovrebbero essere veramente tantissimi per elevarci al livello necessario a compensare tutte le altre mancanze nei confronti dei club d'elite. Sull'essere il maggior club italiano (di sempre), vedasi risposta precedente: mi sembra pura fantasia; siamo certamente il club italiano più grande del momento da almeno 3 anni, questo sicuramente.

Sui giocatori prestati alle nazionali il discorso è complesso e meriterebbe un capitolo a parte, ma di base si può riassumere con la semplice constatazione che quando i calciatori giocano per la nazionale non hanno nulla a che vedere con il club, e vengono visti da quasi tutti gli osservatori stranieri (quindi il 90 % delle persone che ne hanno conoscenza) principalmente come professionisti nell'atto di rappresentare la federazione e la nazione. Inoltre anche quasi tutti gli osservatori italiani disinteressati ed intellettualmente onesti si identificano nel giocatore a prescindere dal club cui appartenga grazie a qual poco di senso nazionalista che ci è rimasto (in occasione delle principali manifestazioni esso è forte al punto tale che persino alcuni tra coloro che sono accecati dal tifo avverso riescano a gioire ed esultare delle imprese positive della nazionale. Questo fatto è già di per se esplicativo di quanto la mente umana tenda inconsciamente a distinguere le imprese degli stessi calciatori nelle nazionali da quelle nei club). Se i calciatori vincono o ben figurano con il club dunque, il merito che la storia assegna va prima alla nazione che li ha forgiati, poi alla federazione che li ha scelti ed istruiti per la specifica occasione, infine, solo in ultima istanza, ai club che li stipendiano e li formano con continuità durante l'anno. Anche questo probabilmente è in parte crudele dal suo punto di vista, ma è inevitabile.

Siamo stati "i primi" a vincere tutti trofei esistenti? Accidenti..! Fossimo stati almeno "gli unici". No, neppure (per me). Be', lei dirà: no! Alt! Almeno in quello siamo effettivamente gli unici. Ed ha ragione, ma solo perché non esiste più l'allora Coppa delle Coppe, altrimenti probabilmente condivideremo questo indispensabile riconoscimento con altre 7-8 squadre, dato che ci sono club che vincono tutti gli altri trofei ancora esistenti (o i loro sostituti) infinitamente più spesso di noi.

Ma poi, al pari della famosa "Uefa Plaque" (che peraltro è una sua diretta conseguenza), che razza di record è!? Ma quanto pesa nella mente delle persone? Io dubito persino ci sia molta gente che lo sappia, e non si tratta certo solo di gente che non conosce il calcio o non si informa. Semplicemente è qualcosa di veramente insignificante, specie a confronto con i veri record. Restando solo all'essere "i primi" a fare qualcosa (record già intrinsecamente poco penetrante), essere i primi a vincere 10 Coppe dei Campioni / Uefa Champions League è un record che marchia a fuoco le menti; non certo quello da lei citato. Può essere un merito in più, ok, ma non un vanto tale da illuminare l'intera storia di questo sport ai livelli di cui stiamo parlando.

Sulla percezione ho già detto in precedenza e la rimando a quel punto, allorché ho descritto i motivi per i quali l'idea corretta di percezione, in questo caso non sia quella "di un attimo", ma una visione più ampia perfettamente in grado non di "intaccare più di un secolo di storia" (non c'è niente da intaccare; non si parla della reputazione compromessa di qualcuno o qualcosa), ma di leggerlo in maniera completamente diversa da quella che lei immagina.

 

Lei dice ancora: << Oltretutto leggo alcune cose… mi dice che “da qua a 50 anni...”, fa previsioni di mezzo secolo… appena ho letto ho pensato ad uno scherzo. Voglio dire… così ragionando... in confronto a lei Giacomo Leopardi era un inguaribile ottimista! >>.

Io non faccio “previsioni” (mi sono premurato di specificarlo già l’ultima volta), ma esprimo delle ipotesi che ritengo verosimili sulla base dei dati oggettivi attualmente disponibili, i quali convergono verso il perdurare di una situazione di indigenza, di scarsa attenzione all’Europa nelle scelte e nei comportamenti, di trascuratezza di aspetti chiave per il successo maggiore, di arruolamento degli uomini sbagliati rispetto all’obbiettivo europeo, eccetera.. , che, contestualizzate nell’ambiente di una società che in 60 anni ha saputo tenere una media di un successo ogni 30 anni, non mi fanno pensare che nell’arco dei prossimi 50 anni la Juve possa recuperare il gap che la separa almeno dalla quinta posizione dei club leggendari. Tenendo conto che l’ultima di esse (il Manchester con le sue 4 Coppe dalle grandi orecchie), ne vincerà probabilmente altre 4 in quel periodo, noi dovremmo vincere almeno 6 coppe nel medesimo solo per eguagliarli sul piano numerico (senza considerare tutto il resto): significherebbe vincere una coppa ogni circa 8 anni, praticamente quadruplicando la nostra media storica. E’ possibile, ma è del tutto inverosimile. Io sono un ingegnere, non certo un poeta maestro nel pessimismo cosmico, ma neppure un inguaribile sognatore come altri (non lei, ci mancherebbe).

Se invece lei si riferisce alla vittoria in modo estemporaneo di una singola Coppa dei Campioni (tipo Borussia Dortmund), io non ho mai immaginato ne parlato di un digiuno di mezzo secolo (perché mi mette in bocca parole che non ho detto?), bensì più realisticamente di un arco temporale di circa un ventennio da oggi affinché ciò (quasi casualmente) si verifichi.

 

Ed ancora: << Sul “futuro”… sui 50 anni… non mi ripeto. Oltretutto lei vede quello step come una cosa impossibile ma al contempo afferma che “ci siamo vicini”! Secondo me l’odio verso la proprietà la fa entrare in contraddizioni palesi >>.

Questa frase mi fa capire che probabilmente lei abbia frainteso sul discorso dei 50 anni, perché mi riferivo all’entrare nel novero delle prime 5 squadre della storia, non al fatto di vincere qualcosa. Quando dicevo che “ci siamo vicini” mi riferivo esplicitamente ad entrare nella cerchia dei club attualmente più importanti al mondo (cosa che eravamo fino a pochi anni fa), non certo a diventare uno dei primi 5 club della storia del calcio...dovrei essere molto ottimista in questo caso, ed io non sono quasi mai ottimista. L'ottimismo immotivato è l'anticamera dell'insuccesso. L’avevo detto chiaramente a cosa mi riferissi, no? Quindi quali contraddizioni? Peraltro io sono in generale una persona dalla coerenza quasi esasperata.

 

Poi dice: << Cita squadre vicino alle quali mette il numero complessivo di titoli internazionali…. E poi deride la Juventus che è quarta in Europa in questa classifica? E che appena 15 anni fa era seconda? Ma… allora o esistono al mondo solo 3 squadre “blasonate” e la Juve è la prima delle non blasonate… oppure il demone sta facendo davvero un lavoro penetrante! >>.

Anzitutto io non “derido” niente e nessuno. Io valuto; stop. Io ho fatto una scaletta precisa che contempla diverse voci, tutte congiuntamente contribuenti alla valutazione delle imprese sportive di un club, con valori completamente diversi di tale contributo. Non se ne possono considerare solo alcune e dimenticarne altre (al limite alcune si possono, per valore, considerare trascurabili). Quel che si deve fare è stimare la risultante di tutti questi aspetti, e tirare fuori un valore, un numero, un termine indicativo del merito assoluto. Ovviamente poiché non esiste una unità di misura del merito, ciò che la mente umana fa è dare luogo a dei confronti relativi, stabilire delle relazioni d’ordine tra il merito di ciascun club oggetto dell’indagine. Ne consegue che i club che io ritengo i più gloriosi della storia del calcio non lo siano solo per numero totale di trofei internazionali vinti, ed alcuni di loro non lo sono affatto per tale aspetto. Alcuni lo sono principalmente per il numero totale di vittorie nella massima competizione, altri principalmente per la distribuzione delle vittorie o per la presenza di vittorie multiple consecutive; altri ancora lo sono, anche se non principalmente, per il gioco rivoluzionario che hanno introdotto (stupendo intere generazioni di appassionati) o per le gesta memorabili dei loro campioni. Insomma, esiste una pluralità di fattori che sono tutti presenti in quell’elenco e che vanno raggruppati e messi sui piatti di una bilancia in opposizione a quelli altrui per capire quali club abbiano segnato maggiormente la storia.

Delle 7 squadre (Real, Milan, Bayern-Liverpool, Barcellona-Manchester, Ajax) che hanno vinto almeno 4 Coppe dei Campioni / UCL, almeno 6 (tutte escluso l’Ajax) hanno un “risultato aggregato” di vittorie internazionali maggiori, frequenza delle vittorie internazionali maggiori, vittorie internazionali minori, piazzamenti importanti e frequenza dei piazzamenti, calcio convincente, grandi campioni e vittorie nazionali.., troppo grande e pesante per essere raggiunto da chi come noi nella sua storia ha sì un buon numero di titoli internazionali totali (siamo i quarti in questo, non i primi) e trofei nazionali (seppure in un campionato importante), ma pressoché totale assenza di titoli internazionali maggiori, vittorie internazionali maggiori poco frequenti e mai consecutive, pochi campioni in senso europeo e quasi mai dominanti, pochissime partite memorabili per supremazia tecnica sull’avversario e gioco spesso anacronistico.

Le nostre deficienze ci relegano inevitabilmente almeno dietro a quelle 6 squadre nel pensiero comune, mentre come ho detto, per l’Ajax vale un discorso molto particolare e complesso che ho in precedenza accennato.

Ho già avuto modo di discutere del suo pensiero che ci vede come il terzo club della storia del calcio. Be’, dal mio punto di vista (che è anche il punto di vista della gente comune, molta della quale peraltro non ha neppure mai visto una partita di campionato della Juve) non ci basterebbero altri 20 scudetti vinti in 20 anni consecutivi né 25 trofei internazionali minori totali per collocarci immediatamente a ridosso di chi ha vinto 7 Coppe dei Campioni / UCL di cui 5 nell’arco temporale di 19 anni (anzi no, addirittura davanti a costoro, visto che lei relega il Milan addirittura dietro di noi). Sono numeri da far girare la testa (cit.) e non hanno eguali nella memoria umana, che per questo è estremamente premiante verso chi si è fregiato di tali gloriosi ed inarrivabili successi.

Tutti i primi 15 club della storia del calcio sono molto blasonati (e quindi lo siamo anche noi), ma c’è chi lo è di più e chi lo è di meno (come in tutti i campi della vita). Noi siamo molto più blasonati dell’Arsenal e più blasonati dell’Inter, ma lo siamo meno del Bayern e molto meno di Real e Milan. Non c’è niente di male, né alcunché di problematico sul piano sportivo, se non in termini di prospettive tecniche.

 

Ancora: << Si potrebbe persino ragionare sulle vittorie in sé! Come forza, diffusione del nome, prestigio ecc, valgono più 4 semifinali di seguito o una vittoria in mezzo ad altri 3 anni di totale anonimato? Vale più essere sempre presente sugli schermi del mondo o vincere una volta ogni 40 anni scomparendo poi dai radar? Quindi, a quel punto, le stesse vittorie non sarebbero più così importanti rispetto all’essere sempre presenti! Insomma… è tutto palesemente fuori senso se non si capisce che con la Juventus Football Club questi ragionamenti non hanno modo di esistere. Siamo la Juventus, basta il nome! Siamo sempre e da sempre stati presenti e sempre lo saremo >>.

Ma io, quando e dove ho detto quello che lei mi segnala? Quando io avrei sostenuto assurdità simili? Io le sto dicendo che una squadra possa scomparire dai radar per quarant'anni senza che il suo blasone ne risenta? Io sto descrivendo l’esatto contrario. Sembra quasi che lei mi stia mettendo di fronte alla situazione dell'Inter, che, come le ho detto, rientra a fatica tra i primi 10 club della storia (pur avendo vinto una Coppa dei Campioni più di noi, tra l'altro) e comunque è abbastanza indietro rispetto a noi in termini di blasone.

Poi lei parla di “essere sempre presenti” come se la Juventus lo fosse e lo fosse stata...Non si parla certo di essere sempre presenti da comprimari, ma da protagonisti; e la Juve non lo è quasi mai stata.

No, non basta il nome, assolutamente. E comunque il nostro nome non è abbastanza grande da porci nella storia davanti a chi si è detto. Noi abbiamo vissuto la storia del calcio mondiale, ma l’abbiamo scritta meno di alcuni altri club.

 

Poi: << Se la Juve non ha scritto la storia del calcio mi viene da chiedermi chi la possa aver scritta! Odio ripetermi e confrontarmi su ripetizioni dello stesso concetto, ma se vincere 32 titoli del campionato più difficile del mondo (non negli ultimi anni… ma si tratta, appunto, degli ultimi anni), se aver vinto 11 titoli internazionali, se arrivare a giocarsi finali europee in media una volta ogni 4 anni, se nonostante tutto possiamo pure lamentarci di non aver vinto ancora di più… eccetera eccetera… non significa scrivere la storia… allora io non so leggere! >>.

La Juve ha ovviamente scritto la storia del calcio, e lo ha fatto piuttosto bene, ma non più di altre 6-7 squadre ed in particolare di quelle 5 di cui ormai abbiamo detto tutto. Si tratta di Real, Milan, Bayern, Liverpool, Barcellona e Manchester.

Ma perché lei confonde innocentemente ma così superficialmente il concetto di “scrivere la storia del calcio” con quello di “essere uno dei 5 club che abbiano maggiormente scritto la storia del calcio”?? Sono due cose completamente diverse, e tra esse c’è la stessa enorme differenza che c’è tra noi ed il Real Madrid (ad esempio).

Riguardo il seguito della sua frase le ripeto che giocarsi una finale europea in media ogni 4 anni non è in assoluto essere ai massimi livelli, perché dipende da cosa fanno gli altri. Se 5-6-7 squadre fanno meglio (alcune molto meglio), noi non siamo ai massimi livelli nella storia. Non quei massimi. Lo siamo stati tuttavia qualche volta in modo localizzato nel tempo (cosa che, come lei ormai sa, io riassumo con la definizione di “squadra tra le più forti al mondo”).

 

Prosegue con: << Il Real è un conto, perché oltre ai trofei internazionali (e cmq appena 4 in più dei nostri fino all’altra sera) associa un numero di titoli nazionali paragonabile al nostro. Il Milan no. Il Milan ha quasi la metà dei nostri titoli nazionali, per larghissime fette di tempo nella storia è stato solo spettatore, ha vinto queste coppe in più, ok... ma, sommando il tutto, come minimo siamo sullo stesso livello! >>.

Io ora non vorrei tornare per l’ennesima volta a parlare di quella squadra con quelle brutte maglie dai colori rosso e nero, ma lei mi ci trascina di forza. Aggiungerò comunque solo poche cose a quanto già osservato.

Noi non “siamo sullo stesso livello del Milan” in termini di blasone, come dice lei. Non lo siamo e non lo saremo probabilmente mai. Lo siamo stati fino a quando non sono nate le coppe europee, e le sue convinzioni, come quelle di molti altri, sono frutto di questo retaggio.

Il Milan prima dell’avvento di Berlusconi aveva già vinto tante Coppe dei Campioni quanto noi attualmente in tutta la nostra storia. Il Milan fu la prima squadra italiana a vincere quella famosa coppa, e le immagini leggendarie in bianco e nero della discesa dall’aereo di Nereo Rocco con la seconda coppa in mano, sono datate solo 5 anni dopo. Se consideriamo che la prima finale (persa contro il grande Real) risale addirittura al 1958, abbiamo ben chiaro quanto questo club abbia impresso il suo marchio fin da subito sulle nuove prestigiose competizioni del calcio continentale.

Certo, ebbe un digiuno di parecchi anni (durante i quali vinse comunque altre coppe e scudetti nonostante il susseguirsi di diverse vicende societarie), ma nulla di importante a fronte di quello che sarebbe successo da li a poco.

Il Milan di Berlusconi seppe aggiungere alle 2 Coppe delle Coppe già presenti, qualcosa come 5 Coppe dei Campioni (che si aggiunsero alle 2 già presenti), 5 Supercoppe Europee (l’intero bottino), 3 Coppe Intercontinentali o Mondiali per Club (che sia aggiunsero a quella già presente), oltre ad 8 Scudetti (che si aggiunsero ai 10 precedenti), una Coppa Italia (che sia aggiunsero alle 4 già presenti), e 6 Supercoppe Italiane (l’intero bottino), il tutto nell’arco temporale di vent’anni.

Di fronte ad una squadra del genere, per quanto arrogante ed antipatica, non si può che abbassare il cappello e fare un leggero inchino.

Questi numeri, uniti alla sua continua presenza in Europa, al gioco sempre convincente, alla presenza di grandi campioni sia assoluti che "in senso europeo" sempre decisivi e risolutivi, alle innovazioni, alla cura per l’immagine ed il rispetto per i suoi tifosi, fanno di questo club indiscutibilmente il secondo club più prestigioso della storia del calcio. Non sono certo una decina di "miseri" scudetti a coprire un simile gap, ci mancherebbe (sinceramente se la Juve avesse vinto 7 CC / UCL ed il Milan 2, io mi sentirei quasi offeso e sminuito a sentire un milanista paragonare la storia del suo club a quella del mio). Loro sono stati ciò che noi avremmo potuto essere ma non siamo mai diventati. Il futuro non lo conosce nessuno, ma per ora la verità è questa, i numeri sono questi; tutto il resto è fantasia consolatoria.

Quando parlavo di “sbattere in faccia” parlavo ovviamente in modo scherzoso, ma di fatti comunque fondati (pochi milanisti ci considerano all'altezza del loro club; quelli che invece lo affermano pubblicamente lo fanno solo per non essere messi di fronte al fatto paradossale che non riescano ad imporsi frequentemente in un torneo più semplice di quello dove sono maestri, ma in realtà non ci credono neppure loro). Il punto è che una società di tale blasone può purtroppo anche permettersi di essere arrogante (ed i tifosi di conseguenza), perché effettivamente sono arrivati vicini a diventare il club più grande della storia.

Cavolate come quelle dei punti negli ultimi 5 anni e cose simili sono semplicemente patetici tentativi di una nobile attualmente in difficoltà economiche di dimostrarsi non decaduta agli occhi degli osservatori (perché loro sanno, a differenza nostra, che anche l’immagine è molto importante). Non ne faccia una crociata; sono sciocchezze. Lo sa benissimo anche Galliani, mi creda.

La scritta sulla maglia del Milan purtroppo non è “uno spot” come lo chiama lei, ma verità. Esattamente come il significato di quel simpatico stemmino blu (Multiple-Winner Badge) che campeggia sulle maniche delle loro brutte maglie.

I dati che inserirò a seguire non significano assolutamente nulla (sia chiaro), ma voglio soltanto darle delle indicazioni sommarie e molto "spannometriche" della differente percezione che nel mondo si ha del Milan rispetto alla Juventus. Lei tenga conto che il Milan è una società in forte ridimensionamento, sottoposta ad un processo di conversione storica verso il basso da ormai quasi un lustro, in gravi difficoltà economiche, con poche prospettive a breve termine, una proprietà attualmente assente, e nessuna velleità di competere né in Italia né in Europa; si tratta quindi di una società con prestigio in leggera discesa. Di contro la Juventus è attualmente una delle società potenzialmente in rampa di lancio per diventare a breve una delle più forti al mondo (anche se probabilmente non lo diventerà), con una situazione economica in crescita, buone prospettive a breve termine e vittorie (seppur minori) recenti; si tratta quindi di una società con prestigio in leggera crescita. Ciò nonostante, e benché la situazione stia assumendo questi risvolti da ormai almeno 3 anni, il blasone del Milan è ancora talmente più grande del nostro che si incappa in circostanze "curiose" come queste:

 

Numero risultati ricerca Internet col più famoso motore di ricerca (Google) e risultati Social Network :

 

5 740 000 "Juventus fc" - 56 200 000 "fc Juventus" (29 800 000 "Juventus" - 11 800 000 "Juve")

33 000 000 "Juventus team" - 47 100 000 "team Juventus" (14 400 000 "Juve team" - 46 300 000 "team Juve")

6 830 000 "Juventus club" - 49 300 000 "club Juventus" (18 100 000 "Juve club" - 27 800 000 "club Juve")

 

Facebook (pagina internazionale) 12.325.809 "Mi piace" - 316.097 "ne parlano"

Twitter (pagina internazionale) 16.800 "Tweet" - 1,16 Mln "Follower"

 

25 500 000 "ac Milan" - 109 000 000 "Milan ac" (115 000 000 "Milan")

98 000 000 "Milan team" - 98 000 000 "team Milan"

31 300 000 "Milan club" - 689 000 000 "club Milan"

 

Facebook (pagina internazionale) 21.605.313 "Mi piace" - 231.472 "ne parlano"

Twitter (pagina internazionale) 28900 "Tweet" - 1,95 Mln "Follower"

 

Ovviamente questi dati sono pure curiosità e non significano niente (specie le voci "Milan" e "Club Milan", chiaramente falsate dal fatto che esista una città e persino un nome proprio di persona riconducibili alla parola "Milan"), anche perché le statistiche dei Social Network (che peraltro io non frequento né conosco) sono falsate dalla diversa data di apertura delle relative pagine. Sono però dei suggerimenti riguardo il fatto che su scala mondiale il Milan goda da sempre, giustamente direi, di un credito d'immagine che a noi non viene riconosciuto. Ci sarebbero anche numerose classifiche più o meno attendibili che mediamente ci attestano qualche decina di milioni di tifosi in meno del Milan nel mondo, ma non le prendo in considerazione perché è impossibile fare una stima razionale di quel dato. Dico tutto questo, lo ripeto, solo a livello vagamente indicativo, e mi rendo conto che esistano molte variabili che invalidino qualsiasi forma di correlazione, tra dati di questo tipo ed il prestigio, che vada oltre il senso di quella che deve essere solo una semplice copertina ad un libro della storia ricco di fatti concreti (le prestazioni sportive) ben più consistenti. Un altro interessante indicatore è il dato dei ricavi commerciali dei due club (che ricordo solo relativamente all'anno scorso), questo non falsato dalle differenti potenzialità economiche delle diverse nazioni come invece accade quando si raffrontano le situazioni di squadre di paesi diversi. Lo riporto qui di seguito.

 

Ricavi commerciali 2012/13:

 

Milan 96 milioni

Juventus 68,5 milioni

 

Nonostante noi si possa essere paragonati ad una macchina in corsa ed il Milan ad una in retromarcia, quest'ultimo club continua, giustamente, ad introitare il 30% in più. Pensi che io sono persino stupito di questo dato, nel senso che riterrei ragionevole una differenza addirittura più ampia. Abbiamo veramente un sacco di gente che crede in noi, da sempre ed incondizionatamente; possiamo essere fieri dei nostri tifosi, ancor prima che della nostra squadra del cuore.

 

Vedo ancora: << siccome 2 partite in 116 anni possono dare 2 coppe in più, ma NON cambiano una storia (potrebbero cambiarla se ti chiami Avellino, Sampdoria, Crystal Palace o Deportivo La Coruna, non se ti chiami Juventus, Barcelona… Federer, Nadal… Ferrari o McLaren… e così via!) >>.

Due partite che danno 2 CC / UCL in più "cambiano" la storia. La storia la fanno prima di tutto i trofei, e la CC / UCL è il trofeo più importante che un club calcistico possa conquistare. Le partite non sono tutte uguali ed il peso di alcune nella storia di un club è migliaia di volte superiore al peso di altre. In proporzione, la vittoria della massima competizione europea da parte della Juve equivale (per difficolta ed importanza) all'accesso alla fase a gironi della UCL per un club di serie B come l'Avellino o la vittoria dello scudetto per uno di medio-bassa serie A come la Sampdoria: lei pensa che i tifosi di queste squadre non riterrebbero di aver "cambiato" la propria storia se conseguissero tali obbiettivi sportivi?

Federer-Nadal, Ferrari-McLaren… Ma perché lei si ostina a paragonare la Juventus con quelli che vengono ritenuti i migliori 2 esponenti attuali o passati di altre discipline o ambiti senza considerare che nel calcio siamo stati, per pubblico accredito, la più forte squadra del mondo ben poche volte? Negli ultimi 30 anni ad esempio lo siamo stati solo con la Juve di Platini (neppure con la Juve di Lippi, probabilmente ritenuta dal mondo inferiore ad Ajax e/o Real Madrid). Ma lei pensa davvero che ogni anno, o parecchi anni, degli ultimi 30, ci sia stata nel mondo una maggioranza di persone che ci riteneva il Federer, il Nadal, l'Agassi o il Sampras del Calcio? Probabilmente abbiamo vissuto in mondi diversi.

 

E poi: << l’Arsenal che può augurarsi di diventare, prima o poi, la Juventus d’Inghilterra, e non il contrario. E poi perché paragonare la quarta squadra per titoli internazionali d’Europa, con una che di titoli internazionali ne ha vinto uno solo, come il Napoli, mi scusi, mi perdonerà, ma fa solo ridere! In questo caso 11 titoli contro 1 ci accomunerebbero… mentre differenze complessive di 4, 5 o 6… ci renderebbero inferiori ad altre squadre che vantano la metà dei nostri titoli nazionali! Esca da quel coooorpoooo! >>.

Mi scusi ma non trovo la parte cui si riferisce parlando del Napoli. Non ricordavo di aver scritto nulla a riguardo, ma visto che ne parla discuterò anche di esso. Anzitutto le ho già detto che l'Arsenal (un suo chiodo fisso evidentemente) non ha assolutamente il blasone della Juventus e quindi concordo perfettamente con la sua prima proposizione (ma visto che mi sono già espresso in tal senso, perché me lo sottolinea?). Se lei si riferisce alla mia affermazione per la quale << Il prestigio dell’Arsenal fonda le sue radici in motivazioni simili a quelle che riguardano la Juventus >>, ha frainteso come spesso le accade: forse sono io che mi spiego male, ma la frase in questione ha un significato ben preciso, per nulla identificabile nella volontà di accomunare i rispettivi blasoni. Se invece lei si riferisce alla mia affermazione << Si possono fare scelte diverse ed essere l’Arsenal d’Italia (peraltro realtà molto differente da noi per ogni altro aspetto che non sia quello dell’insuccesso internazionale), basta poi non avere la pretesa di sostenere di essere “tra i 5 maggiori club della storia del calcio mondiale” >>, ha frainteso nuovamente: ovviamente io mi riferivo alle nostre scelte strategiche per il futuro, non certo al fatto che saremmo già oggi l'Arsenal d'Italia; ci mancherebbe.

Sia rispetto all'Arsenal che rispetto al Napoli abbiamo molti più titoli internazionali (peraltro questo è solo uno degli elementi che danno corpo al gap tra noi e loro) ed anche per questo abbiamo un blasone enormemente maggiore; in particolare molto maggiore di quello degli inglesi ed estremamente maggiore dei partenopei. Perché lei dice che io sostenga che le nostre situazioni siano "comuni"? A renderci inferiori a squadre come il Milan che vantano metà dei nostri titoli nazionali, non sono, come ho già spiegato innumerevoli volte, il numero totale dei trofei internazionali (talvolta addirittura a nostro favore), ma l'insieme di questo dato con altri 10 o 15 aspetti fondamentali da considerare, primo tra i quali il numero dei massimi trofei continentali presenti in quel palmares internazionale. Non bastano 15 scudetti a compensare la valenza di una UCL nella memoria collettiva. Quando nei telegiornali di tutto il mondo, dall'America alla Cina, mandano in onda le immagini salienti della storia recente o passata di un club di altissimo livello, sono quelle con il capitano della squadra che alza la coppa dalle grandi orecchie davanti al continente, non quelle di Buffon che riceve la coppetta scudetto da Beretta e la mostra ad una ventina di milioni di persone scarsa. Lei deve capire questo aspetto determinante, altrimenti è impossibile discutere di valori relativi (ma ne parleremo meglio al punto 2).

 

Infine: << Caro PdL, la nostra storia e la dimensione della stessa può essere inferiore solo a quella del Real. A cui peraltro va ascritta una certa furbizia, in un dato momento storico su cui è meglio non dilungarsi, nella persona di Santiago Bernabeu (vale a dire proprio nel momento in cui nacquero le coppe internazionali attuali). Ma tant’è, furbizia o non furbizia, davanti al Real ci si toglie il cappello. Davanti a chiunque altro il cappello rimane ben saldo in testa, a chiunque altro! Se non per superiorità pura, per un valore complessivo paritario. >>.

Signor Leevancleef, io, da sportivo, amante del calcio, e persona obiettiva che non ha mai avuto problemi a riconoscere i meriti altrui anche quando gli interessi degli altri fossero contrapposti ai miei, il cappello me lo tolgo anche per chi ha vinto rispettivamente 5 (Milan), 3 (Bayern-Liverpool), e 2 (Barcellona-Manchester-Ajax) Coppe dei Campioni / Uefa Champions League più della Juve, specie se almeno 5 di queste hanno ottenuto tutto questo e quant'altro conquistato, con grandissima autorevolezza e costanza. Quando potremo vantare simili risultati (con eccezione dell'Ajax) accompagnati da un tale consenso popolare, saremo anche noi nell'Olimpo del calcio. Non bisogna farsi condizionare dall'amore cieco che proviamo per i colori bianco e nero.

 

2.
L'IMPORTANZA DELLE COMPETIZIONI EUROPEE (riferimento ai suoi precedenti punti 3-6)

 

Torniamo al mio assunto enunciato al punto 1, perché è questo aspetto, che ora dobbiamo discutere.

Il prestigio storico e quindi il blasone di un club è determinato, nella coscienza popolare, principalmente dall’incisività sportiva del club nella storia del calcio, riassumibile in modo sommario come risultato della valutazione delle prestazioni del club assegnando ad esse il seguente ordine di priorità decrescente (trascuro le voci minori):

 

· Numero di vittorie della massima competizione internazionale; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo (ad eccezione del caso delle vittorie multiple consecutive, che costituiscono un grande fattore di merito).

· Vittoria della massima competizione internazionale in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittorie delle competizioni europee minori; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo (ad eccezione del caso delle vittorie multiple consecutive).

· Vittoria delle competizioni internazionale minori in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittoria della massima competizione nazionale (campionato), preferibilmente in un paese dall’elevata competitività e buona notorietà del campionato.

· Vittoria della massima competizione nazionale (campionato) in modo convincente, giocando numerose e frequenti grandi partite, esibendo grandi campioni dalle gesta memorabili (per valore, estro, decisività) e dai comportamenti impeccabili.

· Numero di vittorie delle competizioni nazionali minori; subordinatamente uniformità della distribuzione delle vittorie nel tempo.

· Realizzazione di numerosi e frequenti grandi piazzamenti internazionali; subordinatamente uniformità della distribuzione dei grandi piazzamenti nel tempo.

 

Premesso che lei ha una visione particolare del blasone, in cui esiste una componente immutabile “acquisita di diritto agli albori del calcio” che come già discusso io non condivido affatto, almeno relativamente alla “componente variabile” lei dovrebbe concordare con la ragionevole progressività del mio elenco. Invece no. Lei promuove una revisione concettuale dei valori per la quale le competizioni nazionali dovrebbero trovarsi molto più in alto (dove, esattamente, non l’ho ancora capito), probabilmente quasi al pari della massima competizione europea per club, in modo che ad esempio noi (nel senso di Juve), si possa sedere allo stesso tavolo dei giganti pur non possedendone apparentemente i requisiti sportivi.

Ho già avuto modo di spiegarle (ma lei non mi da molto seguito su queste evidenze matematiche) che il valore dei successi internazionali è “per definizione” superiore a quello dei successi nazionali, in quanto le coppe europee sono nate dall’esigenza di confrontare la squadre di calcio su di un piano più vasto di quello nazionale, sottintendendo il concetto intuitivo che chi è più forte nel proprio paese non è detto lo sia nel continente o nel mondo. E' d'accordo su questo oppure no?

Ho cercato di spiegarle che non si può prescindere dal fatto che il prestigio percepito sia una questione di dimensione, di quantità numerabili… Quel “celodurismo allo stato antropologicamente più rozzo ed elementare" di cui parlavo, non è un concetto degradante per l’intelligenza umana, è la sintesi dello sport per come lo vedo io e per come lo vedono tutti quelli che credono nell’esistenza di una scala di valori nelle difficoltà della vita (quindi anche nello sport). E’ la diversificazione ideale che esiste tra ciò che conta di più e ciò che conta di meno, è il fattore geometrico di scala che la natura ha conferito alle difficoltà e che è riflesso dal valore da attribuire all’impresa di superarle. E’ quasi la manifestazione filosofica del principio dell’evoluzione che governa la natura stessa e che attraverso la selezione ne preserva la sopravvivenza.

Ogni considerazione volta ad attenuare le differenze nella scala oggettiva del merito alla luce di presunte differenze di condizioni alla base della realizzazione di determinate imprese non è una dimostrazione di intelligenza e di oculatezza verso ciò che a molti sfugge, bensì è frutto dell’eccesso di orgoglio che porta a sminuire le imprese altrui amplificando i propri meriti, oppure il risultato di qualche pensiero visionario che non trova riscontro nella pratica delle cose.

Non si può neppure lontanamente paragonare la vittoria di un campionato nazionale a quella di una UEFA Champions League. Il rapporto tra gli attuali livelli di difficoltà delle due competizioni è mediamente 1 : 5 per le squadre più forti dei principali campionati europei (come segnalato ad esempio dal rapporto tra le probabilità di successo che vengono riconosciute ad inizio anno a squadre come Real, Barcellona, Atletico Madrid, Bayern, Dortmund, Juve, Milan, Manchester, Chelsea, Manchester City, PSG rispettivamente per la vittoria del campionato e per quella della UCL, e rappresentato concretamente dal rapporto mediamente pari a 2 : 10 tra le quotazioni dei due successi), passa da valori di 1 : 30-60 per le squadre dei campionati europei di secondo piano (squadre come Benfica e Porto, hanno un rapporto mediamente pari a 2 : 60 tra le quotazioni dei due successi; Ajax, Shakhtar Donetsk, Galatasaray, CSKA hanno un rapporto mediamente pari a 2 : 120, con lo Zenit un po’ eccezione di questa fascia), e raggiunge valori bulgari di 1 : 125-250 per le squadre dei campionati europei di terzo piano (squadre come Celtic hanno un rapporto mediamente pari a 2 : 250 tra le quotazioni dei due successi; Olympiacos, Anderlecht, Copenaghen, Sparta Praga/Plzen, Steaua Bucarest, Basilea, Austria Vienna hanno tutte un rapporto mediamente pari a 2 : 500). Insomma, la statistica dice che vincere la UCL è da 5 a 250 volte più difficile che vincere il campionato nazionale. Ma se la matematica dice che per noi dovrebbe essere solo 5 volte più difficile, il buon senso aggiunge che esistono fondate ragioni legate alla differenza di tipologia di gioco tra il campionato nazionale e la UCL che portano in alcuni casi (come nel caso del campionato italiano) un ulteriore moltiplicatore che amplifica la difficoltà della vittoria della coppa rispetto a quella del campionato: io personalmente stimo che per la Juventus vincere la UCL sia almeno 15-20 volte più difficile che vincere il campionato (e per ora il rapporto storico 2 : 32 tra il numero delle coppe e degli scudetti vinti sembra darmi ragione).

Ma quando passiamo dalla matematica alle emozioni, il gioco si fa ancora più duro. Il rapporto di importanza percepita è probabilmente almeno 1 : 20 (questo lei lo deve intuire dalle tendenze della gente, non glielo posso quantificare) nei campionati più ricchi ed importanti, fino ad arrivare a 1: 100 o più nei campionati di secondo o terzo piano. Ovviamente la profondità della traccia che i rispettivi successi lasciano nella storia è proporzionale ai termini di quest'ultimo rapporto.

 

Nel confronto tra il peso del calcio nazionale e quello del calcio internazionale sul prestigio non conta tanto chi è nato prima di cosa, quanto tardi siano nate le coppe europee, quale fosse l’approccio italiano ad esse (juventino, in particolare) nei loro primi anni di esistenza, o l’elevato grado di episodicità intrinseca delle coppe rispetto alla linearità dei valori espressi da un campionato. Ciò che conta è solo ed esclusivamente il livello che si intende rappresentare con l’una e l’altra competizione. Il livello del calcio nazionale è e sarà sempre subordinato a quello del calcio internazionale, ed il fatto di essere strutturato come una coppa, quindi con elevato grado di incertezza, rende soltanto questa immensa sfida più interessante e selettiva.

Una gara di maratona a livello italiano e la gara dei 100 metri piani a livello olimpico sono entrambe gare di atletica a livello professionistico (come lo sono il campionato nazionale di calcio e la UEFA Champions League); sono l’una a livello nazionale (come il campionato nazionale) e l’altra al massimo livello internazionale (come la UEFA Champions League); sono l’una una gara di durata e continuità della prestazione media (come il campionato nazionale) e l’altra di intensità ed ampiezza dei picchi di massima prestazione (come la UEFA Champions League); sono l’una una competizione che rispecchia frequentemente i valori in campo, generando distacchi ampi (come il campionato nazionale), e l’altra una competizione non sempre fedele alle doti potenziali, generando distacchi minimi e frequenti inversioni dell’ordine d’arrivo rispetto alla aspettative (come la UEFA Champions League); sono l’una una competizione che presenta margini di errore come cadute o rallentamenti (come il campionato nazionale), e l’altra una competizione che non presenta margini d’errore ed è intrinsecamente episodica (come la UEFA Champions League). Ciò nonostante nessuno si sogna di ritenere la vittoria di una maratona italiana gloriosa ed importante quanto la vittoria dei 100 metri piani alle olimpiadi. Nessun vincitore di maratone nazionali gode dell’immortalità nella memoria collettiva quanto il vincitore della medaglia d’oro olimpica nei 100 metri piani.

Pur trattandosi di tipologie di competizioni estremamente diverse, è facilmente individuabile quell’unico parametro che determina il livello di riconoscimento ed apprezzamento da attestare al vincitore: il livello assoluto della competizione.

Il prestigio dei più grandi vincitori dei campionati nazionali non è ne limitato ne sottostimato dall’osservatore comune (né da me, che ci tengo molto, lo giuro), semplicemente è anch’esso subordinato a quello dei più grandi vincitori delle competizioni internazionali, come è giusto che sia.

Prevedendo sue future elucubrazioni sul tema, mi premuro di specificare fin da ora che, se dentro di se, lei sente di paragonare il campionato nazionale alla maratona olimpica anziché alla maratona italiana, sta semplicemente lasciando che le sue emozioni prendano il sopravvento sulla ragione. Non è così, e purtroppo per noi non esiste ancora l’equivalente calcistico, secondo il mio paragone, della maratona olimpica. Quando la UEFA creerà il campionato europeo per club probabilmente noi faremo meglio; ma per ora facciamo male, malissimo, e bisogna prenderne atto.

Le ribadisco che chi ha trascurato le coppe europee nei loro primi decenni di vita semplicemente non ne ha compreso la definizione, oppure non è stato abbastanza lungimirante. In ogni caso ha commesso un errore imperdonabile che ne condizionerà l’immagine per decine e decine di anni. Purtroppo noi siamo tra costoro.

 

A riguardo del tema lei dice: << In una partita secca si possono anche calcolare tutti i dettagli, ma i fattori indipendenti dal tuo controllo sono tantissimi, e quindi se già possono mandare a carte quarantotto quanto è stato preparato con tutta l’attenzione possibile… figuriamoci cosa possono fare con i dettagli! Questo senza considerare che in quell’unica e sola partita che capita durante quel periodo dell’anno puoi avere giocatori infortunati, squalificati, squalificati più o meno giustamente, un calo di forma fisiologico… e questo solo per rimanere alla “disponibilità” degli uomini, cioè ad un fattore che riguarda la squadra prima ancora di entrare in campo! Che la coppa abbia un fascino è cosa certa, esattamente come è altrettanto certo che spesso puoi giocarti bene tutte le carte a tua disposizione e rimanere vittima dell’episodio singolo. Non si tratta di “sfortuna” in quanto entità, in quanto superstizione, ma del puro caso, dato dall’incontrollabilità di tutto ciò che si muove attorno alle tue carte ed al tuo tavolo da gioco. >>.

Qui dovrò ripetermi ancor più che in precedenza. Le cito anzitutto esattamente quanto già dettole nel mio precedente messaggio: << Ovviamente, come dice lei gli episodi possono far saltare il banco anche quando apparentemente tutte le carte in tavola siano state giocate bene, ma in realtà quest’ultimo fatto non si realizza mai completamente, ed è quasi sempre nelle pieghe di questa imperfezione che si annida la genesi dell’evento considerato “sfortunato”. Va da se che, salvo eventi eccezionali, la misura dell’estensione del campo che possa interessare quella che chiamiamo “sfortuna” sia complementare alla nostra abilità, intelligenza, e cura per i dettagli. La nostra, in quanto Juventus, è sempre troppo limitata, e nelle coppe ne paghiamo le conseguenze >>.

Avrà allora compreso che io, salvo eventi realmente imponderabili di tipo extra-contestuale, non approvo che si cataloghi la sfortuna come una attenuante né tantomeno una esimente rispetto alle responsabilità dell'insuccesso nelle competizioni, per quanto esse siano episodiche come le coppe. Mi spiego meglio. Se una palla da me calciata colpisce il palo, non è sfortuna: ho compiuto attivamente un errore. Se quella calciata dal mio avversario su calcio di punizione colpisce un mio compagno in barriera e carambola in rete, non è sfortuna: ho compiuto passivamente un errore, di posizionamento e modalità di intervento sulla palla, oltre che l’errore originale di aver concesso la punizione. In merito a tutti questi episodi tecnici si può dire quasi con validità scientifica che, ad esempio, avere giocatori più intelligenti, bravi con la palla, abili dal punto di vista motorio e coordinativo, minimizzi errori di questa natura (ma quante squadre europee si permettono di schierare un giocatore che da del "voi" al pallone come Chiellini?).

Neppure un errore arbitrale ricade completamente entro la definizione di sfortuna: devo infatti giocare in modo abbastanza intelligente da minimizzare la probabilità che l’arbitro sia indotto a sbagliare, e per fortuna ciò coincide anche con il calcio più efficace sul piano tecnico-tattico; coincide con il calcio europeo. Ad esempio con un calcio di possesso (che induce al fallo l'avversario) piuttosto che uno di contrasto (che aumenta la probabilità di un proprio fallo); con un calcio dominante anziché uno passivo (in modo da indurre nell'arbitro quella sensazione di grandezza che lo condiziona quando c'è una decisione dubbia appesa ad un filo oppure quando c'è una disputa tra giocatori); con un calcio palla a terra piuttosto che aereo (in modo da minimizzare il numero delle palle contese); con un calcio prevalentemente di triangolazioni e verticalizzazioni filtranti (che consente all'arbitro di trovarsi più vicino al cuore dell'azione ed ai guardialinee di controllare meglio la linea del fuorigioco) anziché di cross e traversoni orizzontali per eventuali inserimenti. Insomma, con l'intelligenza giusta e le conoscenze per giocare un calcio europeo, anche il problema dell'arbitraggio viene quantomeno attenuato.

Anche gli infortuni traumatici ad esempio possono essere ridotti mediante l'adozione di una adeguata tipologia di calcio (che, ironia della sorte, è proprio quella più europea!) e mediante calciatori più intelligenti, così come quelli muscolari possono essere ridotti mediante tecniche di preparazione atletica all'avanguardia e massima cura nell'analisi individuale dei calciatori (da questo punto di vista ad esempio, mi sembra che nell'era Conte stiamo andando alla grande). La forma può essere migliorata in modo sistematico se si adottano le giuste misure in ambito di distribuzione dei carichi, se si sono scelti atleti di livello adeguato (come le squadre straniere insegnano), e se si da la giusta priorità alle varie partite e competizioni.

Le squalifiche possono essere ridotte ancora con un migliore tipo di calcio, con calciatori più scaltri (ma cosa avrà voluto fare Nedved su Mc Manaman nel 2003? Lei lo ha capito dopo più di 10 anni?) e meno impetuosi (sarà un caso che deteniamo il record negativo di espulsioni nella storia della Champions League? Ma l'ha prescritto il medico di schierare ai massimi livelli dei soggetti come Mauro German Camoranesi?), con uomini freddi e razionali che non perdano mai di vista l'importanza dell'obbiettivo finale ed antepongano sempre il bene collettivo alla propria soddisfazione del proprio orgoglio virile nelle dispute individuali (un po’ il ritratto di Chiellini, non trova?).

La sfortuna propriamente detta esiste solo se un tifoso lancia in campo una bomba ed io perdo la partita a tavolino, oppure se cade un meteorite in campo durante la semifinale e la mia squadra, per ovvie ragioni, non potrà prendere parte alla finale.

Gli infortuni, le squalifiche, la forma, sono tutti fattori sotto il nostro controllo (più o meno diretto che sia) ed in quanto tali, il loro risvolto positivo deve essere annoverato tra le qualità del club, così come quello negativo tra le mancanze del medesimo.

Del fatto che le coppe siano intrinsecamente episodiche abbiamo già discusso, ma questo non significa che le azioni che vengono in esse poste in essere siano meno indicative dei nostri meriti o dei nostri demeriti. I risultati conseguenti le nostre azioni in tali contesti possono semplicemente essere più o meno lo specchio di abilità che potenzialmente abbiamo, ma il fatto che il potenziale non si traduca in effetto (a noi accade sempre) non è certo legato al caso. La traduzione del potenziale in effetto è essa stessa una abilità, ed è forse l’abilità più affascinante. E’ l’abilità di “far girare” gli eventi dalla propria parte, quegli eventi su cui non abbiamo “grande” capacità di determinazione, ma rispetto ai quali abbiamo comunque una almeno minima capacità di intervento e prevenzione. Noi non siamo mai stati abbastanza abili, attenti, accurati, precisi, dettagliati, ed intelligenti per competizioni che esprimano contemporaneamente un tale livello di competitività ed un tale grado di episodicità. Se vogliamo interrompere questa vergognosa e triste tradizione, prima o poi dovremo imparare ad esserlo.

 

Ma lei non si è limitato a mettere in discussione la mia scaletta per quanto riguarda il rapporto tra il valore del calcio internazionale e quello del calcio nazionale, bensì ha trovato addirittura incoerenza tra la mia valutazione di alcuni suoi esempi e l’applicazione rigorosa di tale scaletta. Allora analizziamo singolarmente le sue contestazioni.

 

Dice ad esempio: << Se poi ho fatto l’esempio di Porto e Arsenal è perché lei quasi disprezzava l’importanza dei campionati nazionali rispetto a quella delle competizioni europee. Poi però per affermare che l’Arsenal è superiore al Porto mi parla dell’importanza del campionato in cui milita. Io però potrei dirle che campionato o non campionato il Porto quelle coppe le ha vinte, e ha giocato contro squadre dei campionati più rinomati. E parliamo di 2 Coppe Campioni contro 0 dei lancieri! Vorrebbe dirmi che il Porto, lo Steaua, il Nottingham… godono di un seguito maggiore rispetto all’Arsenal? Ecco perché se il teorema non vale per tutte le squadre che hanno vinto quel tipo di torneo... sono addirittura risibili quegli stessi teoremi per una società come la Juve! >>.

Io non “disprezzo” alcunché, ci mancherebbe. Io tengo molto ai campionati nazionali e vincerli mi dona grande gioia e soddisfazione (specie se accompagnati da record realmente storici come i 102 punti, o le 19 vittorie in casa, o la vittoria da imbattuti). Ai fini del blasone contano sia i risultati nazionali che l’importanza e difficoltà degli stessi, ma sempre in modo nettamente subordinato a tutto il resto che abbiamo discusso.

Le ho già spiegato che nel paragone Arsenal-Porto stiamo paragonando due squadre di scarso blasone e dove i successi maggiori sono talmente rari (in un caso addirittura inesistenti) e deboli, da rendere determinanti quelli nazionali ed altre considerazioni minori neppure presenti nel mio elenco (per semplicità). In questo caso l’Arsenal risulta leggerissimamente davanti principalmente per questioni proprie del campionato nazionale, come le vittorie, l’antichità ed importanza del campionato, l’antichità della federazione inglese ed i suoi legami con la UEFA, l’autoreferenzialità culturale degli inglesi, la diffusione mediatica della Premier, l’opulenza della loro lega, l’eleganza della cornice e dei protagonisti, la loro specifica disponibilità economica; a ciò si aggiungono ovviamente anche i piazzamenti internazionali e la loro continuità (da 17 anni consecutivi in Champions; da 11 anni consecutivi almeno agli ottavi di finale, anche perché prima c'era il secondo girone eliminatorio), il loro gioco particolarmente accurato e convincente, la presenza di alcuni grandi campioni e la contrapposizione nazionale a ben 2 delle 5 squadre più prestigiose della storia. Il fattore più determinante è comunque l’affezione incondizionata del suo enorme seguito di tifosi, che costituisce una base solida ma anche poco crescente sul lungo termine.

Il Porto ha vinto 2 coppe e non si trascurano di certo (sono importantissime), ma per poco non gli permettono in questo confronto di uscire vincitore. Però ne esce leggermente perdente con chi ha meno coppe (come l’Arsenal) come ne esce vincente contro chi ne ha di meno (ad esempio il Chelsea), perché semplicemente il numero di C.C. / UCL non è l’unico parametro da considerare (specie se il numero non è particolarmente alto, dato che la percezione non segue una progressione lineare). Spero che ora questo aspetto le sia chiaro: IL NUMERO DI C.C / UCL NON E’ L’UNICO PARAMETRO DA CONSIDERARE ai fini del blasone, ma è MOLTO importante.

Ovviamente tuti questi rapporti di forza potrebbero cambiare radicalmente nell’arco dei prossimi 15 o 20 anni, quindi non li cristallizzi nella sua mente come discorsi immutabili.

 

Ed ancora: << Poi potrei ribatterle facilmente che se lei considera i fattori che ha elencato a favore dell’Arsenal… ma quanti ce ne sarebbero da considerare a favore della Juventus, tra vittorie a livello nazionale, grandi giocatori che hanno vestito la nostra maglia, riconoscimenti di UEFA e FIFA (che per esempio mette la Juve di Lippi al terzo posto tra le migliori squadre di tutti i tempi, dietro l’Ajax dei ’70, il Milan di Sacchi e prima del Barcellona di Guardiola, mentre l'Uefa arrivò a definirla persino la miglior squadra di sempre, addirittura rivoluzionaria), numero di giocatori campioni del mondo e, come detto, il fatto di essere la quarta squadra con più titoli internazionali in Europa? Ma secondo lei quante squadre possono contare tutto questo? >>.

Quanto incidano gli stessi fattori di cui discusso nel caso della Juventus l’ho già spiegato e credo di essere stato dettagliato e ragionevole. Sul peso di quei fattori secondari che lei cita (targhe, definizioni su siti internet, dichiarazioni di allenatori, classifiche virtuali ed altre amenità simili non pesano nulla; i 6 Kg di argento ed oro della Coppa dei Campioni invece, sono piuttosto consistenti) ho già detto che stiamo paragonando una goccia d’acqua con l’oceano. Chi fa queste risibili considerazioni manca di senso della misura.

La Juve di Lippi non è stata la 3° miglior squadra di sempre e nessuno che non sia un funzionario dell’UEFA (probabilmente “ringraziato” a dovere) si sognerebbe di sostenerlo. Deve tenere conto che, molto spesso, dichiarazioni apparentemente slegate dalla realtà come alcune formulate in passato dall'UEFA o da organismi come l'Iffhs sono molto condizionate dai criteri di valutazione che vengono adottati, poco speculari rispetto alle prestazioni ed a quanto esse siano convincenti.

Ad esempio la UEFA è tecnicamente legittimata a dire che la Juventus sia il secondo/terzo miglior club della storia dell'UEFA stessa da quando esiste appunto il coefficiente UEFA per club (1979), dato che ha raggiunto per 7 volte la vetta del Ranking (come il Barcellona e 2 volte meno del Real Madrid), ma questo non significa minimamente che la Juve sia stata in questi 35 anni la seconda/terza miglior squadra d'Europa. Il coefficiente UEFA è una realtà statica, che evolve troppo lentamente per evidenziare i frequenti cali di competitività (se non drammatici) e cristallizza un'indicazione di apparente competitività per lungo tempo in virtù anche solo della capacità di vincere singole partite, anche indipendentemente dai risultati che esse portano e dal punto della competizione in cui esse vengano realizzate. Penalizza estremamente chi riesce in un minor numero di partecipazioni alla coppa a raggiungere il picco di eccellenza necessario al successo, ed infierisce su quei club i quali appartengano a nazioni che, per via del coefficiente nazionale dispongano di un basso numero di slot per la Champions, e che si trovino meglio in Europa che in patria (vedi Milan, che se non "rubacchiasse" a piene mani in campionato rischierebbe di restare spesso fuori dalla Champions League pur essendo molto più bravo di noi in quella competizione ed avendo quasi sempre più chance di vincerla rispetto a noi). Il Ranking UEFA crea situazioni paradossali, come la Juventus del 1988 prima nel Ranking ed eliminata ai sedicesimi di Coppa Uefa (dal Panathinaikos) e la Juventus del 2000 eliminata agli ottavi della medesima competizione (perdendo malamente col Celta Vigo dopo il passaggio difficoltoso con l'Olympiacos), dimostrando in ambo i casi di essere ben lontana dal sovrastare i propri avversari di caratura nominale inferiore come solitamente le migliori squadre del mondo fanno.

In ogni caso, per quanto io stimi la Juve di Lippi e vorrei rivivere quegli straordinari momenti di gioia ed esaltazione, è impossibile collocarla prima del Barcellona di Guardiola. Quest'ultima sì, probabilmente la più straordinaria ed incredibile squadra di sempre (per risultati e soprattutto per gioco). Del resto la stessa UEFA conferma di non avere molto le idee chiare a differenza della gente comune (oppure di averle nella logica della rotazione promozionale dei i maggiori club ad essa affiliati), se colloca il Barcellona di Guardiola dopo quell'Ajax e quel Milan. Grandissimi, per carità; immensi addirittura; ma non a quel livello di calcio (e neppure di risultati). La memoria di questo Barcellona resterà indelebile nei decenni, per gioco ancor più che per risultati. Il gioco prodotto da Xavi, Iniesta e Messi verrà tramandato per generazioni e sarà un riferimento tecnico per moltissimi anni. Nessuno ha mai prima di allora (e neanche dopo) mostrato su di un campo di calcio le geometrie ed i tempi di gioco abbinati alla qualità sopraffina degli interpreti di questa squadra. Peraltro, lo stesso Sacchi ha riconosciuto che il Barca di Guardiola sia stato ad un livello superiore rispetto al suo Milan, e che la storia gli riserverà un posto di maggior prestigio nella memoria collettiva (evidentemente non è d'accordo con la illustre opinione dei funzionari UEFA).

Io non saprei esattamente dove collocare la Juventus di Lippi né quella del Trap rispetto alle più forti formazioni di tutti i tempi dei diversi club (probabilmente non nelle prime 5, ma non so). Sicuramente non davanti a questo Barcellona, che è a mio avviso e per gran parte degli appassionati, la miglior squadra di sempre; ecco. Però il punto al quale voglio arrivare è che rispetto al blasone del club non è tanto importante l'aver avuto una squadra tra le più forti di sempre in un determinato periodo storico, quanto aver avuto nel tempo squadre di livello sufficiente per vincere con discreta continuità un buon numero di massimi trofei continentali, in accordo con le priorità del criterio che le ho descritto.

Ad esempio la straordinaria Juve del primo Lippi vinse solo una UCL contro le due del Barca di Guardiola, e soprattutto vinse "solo" 7 trofei (di cui solo 3 internazionali) contro i 14 trofei del club spagnolo (di cui 6 internazionali) distribuiti peraltro a costituire una prestigiosissima "esapletta" (tutti i trofei stagionali vinti) ed una seconda mancata per un solo trofeo. Questo, insieme al gioco rivoluzionario, è ciò che conta di più. Poi, assolutamente come dice lei c'è anche il bonus di essere state due squadre tra le più forti di tutti i tempi. Ma in subordine. Un po’ come il Napoli, che ha potuto contare sul più forte (o secondo più forte) calciatore di sempre, non viene percepito nel mondo come un club che disponga regolarmente di calciatori di livello superiore alla media.

Tornando al caso della Juventus nella sua generalità, lei mi chiede quante squadre possono contare su quei riconoscimenti simbolici che lei ha ricordato? Be’, direi che almeno 5 (Real, Milan, Bayern, Liverpool ed Ajax) possano contare su effigi simili ma di valore esponenzialmente superiore: il mitico, leggendario, “Multiple-Winner badge”, emblema distintivo dell’aristocrazia del calcio che possono esibire solo i club che si siano fregiati di 5 vittorie nella massima competizione o almeno 3 consecutive. Insomma, la gloria quasi perpetua.

 

Ed infine: << Se la competizione nazionale è identificabile per lungo tempo con quella più importante al mondo, e, persino in un periodo di crisi, sempre tra le prime 3 o 4, va da sé che è un dato rilevantissimo. Non è come la Sparta Praga, che essendo più forte nel proprio Paese non è detto che sia davvero competitiva nel mondo. Vale sempre il concetto dell’NBA. Non è che il vincitore dell’NBA ha bisogno di affermarsi anche in un campionato del mondo per vedere riconosciuto il proprio valore >>.

Non è un dato “rilevantissimo”, è un dato “rilevante”, ma comunque non al punto da surclassare una mole troppo consistente di risultati internazionali. La competitività del campionato conta molto, ma di per sé (da sola) non al punto da costituire un moltiplicatore per il quale un numero di campionati vinti che non sia a due cifre possa scavalcare il valore percepito come dirompente di una massima coppa europea. Mai. Inoltre la competitività nazionale della Juventus non ha quasi mai trovato conferma nelle competizioni internazionali, quindi non capisco perché metta l’esempio dello Sparta Praga in contrapposizione al nostro. Noi, con situazioni completamente diverse, siamo dimostrazione quanto loro che nella maggior parte dei casi il successo nazionale non è espressione di potenzialità sul palcoscenico internazionale. Anche se il nostro campionato vale 30 volte quello ceco.

Il discorso dell’NBA ovviamente non c’entra nulla. L’NBA è la federazione che organizza la competizione cestistica più prestigiosa del mondo pur avendo carattere nazionale. Il movimento del basket è strutturato diversamente da quello del calcio ed oltretutto l’eccellenza di tale sport sono proprio gli USA. Non faccia finta di non capire… sono certo che lei abbia perfettamente chiaro tutto ciò.

 

 

3.
LA PROPRIETA' DELLA JUVENTUS (riferimento ai suoi precedenti punti 2-7)

 

La proprietà è il male della Juventus. Il suo torbido operare si manifesta a mio avviso nei vari modi che le ho descritto nei precedenti messaggi, ma quel che castra realmente la crescita della squadra ai massimi livelli è la politica del basso rischio aziendale, che impone o promuove scelte poco audaci ed innovative, impedendo di virare verso scelte tecniche, tattiche (si, anche tattiche, nonostante il suo stupore: perché la tattica la fa l’allenatore che è scelto dai dirigenti sulla base delle linee guida economiche e strategiche imposte dalla proprietà. Lei crede sia un caso se da quasi 15 anni noi giochiamo senza un trequartista? Lei crede sia un caso se abbiamo giocato per 15 anni col 4-4-2 prima dell’avvento di Conte? Non è affatto un caso), di mercato, di gestione, di comunicazione, tutte rigorosamente improntate al successo nazionale in quanto garanzia di sopravvivenza a basso rischio economico (le scelte per virare verso un calcio europeo sono economicamente troppo rischiose e statisticamente frequentemente sbagliate, oltre ad allontanare dai canoni di gioco del campionato italiano). Questo è un altro dato oggettivo. Si può eccepire sulle intenzioni ultime della proprietà nel porre in atto tali limitazioni e sul vigore nel farlo, ma non che esse si siano manifestate. Chi non vede l’effetto di tali limitazioni non ha ben chiaro quanto siamo e siamo stati concettualmente lontani dal calcio che si pratica oltre confine, e ciò che ci occorrerebbe e ci sarebbe occorso per allinearci.

Le ripeto che i soldi non c’entrano molto con il nostro discorso, se non in chiave puramente simbolica per testimoniare ulteriormente la mancanza d’amore della proprietà, e quindi, se ce ne fosse ulteriore bisogno, confermare che i fatti sopra descritti siano principalmente ascrivibili alla proprietà, e non al caso. Al di la di questo io non riesco proprio a capire da dove tragga certe sue ipotesi? La vecchia dirigenza ha speso 50 milioni per 2 giocatori e 150 milioni in 2 anni? Ma lei non penserà minimamente che questi soldi provengano dalla proprietà? Questi sono soldi provenienti dai ricavi societari, che in anni in cui il monte ingaggi è molto basso consentono utili netti soddisfacenti. Solo una minima parte di essi è riconducibile all’aumento di capitale da 120 milioni post calciopoli e comunque mi risulta che solo 60 di quei 120 siano stati messi da Exor. Ora, se lei mi vuole dire che dopo una retrocessione (peraltro causata da chi?) non si tratta della cifra minima indispensabile alla non estinzione, mi dica lei quale lo sarebbe. Le ripeto che l’amore della proprietà non si vede dalle inevitabili iniezioni di denaro compiute in situazioni drammatiche, ma eventualmente da quelle compiute nelle situazioni di potenziale slancio sportivo. Berlusconi e Moratti hanno messo nelle loro squadre quasi 1,5 miliardi di Euro a testa (ha capito bene: 1,5 m-i-l-i-a-r-d-i) negli ultimi 25 anni, non 60 "pidocchiosi" milioni. E le loro squadre non sono mai retrocesse in quest’arco di tempo, ne hanno dovuto subire le umiliazioni internazionali cui siamo costretti noi per volere della proprietà.

Per quanto riguarda il fatto che la società abbia dovuto “rinascere” da calciopoli, qui ci sarebbero da dire anzitutto delle cose che non si possono dire (lei ha capito a cosa io mi riferisca, quindi non vado oltre). Ma poi, al di la di questo, il fatto che ci sia stata la retrocessione dovrebbe imprimere una spinta decisiva per fare in modo di far rialzare velocemente la testa ai tifosi (se si avesse il giusto rispetto per loro), non adagiarsi su ipotesi di tempi biblici per lo sviluppo di fantomatici progetti societari a lungo termine. La vecchia dirigenza ha fatto schifo? Ma al tifoso cosa deve interessare? Questi sono problemi della società in conseguenza delle sue scelte amministrative, i quali al tifoso non devono interessare. Il tifoso deve pretendere risultati sportivi consoni al profilo che la società vuole avere e dichiara pubblicamente di avere. Sempre e comunque. Se la società sbaglia, la proprietà che l’ha scelta deve profondere uno sforzo doppio per compensare i propri errori garantendo al tifoso il rispetto delle sue ambizioni e continuità di prestazioni (non necessariamente di risultati). Non si tifa una squadra di calcio come si sostiene una azienda della quale si è soci (questo eventualmente lo faranno i tifosi con quote azionarie per interessi economici). Si tifa una squadra sostenendola nell’atto di regalare ai tifosi uno spettacolo, un emozione. Quando guardo la Juve io vado a teatro, non le faccio i conti in tasca per valutare le sue difficoltà, garantendole in tal modo delle attenuanti se gioca male. Non mi interessano minimamente le sue difficoltà economiche, perché se esse esistono non sono frutto di un destino malvagio, ma semplicemente della politica di un uomo malvagio. Se la politica di quest’uomo fosse diversa, non saremmo mai andati in serie B, avremmo una accettabile disponibilità ad ogni mercato, giocheremmo un calcio moderno e presteremmo grande attenzione alle competizioni internazionali. In sintesi, non avremmo alcuna difficoltà. La Juve si è riaffacciata da appena 2 anni in Europa? Si, ma ha 60 anni da farsi perdonare (e 20 in particolare), ed il trend sembra invece essere quello vergognoso di sempre (con addirittura peggioramenti da un anno al successivo).

Signor Leevancleef, mi stupisco che anche una persona intelligente come lei, come altri, creda ingenuamente che la contenutezza delle nostre spese sia coerente con i limiti imposti dall’FFP perché la violazione di questi ci costringerebbe altrimenti a multe salate tipo quella del PSG. A parte che ci sono mille modi per aggirare il FFP, ma scusi, quando confrontiamo i 60 milioni messi dalla nostra proprietà negli ultimi 25 anni con i 3 miliardi messi dai Moratti/Berlusconi, non le sorge il dubbio che questa “parsimonia” prescinda dal FFP e che sarebbe identica se questo istituto non esistesse?

Se poi lei pensa che sia impossibile immettere quattrini nella Juve in regime di FFP pur volendolo, è completamente fuori strada. Una ipotetica sponsorizzazione FIAT da 50 milioni l’anno (non dico sia necessaria, basterebbe molto molto meno), contro poco più dei 13 attuali, farebbe respirare le casse della Juve consentendoci di competere a tutti i livelli, e sarebbe assolutamente compatibile con il FFP. Non lo violerebbe per via delle dimensioni ed il seguito della Juve, che giustificherebbero la redditività di un tale investimento da parte di una azienda privata, seppur connessa alla società stessa, e sarebbe quindi tollerata al pari di quanto lo sia oggi Jeep o lo fosse New Holland. Il PSG è stato multato perché la sua sponsorizzazione da un centinaio di milioni o più, non è chiaramente proporzionata al seguito della squadra e costituisce una eccessiva frazione dei ricavi del club; insomma, è una chiara violazione all’equità.

Lei dice che “non c’è futuro senza pareggio di bilancio”? A parte che mi disgusta la visione completamente aziendale che caratterizza ormai anche il più giovane e sognatore dei tifosi Juventini e che è sintetizzata in questa frase, ma veniamo al punto. Il pareggio di bilancio deve essere un obbiettivo per ottimizzare il funzionamento della società, ma non può essere un vincolo tanto rigoroso da strozzarla per la maggior parte della sua esistenza. Questo risvolto negativo è invece inevitabile quando una proprietà assume con continuità un atteggiamento di austerità assoluta subordinando ogni obbiettivo sportivo al pareggio in questione.

Il pareggio di bilancio non deve essere rispettato “sempre e comunque” per ragioni morali o sciocchezze simili, ma deve essere avvicinato ogni anno il più possibile subordinatamente all’effettuazione delle spese minime essenziali a garantire il decoro sportivo, e deve essere violato saltuariamente senza effetti sullo stato di indebitamento grazie a denaro proveniente dalla proprietà (ecco i famosi 20-30 milioni una tantum per far crescere la squadra, non per salvarla!). Se una proprietà non ha intenzione di investire “mai” denaro per far crescere il club (non per salvarlo!), ma cosa ci sta a fare? Ma cosa la differenzia da qualsiasi altra proprietà? Se poi consideriamo che anche gran parte del denaro per rialzarci dalla più grande caduta della nostra storia è stato richiesto ai piccoli azionisti, ma cosa impedirebbe in simili condizioni di essere proprietario della Juventus a Cellino o a Spinelli? Ma come si fa a difendere l'operato di soggetti come il nostro proprietario? Io sono sempre incredulo quando sento juventini prendere le sue parti. Tant’è…

 

Dice: << Lei accusa la precedente gestione di scarsa lungimiranza… ma è con quella che abbiamo ottenuto le 7 finali di Champions, che al momento della settima finale volevano dire una ogni 3 partecipazioni! Una finale ogni 3 partecipazioni è “scarsa lungimiranza”? Dove si firma per questo ruolino di marcia? Firmo subito, all’istante! >>.

In merito alla gestione attuale mi sono già espresso dettagliatamente e non posso dire di più pubblicamente. Riguardo le gestioni precedenti, per una migliore comprensione dei fatti è necessario contestualizzare il loro operato alla storia recente della proprietà della Juventus.

Io ritengo che la proprietà vergognosa attuale ponga le basi della sua sciagurata filosofia, nell'opera di “ristrutturazione” del mondo FIAT dei primi anni 2000, allorché Elkann entrò nell’IFIL (fino alla vicepresidenza del 2004) ed iniziò a teorizzare, con i più maturi e scafati Gabetti & Co., le famose linee guida che, applicate al calcio, negli anni seguenti ci avrebbero definitivamente ammazzato. Solo in seguito si occupò ufficialmente di Juve, ma le sue intenzioni presero lentamente piede a partire da quegli anni. Ecco che copriamo già quelli che io definisco "gli ultimi 15 anni (circa ovviamente) di vergona".

Tra il 1996 ed il 2000 abbiamo anni particolari, nei quali Elkann era già stato scelto quale successore dell’Avvocato, ma durante i quali la sua influenza sull’universo Juve era praticamente nulla. Qui, noi non avemmo tanto problemi di strategie, quanto di mera disponibilità economica, che ci condussero agli inevitabili fallimenti delle due finali di Champions perse contro Real e Borussia. Il problema era causato da una lenta deriva della famiglia verso posizioni più vicine a quelle del ramo “sbagliato”, che si raccordarono poi con quanto detto prima nel segno di una inevitabile continuità. Anche questi anni vanno annoverati tra quelli della vergona, perché frutto dell’embrione che diede vita alla Juve del terzo millennio. Ecco perché parlo sempre di un ventennio e lo indico come 15+5 (circa, si intende), nonostante la gestione Moggi abbia fatto abbastanza bene alla Juve.

Prima del 1996 non abbiamo avuto alcun problema di proprietà, se non limitatamente ad una filosofia generale poco vicina ai valori dello "sport come spettacolo" e ad una scarsa lungimiranza in merito alla priorità degli obiettivi. L’errore più grande della "proprietà precedente" e delle sue gestioni fu principalmente quello di non capire esattamente il significato del calcio europeo e l’evoluzione del calcio in quella direzione.

Ne consegue che, ad esempio, sulla gestione di Moggi che ci portò a 3 finali in 3 anni e 4 in 6 anni, io non abbia molto da dire nonostante gli insuccessi finali ci abbiano impedito di entrare nel novero di quei famosi club di cui abbiamo parlato. Perché quei fallimenti non dipendevano principalmente dalla società propriamente detta, ma da una “transizione ideologica” e generazionale della proprietà. A Moggi io contesto solo alcune scelte tecniche derivanti da fissazioni tutte personali e poco razionali, oltre che ovviamente la straordinaria stupidità di aver dato modo a chi ha voluto, potuto, e saputo farlo, di distruggere la nostra immagine.

 

Lei aggiunge: << Non si analizzano mai le situazioni di contorno degli altri club europei, le strutture delle varie società, i cambi di proprietà a fini elettorali per i soci, i prestiti a vuoto delle banche, le spese a fondo perduto dei nuovi ricchi, il peso nei rispettivi campionati associato al fatto che certe squadre, pur facendo male, a differenza nostra hanno cmq la qualificazione in Champions assicurata (un po’ perché i competitor sono sempre gli stessi un po’ perché abbiamo perso un posto in CL grazie a farsopoli)... ecc. Sono tante le cose da analizzare>>.

Ma io non sono un moralizzatore. A me non interessa nulla di queste “condizioni al contorno”. A me interessa solo che la Juventus garantisca ai tifosi che la amano e dedicano a lei tempo e denaro, una squadra che rifletta l’immagine storica che i tifosi stessi hanno di essa. Il come, il perché, ed altri aspetti di questo tipo non mi interessano. E' la proprietà a doversene occupare. Sulle maglie della Juve c’è scritto: << Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta >>; si figuri cosa possa importarmi dei prestiti a vuoto delle banche straniere agli altri club quando noi abbiamo un proprietario che è a capo di uno dei gruppi industriali più grandi e ricchi del mondo. Loro hanno il dovere morale di portarci regolarmente all’eccellenza, con qualsiasi mezzo (lecito ovviamente). Se non vogliono, non possono o non sanno farlo, si facciano da parte.

 

Concludo questo secondo punto dicendo che io non sbatto i piedini (anche perché ho un 45...), ma che semplicemente non sono d’accordo con nulla di quello che fa la Juventus del nuovo millennio e quando ho modo e tempo lo affermo senza remore, nonostante non mi perda una partita della Juve da 10 anni. Sui 3 ultimi anni fantastici sul piano nazionale concordo, specie i recenti 102 punti mi hanno riempito veramente d’orgoglio; ma come lei ben immagina, per me questi successi sono solo una goccia in un enorme vaso della gloria che dovremmo riempire anno dopo anno con il sangue dei nostri avversari sportivi, a livelli ben più alti ed importanti del nostro orticello di casa, dove siamo comunque i migliori da sempre.

Il “patatrac” come lo chiama lei è stato un assassinio, e non ho alcuna intenzione di mettermi a giustificare i carnefici o di dare loro altro tempo prima di farmi smettere di vergognare per le nostre gesta dentro e fuori dal campo. Loro se lo prenderanno comunque questo tempo, anche in eterno se è il caso, perché sono delle persone senza vergogna. Io continuerò a lanciargli i miei anatemi sperando che qualcuno giunga a destinazione.

 

 

E' stato un discorso lungo (che ho scritto in 3 serate complessivamente), e sono quasi provato fisicamente. Quindi la saluto, la ringrazio infinitamente per aver avuto l'enorme pazienza di leggere questo "poema epico", e le do eventualmente appuntamento alla prossima puntata, se vorrà precisare ulteriormente qualche sua opinione. Altrimenti ci leggeremo nelle varie discussioni del forum. Se dovesse rispondermi sappia che potrei impiegare moltissimo tempo prima di contro-risponderle qualora le circostanze richiedessero una nuova lunga trattazione, perché nei prossimi 2 mesi sarò molto impegnato ed avrò tempo di rispondere eventualmente solo a brevi messaggi isolati sparsi in giro per il forum.

Abbiamo parlato (scritto), ci siamo cimentati in un confronto interessante, abbiamo esternato emozioni. Se dovesse leggere qualcosa che la disturba (probabilmente tutto) la prego solo di comprendere il mio punto di vista e non perdere stima nei miei confronti, perché ho trovato davvero piacevole conversare con lei e mi piacerebbe poterlo fare ancora. Se invece ritenesse che in alcuni casi i miei toni siano andati oltre il lecito la prego di scusarmi immensamente, perché nella concitazione dello scrivere in modo fluente di argomenti vissuti tanto intensamente si può rischiare di trascendere leggermente. Per quanto possano essere distanti le nostre opinioni sulla Juventus faremo sempre il tifo per "lei" con la stessa intensità e convinzione, uniti nel nome leggendario di questa grandissima squadra. A presto. Forza Juve!

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Per una parte di tifoseria che pascola indisturbata in questo Forum spargendo fango sul nostro allenatore con topic assurdi, che rimangono tranquillamente aperti, e dubbi sulle sue capacità, gli auguro di andare via, magari in Premier, dove potrà raccogliere ciò che merita, in altre nazioni dopo tre titoli consecutivi gli avrebbero fatto una statua altro che aprire topic sul volerlo esonerare....sempre più disgustato da tutto.

.bravo.quoto

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Conte dice il vero. Questa Juve difficilmente potrà fare meglio in Italia ed ormai i tifosi hanno alzato l'asticella...Già qualche fesso, perchè di questo trattasi, auspicava un allontanamento di Conte minimizzando la vittoria in campionato come fosse niente ...Speriamo rimanga ma le parole di stasera suonano proprio male...Tanti tifosi e tutti i media stanchi e stressati dalle vittorie bianconere hanno logorato il nostro condottiero...

.quoto

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