Vai al contenuto

Benvenuti su VecchiaSignora.com

Benvenuti su VecchiaSignora.com, il forum sulla Juventus più grande della rete. Per poter partecipare attivamente alla vita del forum è necessario registrarsi

Archiviato

Questa discussione è archiviata e chiusa a future risposte.

Juventibus

Coppa Uefa 76/77 - L’Europa finalmente si tinge di Bianconero

Post in rilievo

Premessa: So che il racconto è lungo e molti di voi non arriveranno fino in fondo (non vi preoccupate), ma mi piacerebbe condividere con voi una storia che ha segnato l'inizio delle nostre fortune in Europa! (buona lettura)

 

Campioni d’Italia si, ma in Europa?

E’ da un po’ che ci penso. A scrivere un pezzo sulla squadra per cui faccio il tifo: la Juventus. Bella fortuna mi si potrebbe dire, argomenti a bizzeffe da poter scegliere. Ma proprio per questo, il rischio di scadere nella banalità è sempre dietro l’angolo. E non c’è niente di peggio che scrivere di calcio banalmente. A parte forse Bacconi che prova a parlare di tattica ad un programma comico come la Domenica Sportiva. Poi però l’Eureka mi è sopraggiunta, ascoltando casualmente alla radio una pezzo di Alan Sorrenti. Figli delle Stelle. (immaginate la canzone del Buon Alan)

La domanda potrebbe sorgere spontanea: cosa diavolo c’entra Alan Sorrenti con la Juventus? Quale assurdo legame di causalità legherebbe il buon Alan alla Vecchia Signora? Non ci siete proprio arrivati? No problem. Per farvi perdonare, dovrete però prestare bene attenzione a quanto segue. E’ empiricamente provato che la più grande fortuna del tifoso juventino sia quella di aver assistito a innumerevoli trionfi in campo nazionale, e che ciò faccia di essi (e di me) dei veri e propri privilegiati. Dei Figli delle stelle appunto, per la precisione ben tre di numero cucite sul petto. Ma se in campo nazionale non ci si può lamentare, in ambito europeo la situazione è leggermente differente. Per usare una metafora Sorrentiana si può tranquillamente parlare di quella condizione in cui si passa dalle Stelle alle Stalle. Non mi si fraintenda, in Europa la Juventus ha vinto tutto il vincibile, ma meno frequentemente di quanto il blasone della squadra imponesse ed imponga ancora oggi. Perché se alla Juventus vincere è l’unica cosa che conta, la Uefa negli ultimi anni ha risposto quasi sempre “Ritenta, sarai più fortunato”. E se c’è un argomento su cui i tifosi non juventini hanno sempre battuto il tasto sono state le numerose delusioni nelle competizioni continentali. A torto o a ragione, cercare di trovare una risposta alla fenomenologia del social scazzing calcistico non è il succo della storia. D’altronde non ne sarei oggettivamente capace perché la risposta corretta richiederebbe l’esplicazione di un mix di fattori talmente consistente da farci rientrare anche l’oroscopo di Paolo Fox e i riti propiziatori del mago Otelma. Quindi, tutte queste chiacchiere per dire che le stelle “europee” di Alan Sorrenti hanno rappresentato per la Juventus una vera e propria ossessione. Almento fino al 1976/77. Ossia fino a quando i Leoni di Bilbao non hanno deciso di diventarne finalmente “figli.”

L’Ossessione Europea:

“La Juventus rappresenta, per chi ama la Juventus, una passione, uno svago… e qualche cosa la domenica. Noi abbiamo cercato di dare a loro il migliore spettacolo possibile e anche molte soddisfazioni”. (Giovanni Agnelli)

In quel di Corso Galileo Ferraris, l’idea di fornire questo spettacolo solo di domenica e di steccare abitualmente in Europa, cominciava a pesare e non poco. Rimanere l’eterna incompiuta il martedì/mercoledì di Coppa era una prospettiva assai poco lusinghiera, in primis per l’Avvocato, ma anche per il popolo bianconero. In quasi 80 anni di storia, cioè dal 1897, anno della fondazione fino alla memorabile stagione di coppa 76/77, le uniche finali europee disputate erano la Coppa delle Fiere nel ’65 e quella di Coppa dei Campioni nel ’73, perse entrambe rispettivamente contro Ferencvaros e Ajax. Se poi il paragone si spostava disgraziatamente con le due squadre milanesi, l’imbarazzo e il disagio erano ancora più enormi. Infatti, l’Inter poteva contare già su due Coppe Campioni, risultato dell’epopea Herreriana (biennio 64/65), ed il Milan del Paròn Rocco sulla una doppietta in Coppa Campioni (‘63 e ‘69) e su una Coppa Coppe conquistata nel ‘73. Quindi, il non poter indossare il vestito più bello per le notti europee non poteva più essere rimandato. E quando anche il campionato premiò la parte granata di Torino, il presidente Boniperti comprese che la Juventus aveva bisogno di una svolta. E di un nuovo condottiero a guidarla e portarla all’agognato successo europeo.

Ui Giuanin della panchina: Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino

Di fegato deve averne avuto sicuramente “Ui Giuanin”, a rispondere sì alla proposta del presidente della Juventus Boniperti per sostituire Carlo Parola, reo di essere arrivato secondo alle spalle degli odiati cugini e di essere uscito prematuramente dalla Coppa

Campioni. La storia vuole poi che Boniperti e Trapattoni si incontrarono in un motel a metà strada fra Torino e Milano e che l’equivocità con cui il nuovo allenatore venne presentato, quasi fosse un rimpiazzo, suscitò ilarità e diffidenza tra gli addetti al settore. Perché di esperienza ne aveva ancora poca Giovanni Trapattoni. Il tecnico milanese, conclusa la carriera di calciatore al Varese, dopo i numerosi successi al Milan di Rocco, aveva ereditato da Cesare Maldini la panchina del Milan nelle ultime sei giornate del campionato ’73/’74, era stato vice di Giagnoni nella stagione successiva ed aveva primo allenatore solo nel 75/76. Troppe le aspettative secondo gli esperti per guidare una fuoriserie come la squadra bianconera. Non tradite da Trapattoni che, convinto delle proprie idee, spinse per la cessione di due punti fermi della nazionale come Capello e Anastasi, per puntare sui suoi pupilli Benetti (14° nella classifica All Time stilata dal Times dei giocatori più cattivi. O delinquenti. Fate voi) e Roberto “Bonimba” Boninsegna, considerato ormai bollito e a fine carriera.

Una squadra costruita per vincere

Gli innesti di Benetti e Boninsegna in una squadra già forte come quella allenata da Trapattoni, perché composta per 9/11esimi da nazionali, non fecero che rendere i bianconeri ancor di più favoriti per la stagione ‘76/’77. Sia per valori tecnici che per la sana “cazzimma” agonistica. Calciatori del calibro di Zoff, Gentile Scirea, Cabrini, Cuccureddu, Benetti, Tardelli, Furino, Bettega, Boninsegna, Causio, non potevano che incutere timore reverenziale in qualunque avversario. Le aspettative furono elevate. Ma non vennero tradite. Sia in campionato, dove la Juventus vinse con un punto sui cugini, che in Coppa Uefa. Tanto da arrivare alla doppia sfida in finale con l’Athletic Bilbao.

Per favore chiamatela Coppa Uefa, non Europa League

L’Europa League come la conosciamo noi, cioè quella competizione che dal 2009 Platini ha reso un torneo semi-parrocchiale almeno fino ai quarti di finale, fino agli inizi degli anni 2000 poteva mostrare senza vergogna i galloni di manifestazione assai difficile e prestigiosa da vincere e conquistare. Il vecchio format della Coppa Uefa infatti prevedeva che l’accesso alla manifestazione fosse riservato alle squadre meglio piazzate dopo la prima in classifica (di diritto in Champions) e la vincente della coppa Nazionale (di diritto in coppa coppe). La competizione quindi poteva annoverare squadre molto più blasonate del modesto Panduri odierno (senza offesa per la squadra rumena), e partiva dai trentaduesimi di finale in gare di andata e ritorno. Inclusa la finale. La Juventus, in quanto seconda nel precedente campionato, accedette di diritto alla competizione. Cinque turni di qualificazione. Una vera “odissea”, per entrare di diritto nell’albo delle squadre vittoriose in Europa.

1976/77: Odissea per la Coppa

Nei primi due turni, la formazione di Trapattoni dovette affrontare due blasonate compagini inglesi, peraltro della stessa città: Manchester. I bianconeri, senza timori reverenziali, batterono nei trentaduesimi il City e nei sedicesimi lo United, perdendo in entrambe le occasioni in Inghilterra, ma ribaltando il risultato al Vecchio Comunale. I Citizens vennero rimontati dalle reti di Scirea e Bettega e i Red Evils dalla doppietta di “Bonimba” Boninsegna e un gol di Benetti. Agli Ottavi la Juventus affrontò ed eliminò gli ucraini (pardòn sovietici) dello Shaktar Donetsk, imponendosi nettamente in casa per 3-0 (reti di Bettega, Tardelli e Boninsegna, tutte e tre nel primo tempo) e rendendo ininfluente la sconfitta al ritorno.Quindi nei quarti i bianconeri superarono agevolmente anche i temibili tedeschi dell’est del Magdeburgo, riportando un doppio successo sia fuori casa (con un secco 3 a 1 firmato Cuccureddu, Benetti e Boninsegna) che in casa (1 a 0 siglato da Cuccureddu). In semifinale, invece, la Juve si trovò di fronte l’ostico AEK Atene. I bianconeri andarono in vantaggio con Cuccureddu, ma Papadopoulos siglò il gol dell’inaspettato pareggio. Prima che nella ripresa Causio e Bottega (doppietta) firmassero il definitivo 4-1. Il ritorno fu una invece una mera formalità. Conclusasi con una vittoria targata ancora una volta da Bettega. Le porte per la finale erano state spalancate. Il traguardo era stato raggiunto. La finale era diventata finalmente realtà. Contro la compagine basca dell’Athletic Bilbao, che arrivò alla doppia finale, eliminando in sequenza Ujpest Dozsa, Basilea, Milan, Barcellona e il sorprendente RWDM Molenbeek. Una formazione molto forte e pericolosa. Specialmente in casa, nella bolgia del San Mamès.

Il trionfo dell’autarchia: Italiani vs Baschi

Fu la prima volta che Juventus e Athletic Bilbao accedettero ad una finale di Coppa Uefa. Per l’Athletic addirittura la prima volta in assoluto in una competizione continentale. Ma ciò che della sfida è rimasto agli annali è il fatto che la doppia sfida rappresenta ancora oggi l’unica finale in cui si sono affrontate due squadre composte esclusivamente da giocatori nati rispettivamente in Italia e in Spagna. Insomma un trionfo dell’autarchia. Da un lato una squadra formata da soli Baschi, dall’altro una composta da soli Italiani. I primi, per precisa scelta societaria che dal 1899 ad oggi non permette che alcun giocatore straniero possa vestire la casacca biancorossa del club. Caso praticamente unico in tutto il panorama calcistico europeo. I secondi, più per scelta imposta dalla FIGC, attraverso il blocco delle frontiere (durato fino al 1980). Il gioco dei pronostici vide favorita la Juventus. Ma in una finale con andata e ritorno tutto poteva succedere. Anche l’imprevisto a pochi metri dal traguardo tanto desiderato.

L’andata: barricate basche al Comunale

Che la partita dovesse essere chiusa già dalla sfida d’andata al Comunale, il Trap e la squadra bianconera lo sapevano chiaramente. Andare a Bilbao con uno scarto minimo di vantaggio nella bolgia del San Mamès poteva rivelarsi un errore madornale. Da non compiere. Ma puntualmente compiuto. Il 4 maggio del ’77, dinanzi a 75000 spettatori la Juventus si trovò di fronte alle barricate basche e, nonostante il colpo di testa di Tardelli vincente al 15’ del primo tempo su cross dalla sinistra di Scirea a superare l’esperto portiere dei baschi Iribar, il tabellino a fine partita mostrò uno striminzito 1 a 0. Più per colpa dell’imprecisione e sfortuna dei bianconeri. Il male minore per i baschi. Un pericolo in più per la Juventus.

Il ritorno: barricate bianconere in quel di San Mamès

“Non dire gatto, finché non ce l’hai nel sacco” (Giovanni Trapattoni)

E’ forse una delle frasi più famose del “Giuanin”. Forse, perché lo “Strunz” detto ai tedeschi ai tempi del Bayern ha realmente significato solo se detto ai tedeschi. Premesso ciò, anche se il gatto dentro al sacco è postumo di più di un ventennio rispetto alla finale di ritorno al San Mamès, si può dire che essa racchiuda il pieno la filosofia di calcio trapattoniana con cui venne affrontata la partita. Espressa in tutta sincerità dallo stesso Trapattoni in una recente intervista:

“Ricordo quando con la Juve andammo a fare le barricate a Bilbao, ma poi segnammo un golletto e vincemmo la Coppa.

E non poté che essere il caro catenaccio l’arma necessaria per contrastare la proprietà di palleggio e l’esuberanza dei giocatori baschi. Specularmente a quanto fatto dai giocatori dell’Athletic all’andata. Insomma “Chi di catenaccio ferisce, di catenaccio perisce.” E la partita fu impostata sin da subito per fare le barricate. Il 18 maggio nella bolgia infernale del San Mamès, resa ancora più incandescente dall’aggravarsi della situazione politica spagnola (ndr. La fine del franchismo), l’Athletic partì con una “garra” incredibile all’attacco, in cerca della remuntada. Remuntada che venne compromesso in parte da un perfetto contropiede juventino che portò Bettega a concludere in tuffo di testa nella rete avversario. 1-0 e gelo San Mamès. A cui risposero i baschi e Irureta di testa 4 minuti più tardi, all’11′. 1 a 1. San Mamès di nuovo infuocato. Gli assalti dell’Athletic continuarono per tutto il primo tempo tanto che Trapattoni si cautelò ancor di più di fronte alla mareggiata basca, inserendo il terzino Spinosi al posto del centravanti Boninsegna. Le parate di Zoff e la difesa granitica fecero il resto. Fino al 78’, quando Carlos Ruiz incornò di testa il 2-1 per i baschi. Il filo che legava la Juventus alla vittoria della Coppa si stava sempre più assottigliando di fronte all’assedio basco. Con anche il presidente Boniperti, al solito già fuori lo stadio a seguire la partita in un bar, attorniato dai tifosi baschi. I dodici minuti al fischio finale furono un’autentica agonia. Con Zoff che chiedeva di continuo l’ora alla panchina tra un gesto di disperazione e un’imprecazione. Contro quei dodici minuti più lunghi e più importanti della storia europea juventina. Dodici minuti conclusi però con una delle sconfitte più dolci della storia bianconera. Il fischio finale dell’arbitro austriaco Linemayr, liberò tutta la gioia accumulata per la tensione del match. Poco importava che lo stesso direttore di gara aveva prolungato all’infinito il recupero su pressione dei padroni di casa. La Juventus aveva vinto e la bacheca europea poté essere finalmente riempita. L’Europa era stata finalmente sedotta e conquistata dal fascino della Vecchia Signora. E lo fu per un altro ventennio ancora. Di nuovo grazie al Giuanin di Cusano Milanino.

E al gatto messo per la prima volta nel sacco…

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

La frase di Gianni Agnelli dice tutto.."la Juve serve a dare svago ai suoi tifosi la domenica".. ossessione di scudetti nel dna Agnelli (enorme delusione che un personaggio del calibro dell'avvocato si accontentasse di vincere solo in Italia e non avesse ambizioni europee).

Questo spiega come mai le milanesi vinsero la prima Coppa Campioni negli anni '60, la Juve vent'anni dopo .doh

 

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

E chi sa scorda piu'.Non ho retto gli ultimi 5 minuti.Lasciai il bar e tantissimi juventini.Andai lontano con la radiolina,fino al fischio finale.Il Bilbao ebbe le fortuna di pareggiare subito il gol di Bettega,poi la paura a 10000.Il tutto,ovviamente,e' riferito alla partita di ritorno.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Si la juve si impegnò a vincere in europa sono con l'arrivo di Boniperti. Comunque scrivere di Juventus (sono un blogger che scrive racconti di calcio a prescindere dai colori), è stato allo stesso tempo difficile e affascinante. Difficile, perchè raccontare in maniera imparziale della tua squadra è complicato. Affascinante perchè si hanno troppe storie da poter scegliere.

 

Fino alla Fine! :d

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Vanno visti i contesti

La Juventus di Boniperti aveva cominciato dai primi anni '70 una vera rivoluzione prendendo i migliori giocatori degli anni '50, e tornò ad essere la squadra italiana più forte

E' fisiologico che ci siano stati dei momenti meno brillanti negli anni 60, dove le milanesi vincevano anche perché avevano trovato i giocatori più forti della generazione precedente, i Facchetti,Burgnich,Mazzola,Rivera,Prati,ecc più qualche vecchietto d'esperienza come i C.Maldini, Suarez.

La Juve invece in quel periodo faceva i conti con la fine del trio Sivori-Charles-Boniperti che è vero che nelle prime due edizione di coppa campioni uscì al primo turno, però già nel 1962 fece una buona figura con il fortissimo Real perdendo solo alla ripetizione e capace di vincere al Bernabeu ed era una Juventus che aveva già salutato la bandiera Boniperti ed era alla fine di quel ciclo che portò 3 scudetti e 2 coppe italia.

Per me la Juventus è una società che poteva certamente vincere almeno una coppa campioni in più sia nel ciclo Trap che in quello Lippi, nonché l'EL la scorsa stagione...

Ma rimane comunque una squadra che in Europa ha fatto la storia, poi in queste competizioni i valori sono troppi esasperati, per esempio tra il talento del Brasile e quello dell'Italia c'è solo un mondiale di differenza?

I campionati alla fine danno sempre la dimostrazione che vince la squadra più forte

Dove una partita storta puoi rimediarla

Pensate anche solo alla stagione 2002/2003, doppio girone, una Juventus che a Febbraio affronta lo United in malo modo a Torino perdendo 3-0 con una condizione fisica precaria, alcuni uomini infortunati, poi perse anche all'Old Trafford decimata da un'influenza, facendo per altro una buona figura.

Immaginate se fosse stata una gara ad eliminazione diretta, la Juventus probabilmente avrebbe salutato prematuramente la Champions League

Fortunatamente la Juve passò il secondo girone, e recuperò condizione e uomini e arrivò fino alla sfortunata finale di Manchester.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

La frase di Gianni Agnelli dice tutto.."la Juve serve a dare svago ai suoi tifosi la domenica".. ossessione di scudetti nel dna Agnelli (enorme delusione che un personaggio del calibro dell'avvocato si accontentasse di vincere solo in Italia e non avesse ambizioni europee).

Questo spiega come mai le milanesi vinsero la prima Coppa Campioni negli anni '60, la Juve vent'anni dopo .doh

 

La frase non è esattamente quella. E' "la Juve rappresenta per chi la ama una passione, uno svago, e qualche cosa la domenica". E' diverso da dire "serve a dare sfogo ai suoi tifosi la domenica".

Inoltre questo non identifica alcuna ossessione di scudetti, dato che "la domenica" è da sempre un concetto sintetico per indicare il calcio, la partita ("ogni maledetta domenica"... o canzoni varie ecc).

Dire che un personaggio come l'Avvocato si accontentasse di vincere in Italia è errato. Tale approccio durò solo i primi anni delle coppe europee, ma era un approccio condiviso con tante altre squadre in Europa, perchè ancora non si sapeva se le nuove competizioni avrebbero rappresentato qualcosa di duraturo, di importante, o la riproposizione di precedenti competizioni cadute in declino. Gigi Riva ricordando quando l'Avvocato e Boniperti lo cercavano alla fine degli anni '60 ha menzionato proprio il fatto che lo cercassero perchè avevano la voglia di affermarsi in Europa.

Oltretutto men che meno spiega il perchè le milanesi abbiano vinto prima in Europa! Le milanesi, all'epoca, erano di per sè più forti anche in Italia! Basta conteggiare il numero di scudetti vinti da entrambe in quel periodo.

Le coppe sono nate in un determinato periodo storico, ed è normale che chi fosse più forte all'epoca abbia raccolto di più. Ma se fossero nate 10 anni prima sarebbe stato diverso, 20 anni prima ancora diverso ecc. La Coppa Campioni l'ha praticamente inventata furbescamente Bernabeu quando decise di creare un super Real. Lo stesso Real veniva da 20 anni di insuccessi anche in Spagna! Lui tramite i suoi agganci decise di cogliere la palla al balzo investendo e creando una nuova competizione, ma se fosse esistita nei 20 anni precedenti il Barcellona sicuramente sarebbe partita in vantaggio come numero di coppe in un ipotetico confronto diretto, e così via!

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

La frase non è esattamente quella. E' "la Juve rappresenta per chi la ama una passione, uno svago, e qualche cosa la domenica". E' diverso da dire "serve a dare sfogo ai suoi tifosi la domenica".

Inoltre questo non identifica alcuna ossessione di scudetti, dato che "la domenica" è da sempre un concetto sintetico per indicare il calcio, la partita ("ogni maledetta domenica"... o canzoni varie ecc).

Dire che un personaggio come l'Avvocato si accontentasse di vincere in Italia è errato. Tale approccio durò solo i primi anni delle coppe europee, ma era un approccio condiviso con tante altre squadre in Europa, perchè ancora non si sapeva se le nuove competizioni avrebbero rappresentato qualcosa di duraturo, di importante, o la riproposizione di precedenti competizioni cadute in declino. Gigi Riva ricordando quando l'Avvocato e Boniperti lo cercavano alla fine degli anni '60 ha menzionato proprio il fatto che lo cercassero perchè avevano la voglia di affermarsi in Europa.

Oltretutto men che meno spiega il perchè le milanesi abbiano vinto prima in Europa! Le milanesi, all'epoca, erano di per sè più forti anche in Italia! Basta conteggiare il numero di scudetti vinti da entrambe in quel periodo.

Le coppe sono nate in un determinato periodo storico, ed è normale che chi fosse più forte all'epoca abbia raccolto di più. Ma se fossero nate 10 anni prima sarebbe stato diverso, 20 anni prima ancora diverso ecc. La Coppa Campioni l'ha praticamente inventata furbescamente Bernabeu quando decise di creare un super Real. Lo stesso Real veniva da 20 anni di insuccessi anche in Spagna! Lui tramite i suoi agganci decise di cogliere la palla al balzo investendo e creando una nuova competizione, ma se fosse esistita nei 20 anni precedenti il Barcellona sicuramente sarebbe partita in vantaggio come numero di coppe in un ipotetico confronto diretto, e così via!

 

Ragazzi il mio intento era raccontare una storia che molte volte alcuni tifosi juventini tendono a dimenticare. Non voglio creare discussioni del tipo chi gara a chi ce l'ha più lungo.

 

E' invece secondo me incontestabile che la vera Juve Europea è nata con quella vittoria (e con la consapevolezza che ne è scaturita). La sconfitta con l'Ajax pochi anni prima non la considero. Quelli erano alieni per il tempo.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Ragazzi il mio intento era raccontare una storia che molte volte alcuni tifosi juventini tendono a dimenticare. Non voglio creare discussioni del tipo chi gara a chi ce l'ha più lungo.

 

E' invece secondo me incontestabile che la vera Juve Europea è nata con quella vittoria (e con la consapevolezza che ne è scaturita). La sconfitta con l'Ajax pochi anni prima non la considero. Quelli erano alieni per il tempo.

 

Assolutamente, hai fatto benissimo! Apprezzo moltissimo questo tipo di post (e colpevolmente avevo dimenticato di dirlo in precedenza).

Allo stesso modo non vedo dove sia la gara a chi ce l'ha più lungo :d

Nel senso che la mia risposta era riferita solo ad una frase e al ragionamento che ne conseguiva, era solo una puntualizzazione storica.

Poi che la Juve europea sia nata con quella vittoria può essere corretto, perchè la prima vittoria vuoi o non vuoi segna il tempo.

Per quanto mi riguarda ricordo cmq con piacere sia la finale contro l'Ajax (proprio perchè erano dei mostri) e sia la vittoria al Bernabeu con gol di Sivori contro il Real dei fenomeni , prima squadra in assoluto al mondo ad andare a vincere a Madrid in una gara di competizioni Uefa... su un campo che nelle precedenti 21 partite vide 20 vittorie dei blancos contro qualsiasi avversario e un solo pareggio (prima di rivedere una nuova sconfitta casalinga passeranno diversi anni).

;)

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

A pagina 5 di quest sezione vi è il topic che avevo aperto in proposito qualche tempo fa ed il cui titolo faceva il verso al titolo del Tuttosport all'indomani del primo trionfo europeo....Ecco come descrissi le finali col Bilbao...

"Nella finale di andata di coppa uefa giocata al Comunale di Torino il 4 maggio 1977 dinanzi a 71.000 spettatori, la juve d'acciaio targata Trap vinse con una rete di Tardelli che certo non lasciava tranquilli per il ritorno. Schizzo aveva segnato dopo una decina di minuti con un colpo di testa-spalla su cross di Gai Scirea. La parabola aveva sorpreso il lunghissimo Iribar, portiere dell'Athletic Bilbao, sosia tecnico e fisico di Zoff. La partita, molto tattica e dura, non offrì altre grandi emozioni e tutti temevano e temevamo l'ambiente caldissimo del San Mamès, la "Catedral" di Bilbao, una città all'epoca scossa da fremiti indipendentisti che avrebbero potuto rendere inquietante il clima della partita. Il Bilbao era un vero squadrone che aveva già eliminato in quella edizione squadre del calibro di Milan e Barcellona. Al San Mamès la Juve passò in vantaggio presto - maledettamente troppo presto!- con un fantastico gol a volo d'angelo di Bettega su cross di Tardelli. Poi subimmo a lungo. Il pareggio di Irureta in mischia centuplicò le forze dei baschi. Boninsegna fu abbandonato in avanti ed il suo contributo si rivelò inadatto alle esigenze della partita. Trap inserì Spinosi al posto della punta mantovana per alzare il muro. Ad un quarto d'ora dalla fine, su uno dei tanti corner, il subentrante Carlos, centravanti autentico di sfondamento, incornò alle spalle di Zoff. Da quel momento in poi iniziò il quarto d'ora più drammatico della storia bianconera. I baschi caricavano a testa bassa, la juve si difendeva con unghie e denti... I bianconeri avevano dominato e retto bene sui campi di mezza europa oltre che in italia ma quella sera fu un assedio come non ce ne furono mai più (e meno male!). Quando l'arbitro fischiò la fine fu la fine di un incubo e la juve vinse finalmente la sua prima coppa europea a 80 anni..."

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

×

Informazione Importante

Utilizziamo i cookie per migliorare questo sito web. Puoi regolare le tue impostazioni cookie o proseguire per confermare il tuo consenso.