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A 30 anni dalla strage di Bruxelles: noi non dimentichiamo: 29/5/1985 - 29/5/2015. Nel ricordo dei nostri 39 angeli dell'Heysel

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la testimonianza di Sergio (Chub)

 

 

 

HEYSEL, 29.05.1985

 

E’ quasi mezzogiorno quando arriviamo a Bruxelles. Il viaggio è stato interminabile, soprattutto per me che non riesco a dormire in pullmann. Lungo il percorso ogni tanto abbiamo superato altre carovane di tifosi juventini, con i quali ci siamo salutati chiassosamente, ma avvicinandoci alla città il numero di pullmann bianconeri è aumentato in maniera esponenziale: siamo una marea e questo, anche se si tratta solo di una illusione, ci fa ben sperare per l’esito della partita.

 

Il parcheggio che ci hanno riservato è grandissimo ed è stracolmo di tifosi. Cerco qualche faccia conosciuta, ma so che è inutile. Solo io, Gino e Fabio siamo arrivati qui per strada; gli altri tifosi della mia cittadina stanno arrivando in aereo, beati loro che possono. Cerchiamo le indicazioni per lo stadio. Non ce ne sono oppure non le vediamo, seguiamo la corrente bianconera, qualcuno là davanti saprà dov’è. Una breve pausa per una foto davanti all’Atomium: l’ho visto mille volte sui libri di geografia e vederlo dal vero mi fa un certo effetto.

 

Finalmente arriviamo nei pressi dello stadio: esternamente non ci sembra granché, spero che sia meglio all’interno. Sui prati attorno allo stadio ci sono tantissimi gruppetti di tifosi: c’è chi mangia, chi dorme, chi legge la Gazzetta e avvicinandoci sentiamo i discorsi concitati di mille allenatori; ognuno ha la sua formazione e la sua tattica di gara, ci accomuna solo la speranza che non si ripeta la beffa di Atene.

 

Io, apprensivo come al solito, voglio individuare l’ingresso del nostro settore per non essere impreparato quando apriranno i cancelli; Gino e Fabio mi prendono in giro ma si uniscono a me nella ricerca. Ci avviciniamo al perimetro dello stadio e cominciamo a percorrerlo. Nei pressi di quella che dovrebbe essere la tribuna centrale ci sono delle transenne. Qui non si passa. Facciamo un giro più ampio e arriviamo in corrispondenza di una delle curve. Sarà la nostra? Assorti nella ricerca, non ci siamo accorti che il colore dei prati circostanti è gradualmente mutato: da verde, bianco e nero è diventato verde e rosso. Qui ci sono i tifosi del Liverpool. Nella illusoria speranza che la mia maglia bianconera e quella di Fabio non risultino così evidenti (come se quella blu da trasferta di Gino con il logo Ariston, lo scudetto e le stelle sembrasse una normale polo…) proseguiamo nel nostro cammino. Non posso fare a meno di sbirciare i volti dei tifosi inglesi, nel timore di una espressione di minaccia e nella speranza di un sorriso di complicità.

 

Un ragazzo si stacca da un gruppetto numeroso e si avvicina. Sorride timoroso, indica la mia maglia e mi parla. Accidenti, come è diversa la sua parlata dall’inglese della prof.; comprendo la metà delle sue parole, ma capisco che vuole cambiare la mia maglia con la sua. Perché no? Magari ci speravo in una cosa del genere e forse sarà per questo che, oltre alla maglia ufficiale, mi sono portato una maglia replica acquistata su una bancarella davanti al Comunale prima della partita con il Bordeaux. Facciamo lo scambio. E’ bella la loro maglia, di un rosso che comunica passione; chissà quand’è che la Juve deciderà di adottare le maglie fatte con questo tessuto lucido. Ci diamo la mano e ci salutiamo. Io gli dico: “Good luck”, ma non lo penso veramente, non per stasera almeno.

 

Proseguiamo nella nostra ricerca, arriviamo quasi alla fine della curva prima del settore dei distinti; qui c’è un po’ di movimento. Non capiamo o forse capiamo ma non ci sembra possibile. Ci sono dei tifosi a cavalcioni del muro di cinta che in questo punto mi sembra più basso che altrove e con il filo spinato rotto; altri tifosi stanno passando loro dei contenitori, sembrano casse di birra. Forse stanno portando dentro degli striscioni, ma qualcosa ci dice che la prima impressione è quella giusta. Questi sembrano meno amichevoli di quelli che abbiamo incontrato prima e allora decidiamo di non indugiare troppo e ci affrettiamo ad allontanarci.

 

Passato il settore dei distinti, l’ambiente torna a tingersi del rassicurante colore bianconero e vediamo anche un cancello con sopra un cartello che recita “Juventus”; non ci è dato di sapere se è l’ingresso del nostro settore, ma una valutazione della piantina dello stadio disegnata dietro al biglietto di ingresso ci spinge a pensare che sia così. Chiedo a tutti quelli che incontro se è questo il settore ‘N’ e puntuale arriva la presa in giro di Gino e Fabio. Siamo arrivati e anche se è un po’ presto, decidiamo di fermarci qui. Anni di partite al Comunale ci hanno insegnato che se non sei davanti ai cancelli quando aprono, ti rimangono i posti peggiori.

 

Il pomeriggio avanza, fa caldo (perché quando compri la maglia ufficiale ti mandano sempre quella a maniche lunghe invernale?), il numero di tifosi aumenta e tutti si accalcano. Già da tempo abbiamo rinunciato a stare seduti e, per giunta, nel gruppo si è infilato anche un poliziotto a cavallo ed io, con la mia solita fortuna, sono faccia a faccia con il quadrupede. Spero che sia stato addestrato bene. Sorrido al poliziotto, nella speranza che capisca che qui non ci sono teppisti, ma lui non si smuove. “Vabbè, l’importante è che tu tenga buono Furia” penso io.

 

Cresce l’eccitazione. La batteria dell’orologio mi ha abbandonato, ma penso che ormai ci siamo. Ora aprono. E’ come una scossa. Cominciano i cori “Juve, Juve” prima ancora di entrare. Siamo dentro. Ci sistemiamo in una posizione decente, vicino ai distinti e cominciamo a studiare quello che sarà il teatro della partita. Il prato è uno splendore. Qui il verde sembra – se possibile – più verde, che meraviglia. Però il resto non è granché: lo stadio non ci sembra molto grande; sicuramente è molto vecchio e comunque tenuto male. Addirittura i gradini larghi e bassi sono in più parti sbriciolati. Penso che sia quasi meglio il Comunale, che ho tante volte denigrato. Ricomincio a fare il solito giochetto delle “forze” sugli spalti, come se il numero dei tifosi fosse decisivo. Guardo verso al curva opposta alla nostra, dove ci sono i nostri “nemici”, ma non è tutta rossa: nella parte verso le tribune ci sono degli juventini. Chissà, forse siamo talmente in tanti che ci hanno riservato anche quel settore. Intanto lo stadio si riempie. Per ingannare l’attesa si parla, si legge un quotidiano faticosamente mendicato al vicino; ogni tanto qualcuno parte con un coro e allora tiriamo su sciarpe e bandiere e cantiamo per darci coraggio e sperando di darne ai giocatori. C’è uno dietro di me che ha uno striscione con scritto “Mamma sono qui”. Questa mi mancava.

 

L’eccitazione aumenta sempre più. Non riesco più a calmarmi, se continuo di questo passo esaurirò le unghie prima dell’inizio della partita. Un boato. Sono entrate delle persone con la tuta della Juve sul campo. Da qui non riconosco i volti, potrebbe essere il massaggiatore, ma potrebbe essere anche Platini. Quanto manca? Sono quasi le sette. Manca ancora parecchio ed i minuti sembrano espandersi nell’attesa. Mi metto tranquillo. Ma dura poco.

 

Un brivido percorre la curva, forse stanno entrando i giocatori a vedere il terreno di gioco. No, sta succedendo qualcosa sulla curva opposta. Cerco di capire. Dai due settori riservati ai tifosi del Liverpool stanno lanciando degli oggetti verso il settore degli juventini, sembrano bottiglie, forse sassi, non vedo bene. La parte della curva bianconera fischia, anche noi fischiamo. Ma proprio stasera dovevano fare casino? Fra le due tifoserie compatte si è aperta una frattura. Poi, come comandati da un unico impulso, i tifosi del Liverpool cominciano a muoversi in direzione di quelli della Juve. “Ci saranno le reti” mi dico, “Arriverà la polizia” spero, “Si fermeranno” prego. Si fermano. Ma è un attimo. Come una molla gli inglesi si ritraggono e poi ripartono, ma questa volta non si fermano, continuano ad avanzare. La massa dei tifosi bianconeri si sposta verso le tribune, forse stanno uscendo. Da qui vedo che molti si riversano sul campo di gioco. Forse gli addetti hanno aperto i cancelli e per evitare problemi li fanno entrare sulla pista. Il settore è quasi vuoto. E quelli del Liverpool si sono fermati; lentamente ritornano verso i loro settori e cantano. Cerchiamo di capire, ma da qui è difficile.

 

L’altoparlante dello stadio non da comunicazioni. Speriamo che non rimandino la partita. Sarebbe il colmo essere venuti fin qua per non vederla. Passano i minuti. Il settore degli juventini rimane vuoto, i suoi occupanti sono tutti in campo. Mi sembra di sentire delle sirene. Stanno arrivando i rinforzi per la polizia, oppure sono ambulanze, forse qualcuno si è fatto male.

 

Intanto il tempo trascorre, adesso troppo in fretta. Ma insomma, cosa fanno, perché non dicono nulla? L’altoparlante dello stadio comincia a emettere suoni, ma la confusione è tanta e i messaggi arrivano frammentati. Riusciamo a capire che i capitani delle squadre leggeranno un comunicato. Si sente una voce timida, è Scirea ci dicono: “La partita verrà giocata per consentire alle forze dell’ordine di organizzare l’evacuazione del terreno. State calmi. Non rispondete alle provocazioni. Giochiamo per voi” . Poi un’altra comunicazione, questa volta in inglese. Questi è Neal, il capitano del Liverpool. Non riusciamo a capire. Ma la partita è valida?

 

Intanto il campo è sempre pieno di persone, a cui si vanno aggiungendo squadre di poliziotti o soldati che si dispongono attorno al perimetro del terreno. Se possibile, il trambusto aumenta quando entrano in campo alcuni calciatori della Juve circondati da un gruppo sempre più folto di persone. Arrivano quasi sotto la nostra curva. Nella calca mi sembra di riconoscere Cabrini, ma non ne sono certo. E’ tardi, l’orario di inizio è trascorso. Scirea ha detto: “Giochiamo per voi”, spero che non ci abbiano ripensato. Impercettibilmente il campo si svuota, tutte le persone che c’erano prima sono scomparse. Forse i tifosi della Juve scesi sul terreno di gioco sono stati smistati in altri settori dello stadio. Abbiamo notato che molti spettatori dei distinti alla nostra destra sono andati via. Forse si sono impauriti per il trambusto. Vediamo un varco nella rete divisoria fra i settori e molti tifosi della curva ci passano attraverso per spostarsi nei distinti. Lo facciamo anche noi, vogliamo vedere un po’ meglio. Non c’è nessuno ad impedicerlo.

 

Sono già passate le nove, quando inizia la partita. I minuti prima lentissimi adesso passano troppo velocemente. Le squadre giocano abbastanza bene, sembra tutto normale. Voglio pensare che sia tutto normale. Noi facciamo qualche azione buona, ma anche loro non scherzano. Sono forti, lo sapevamo. Tacconi si supera in più di una occasione. Finisce il primo tempo sullo 0 – 0. Facciamo qualche commento, ognuno ha la sua ricetta per vincere, ma non sembriamo molto convinti. Un’ombra ci opprime. Entrano le squadre per la seconda parte della gara. Nella Juve non è cambiato nessuno. Passano una decina di minuti, poi un lampo. Boniek parte al galoppo. Sale l’incitamento, che diventa un boato quando i difensori del Liverpool lo stendono nei pressi dell’area. Rigore! “Ma, c’era?” . L’arbitro dice di si. Tira Platini. Proprio sotto la curva degli incidenti. Contrariamente al solito, questa volta lo guardo tirare. Gol! Stiamo vincendo. “Manca molto?”. Adesso il Liverpool non ci sta a perdere e ci comprime nella nostra metà del campo. Il cuore sta facendo gli straordinari. Tacconi para anche lo mosche. E’ quasi finita. Una sostituzione per la Juve. Esce Briaschi, entra Prandelli; ci copriamo, il Trap ha aspettato più del solito a farlo. Manca pochissimo. Un’altra sostituzione. Esce Rossi ed entra Vignola. E’ finita! Abbiamo vinto.

 

Ci abbracciamo. Gino piange, ma non vuole farsi vedere. La curva alla nostra sinistra, dove eravamo prima è una marea bianconera. Aspettiamo la premiazione, vogliamo la coppa più desiderata. Il tempo passa ma non vediamo nulla. Ce la siamo persa? Altri minuti, non si vede nessuno. Ma che fanno? Hanno cambiato il rituale? No, ecco i giocatori che arrivano. Non ci sono tutti. C’è Platini che corre sotto la curva. Foto. Passano Tardelli e Boniek proprio davanti a noi. Altra foto. Questi coi baffi chi è? Favero. Altra foto. Non vedo altri juventini. Ma dov’è la coppa?

 

Non c’è più nessuno in campo, esclusi poliziotti ed addetti. Lo stadio si sta svuotando, per stasera non fanno altro. Decidiamo di uscire. Torniamo al pullmann. Occhio alle maglie rosse. Dopo quello che è successo, non si sa mai.

 

Ci rimettiamo in viaggio. Appena fuori Bruxelles, ci fermiamo in un posto di ristoro. E’ chiuso. “Ma come? Da noi sono sempre aperti o quasi.”. Proseguiamo. Abbiamo fame. Un altro autogrill. Come non detto. Appena vede arrivare i pullmann, qualcuno pensa bene di chiuderlo. Ci teniamo la fame, ci arrangiamo per i bisogni fisiologici e ripartiamo. Viaggiamo tutta la notte e arriviamo al confine svizzero alle prime luci dell’alba. Finalmente, un autogrill aperto. Ci fermiamo e assaltiamo letteralmente il bar. Ci guardano in modo strano. Una cameriera piange. Che succede? Io cerco l’espositore dei quotidiani. Voglio comprare una copia della Gazzetta per conservarla come ricordo. Non la trovo. Ci sono solo giornali in lingua tedesca. Ne compro uno. Ho una conoscenza scolastica del tedesco, ma riconosco il vocabolo che campeggia in prima pagina vicino ad un numero troppo alto per essere vero, ‘Toten’; e le immagini che vedo mi scavano un solco profondo nella mente e nel cuore. Per sempre.

 

 

Siamo a casa nel primo pomeriggio. Un conoscente mi offre un passaggio dal terminal degli autobus fino a casa mia. Mi dice che in paese mi davano per disperso. Risultavo capogruppo nell’elenco dei tifosi partiti da qui. Quelli che sono venuti alla partita in aereo sono tornati prima di noi, ed hanno raccontato di aver sentito il mio nome chiamato più volte dallo speaker dello stadio. Mi sembra incredibile, io non ho sentito nulla. Mi dice anche che la mia ragazza ha telefonato al Ministero degli Esteri. Non le hanno saputo dare notizie. Arrivo a casa. Mia madre mi abbraccia e piange. Mio padre non mi dice nulla. Mi guarda e parte per andare al lavoro. Anni dopo mi dirà di non aver provato una paura simile nemmeno ai tempi della guerra.

 

Non ho mai voluto guardare la registrazione di quella serata.

 

Sergio

Heysel, 29.05.1985

 

 

Z COME SETTORE ZETA - Il settore della morte: il tardo pomeriggio di mercoledì 29 maggio 1985 trentanove persone vi entrarono per assistere a una partita di pallone, la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Non ne uscirono più, ammazzate dalla ressa, dalla follia disumana e da una buona dose di negligenza delle istituzioni.

 

V COME VERGOGNA - Da trent'anni a questa parte curve di ogni parte d'Italia ciclicamente espongono indegni striscioni che inneggiano alla tragedia. Non ci siamo fatti mancare nemmeno cori, sciarpe del Liverpool con la scritta Heysel oppure magliette da calciatori con stampato Heysel al posto del nome e 39 come numero.

 

U COME UNDICI – I metri di distanza tra Michel Platini e Bruce Grobbelaar alle 22.58: il francese trasformò il calcio di rigore, il portiere raccolse il pallone alle sue spalle. Juventus-Liverpool finì così, 1-0 e tanto sangue.

 

T COME TRANSISTOR – Per ragioni di tipo politico e per la prima volta nella storia belga, la sicurezza all’interno dello stadio fu organizzata in modo diverso: fino a quella sera la polizia controllava l’esterno, la gendarmeria l’interno. Quel 29 maggio no: la polizia “monitorava” i settori M-N-O e la gendarmeria “vigilava” sull’altra curva, i settori X-Y-Z). Uno dei poliziotti presenti ricorda: le radio a transistor dei due corpi non potevano comunicare tra di loro, mancavano le batterie.

 

S COME SERVIZIO D’ORDINE - Lo riassume il sito saladellamemoriaheysel.it: "Accanto alla rete che separava i settori Y (biglietti venduti solo ad inglesi) e Z (biglietti per i belgi ma finiti in gran parte in Italia) erano presenti solo cinque agenti, una poliziotta con il cane ed altri sei agenti erano sul prato, 28 gendarmi e un capitano erano fuori allo stadio ad inseguire uno o forse due rapinatori di 900 franchi belgi (22,31 euro) dalla cassa di un venditore di salsicce

 

R COME RAI - RaiUno doveva trasmettere l’evento sportivo dell’anno 1985, la riscossa del calcio italiano dopo la sconfitta nella Coppa dei Campioni 1984 della Roma all’Olimpico proprio contro il Liverpool. La voce, provata, di Bruno Pizzul raccontò sì l’evento dell’anno 1985 ma di sportivo non ci fu nulla. La tv tedesca scelse di non mandare in onda la gara. Quella austriaca lo fece ma senza commento e con la scritta in sovraimpressione "Questa che trasmettiamo non è una manifestazione sportiva"

 

Q COME QUATTROCENTOMILA – E’ il numero di richieste per i biglietti per la finale. Poi i tagliandi staccati effettivamente furono 58mila, anche se la capienza certificata dello stadio non superava i 50mila posti. Un biglietto per il settore Z costava in Belgio 9600 lire ed era destinato a spettatori locali. Per colpevoli carenze nei controlli, quei tagliandi finirono quasi tutti in mano a bagarini e agenzie che li rivendettero in Italia a circa 80mila lire: così gente senza scrupoli trasformò il bloc Z in una polveriera.

 

P COME "PAPA’ MA A CHE ORA COMINCIA LA PARTITA?” – Domanda che i quarantenni di oggi ricordano bene. Le risposte furono le più differenti possibili.

 

O COME ORARIO – La prima carica degli hooligans fu alle 19.09. La "partita" iniziò alle 21.36. Platinì segnò il rigore alle 22.58. L’ultima autopsia fu conclusa all'una del 30 maggio 1985.

 

N COME NOTHOMB – All’anagrafe Ferdinand Nothomb, all’epoca ministro dell’Interno del Belgio. Non ritenne necessario dimettersi dopo i fatti dell’Heysel.

 

M COME MAHIEU – Johan Mahieu, capitano della gendarmeria quella sera. Un carneade, o poco più: la sera della mattanza sostituiva il collega parigrado malato. Con due piccoli dettagli: era al debutto al comando della gendarmeria in servizio in uno stadio e non aveva partecipato a nessuna delle riunioni sulla sicurezza allo stadio..

 

L COME LORENTINI – Una famiglia segnata dall’Heysel: Roberto, 31enne medico di Arezzo e papà di due bambini, morì a bordocampo. Otello, suo padre, non si è mai rassegnato ed è stato l’anima dell’Associazione familiari vittime dell’Heysel. Andrea, suo figlio, nel gennaio 2015 fonda l’Associazione vittime dell’Heysel. "Saremo a Torino per la commemorazione ufficiale - ha detto - e volevamo presentare un monologo sull’accaduto ma non ci siamo trovati d’accordo con la Juventus: per la Juve l’importante è ricordare, per l’Associazione è raccontare la verità”

 

I COME INTERNET – All’epoca la Rete aveva maglie larghissime quel maggio 1985, i cellulari erano quasi fantascienza. Figuriamoci sms, social network e whatsapp. Comunicare qualcosa divenne un’impresa. Per dire “Mamma, guarda che io sono vivo” esisteva solo il telefono fisso (con evidente sovraccarico) o tentare di farsi inquadrare alle spalle di Bruno Pizzul.

 

H COME HEYSEL – A rivedere oggi video e foto di quello stadio vengono brividi e rabbia. Ma come si poteva pensare di giocarvi una partita così importante? Chi e perché lo ha deciso? Quella sorta di Colosseo è stato abbattuto il 23 agosto 1994. Al suo posto ora c’è il “Re Baldovino”.

 

G COME GIUSTO GIOCARE? – E’ l’interrogativo che circola da quella sera. Trent’anni dopo ci si divide ancora sull’opportunità di scendere in campo. Inutile cercare la risposta corretta: oggi non si sa per certo nemmeno se i giocatori fossero a conoscenza dell'esatta dimensione della sciagura.

 

F COME FINALE - Appena scaduta la squalifica internazionale di dieci anni, allo stadio "Re Baldovino" si giocò un'altra finale continentale: era PSG-Rapid Vienna, andata in scena l'8 maggio 1996. In palio c'era la Uefa: vinsero 1-0 i francesi con gol di Bruno N'Gotty. Non si registrarono incidenti.

 

E COME EQUIPES DI RIANIMAZIONE – Per la trentesima finale di Coppa dei Campioni non ne era prevista nemmeno una in servizio allo stadio. Chiunque fosse stato colto, ad esempio, da infarto sarebbe stato caricato su una barella, messo su un'ambulanza e trasportato all'ospedale più vicino.

 

D COME DICHIARAZIONI - Al delegato dell'Uefa, la Juve consegnò una nota ufficiale prima di scendere in campo: “La Juve accetta disciplinatamente, anche se con l’animo pieno di angoscia, la decisione dell’Uefa, comunicata al nostro presidente, di giocare la partita per motivi di ordine pubblico”. I capitani delle due squadre, Scirea e Neal, lessero agli altoparlanti il seguente comunicato: "La partita si gioca per consentire alle forze dell'ordine di organizzare l'evacuazione dello stadio. Mantenete la calma. Non rispondete alle provocazioni. Giocheremo per voi”. Mentre 39 persone morivano, in campo sul tabellone luminoso della Uefa si leggeva: "Si prega di contenere ogni manifestazione di gioia o di disapprovazione nei limiti della sportività e di collaborare con i servizi di sicurezza nell'esercizio delle loro funzioni."

 

C COME CONDANNE - La Cassazione belga ha confermato nel 1991 le condanne a 4 anni con la condizionale e 60mila franchi per nove hooligans mentre altri tre hanno preso cinque anni e la stessa sanzione pecuniaria. Fu condannato a tre mesi con la condizionale Hans Bangerter, segretario generale Uefa. Sconto di pena (3 mesi) e 500 franchi di multa per il maggiore Kensier. Assoluzione per il capitano Mahieu. La responsabilità della Uefa come ente organizzatore fu riconosciuta grazie all’impegno dell’Associazione dei familiari.

 

B COME BASTONI E MATTONI - Semmai fossero approdati in Continente a mani vuote, gli hooligans poterono recuperare il “materiale di lavoro” da un cantiere incustodito a pochi passi dallo stadio. Tanto a perquisirli ci pensarono ben due poliziotti mentre a controllarne i biglietti c'erano un solo addetto.

 

A COME (CAUSE) ACCIDENTALI - E' la motivazione del decesso scritta in calce alle 39 autopsie effettuate quella maledetta notte da sei medici militari a Bruxelles.

 

 

Quindi per cause accidentali morirono: Rocco Acerra (28 anni) - Bruno Balli (50) - Alfons Bos (35) - Giancarlo Bruschera (35) - Andrea Casula (11) - Giovanni Casula (44) - Nino Cerullo (24) - Willy Chielens (41) - Giuseppina Conti (17) - Dirk Daeneckx (38) - Dionisio Fabbro (51) Jaques François (45) - Eugenio Gagliano (35) 13. Francesco Galli (25) 14. Giancarlo Gonelli (20) 15. Alberto Guarini (21) Giovacchino Landini (50) - Roberto Lorentini (31) - Barbara Lusci (58) 19. Franco Martelli (22) 20. Loris Messore (28) 21. Gianni Mastroiaco (20) Sergio Mazzino (38) - Luciano Rocco Papaluca (38) - Luigi Pidone (31) - Benito Pistolato (50) - Patrick Radcliffe (38) - Domenico Ragazzi (44) - Antonio Ragnanese (29) - Claude Robert (30) - Mario Ronchi (43) - Domenico Russo (28) - Tarcisio Salvi (49) - Gianfranco Sarto (47) - Amedeo Giuseppe Spolaore (55) - Mario Spanu (41) - Tarcisio Venturin (23) - Jean Michel Walla (32) - Claudio Zavaroni (28)

 

tgcom.it

 

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M COME MAHIEU – Johan Mahieu, capitano della gendarmeria quella sera. Un carneade, o poco più: la sera della mattanza sostituiva il collega parigrado malato. Con due piccoli dettagli: era al debutto al comando della gendarmeria in servizio in uno stadio e non aveva partecipato a nessuna delle riunioni sulla sicurezza allo stadio..

 

 

quello che ha mandato i pochi poliziotti presenti nel settore Z a verbalizzare un furto in un banchetto di hot dog .doh

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In ricordo di:

 

Rocco Acerra

Bruno Balli

Alfons Bos

Giancarlo Bruschera

Andrea Casula

Giovanni Casula

Nino Cerullo

Willy Chielens

Giuseppina Conti

Dirk Daenecky

Dionisio Fabbro

Jacques François

Eugenio Gagliano

Francesco Galli

Giancarlo Gonnelli

Alberto Guarini

Giovacchino Landini

Roberto Lorentini

Barbara Lusci

Franco Martelli

Loris Messore

Gianni Mastroiaco

Sergio Bastino Mazzino

Luciano Rocco Papaluca

Luigi Pidone

Benito Pistolato

Patrick Radcliffe

Domenico Ragazzi

Antonio Ragnanese

Claude Robert

Mario Ronchi

Domenico Russo

Tarcisio Salvi

Gianfranco Sarto

Amedeo Giuseppe Spolaore

Mario Spanu

Tarcisio Venturin

Jean Michel Walla

Claudio Zavaroni

 

Nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi resta.

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Vivo in Belgio, all'epoca non ero ancora nato e tutto questo mi è sempre sembrato irreale. Non riesco a concepire come è potuto succedere una tragedia simile ad una partita di calcio.

 

RIP. Sempre con noi.

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Ricordo bene.....serata surreale e assurda......sempre vivo il ricordo del nostro sangue.....sempre vivo nel nostro grande, immenso cuore.

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In ricordo di:

 

Rocco Acerra

Bruno Balli

Alfons Bos

Giancarlo Bruschera

Andrea Casula

Giovanni Casula

Nino Cerullo

Willy Chielens

Giuseppina Conti

Dirk Daenecky

Dionisio Fabbro

Jacques François

Eugenio Gagliano

Francesco Galli

Giancarlo Gonnelli

Alberto Guarini

Giovacchino Landini

Roberto Lorentini

Barbara Lusci

Franco Martelli

Loris Messore

Gianni Mastroiaco

Sergio Bastino Mazzino

Luciano Rocco Papaluca

Luigi Pidone

Benito Pistolato

Patrick Radcliffe

Domenico Ragazzi

Antonio Ragnanese

Claude Robert

Mario Ronchi

Domenico Russo

Tarcisio Salvi

Gianfranco Sarto

Amedeo Giuseppe Spolaore

Mario Spanu

Tarcisio Venturin

Jean Michel Walla

Claudio Zavaroni

 

Nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi resta.

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Consolate i vostri cari, perdonate l'orrore del mondo che vi ha strappato alla vita ed agli affetti. Siete assieme agli angeli e vedete Dio faccia a faccia. Qua è ancora tutto troppo opaco per capire, per comprendere, per questo ancora qualcuno sfregia la vostra memoria pensando di insultarvi e facendo male solo a se stesso. Perdonate anche loro.

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Il solo pensiero dell'Heysel mi ammutolisce, costringendomi ad amare riflessioni sulla follia umana, sulla banalità del male... Niente potrà distogliere il nostro cuore dal vostro ricordo, oggi come domani, e domani come sempre.

 

RIP +39

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Magone e brividi ogni volta che leggo il racconto del nostro amico.

L'avrò letto già 5/6 volte, ma ha sempre lo stesso effetto.

Sempre con noi fratelli, sempre con noi.

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Io tutti gli anni penso ad una mia cara amica, una splendida persona, che quel giorno aveva circa 3 anni ed era tranquilla a casa sua insieme alla mamma.

Il suo babbo invece era a Bruxelles, in quel maledetto stadio, in quel maledetto settore Z: si salvò per miracolo e sempre per miracolo riuscì a salvare un'altra persona e a tornare in albergo, completamente scalzo ma salvo.

Dio solo sa quanta sofferenza inutile e crudele avrebbe dovuto sopportare lei se il suo babbo non si fosse salvato...

Ah, naturalmente lui quella sera ha chiuso con il calcio.

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Ho voluto vedere ieri il documentario della Repubblica sul 29 Maggio 1985.

Ci sono poche date della mia vita che ricordo nitidamente una è questa l'altra è il 6 Dicembre 2010 , giorno in cui è nata mia figlia. Una trasuda morte l'altra vita ed insieme mi accompagnano nei miei giorni .

Il mio 29 Maggio 1985 in realtà era iniziato il 28 partendo da Arezzo città che ha pianto Roberto Lorentini e la cara Giuseppina Conti mia compagna di liceo . Il 28 dunque da Arezzo passando per Firenze punto di raccolta del nostro pullman ci incamminavamo verso la prima tappa Strasburgo per il pernottamento, sul bus i soliti discorsi , chi aveva sognato la partita convinto che avremmo vinto per 2 a 1 con gol di Boniek e Rossi, chi come me rigorosamente era partito con tutti e tre i giornali sportivi sottobraccio, rito compiutosi anche l'anno prima andando verso Basilea per la finale di coppa delle coppe, e i soliti svitati dell'ultima fila che avevano fatto a botte con i tifosi viola all'ultimo fiorentina - Juventus.

Non sapevo in che settore avessimo posto , avevo 14 anni , non m'interessava dove avrei visto Michel alzare la Coppa , volevo solo essere li ovunque ci fosse un posto per vederla, mio padre si e continuava a chiedersi come fosse possibile che ci avessero venduto dei posti cosi a contatto con gli inglesi .

Una delle cose che ricordo di più è il pranzo in Belgio il 29 , una festa con canti , cori e allegria , il miglior pre partita di tutte le finali che ho visto e la strada dal paese di periferia in cui era l'albergo , con una vegetazione di un verde da riempirti gli occhi e la mente di pace.....impossibile pensare all'inferno che ci aspettava.

Alle 14,00 del 29 Maggio 1985 sul cammino che ci portava dalla zona bus alla curva Z ho iniziato ad avere paura , la paura che hanno i ragazzini , quella che ti fa dire " papa portami a casa non ci voglio stare qui, non importa se gioca Platini,portami via" ; eravamo in mezzo a loro, ubriachi e fatti di droga ovunque senza nemmeno un gendarme tra noi e loro,ci urlavano dietro barcollando e continuavano a passare ai tifosi dentro lo stadio casse di birra, non ne avevano abbastanza anche se puzzavano di birra e sudore , un odore acre che ancora oggi non riesco ad estirpare dalle narici e dal mio cervello....pervade ogni mio ricordo. Le tre ore che passarono tra le 14 e le 17 ora in cui decidemmo di entrare furono di discussione, mio padre non voleva portarmi dentro ed io atterrito ma deciso a non fare la figura del fifone mi ero convinto che se stavamo tutti insieme dentro non poteva succedere niente, gli altri che erano con noi continuavano a dire " siamo arrivati fino a qui e rinunciamo ? la diamo vinta a questa manica di drogati e ubriaconi?" Nessuno di noi poteva solo immaginare in che condizioni era lo stadio e a cosa poteva spingersi l'umana bestialità ed entrammo da quella porticina , grande come la porta del bagno di casa mia.

Non so descrivere il terrore che provai quando vidi quell'inferno caldo e maleodorante ,nella parte degli Hooligans migliaia di persone stipate come sardine quasi non avevano spazio per respirare e continuavano a bere ed a desiderare i posti vuoti dalla nostra parte ,bloccati solo da una rete metallica di carta velina, nel nostro settore ancora prima delle cariche , tutti quelli che entravano si posizionavano naturalmente verso quel maledetto muro per stare il più lontano possibile dai tifosi inglesi, lupi rossi che puntavano agnelli bianconeri questa era la situazione.

Chiesi più volte a mio padre di stare sotto muro , di mettere gente tra noi e loro , ma non volle sentire ragione "ti ho potato dentro "disse " adesso fai come dico io, se succede qualcosa devo potere avere spazio per difenderti "

Difendermi da cosa mi chiedevo ,possibile che possano venire di qua senza che la polizia faccia niente?

Ci posizioniamo al centro , c'è il vuoto , siamo soli in faccia agli inglesi , penso tra me che mio padre è impazzito , facciamo delle foto mentre iniziano a volare sparuti , ogni tanto bottiglie e pezzi di gradoni di uno stadio vergognoso, tanto che il mio Cibali era il Bernabeu a confronto.

Escono i calciatori , saggiano il terreno , sotto l'altra curva tutta italiana c'è la Juve ,un boato e le bandiere al vento mi calmano un po ma vedo Rush e Grobbelar incitare la folla sotto la nostra curva , e la curva giallorossa eccitarsi e cantare come se stesse per scendere in battaglia....ed ho di nuovo terrore, "papa usciamo ti prego " sono le ultime parole che ricordo prima della prima carica , ricordo solo di aver sentito una stretta potente al braccio , una forza che mi trascinava verso la recinzione ed un silenzio assordante nella mia testa , il rumore , le urla , i pianti e quel maledetto odore acre erano così potenti che dentro di me avevano fatto il vuoto assoluto , silenzio e prato verde per 10 lunghissimi minuti in cui ho perso mio padre , fino a che non l'ho visto comparire .

Nell'unico istante in cui ho odiato la mia squadra del cuore , giunti dall'altra parte dello stadio ho strappato per la rabbia la mia sciarpa in due per tutta la sua lunghezza . Da quel momento in poi non ricordo più niente , ho rimosso la ricerca disperata di un telefono, la ricerca disperata dei dispersi , il ritorno a casa....ricordo solo che al nostro arrivo a Firenze alla stazione dei pullman per terra trovammo scritto "39 GOBBI IN MENO" , ho cancellato quella città non ci sono più tornato sebbene ami moltissimo la Toscana dove ho passato 10 anni della mia vita.

E ricordo il funerale di Giuseppina ,con tutta la scuola . Lei c'è sempre con me ,ogni sera prima di dormire ed ogni giorno quando mi sveglio penso che mi dispiace , che avrei voluto vivesse la sua vita perchè non sono meritevole di esserle sopravvissuto quel giorno.

Oggi sarà un giorno molto duro per me , trascorrerò una parte di questo giorno con l'uomo che ha salvato la mia vita dopo avermela data , loro saranno tutti con noi , come lo sono sempre da 30 anni e spero che un giorno possano avere dagli altri tutto il rispetto che meritano , come io rispetto e ricordo con cordoglio i morti di Superga, così come quelli di Sheffield altrimenti saranno davvero morti invano....

 

Per sempre con noi +39

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Ho voluto vedere ieri il documentario della Repubblica sul 29 Maggio 1985.

Ci sono poche date della mia vita che ricordo nitidamente una è questa l'altra è il 6 Dicembre 2010 , giorno in cui è nata mia figlia. Una trasuda morte l'altra vita ed insieme mi accompagnano nei miei giorni .

Il mio 29 Maggio 1985 in realtà era iniziato il 28 partendo da Arezzo città che ha pianto Roberto Lorentini e la cara Giuseppina Conti mia compagna di liceo . Il 28 dunque da Arezzo passando per Firenze punto di raccolta del nostro pullman ci incamminavamo verso la prima tappa Strasburgo per il pernottamento, sul bus i soliti discorsi , chi aveva sognato la partita convinto che avremmo vinto per 2 a 1 con gol di Boniek e Rossi, chi come me rigorosamente era partito con tutti e tre i giornali sportivi sottobraccio, rito compiutosi anche l'anno prima andando verso Basilea per la finale di coppa delle coppe, e i soliti svitati dell'ultima fila che avevano fatto a botte con i tifosi viola all'ultimo fiorentina - Juventus.

Non sapevo in che settore avessimo posto , avevo 14 anni , non m'interessava dove avrei visto Michel alzare la Coppa , volevo solo essere li ovunque ci fosse un posto per vederla, mio padre si e continuava a chiedersi come fosse possibile che ci avessero venduto dei posti cosi a contatto con gli inglesi .

Una delle cose che ricordo di più è il pranzo in Belgio il 29 , una festa con canti , cori e allegria , il miglior pre partita di tutte le finali che ho visto e la strada dal paese di periferia in cui era l'albergo , con una vegetazione di un verde da riempirti gli occhi e la mente di pace.....impossibile pensare all'inferno che ci aspettava.

Alle 14,00 del 29 Maggio 1985 sul cammino che ci portava dalla zona bus alla curva Z ho iniziato ad avere paura , la paura che hanno i ragazzini , quella che ti fa dire " papa portami a casa non ci voglio stare qui, non importa se gioca Platini,portami via" ; eravamo in mezzo a loro, ubriachi e fatti di droga ovunque senza nemmeno un gendarme tra noi e loro,ci urlavano dietro barcollando e continuavano a passare ai tifosi dentro lo stadio casse di birra, non ne avevano abbastanza anche se puzzavano di birra e sudore , un odore acre che ancora oggi non riesco ad estirpare dalle narici e dal mio cervello....pervade ogni mio ricordo. Le tre ore che passarono tra le 14 e le 17 ora in cui decidemmo di entrare furono di discussione, mio padre non voleva portarmi dentro ed io atterrito ma deciso a non fare la figura del fifone mi ero convinto che se stavamo tutti insieme dentro non poteva succedere niente, gli altri che erano con noi continuavano a dire " siamo arrivati fino a qui e rinunciamo ? la diamo vinta a questa manica di drogati e ubriaconi?" Nessuno di noi poteva solo immaginare in che condizioni era lo stadio e a cosa poteva spingersi l'umana bestialità ed entrammo da quella porticina , grande come la porta del bagno di casa mia.

Non so descrivere il terrore che provai quando vidi quell'inferno caldo e maleodorante ,nella parte degli Hooligans migliaia di persone stipate come sardine quasi non avevano spazio per respirare e continuavano a bere ed a desiderare i posti vuoti dalla nostra parte ,bloccati solo da una rete metallica di carta velina, nel nostro settore ancora prima delle cariche , tutti quelli che entravano si posizionavano naturalmente verso quel maledetto muro per stare il più lontano possibile dai tifosi inglesi, lupi rossi che puntavano agnelli bianconeri questa era la situazione.

Chiesi più volte a mio padre di stare sotto muro , di mettere gente tra noi e loro , ma non volle sentire ragione "ti ho potato dentro "disse " adesso fai come dico io, se succede qualcosa devo potere avere spazio per difenderti "

Difendermi da cosa mi chiedevo ,possibile che possano venire di qua senza che la polizia faccia niente?

Ci posizioniamo al centro , c'è il vuoto , siamo soli in faccia agli inglesi , penso tra me che mio padre è impazzito , facciamo delle foto mentre iniziano a volare sparuti , ogni tanto bottiglie e pezzi di gradoni di uno stadio vergognoso, tanto che il mio Cibali era il Bernabeu a confronto.

Escono i calciatori , saggiano il terreno , sotto l'altra curva tutta italiana c'è la Juve ,un boato e le bandiere al vento mi calmano un po ma vedo Rush e Grobbelar incitare la folla sotto la nostra curva , e la curva giallorossa eccitarsi e cantare come se stesse per scendere in battaglia....ed ho di nuovo terrore, "papa usciamo ti prego " sono le ultime parole che ricordo prima della prima carica , ricordo solo di aver sentito una stretta potente al braccio , una forza che mi trascinava verso la recinzione ed un silenzio assordante nella mia testa , il rumore , le urla , i pianti e quel maledetto odore acre erano così potenti che dentro di me avevano fatto il vuoto assoluto , silenzio e prato verde per 10 lunghissimi minuti in cui ho perso mio padre , fino a che non l'ho visto comparire .

Nell'unico istante in cui ho odiato la mia squadra del cuore , giunti dall'altra parte dello stadio ho strappato per la rabbia la mia sciarpa in due per tutta la sua lunghezza . Da quel momento in poi non ricordo più niente , ho rimosso la ricerca disperata di un telefono, la ricerca disperata dei dispersi , il ritorno a casa....ricordo solo che al nostro arrivo a Firenze alla stazione dei pullman per terra trovammo scritto "39 GOBBI IN MENO" , ho cancellato quella città non ci sono più tornato sebbene ami moltissimo la Toscana dove ho passato 10 anni della mia vita.

E ricordo il funerale di Giuseppina ,con tutta la scuola . Lei c'è sempre con me ,ogni sera prima di dormire ed ogni giorno quando mi sveglio penso che mi dispiace , che avrei voluto vivesse la sua vita perchè non sono meritevole di esserle sopravvissuto quel giorno.

Oggi sarà un giorno molto duro per me , trascorrerò una parte di questo giorno con l'uomo che ha salvato la mia vita dopo avermela data , loro saranno tutti con noi , come lo sono sempre da 30 anni e spero che un giorno possano avere dagli altri tutto il rispetto che meritano , come io rispetto e ricordo con cordoglio i morti di Superga, così come quelli di Sheffield altrimenti saranno davvero morti invano....

 

Per sempre con noi +39

 

Non credo esistano parole per descrivere i sentimenti che mi pervadono dopo aver letto una simile lettera.

Tristezza, senso di vuoto, rabbia persino odio, impotenza, e poi di nuovo rabbia verso chi permise che tutto ciò potesse accadere.

 

Un forte abbraccio a te, a tuo padre, a quelli che come voi sono sopravvissuti e alle famiglie delle vittime.

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