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Fantomas

AUDIO Agnelli all'Antimafia: "Felice di essere stato ascoltato. Da settembre pronti a mettere celle nello Stadium. Mai incontrato da solo Dominello"

Post in rilievo

AUDIO - Audizione completa del Presidente andrea Agnelli in Commisione Antimafia

 

 

AUDIO - Il presidente Andrea Agnelli intervistato dopo l'audizione in commissione Antimafia

 

http://www.dailymotion.com/video/x5muu79

 

 

Agnelli: "Felice di essere stato ascoltato e di aver svolto il mio ruolo di cittadino. Ho chiesto che l'audizione fosse pubblica affinché potesse essere il più chiara possibile. La Juventus ha affrontato tutte le situazioni sempre in accordo con la Digos, così come collabora con le istituzioni per trovare tutte le contromisure adeguate alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo del calcio"

 

Juventus, Andrea Agnelli: "Ndrangheta? Mia figlia ha avuto paura. Da settembre pronti a mettere le celle nello Stadium"

 

ROMA, 18 maggio 2017 - "Mai subito minacce da ultras e mai pensato a Dominello come un "operativo". Piuttosto mia figlia di 12 anni si è spaventata quando ha letto sui giornali che suo padre avrebbe avuto rapporti con certi personaggi". Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, ha raccontato ieri la sua verità di fronte ai membri della Commissione parlamentare antimafia sulla vicenda dei presunti rapporti tra il vertice della società bianconera con esponenti della curva invischiati con la criminalità organizzata. In particolare, Agnelli ha risposto alle domande del presidente del Comitato Mafia e sport, Marco Di Lello e del senatore Pd Giuseppe Lumia sui suoi rapporti con Rocco Dominello, considerato dagli investigatori come contiguo alle ndrine calabresi: "Non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo. Ricordo 3-4 incontri. Una volta in una cena ad Asti con centinaia di tifosi, una volta nei miei uffici con tutti i tifosi, un'altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi, una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D'Angelo in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi".

 

La difesa di Agnelli è tutta improntata sul "non sapevo" e sull'autonomia operativa del suo staff. "Mai nessuno ha avuto il dubbio,prima dell'indagine torinese, che Rocco Dominello potesse essere qualcosa di diverso da un semplice ultras". "Se io e i miei dipendenti avessimo saputo quanto emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui". Era mai stato informato da organismi dello Stato sulla pericolosità criminale di Dominello? "No, mai avuto informative dalla Digos. Neppure la questura sapeva chi fosse Dominello, perché dovevo saperlo io? Dovevo scoprirlo su Google? Io mi fido e non mi fido di Google, perché non basta andare sul web per capire come funziona il mondo".

 

Quindi la controffensiva e l'annuncio che, se ci sarà la volontà di andare a fondo, la Juve potrebbe adottare nel proprio impianto il modello inglese. "Vogliamo un giudizio abbreviato subito, allo stadio, stile inglese. Siamo pronti come Juve a fornire anche zone adibite all'interno dello Stadium". Quindi, celle per la carcerazione immediata in attesa di giudizio, già dal prossimo settembre, E ancora: "Perché il Gos non vuole presidiare quei settori? Presidiamoli subito", ha attaccato il numero uno bianconero, dopo aver risposto ironicamente all'ennesima richiesta da parte dei membri della Commissione Antimafia sulla motivazione per cui il club bianconero non si è costituito parte civile al processo Alto Piemonte.

 

Anche perchè uona parte delle colpe dipendono, incredibilmente, proprio dallo Stadium: "La responsabilità iniziale che ci ha portato a questa situazione è sicuramente lo stadio troppo piccolo - detto Andrea Agnelli -. Siamo stati colti dalla sorpresa di gestire uno stadio sold out tutte le domeniche. Organizzare il tifo in maniera socio-demografica corretta ha dato la possibilità di inserirsi a persone con l'interesse a lucrare. Del resto, i biglietti per la finale di Champions che la Juventus giocherà il 3 giugno con il Real Madrid sono stati venduti dall'Uefa, ma ora si trovano a prezzi assurdi: dai 3 ai 5mila euro. Il bagarinaggio esiste e va combattuto, anche se la cessione di un bene mobile, quale è il biglietto di una partita da una persona ad un'altra non penso possa essere criminalizzato. Discorso diverso - ha concluso il numero uno bianconero in un passaggio del suo discorso - è il fare incetta di tagliandi a fini puramente speculativi: sul digitale sta invece dilagando grazie all'uso dei cosiddetti bot, software che permettono in pochi secondi di concludere un alto numero di transazioni".

 

Fonte: leggo.it

 

 


 

 

Agnelli: «Dominello? Mai incontrato da solo»

 

ROMA, 18 maggio 2017 - «Complimenti ad Agnelli per la conquista della Coppa Italia e gli auguri per la prossima finale di Champions League». La presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, esprime così le sue congratulazioni al presidente della Juventus per il trofeo nazionale vinto ieri contro la Lazio e gli auguri per la finale di Cardiff da giocare contro il Real Madrid. Aprendo l'audizione del numero uno bianconero sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo del calcio emerse dall'inchiesta 'Alto Piemonte’ della Procura della Repubblica di Torino, Bindi ha quindi aggiunto rivolgendosi ai membri della Commissione: «Con questo credo di esprimere il sentimento di tutti, altrimenti mi assumo io la responsabilità», ha aggiunto Bindi.

 

COPPA ITALIA - «La ringrazio per i complimenti, che trasferisco non solo al mister e ai giocatori, ma anche a tutte le donne e gli uomini che lavorano per la nostra società, una realtà che ha raggiunto i 700 tesserati – le parole di Agnelli -. Un successo che è frutto di un percorso che dal 2010 a oggi ci ha reso estremamente orgogliosi per i risultati raggiunti fuori e dentro il campo».

 

IL QUADRO - «È emerso fin qui un quadro che presenta seri elementi di preoccupazione sotto molti punti di vista, non da sottovalutare come hanno dimostrato recenti fatti di cronaca. Obiettivo della commissione è sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti e proporre le più opportuni soluzioni in Parlamento - dice Rosy Bindi -. A noi interessa capire la lettura che Agnelli dà dei fatti che si sono verificati, che lettura dà di quella realtà, a noi sta a cuore la consapevolezza. Ci interessa capire se la società si è interrogata sul perché è successo questo, di chi sono le responsabilità, quali sono i rimedi. Vogliamo capire che parte intende giocare nella federazione nazionale perché non si verifichi più quello che si è verificato nel circuito della società e anche in altre realtà».

 

MAI DA SOLO - «Non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo» ha dichiarato Andrea Agnelli in Commissione Antimafia, aggiungendo di ricordare 3-4 incontri. «Una volta in una cena ad Asti con centinaia di tifosi, una volta nei miei uffici con tutti i tifosi, un'altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi, una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D'Angelo in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi. Mai nessuno ha avuto il dubbio, prima dell'indagine torinese, che Rocco Dominello potesse essere qualcosa di diverso da un semplice ultras. Ribadisco che se ho incontrato Dominello può essere stato nell'ambito di un consesso di tifosi ed è pacifico che se non solo io ma tutti i miei dipendenti avessero saputo, quello che oggi è emerso, mai avremmo avuto rapporti con lui - ha proseguito Agnelli -. Il grado di autonomia operativa di D'Angelo e Merulla e del loro dirigente Calvo era totale avendo io a suo tempo impartito le linee generali, vale a dire che Juventus emettesse abbonamenti o biglietti solo a pagamento, annullando omaggi, previa regolare presentazione dei documenti necessari per l'emissione dei tagliandi. Calvo ha sempre operato con delega piena e nel rispetto delle procedure. I miei dipendenti D'Angelo, Merulla e l'allora dirigente Calvo hanno sempre ritenuto di rapportarsi solo ed esclusivamente con soggetti facenti parte del tifo organizzato». Infine Agnelli ha chiarito di aver deciso «in genere all'inizio di ogni annata calcistica, di incontrare i rappresentanti» dei tifosi e dei gruppi ultras, «in modo da raccogliere le istanze che da quel settore dello stadio provenivano in modo che anche questa parte della tifoseria particolarmente calda non si sentisse discriminata, con il rischio che creasse problemi di ordine pubblico».

 

LEGGE PISANU - «Siamo sicuri che la legge Pisanu, che permette la vendita ad una singola persona di 4 biglietti al massimo, risponda all'esigenza sociale del pubblico e che per spostarsi deve organizzarsi in gruppi? Certo se si procedesse ad una deroga o ad una modifica della normativa - ha spiegato Agnelli - essa dovrebbe comunque prevenire le truffe o l'accaparramento a fini speculativi dei tagliandi, ma è comunque una riflessione che va fatta. Che questa mia prima riflessione non suoni come un alibi rispetto al procedimento attualmente in corso presso la Figc nei confronti della Juventus. Se ci sono state irregolarità, esse dovranno essere sanzionate in modo adeguato e definendo con precisione le singole responsabilità, auspicabilmente in un processo giusto ed equilibrato tra accusa e difesa».

 

MAI MINACCE - «Mai subito minacce da ultrà e mai pensato a Dominello come operativo» ha detto il presidente della Juventus rispondendo alle domande del presidente del comitato mafia e sport, Marco Di Lello, e del senatore Pd Giuseppe Lumia.

 

Fonte: tuttosport.com

 

 


 

 

Bagarinaggio allo Juventus Stadium, Agnelli: "Perché è troppo piccolo"

 

Il presidente della Juventus alla commissione parlamentare antimafia: "Per la finale di Cardiff trovo biglietti a 3 o 5 mila euro: prezzi assurdi, ma l'offerta è troppo inferiore alla domanda". Rosy Bindi: "è emerso fin qui un quadro che presenta seri elementi di preoccupazione sotto molti punti di vista"

 

ROMA, 18 maggio 2017 - "Il bagarinaggio? Siamo stati colti di sorpresa nel dover gestire uno stadio troppo piccolo, sempre tutto esaurito ogni domenica". Lo ha dichiarato il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, in audizione alla Commissione parlamentare Antimafia sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel calcio. "Il bagarinaggio deve essere contrastato, anche se la cessione di un bene mobile, quale è il biglietto di una partita, da una persona ad un'altra non penso possa essere criminalizzato. Discorso diverso - ha aggiunto - è il fare incetta di tagliandi a fini puramente speculativi: questo fenomeno va combattuto e sul digitale sta invece dilagando grazie all'uso dei cosiddetti bot, software che permettono in pochi secondi di concludere un alto numero di transazioni".

 

NODO CARDIFF - Problemi ci saranno anche per la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. "Se penso alla finale che andremo a giocare con orgoglio a Cardiff, vado online e trovo biglietti a 3 e 5 mila euro. Prezzi che sono assurdi, ma eventi del genere sono di grandi interesse, dove l'offerta è molto inferiore alla domanda. Questo per noi è un motivo di orgoglio ma anche un problema. Le complessità e le dinamiche geografiche dei nostri tifosi hanno fatto sì che, nella volontà di organizzare il tifo in modo corretto, si sia lasciato spazio a persone che hanno interesse a lucrare sulla vendita dei biglietti. Ma io non ho mai subito minacce da ultras. Non ho mai incontrato Dominello da solo, ricordo 3-4 incontri ma sempre alla presenza di altre persone. Se io e i miei dipendenti avessimo saputo quanto emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui".

 

ROSY BINDI - "È emerso fin qui un quadro che presenta seri elementi di preoccupazione sotto molti punti di vista - ha dichiarato la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, durante l'audizione di Agnelli - la situazione non deve essere sottovalutata, come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca. A noi interessa capire la lettura che Agnelli dà dei fatti che si sono verificati e di quella realtà. Ci interessa capire se la società si è interrogata sul perché è successo questo, di chi sono le responsabilità e quali sono i rimedi. Vogliamo capire che parte intende giocare nella Federazione perché non si verifichi più quello che si è verificato nel circuito della società e anche in altre realtà".

 

Fonte: gazzetta.it

 

 


 

 

Agnelli in Commissione Antimafia: "Mai ricevuto minacce da ultras"

 

Il presidente della Juve è stato ascoltato dall'organismo parlamentare sui rapporti tra criminalità organizzata e sport emersi dall'inchiesta della Procura di Torino "Alto Piemonte": "Non ho mai incontrato Dominello da solo, e mai ricevuto intimidazioni". La Bindi: "Emerso un quadro preoccupante". Poi gli auguri per la Coppa Italia

 

ROMA, 18 maggio 2017 - "Non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo", lo ha detto Andrea Agnelli nel corso della sua audizione in Commissione Antimafia sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo del calcio emersi nell’inchiesta della Procura di Torino "Alto Piemonte". Il presidente della Juventus ha parlato di 3-4 incontri: "Una volta in una cena ad Asti con centinaia di tifosi, una volta nei miei uffici con tutti i tifosi, un'altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi, una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D'Angelo in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi". Il numero uno del club bianconero ha poi aggiunto: "Mai nessuno ha avuto il dubbio, prima dell'indagine torinese, che Rocco Dominello potesse essere qualcosa di diverso da un semplice ultras". Gli incontri sono stati "nell’ambito di un consesso di tifosi ed è chiaro che se non solo io ma tutti i miei dipendenti avessero saputo, quello che oggi è emerso, mai avremmo avuto rapporti con lui".

 

"Mai ricevuto minacce"

"Non ho mai subito minacce da ultrà e mai pensato a Dominello come 'operativo'", ha aggiunto Agnelli rispondendo alle domande del presidente del comitato mafia e sport, Marco Di Lello e del senatore Pd Giuseppe Lumia. “Da parte nostra non abbiamo mai avuto la sensazione di subire attacco in alcuna attività della Juve" né sui biglietti né su altre, tipo merchandising". Alla domanda se organi dello Stato li avessero avvertiti dello spessore criminale di Dominello, il presidente della Juve ha risposto "no" e ha aggiunto di "non aver mai ricevuto informative" dalla Digos.

 

La sicurezza nelle curve

"Sulla sicurezza nelle curve secondo me si possono apportare miglioramenti, ma tutte le società devono essere d'accordo e la sola Serie A non basta. Va portato in consiglio Figc con tutte le Leghe, compresa la Lega Dilettanti in prospettiva delle squadre che possono salire nei campionati professionistici. Serve uno sforzo congiunto che porterà come istanza personalmente in Lega di Serie A".

 

Giudizio all’inglese

Agnelli ha poi dato la sua ricetta per contrastare la violenza sulle curve: "Vogliamo un giudizio abbreviato subito, allo stadio, stile inglese. Siamo pronti come Juve a fornire anche zone adibite all'interno dell'impianto".

 

Il bagarinaggio

Alla domanda se esista il bagarinaggio, Andrea Agnelli ha confermato: "Certamente sì, e deve essere contrastato, anche se la cessione di un bene mobile, quale è il biglietto di una partita da una persona ad un'altra non penso possa essere criminalizzato. Discorso diverso - ha aggiunto il numero uno bianconero in un passaggio del suo discorso - è il fare incetta di tagliandi a fini puramente speculativi: questo fenomeno va combattuto e sul digitale sta invece dilagando grazie all'uso dei cosiddetti bot, software che permettono in pochi secondi di concludere un alto numero di transazioni".

 

Il ruolo dei dipendenti

"Il grado di autonomia operativa di D'Angelo e Merulla e del loro dirigente Calvo era totale – ha spiegato ai membri della commissione parlamentare Agnelli - . A suo tempo ho impartito le linee generali, vale a dire che Juventus emettesse abbonamenti o biglietti solo a pagamento, annullando omaggi, previa regolare presentazione dei documenti necessari per l'emissione dei tagliandi. Calvo ha sempre operato con delega piena e nel rispetto delle procedure. I miei dipendenti D'Angelo, Merulla e l'allora dirigente Calvo "hanno sempre ritenuto di rapportarsi solo ed esclusivamente con soggetti facenti parte del tifo organizzato". Rispondendo alle domande dell’organismo guidato dalla presidente Rosy Bindi, Agnelli ha chiarito di aver deciso “in genere all'inizio di ogni annata calcistica, di incontrare i rappresentanti" dei tifosi e dei gruppi ultras, "in modo da raccogliere le istanze che da quel settore dello stadio provenivano in modo che anche questa parte della tifoseria particolarmente calda non si sentisse discriminata, con il rischio che creasse problemi di ordine pubblico".

 

La legge Pisanu

"Siamo sicuri che la legge Pisanu, che permette la vendita ad una singola persona di 4 biglietti al massimo, risponda all'esigenza sociale del pubblico e che per spostarsi deve organizzarsi in gruppi?", è stata inoltre la domanda che il numero uno del club bianconero ha rivolto ai parlamentari. "Certo se si procedesse ad una deroga o ad una modifica della

normativa - ha proseguito Agnelli - essa dovrebbe comunque prevenire le truffe o l'accaparramento a fini speculativi dei tagliandi, ma è comunque una riflessione che va fatta. Che questa mia prima riflessione non suoni come un alibi rispetto al procedimento attualmente in corso presso la Figc nei confronti della Juventus. Se ci sono state irregolarità, esse dovranno essere sanzionate in modo adeguato e definendo con precisione le singole responsabilità, auspicabilmente in un processo giusto ed equilibrato tra accusa e difesa".

 

Bindi: "Un quadro preoccupante"

Aprendo la seduta, la presidente della Commissione Rosy Bindi ha illustrato così la situazione: "E' emerso fin qui un quadro che presenta seri elementi di preoccupazione sotto molti punti di vista, non da sottovalutare come hanno dimostrato recenti fatti di cronaca. Obiettivo della commissione è sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti e proporre le più opportuni soluzioni in Parlamento. A noi – ha spiegato - interessa capire la lettura che Agnelli da' dei fatti che si sono verificati, che lettura da' di quella realtà, a noi sta a cuore la consapevolezza. Ci interessa capire se la società si è interrogata sul perché è successo questo, di chi sono le responsabilità, quali sono i rimedi. Vogliamo capire che parte intende giocare nella federazione nazionale perché non si verifichi più quello che si è verificato nel circuito della società e anche in altre realtà".

 

I complimenti per la Coppa Italia

Rosy Bindi ha poi voluto fare i complimenti ad Andrea Agnelli per “la conquista della Coppa Italia” e gli “auguri per la prossima finale di Champions League". Bindi ha quindi aggiunto rivolgendosi ai membri della Commissione: "Con questo credo di esprimere il sentimento di tutti, altrimenti mi assumo io la responsabilità", ha aggiunto Bindi.

 

"Grazie ai dipendenti"

"La ringrazio per i complimenti, che trasferisco non solo al mister e ai giocatori, ma anche a tutte le donne e gli uomini che lavorano per la nostra società, una realtà che ha raggiunto i 700 tesserati. Il successo è frutto di un "percorso che dal 2010 a oggi ci ha reso estremamente orgogliosi per i risultati raggiunti fuori e dentro il campo", ha concluso.

 

Fonte: sport.sky.it

 

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Ma che sono ste celle? .doh

 

 

In Inghilterra ci sono, uno che conosco ci è finito per una mezz'oretta prima di essere stato cacciato dall'Old Trafford.

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secondo me c'è una cosa da sottolineare importante . ha detto che lo stadio è troppo piccolo cosa che molti tifosi sottolineano giustamente . ecco io credo non so quando ma che il presidente abbia la volontà di aumentare la capienza dello stadium non solo per la grande richiesta ma anche per una questione prettamente economica perchè spremere più di quanto abbiamo fatto 2 anni fa o quest'anno non si può fare . la base è quella dei 45/50 ml non di più.per me va ampliato di un 20 mila. già 65 mila posti sarebbe ottimo

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la commissione antimafia è una barzelletta!!!!!!

Al pari di ogni altra commissione parlamentare.

Posto di seguito un vecchio articolo di Mario Sechi sulle commissioni parlamentari (per chi ha la pazienza di leggerlo)

Qualche giorno fa è morto Licio Gelli, novantasei anni, nessuno ne ricordava l’esistenza. Ma quando è comparso il lancio d’agenzia sul passaggio all’altro mondo, zac! Sui giornali e i telegiornali sono comparsi titoli da strillone e pensosi commenti che avevano il tono del mistery: “Quanti segreti si è portato nella tomba…”. Ma come? Non aveva chiarito tutto la super commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2 guidata da Tina Anselmi? Perbacco, come no? Anno 1981, venti senatori e venti deputati si spremono le meningi e compulsano i volumi di Sherlock Holmes sull’arte dell’investigazione, due legislature e tre anni di lavoro, una relazione conclusiva di Tina Anselmi, cinque relazioni di minoranza (Teodori, Pisanò, Matteoli, Ghinami, Bastianini), ventiquattro volumi di allegati per un leggerissimo totale di novantatré tomi, senza considerare gli indispensabili Indici. Quella che sui giornali di ieri fu la Verità della commissione Anselmi, diventa oggi il segreto sigillato nella bara di Gelli. Strepitoso testacoda dell’archivista.

E’ una storia lunga quella delle commissioni d’inchiesta, specialità del menù politico, sollazzo dei cronisti, un forno a legna sempre acceso, pronto all’ordinazione in sala, un cotto e mangiato del nostro costume nazionale e irrazionale. E’ il bisogno patrio della complicazione per evitare la spiegazione, il rapporto parlamentare come arma di distrazione di massa, un percorso di secolare inganno e meraviglia che comincia nel 1918 con la commissione sulla disfatta di Caporetto: 241 sedute dal 15 febbraio 1918 al 25 giugno 1919, 2.310 documenti e 1.012 testimoni. Due volumi pesantissimi furono consegnati al presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. Tutto per scoprire (e coprire con pietoso coperchio istituzionale) che la dodicesima battaglia dell’Isonzo sotto il comando supremo del generale Luigi Cadorna era entrata di dritto e di rovescio nel guinness dei fiaschi militari: 13 mila morti, 30 mila feriti e 265 mila prigionieri. Queste, più o meno, le stime della storia. Sbandamento, fuga, massacro, “la madre di tutte le batoste”.

[**Video_box_2**]Caporetto è la biografia delle commissioni parlamentari, della loro proliferazione come arma non convenzionale, indice alfabetico da emicrania di una nazione analfabeta (d’andata ieri e di ritorno oggi) e senza sprezzo del ridicolo. L’elenco avrebbe fatto impazzire François Rabelais di buffonesca gioia. Perché pantagruelico è il menù delle commissioni parlamentari d’inchiesta. C’è un problema? Risolto! Si indaga con un collegio di deputati e senatori, tiratori scelti di una battaglia che ha sempre altri scopi rispetto agli alti scopi. Varata la Repubblica, se ne avviarono subito due, di commissioni, sulla disoccupazione e sulla miseria. Correva l’anno 1948, fu il preludio di una sinfonia dove ieri e oggi quasi s’odono i tromboni. I veri solisti dello spartito d’indagine. Prima legislatura, due commissioni così scontate non potevano bastare, si capì subito che occorreva impegnarsi di più, così arrivarono le commissioni speciali, diverse dalle investigative ma sempre usate con clamore e senza candore: per le alluvioni dell’autunno 1951, sulla Cassa per il Mezzogiorno, per istituire il Cnel, per i funerali di Vittorio Emanuele Orlando, per le locazioni, per l’ordinamento degli enti locali in Sicilia (l’isola diventerà fonte di un serial di inesauribile fantasia), sui provvedimenti speciali per la città di Napoli (altra saga immaginifica, giunta fino ai nostri giorni), arrivò prontamente quella sul debito pubblico e subitissimo fu istituita la commissione di vigilanza sulle radiodiffusioni, poi mutata in Rai e domani chissà. Neanche le onde elettromagnetiche sfuggirono al radar parlamentare. Ecco, questa è la partenza, il principio di tutto, da questa sorgente sulfurea salgono e scendono, su e giù per i rami della storia, tutte le altre commissioni. Un tripudio di invenzioni politiche e impolitiche che non ha rivali nella storia d’Oriente e d’Occidente. Essenza e distillato del nostro bizantinismo.

La seconda legislatura fece partire l’inchiesta sulle condizioni dei lavoratori che affiancò quella sulla miseria, quella sulle ricompense al merito militare e civile, un’altra alluvione in autunno nel 1953 (in Calabria, altra lunga serie di morti e parole) alla quale si aggiunse in passerella quella sull’alluvione estate e autunno sempre del 1953, fece l’esordio la commissione speciale sulla città di Roma (telenovela giunta fino all’indimenticabile puntata marziana su Ignazio Marino), una sui provvedimenti straordinari per l’Abruzzo e ancora provvedimenti altrettanto straordinari per la Calabria. E’ il giro d’Italia del disastro con l’assegno di risarcimento incorporato, il vedo, stravedo e provvedo, il ciclo economico dell’emergenza e del fondo assegnato in eterno, del dico, non vi dico ma soprattutto spendo. E votate, mi raccomando. La terza legislatura della Repubblica ha già un discreto allenamento sulla materia, l’ingranaggio di costruzione e costituzione del collegio pronto a tutto è oliatissimo. Signore e signori, italiani! Il grande tema dell’oggi rimbalza dal passato come in ritorno al futuro, ecco la commissione d’inchiesta sull’Anonima banchieri, nota come “caso Giuffrè”, da Giovan Battista Giuffrè, ribattezzato il banchiere di Dio per i suoi agganci vaticani, impiegato di Imola che modestamente sapeva il fatto suo e non aveva bisogno dell’obbligazionista (in)subordinato per agire: garantiva un tasso di interesse del cento per cento e usava quello che divenne un classico della truffa: lo “Schema Ponzi”. Come funzionava (e funziona)? Una catena di Sant’Antonio di allocchi dove i primi investitori venivano rimborsati con i soldi versati dagli ultimi e quando i rimborsi superarono i versamenti… crash! Il caso Giuffrè fu un terremoto politico, il ministro delle Finanze Luigi Preti aprì il caso per affondare – tramite Amintore Fanfani (toh! è subito Arezzo) il suo predecessore Giulio Andreotti, accusandolo di “mancata vigilanza”, in sostanza di aver coperto Giuffrè. Spuntò un memoriale. Falso. La verità? Che importava, si faceva politica anche così. Tra gli stangati, i Frati Cappuccini, naturalmente il Papa istituì una bella commissione d’inchiesta, cardinalizia. E’ la storia che si diverte a srotolare un anticipo del futuro: sono gli anni in cui nasce la commissione Antimafia (esordio nel 1962) ma già si profila all’orizzonte tutto il capitolo retorico sulla corruzione e come un razzo decolla la commissione sulla costruzione dell’aeroporto di Fiumicino. Il domani, il nostro scintillante oggi, era già scritto, previsto, sottoscritto e, naturalmente rimborsato a piè di lista dal contribuente spesso ignaro, ma in fondo consenziente sul tran tran della spesa e della costruzione del debito. Italiani che alimentano un’alluvione di leggi e denari che corrono pericolosamente a valle. E le tragedie, immani. Eccolo, il disastro del Vajont, la commissione sulla strage fa la sua comparsa nella quarta legislatura, lavora cinque anni (dal 1963 al 1968, produce una relazione finale e due di minoranza. Sono trascorsi 52 anni da quella tragica notte del 9 ottobre 1953 e ancora si inseguono una, due, tre, tante verità sulla frana del Monte Toc e la tracimazione delle acque del bacino su Longarone: 1917 morti. Altro disastro, altra commissione d’inchiesta, quella sul terremoto del Belice. Il diluvio e il movimento tettonico, lo scroscio e il crollo, nessun tema può restare scoperto, ogni pagliuzza e trave sono sottoposte all’analisi dei parlamentari. Si battano i piatti e si alzino i tromboni, la quinta legislatura manda in scena la commissione d’inchiesta sulla criminalità in Sardegna e quella che aprirà una feconda stagione di spie, spioni, colpi di stato semiveri, semiseri e molto immaginari, ecco la commissione che indaga sullo scandalo Sifar e, naturalmente l’accompagnamento delle puntuali alluvioni del 1968. Volete comparare l’opera di Ian Flemins su James Bond con il raccontone sul Sifar italiano, la schedatura italica, terreno di pascolo del giornalismo pistarolo a cui nulla sfugge? Una relazione di maggioranza, quattro di minoranza, altri due bei volumoni di storia patria e un vulcano di rivelazioni che continuano a seconda dell’archivio e del tomo. Siamo già in una fase che richiederà palazzi, stanze, biblioteche, futuri terabyte d’archiviazione.

Calma e gesso, nella sesta legislatura entra nell’indice delle indagini senza fine e senza soluzione quella sulla “giungla retributiva”, un chiaro mai più senza che dà un colpo decisivo allo stato confusionale del contribuente italiano. La settima legislatura ha il suo disastro e l’automatica commissione: incidente all’Icmesa, l’inquinamento chimico di Seveso. Tripletta incredibile nell’ottava legislatura con tre commissioni d’inchiesta da abbonamento premium e serial tv garantito: Moro, Loggia P2, Sindona. Siamo nel 1978, annus horribilis, nel 1979 il Parlamento si trasforma nell’agenzia investigativa Pinkerton. Non manca un terremoto con relativa commissione incorporata, stavolta in Campania e Basilicata. E la corruzione? C’è sempre e trova risposta immediata e cura indefinita nello spazio e nel tempo. Ecco i parlamentari aprire i lavori della commissione d’inchiesta sui fondi neri dell’Iri. Vaste programme. Siamo nella nona legislatura, partenza nell’anno 1983, i collegi d’indagine precedenti hanno funzionato così bene che viene formata con velocità supersonica la “Commissione parlamentare d'inchiesta sui risultati della lotta al terrorismo e sulle cause che hanno impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi”. Epigrafe da tesi di laurea a Tubinga, stragi rigorosamente irrisolte. Al telefono i commessi rispondevano così alle chiamate, per dire della serietà e compostezza istituzionale: “Straaaaaaggiiiiiiii, dica!”. Ma no dai, stavolta si fa sul serio, non ci sono dubbi, il momento è grave, bisogna rifare la Repubblica! Allo scopo viene attrezzata anche una commissione che d’indagine non è ma va citata come nuovo inizio di un altro ciclo eterno, quello delle riforme istituzionali, la famosa commissione Bozzi, destinata a suscitare fiumi di citazioni negli anni a venire e a non arrivare ad alcuna riforma. Al massimo tavoli. Rovesciati come in saloon. La sabbia nella clessidra è giunta al livello della targhetta del 1987, altro anno turbolento. Ad Atlanta, Stati Uniti, la filiale della Banca nazionale del lavoro concede prestiti a un dittatore iracheno chiamato Saddam Hussein. E’ in guerra con l’Iran, deve finanziare l’acquisto di armi, cerca soldi. Gli americani guardano dentro la cassaforte e scoprono che i soldi passano attraverso il manager della banca italiana, Christopher P. Drogoul. Il nome in codice dell’operazione è un’anticipazione della tarantella suonata dalla commissione di inchiesta in Italia: “Perugina”, come i baci. Cose che accadono all’estero, lontano dagli occhi, dal cuore e soprattutto dal bilancio dello Stato. A proposito di oltre confine, non disperate, nell’undicesima legislatura si fa una bella commissione sulla Cooperazione all’estero. La dodicesima e tredicesima legislatura sono il canto del cigno della prima repubblica e la nascita della seconda. Forse. Nel 1994 cambia lo scenario politico, i partiti storici sono stati decimati dalla magistratura, c’è un tal Di Pietro, c’è Berlusconi, c’è Bossi, resistono i post comunisti, bisogna dare un segnale di svolta e si torna a sventolare la bandiera dei temi sociali, perdinci. Il Senato apre i lavori d’indagine niente meno che su caporalato, ciclo rifiuti e sistema sanitario, alla Camera rispondono prontamente, non perdono un colpo, cribbio, con le investigazioni sull’Acna di Cengio. Montecitorio e Palazzo Madama puntano la lente sul dissesto di Federconsorzi, per liquidare meglio i resti della Dc, figuriamoci. Ottocento ex dipendenti ancora oggi cercano risarcimento. Tono minore, in ogni caso, rispetto all’impegno da detective del passato. Ma il riscatto pieno, il ritorno agli anni ruggenti arriva nella quattordicesima legislatura dove il centrodestra berlusconiano infila un triplete di commissioni da sballo mediatico: Mitrokhin, TeleKom Serbia e crimini nazifascisti. Le prime due avevano un camion di documenti sui quali riscrivere un pezzo di storia, la terza era un esercizio accademico. Il dossier Mitrokhin nel Regno Unito fece il botto, in Italia venne trattato come un feuilleton, salvo poi coprire con il segreto i documenti della commissione che oggi non sono disponibili neanche per gli studiosi. Stranezze. Lo scandalo Telekom Serbia invece aveva solida documentazione diplomatica, giri di soldi già tracciati, un conte come intermediario e altre sagome nell’ombra, depositi a San Marino, insomma un dossier eccellente per essere una cosa seria, ma in commissione accreditarono un teste, Igor Marini, che con i suoi racconti tanto finti e precisi da sembrare veri finì per portare la storia verso un epilogo grottesco. Fu un naufragio da manuale. Il Senato in quel periodo, siamo nel 2001, esercitò il suo sapere sul fiume Sarno, sulle morti bianche, sull’uranio impoverito, sul sistema sanitario. C’era l’Italia da rivoltare, altro che, e i parlamentari erano pronti alla grande missione. Alla Camera si occuparono della morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, anche qui un risultato finale con molto rumore sui giornali ma zero tituli. Al grande polverone, seguì un periodo di più modesti obiettivi, di dimesso impegno, così la quindicesima legislatura lascia sul taccuino del cronista poche tracce, a meno che non si provi folgorazione per l’intrigante caccia parlamentare agli errori sanitari. La sedicesima legislatura non offre colpi di scena, fa il punto sulle morti bianche, non si entusiasma nessuno in redazione con relazioni sulla pirateria e la contraffazione.

Così, trascinati dalla corrente come un gigantesco albero sradicato dalla storia, si arriva ai giorni nostri, dove si capisce che c’è un fermento, una gran voglia, un desiderio di ribalta, di cagnara, di zuffa politica inespressa, di sottovuoto spinto a cui dare sfogo creativo. Ma ancora non ci siamo, i fermenti non sono così potenti, è una diciassettesima legislatura che si apre al Senato sotto la guida di Pietro Grasso e le commissioni sono dunque un derivato del suo stato gassoso; una commissione sugli infortuni sul lavoro (riecco l’impegno sociale), una sulle intimidazioni agli amministratori locali, e la quanto mai puntuale commissione d’inchiesta sul rogo del traghetto Moby Prince, a soli 24 anni dalla collisione tra la nave passeggeri e la petroliera Agip Abruzzo al largo del porto di Livorno. Si sa, il Parlamento in queste cose è tempestivo. Nell’impero di Laura Boldrini il recital è un po’ più vispo: pirateria e contraffazione, effetti dell’uranio impoverito, ciclo dei rifiuti e illeciti ambientali, l’antimafia bindiana in versione extended, dove c’è la Boldrini ovviamente c’è un’indagine sui migranti e infine il flashback, la fenomenale macchina del tempo di Montecitorio in piena azione: la commissione d’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Trentasette anni dopo. Ancora audizioni, ricostruzioni, rivelazioni. Se ne sentiva il bisogno. Aprite il taccuino, prendete appunti.

A volte ritornano.

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D'accordo con Agnelli.

 

Il bagarinaggio, inteso come fenomeno un cui persone fanno incetta di tagliandi per specularci, va combattuto severamente e con strumenti adeguati.

 

Allo stesso tempo va garantito al tifoso il sacrosanto diritto di cedere il proprio biglietto, perché è un bene mobile di cui deve poter disporre a suo piacimento.

 

Invece tutte le norme e le restrizioni imposte finora hanno penalizzato sempre e solo il tifoso che ha la febbre il giorno della partita e non può mandare il fratello e via dicendo, mentre il bagarinaggio continua ad essere diffuso ed incontrastato.

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Ampliamento dello stadio prima o poi (viste le parole di AA)? Chissà...

 

Comunque, se anche la Digos sapeva degli incontri ma non sapeva chi fosse Dominello, non vedo perché dovesse saperlo la Juve...

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Al pari di ogni altra commissione parlamentare.

 

Non è affatto vero. Gli atti delle commissioni parlamentari sono spesso interessanti per chi ha voglia e tempo di consultarli.

A me è capitato di leggere parecchie testimonianze riferite alle varie commissioni sugli anni di piombo ed è anche grazie a questi lavori che ora possiamo avere un buon quadro d'insieme di quegli anni. Il problema è un altro e gente come Sechi non fa nulla per risolverlo.

Si ritiene, a torto, che le commissioni parlamentari servano a risolvere un determinato problema. Ma il loro compito è un altro. Ed è quello di svolgere un'attività esplorativa per conto del parlamento che, eventualmente, potrà tenerne conto in sede legislativa.

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Credo che questa assurda storia si concluderà con un "nulla di fatto". Le parole di Andrea Agnelli non fanno una piega, soprattutto in questo passaggio: "No, mai avuto informative dalla Digos. Neppure la questura sapeva chi fosse Dominello, perché dovevo saperlo io? Dovevo scoprirlo su Google? Io mi fido e non mi fido di Google, perché non basta andare sul web per capire come funziona il mondo".

 

Ci hanno provato, ma si sono arrampicati sugli specchi... e si sa, sugli specchi non si rimane attaccati, e prima o poi si scivola, inesorabilmente.

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È evidente che Agnelli aveva un rapporto normalissimo con Dominello come ce l'aveva con gli altri tifosi, peró c'è voluto un secondo ad accusare Agnelli, incredibile.

Ovvio, è il presidente della Juve. Altri col 27 % di personaggi con precedenti con la giustizia nella Curva o con un altro personaggio a bordocampo, sono atati puntualmente ignorati. Agnelli collabora con la giustizia, è un testimone. La Juve ha speso tanti soldi per migliorare il sistema di telecamere allo Stadium fornendolo di apparecchi di ultima generazione. E' anche pronta, a quanto pare, a bloccare i malviventi, qualora ce ne fossero da oggi in poi, per consegnarli alla polizia. Cos'altro deve fare? Chi è che fa tutto questo? Da noi manca solo che si venga spiati nei bagni, altrove si scavalca e si entra senza biglietto. E' la solita vergogna antijuventina in Italia. Se avessero beccato Agnelli a fare quello che ha fatto Galliani, potevamo già salutare la serie A ed i migliori giocatori che abbiamo, per il prossimo anno.

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Ma la Bindi a che titolo parla ? Non è mica un giudice..

Fosse solo la Bindi

C'erano parlamentari in quella commissione che si litigavano l'intervento solo per la soddisfazione di fare un mini interrogatorio ad Andrea Agnelli ... una soddisfazione indicibile

 

Una pagliacciata

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Ovvio, è il presidente della Juve. Altri col 27 % di personaggi con precedenti con la giustizia nella Curva o con un altro personaggio a bordocampo, sono atati puntualmente ignorati. Agnelli collabora con la giustizia, è un testimone. La Juve ha speso tanti soldi per migliorare il sistema di telecamere allo Stadium fornendolo di apparecchi di ultima generazione. E' anche pronta, a quanto pare, a bloccare i malviventi, qualora ce ne fossero da oggi in poi, per consegnarli alla polizia. Cos'altro deve fare? Chi è che fa tutto questo? Da noi manca solo che si venga spiati nei bagni, altrove si scavalca e si entra senza biglietto. E' la solita vergogna antijuventina in Italia. Se avessero beccato Agnelli a fare quello che ha fatto Galliani, potevamo già salutare la serie A ed i migliori giocatori che abbiamo, per il prossimo anno.

Il fatto è che non si rendono conto che con questo doppiopesismo sono i principali responsabili del fatto che ora noi siamo all'avanguardia: dovendo prestare la massima attenzione a tutto (dal momento che minime negligenze da parte nostra sono sempre punite con severità), abbiamo raggiunto livelli che altre società con mani sporche e metodi intrallazzosi si sognano.

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