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Visualizzazione di contenuti con la più alta reputazione 29/01/2019 in tutte le aree

  1. 2 punti
    Sì, esatto, non era la prima volta per Rossellini. Ma è un tema che francamente vedo inconcepibile nel cinema di oggi, per non parlare di quello italiano. È ancora fortemente un tabù la morte dei bambini in genere, figuriamoci in quel modo. Probabilmente molto influì anche l'esperienza personale dello stesso regista, a cui morì un figlio all'età di soli 9 anni. Scusami per la risposta con grande ritardo ma ultimamente per problemi miei personali sto entrando pochissimo nel forum, non solo nel topic. Spero di riprendermi e di ritornate a scrivere.
  2. 1 punto
    una marea di persone. Una danza di Marcel
  3. 1 punto
    Dipende dalle limitazioni di sicurezza di ciascuna partita. Se le limitazioni per una determinata partita prevedono l'obbligo di tdt, devi avercela fisicamente, altrimenti ovviamente no.
  4. 1 punto
    Non certo facile per quel tempo, forse anche per l'oggi, però nel senso che magari lo si girerebbe senza troppi problemi ma al contempo privandolo della carica emozionale che inevitabilmente dovrebbe provocare un simile fatto. Ma per la verità non inedita, lo avevo fatto già Rossellini stesso, nel 1948, con Germania anno zero. Il film, strutturalmente basato sugli assiomi del neorealismo, tanto che potrebbe esserne un perfetto manuale, racconta la Berlino post guerra. Totalmente distrutta e affamata, sia la popolazione che la città, ne conosciamo i bassifondi dal punto di vista di un bambino. E' un film che nel suo proseguire diventa sempre più aspro nel racconto, dandoci sempre elementi in più per dubitare di un'uscita dalla situazione in cui si trovano i berlinesi. E, sempre nel proseguire, il film per certi versi si libera dal manierismo neorealista - comunque pregevole -, per donarci un paio di sequenze di un'acuta poeticità, sopratutto nel finale dove si spiega la dedica iniziale del film al figlio di Rossellini morto bambino. Stromboli - Terra di Dio, 1950. E' il primo film girato da Rossellini con la Bergman, e da lì non solo nacque una straordinaria unione artistica ma anche una sentimentale. La Bergman è una nordeuropea in un campo accoglienza post guerra; là incontra un soldato che decide di sposarla e portarla con se nella sua Stromboli. E lì, nell'isola, iniziano i problemi… Il film, inframmezzato da bellissime sequenze di racconto della vita dell'isola tra cui una truce e splendida pesca dei tonni, è un grande racconto di quello che potrebbe essere la lotta tra se e il mondo, il voler piegare la realtà al proprio sistema di idee e quindi il non riuscire a vivere lontano dai propri modi. Ma è anche una grande ricerca della Fede, su come sia impossibile ma necessaria accogliere l'idea di Dio, l'affidarsi a quel Dio proprio per via della propria incapacità di fare i conti con un mondo inospitale fino allo sconforto più totale. E per certi versi sono temi che quasi anticipano quelli tipici di Bergman, Ingmar. Un film eccezionale, da vedere e rivedere. Tra l'altro con una Bergman neppure doppiata. Viaggio in Italia, 1954. Coniugi inglesi a Napoli per vendere una villa ereditata, si capisce subito che il rapporto è agli sgoccioli, lei sembra quasi infatuata di un suo ex corteggiatore poeta e già morto, in ogni caso l'opposto del marito. Il film procede bene, seppure un po' schematico e appesantito dalla trama e dai toni letterari dettati dalla sua origine libresca che non riesce a tradire. Pregevole una scena in cui la Bergman entra a far parte di un gruppo di statue e sembra reciti con loro. Il finale, lontano dal tragico rosseliniano, giustamente fa gridare al miracolo - vedere per capire. Prova d'orchestra, F. Fellini, 1979. Un'orchestra, in un prestigioso e antico oratorio - straordinariamente disegnato nella sua austerità da Dante Ferretti -, viene ripresa dalla televisione che vuole realizzare un documentario sulla musica. Perciò si intervistano i componenti, ognuno legato a suo modo al proprio strumento, e ognuno più pazzo o particolare dell'altro. Tra tutti, ovviamente, spicca il direttore. Il film, piuttosto breve, è girato in tre ambienti, stanze, e il racconto è quello di una giornata di prove. Soltanto che le cose non andranno proprio bene… Il film, già allora ma anche oggi, è stato letto in relazione al clima politico dell'Italia degli anni '70, e in effetti si fatica a non uscire da una tale lettura. Ma non pensandoci del film resta una riuscita galleria di tipi e maschere che danno vanto alla capacità immaginifica del regista, se ancora servisse. in più, per come è strutturato il finale, il film lascia una plurima scelta di interpretazioni che eleva il film dalla commedia - comunque riuscita - alla riflessione di ampio raggio sulla condizione della società, forse legata ad un eterno ritorno. Non tra i suoi film più celebri, ma da recuperare e vedere con gioia.
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