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*Michel le Roi*

Intervista a 360° a Mario Mandzukic: i retroscena, l'infezione al gomito, i problemi iniziali, la rinascita e il supporto della Juventus. [completata]

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Questa estate, dopo appena un anno a Madrid, lui cambia club, città e nazione. Ciò che aveva fatto l'estate prima, quando aveva lasciato il Bayern per i vice-campioni d'Europa dell'Atletico, l'ha ripetuto quest'anno quando ha firmato ancora per i vice-campioni d'Europa, la Juventus. Mario Mandzukic, se deciderà di scrivere la sua autobiografia, avrà diverse difficoltà per riassumere la moltitudine di eventi che ha vissuto negli ultimi 3 anni. Si è spostato dal miglior Bayern all'ottimo Atletico e adesso è in un club detentore di record come la Juventus. Ha cambiato anche molti allenatori: Heynckes, Guardiola, Simeone, Allegri. Ha segnato molti gol e vinto molti trofei. E ovviamente ci sono stati momenti meno positivi nella sua carriera: cali di forma, infortuni e non ottimi rapporti con un allenatore famoso.

 

Da quando è a Torino, nel club che lo avrebbe già voluto tre anni e mezzo fa, nella terra che lui stesso aveva indicato da tempo come una delle destinazioni preferite per il calcio e per la vita in generale, Mandzukic non parla con la stampa. Questo è un suo tipico comportamento. Si potrebbe dire che non ama la stampa, ma è più corretto dire che ama mantenere la sua riservatezza. Vive il suo mondo, e non permette a nessuno di entrarci dentro. La sua vita professionale è visibile a tutti. Non pensa che sia necessario spiegare a qualcuno qualcosa che è già visibile.

 

Questa estate ci aveva detto che avremmo potuto parlare con lui alla fine dell'anno, e allora avrebbe guardato indietro e fatto un bilancio dell'anno passato. Abbiamo avuto l'impressione che questo fosse un modo elegante per rifiutare un'intervista, ma da quando è andato in vacanza (20 dicembre), abbiamo iniziato a ricordargli di questo accordo.

 

Auguro a tutti buone vacanze! E a proposito di questa intervista... perché insistete così tanto?

 

Ne abbiamo bisogno. Le persone vogliono sapere come stai, soprattutto ora che hai completato metà stagione in grande spolvero, mentre un mese fa sembrava drammatico, sia per la Juve che per te. Non hai ancora parlato da quando hai cambiato squadra. Sappiamo che non hai parlato nemmeno con i colleghi italiani.

 

Non l'ho fatto. Non amo molto queste cose, amo la mia pace. Non sono arrabbiato con i giornalisti, non li biasimo, nonostante loro scrivano tante cose... Ma capisco che debbano scrivere qualcosa. Penso che la cosa più importante sia quello che dimostro sul campo, le mie performance, e poi tutti possono dare i loro giudizi.

 

Parliamo delle tue performance allora. Hai terminato la prima metà della stagione con la Juventus con 18 presenze, 9 gol e 1 assist. Hai giocato 66,3 minuti a partita di media. Questi sono i tuoi standard. Cosa era successo all'inizio quando la crisi ha colpito sia la Juve, con scarsi risultati, che te con scarse prestazioni?

 

Devo dire che la Juve è partita molto bene, abbiamo vinto la Supercoppa Italiana, ho segnato in quella vittoria contro la Lazio, tutto sembrava molto promettente. Ma all'inizio del campionato siamo entrati in un brutto periodo, con due sconfitte ed un pareggio, e, per la reputazione della Juventus, immediatamente sono nate delle pressioni. Tutta la negatività era per la squadra e per me personalmente. Non solo stavo giocando male ma ho iniziato anche ad infortunarmi, ho avuto un'infezione che mi ha colpito per lungo tempo e mi ha debilitato. Qualche volta sono rimasto sveglio per tutta la notte pensando a cosa mi stava accadendo, sembrava fossi completamente bloccato. Ero veramente disperato perché non riuscivo a vedere la via d'uscita a quella situazione che non mi era mai successa nella mia carriera.

 

Hai 29 anni, quindi è normale che gli infortuni possano colpirti, soprattutto perché in un anno hai cambiato tre squadre, tre città e tre nazioni, tre metodologie di lavoro. Perché non hai detto nulla pubblicamente?

 

Non avrebbe aiutato, si sarebbe detto che stavo cercando degli alibi. In quella partita sfortunata contro l'Udinese, all'inizio ho colpito un cartellone pubblicitario con il gomito. Hanno suturato la mia ferita, ma poi la ferita cominciò a fare male e a pulsare durante la notte. C'era un'infezione, ho dovuto prendere gli antibiotici e il dolore è continuato per almeno due mesi. Agli allenamenti, durante le partite, ogni tocco era un inferno. Non voglio lamentarmi, non sono quel tipo di persona, però era chiaro che quello non ero io. Il mio sistema immunitario si era indebolito, mi sentivo debole, senza forze. Poi ho avuto un infortunio al tendine, un'altra pausa, e un lavoro differenziato in aggiunta a quello normale. Orribile...

 

Tutto questo sembra impossibile per te, perché fino alla primavera eri come un carro armato, immune agli infortuni e a qualunque carico che poteva essere un ostacolo ad una corretta preparazione e ad una lotta continua. Fino all'infortunio ad una caviglia nel match contro il Bayer in UCL questa primavera, sembra che le cose sono andate male come per una compensazione degli anni passati?

 

Non so cosa dire. All'Atletico ero negli standard delle mie performance finché non mi sono infortunato e ho iniziato a sentire molto dolore. Non volevo fermarmi, non volevo alcun soccorso, ho forzato me stesso e ovviamente ho sbagliato. Quindi non sono riuscito a recuperare la forma e a guarire in questo modo.

 

Possiamo tornare ai motivi per cui hai lasciato l'Atletico?

 

Sono stato molto bene a Madrid. Tutto mi andava bene: la squadra, l'allenatore, la città, la vita, il campionato. Quell'infortunio è stato un fattore chiave che mi ha disturbato, perché non sono più lo stesso quando non mi sento al 100% per combattere. I giornali hanno scritto un sacco di cose, ad esempio sul mio cattivo rapporto con l'allenatore, ma sono falsità. Simeone è stato sempre leale con me, mi ha supportato e incoraggiato, lui ha sempre sottolineato la mia importanza per la squadra. Ho avuto una eccellente relazione con i miei compagni. Ma quando le cose vanno male è difficile interrompere questa linea negativa.

 

Perché, quindi, c'è stato l'addio? Come ti sei sentito a lasciare così presto Madrid, dove avevi comprato la casa come indicazione della tua volontà di restare lì a lungo?

 

Nessuno mi aveva detto di andarmene, volevano che restassi. Ma quando è uscita la storia sui miei cattivi rapporti con il mister sono arrivati alcuni club interessati al mio acquisto.

 

Quali club?

 

Non ha senso fare i nomi adesso, posso parlare solo della Juventus.

 

E?

 

Nulla in particolare, sono un ragazzo che ama sfide nuove e difficili, ma la mia idea era realmente quella di restare a lungo a Madrid. Però in quello strano periodo e atmosfera, con le offerte di altri club, a poco a poco in me è maturata la visione che probabilmente sarebbe stato meglio per me e per l'Atletico prendere in considerazione, ad esempio, un importante interesse della grande Juventus.

 

Ci ricordiamo dell'intervista alla Gazzetta dello Sport, prima della partita Bayern Monaco - Juventus, due anni fa, quando hai detto che Gigi Buffon era il tuo idolo da bambino, che ti piace il calcio italiano e lo stile di vita, che la Juve era una delle tue squadre preferite da ragazzo che sognava il calcio

 

È vero. Ho avuto un importante contatto con la Juve prima di Euro 2012, ma allora il Bayern si presentò dicendo di volermi nella loro squadra. Avevo giocato nella Bundesliga, il Bayern era il massimo della storia. Sono andato a Monaco, ma tre anni dopo il fato ha voluto portarmi a Torino.

 

Sappiamo di un grande rispetto per i senatori della Juventus: Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli, non era solo una questione di cortesia quando eravate rivali?

 

Avevo già grande rispetto per questi meravigliosi giocatori prima di arrivare qui. Conoscevo già Barzagli per i giorni passati insieme al Wolfsburg. Gli altri li ho incontrati negli scontri tra nazionali e club. Come ho detto, Buffon era il mio idolo da bambino, con Chiellini ho avuto una dura battaglia, ma ci siamo sempre stretti la mano alla fine della partita. Era duello tra veri uomini, niente pacche sulle spalle o pianti, apprezzo molto questi ragazzi. Conoscevo già mezza Juventus molto bene prima di arrivare, e questo sicuramente mi ha convinto ancora di più ad accettare l'offerta.

 

Il mister Allegri ti ha dato il benvenuto a braccia aperte, nonostante i tifosi fossero scettici dopo le partenze di Tevez, Pirlo e Vidal. Il suo ruolo è stato cruciale in un momento difficile e con molte critiche per il vostro gioco?

 

Il mister mi ha dato molto supporto, e ha espresso fiducia sul mio potenziale. Sapevo che aveva insistito per il mio arrivo, e questo è un fattore molto importante per le decisioni di ogni giocatore. Con questa fiducia mi è stato vicino nel momento difficile, e questo significa molto per me.

 

Ora tutto sembra andare bene, ma a settembre ed ottobre c'erano voci sul trasferimento, investimenti sbagliati, te compreso, la rabbia dei tifosi?

 

La prima cosa che ho percepito quando sono arrivato a Torino è la grandezza del club. La Juventus è un'istituzione, ovunque vada ci sono folle di tifosi e ammiratori, i media sono fortemente coinvolti nel club. È logico che una crisi di risultati, dopo quattro anni di dominio, abbia causato molte tensioni e discussioni. Cioè che mi ha affascinato è la reazione del club. I dirigenti sono venuti agli allenamenti, e con la loro presenza hanno immediatamente fatto capire la serietà della situazione. Comunque è stata una presenza discreta, senza panico o confusione, solo un invito al massimo impegno e la necessità di ritornare ai livelli che spettano alla Juventus.

 

I dirigenti ti hanno chiesto cosa stava succedendo? Come mai tu eri di umore cupo agli allenamenti e alle partite?

 

Ho parlato spesso con il mister Allegri e con il direttore Marotta, ma era più per cercare insieme una via d'uscita ad una situazione difficile e illogica. Personalmente io ero molto nervoso per i problemi che mi stavano affliggendo, ho continuato a mandare messaggi al mio agente Cvjetković dicendogli che quello che mi stava succedendo era impossibile. Semplicemente non ero abituato a questo accumularsi di eventi negativi. Questo ha influenzato il mio lavoro, non riuscivo a vincere la paura e la conseguente agonia. I compagni se ne sono accorti, ho detto tutto a loro, un giorno ho parlato con Buffon, Evra e Lichtsteiner e ho spiegato il mio tormento, sentivo la necessità di giustificarmi con l'intera squadra in qualche modo. Non ho inventato alibi, ho solo chiesto pazienza finché i problemi fisici non fossero risolti e io mi fossi adattato perfettamente alla nuova realtà della Juventus. Ho detto a loro che da quel momento avrei iniziato a lottare per cambiare le cose, che sarei stato finalmente completamente disponibile per la lotta sul campo.

 

E alla fine è andata proprio così. Dalla fine di ottobre hai collezionato 7 gol e un assist in 10 partite, delle quali 9 sono terminate con una vittoria. È un grande ritorno nella lotta per lo scudetto e una svolta per la Champions League?

 

È merito dell'intera squadra, del mister e della dirigenza che ci ha supportati nel momento difficile. La Juventus questa estate ha cambiato molti giocatori, stiamo costruendo un nuovo ciclo, ci vuole tempo per noi per adattarsi agli altri e per trovare i giusti ritmi. Questa è una squadra troppo importante per trovarsi ai margini della classifica e quindi è naturale che la Juventus torni alla vittoria e ai ritmi che la riporteranno in alto. Nei momenti più difficili la Juventus ha dimostrato come si possano unire le volontà dei singoli e comportarsi come un grande club.

 

La partita con l'Empoli, vinta per 3-1 anche con un tuo gol, è stata la svolta?

 

La svolta è stata un incontro tra noi giocatori prima della partita. Eravamo consapevoli di dover cambiare le cose e che la stagione stava andando nel verso sbagliato. Ci siamo detti quello di cui avevamo bisogno, io per primo ho ripetuto che ero stato debole, in parte per i problemi che mi avevano torturato, ma che non avrei più avuto alibi da quel momento in poi. Siamo stati in grado di giocare bene a Manchester e questo doveva significare che potevamo farcela, e alla fine di ottobre era il momento di cambiare. Dopo questo incontro ho sentito che qualcosa scattò in tutti noi.

 

Oggi il momento è opposto: la Juventus è a tre punti dalla vetta, gioca in grande stile, tu hai già collezionato 9 gol in 18 presenze, i tifosi ti adorano e ti hanno nominato giocatore del mese, i media scrivono che tu sei il leader di una nuova squadra fortissima

 

Oggi tutto è più semplice, ma non possiamo prenderci in giro dicendoci che tutto è risolto. Dobbiamo migliorare per tornare in gioco per i massimi traguardi in Italia e in Europa, questo è ciò che è nel DNA della Juventus. Adesso dobbiamo continuare a lavorare e giocare ai livelli che ci spettano, questo ci aiuterà ad esaudire le nostre ambizioni.

 

Ad essere sinceri, la forza della Juve attuale è paragonabile a quella dell'inter capolista?

 

La corsa per lo scudetto sarà lunga e stressante, sento che noi faremo parte di questa corsa con Inter, Fiorentina e Napoli. Sarà molto interessante, noi siamo sicuramente in grado di vincere.

 

La serie A, dopo un decennio in cui la qualità è calata, sta tornando ad essere un campionato importante?

 

Lo pensano in molti qui. Gli italiani sono molto obiettivi nelle loro opinioni, sono severi con loro stessi e quando loro dicono che il campionato sta tornando alla forza di un tempo è un chiaro segnale che la qualità sta crescendo. Per me, da quando sono arrivato, questo è palese. Qui ci sono molti giocatori con ottime qualità, ogni partita è incredibile, ogni squadra è ben organizzata e pronta a sorprendere. Non ti puoi rilassare neanche per un momento.

 

Il giovane Dybala, l'acquisto più costoso, dopo alcune difficoltà iniziali ha iniziato a fare bene. Lui ha detto chiaramente che questo miglioramento è avvenuto grazie a te e all'intesa trovata con te, siete entrambi felici di far parte di questo tandem?

 

Dybala è molto talentuoso, e tra di noi c'è davvero molta intesa. Ma l'intera squadra gioca bene. Siamo omogenei, si vede anche chiaramente dal campo. Qui c'è un'atmosfera familiare, anche se la concorrenza è dura ma spinge ognuno di noi a dare il meglio di sé.

 

Lo scorso anno Morata era un ottimo realizzatore, il suo calo è dovuto alla tua esplosione?

 

Alvaro è un grande giocatore, e soprattutto è giovane. Ha una grande carriera davanti. Stiamo bene insieme, siamo in lotta per una maglia da titolare, ma lottare per il bene della Juventus è più importante. Quando sei giovane la cosa più importante è essere paziente, lavorare e migliorare. Non c'è pericolo per lui, come per Zaza, anche lui è un meraviglioso attaccante.

 

Si vede che i giocatori della Juventus ti rispettano, ma chi di loro ti è più vicino?

 

Sto bene con tutti, perché sono tutti ragazzi per bene. Il blocco Juve Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli, Marchisio, come ho già detto, è stato un importante fattore per il mio trasferimento alla Juventus. Durante i primi mesi, quando ero in hotel, andavo sempre all'allenamento con Zaza e siamo diventati dei buoni colleghi. Ma ho anche legato con Lichtsteiner e Khedira che parlano il tedesco, con Pogba che è un giocatore incredibile e ho un rapporto speciale con Evra.

 

Hai parlato della lingua tedesca, è il motivo per cui non sei ancora abituato a parlare italiano?

 

Capisco molto dell'italiano perché è simile allo spagnolo, ma non ho ancora imparato a parlarlo. Noi viaggiamo, ci alleniamo, giochiamo partite per tutto il tempo, non ho tempo per imparare l'italiano. Comunque, nel nuovo anno avrò un insegnante e sicuramente inizierò presto a parlare l'italiano.

 

È gradevole avere i tifosi dalla tua parte dopo le critiche e lo scetticismo nel momento di crisi?

 

Il loro premio nel mese di novembre è un chiaro segnale che sono riuscito a dimostrare i valori che si aspettavano da me. Ovviamente, è stato bello per me, perché ho capito velocemente quanto sono passionali e sono proprio dei fanatici della Juventus. Ci seguono ovunque giochiamo, ci fanno sentire come se giocassimo in casa. Alcuni di loro, come è ovvio che sia, avevano i loro dubbi su di me, ma è normale. Adesso sono felice perché ho dimostrato quello che posso fare, e loro mi hanno premiato e accettato come uno juventino a tutti gli effetti. I gol sono la miglior ricompensa, ma sono sicuro che la chiave è che loro sanno qual è la mia dote migliore, il pressing, il gioco per la squadra, non solo per le mie statistiche personali. E lasciatemi aggiungere che ovunque ho giocato ho sempre avuto un meraviglioso rapporto con i tifosi, con in cambio il loro massimo supporto. Penso che la ragione di questo sia il mio modo di giocare e il mio coraggio incondizionato messo a disposizione della squadra.

 

Ti piacerebbe fare l'allenatore un giorno?

 

Voglio restare nel mondo del calcio al termine della mia carriera da giocatore, perché questa è la mia vita. Voglio imparare il mestiere di allenatore. È chiaro che alcune persone stanno aspettando questo solo per dire "lui non può allenare" ma dimostrerò di poterlo fare. Ho avuto un sacco di esperienze nel calcio, e ho potuto imparare da grandi allenatori. Studierò in un centro formativo e, un giorno, proverò ad esercitare questa professione. Sicuramente non sarò un mister che passerà il tempo a criticare i giocatori, cercherò di far fare a loro quello che sanno fare meglio. C'è ancora molto tempo per questo, e adesso devo combattere per essere un giocatore che merita di stare in grandi club e fare gol per vincere tutti i trofei che esistono nel mondo del calcio. Non tutte le stagioni possono essere meravigliose come questa, ma chi conosce il calcio sa molto bene che ci sono giorni positivi e giorni negativi, non è bello giudicare qualcuno quando le cose non stanno andando bene.

 

Quest'anno è stato un anno di fuoco per la Croazia, finirà in modo trionfale in Francia?

 

Sì, sarà dura e complicata, sia per la Croazia che per me, in autunno siamo andati in crisi e per noi giocatori è la cosa peggiore perché giochiamo e diamo il nostro meglio per il bene della Croazia e per la soddisfazione dei tifosi.

 

Niko Kovac ha pagato il periodo di crisi con l'esonero, ma voi giocatori non potete fuggire dalle vostre responsabilità

 

E non vogliamo fuggire dai nostri insuccessi. È una cosa che non faccio con me stesso prima di tutto. A causa delle ragioni che ho elencato prima, fisicamente non mi era possibile essere in condizioni ottimali, ma non è una giustificazione. Ho fallito e basta. Noi comunque abbiamo avuto periodi di crisi anche prima delle qualificazioni, ricordo che quando Bilic era l'allenatore, per EURO 2012, abbiamo fatto un passo falso con la Georgia, poi con la Grecia, siamo quasi usciti agli spareggi con la Turchia. È importante aver dimostrato come sappiamo uscire dai momenti di crisi.

 

Ante Čačić è arrivato nello scetticismo generale, è un arrivo un po' in stile "veni, vidi, vici"?

 

Ci siamo qualificati per l'europeo e questa è la cosa più importante! Quando è arrivato il nuovo allenatore mi ha sorpreso molto, non lo conoscevo personalmente, ma lo conoscevo attraverso i racconti dei suoi ex giocatori. E la mia impressione era giusta, lui conosce il calcio e soprattutto conosce come stabilire un buon rapporto con i giocatori. Ero soprattutto impressionato dagli allenamenti, molto interessanti, e anche stimolanti. MI sentivo molto stanco alla fine di quegli allenamenti, è un segnale che avevo lavorato duro.

 

L'hai lodato abbastanza, come hanno fatto anche gli altri giocatori, ma si dovrebbero verificare queste impressioni in momenti più difficili...

 

Sarà facile verificarlo, ma in una situazione complicata della Croazia, quando avevamo perso la nostra autostima, quando avevamo messo in pericolo la nostra presenza all'europeo e i tifosi non venivano più allo stadio, Cacic ci ha tranquillizzati e ha trovato il modo di motivarci e farci tornare subito la fiducia.

 

Non credi che sia esagerata l'euforia attuale in attesa degli europei in Francia?

 

È sempre così. Quando si perde si va in depressione, quando si vince c'è l'euforia. Ma sono anche sicuro che abbiamo una buona squadra, se noi saremo in salute e pronti allora potremmo fare grandi cose. Personalmente non sono ancora riuscito ad avere una svolta con la Croazia, passare i gironi non mi è sufficiente, ho 29 anni, lavorerò per un'altra grande competizione dopo gli europei, questo è il motivo per cui sono così convinto che dobbiamo fare qualcosa in più, insieme.

 

Cosa intendi per "qualcosa in più"?

 

Avere obiettivi più grandi della semplice qualificazione, svilupare ambizioni maggiori, adattare le nostre qualità. Il nostro gruppo è ok. Tutte le avversarie sono forti ma possiamo battere chiunque, inclusa una delle favorite per il titolo, come la Spagna. I turchi sono scomodi, grandi lottatori, ma abbiamo già esperienza con loro. Pavel Nedved mi ha detto che la Repubblica Ceca ha giocatori giovani e pieni di entusiasmo, quindi sono pericolosi, ma non ci possiamo permettere di avere paura. In Polonia abbiamo dimostrato che possiamo giocarcela anche con la Spagna.

 

Cosa ne pensi di Nikola Kalinic?

 

Penso il meglio di lui, fin dai tempi in cui non era apprezzato da tutti come ora che segna a ripetizione. Nikola è un ragazzo meraviglioso, noi andiamo molto d'accordo, lui è un top player. Sta giocando magnificamente in Italia e tutti gli sforzi che ha fatto adesso stanno pagando. Siamo spesso in contatto, ci incoraggiamo a vicenda e sono sicuro che possiamo giocare insieme.

 

Hai detto che hai altri piani per un'altra grande competizione, quindi riesci a vederti ai mondiali del 2018 in Russia?

 

Mi vedo nella mia nazionale finché sentirò di poter dare un contributo alla squadra. E sono convinto che potrò farlo anche dopo l'europeo in Francia. Quando sentirò di non essere più lo stesso, allora ringrazierò e mi ritirerò. Nessun altro può decidere questo per me, soprattutto quelli che criticano le capacità dei giocatori della nazionale che sono più anziani. Non c'è altro posto come la Croazia dove le persone discutono l'età dei giocatori come un fattore sul quale basare le convocazioni, qui se sei intorno ai 30 anni già parlano di ritiro. Io vedo il "mio" Buffon, signori lui ha 37 anni, e tutti ammirano le sue parate qui. Pirlo, che ha più o meno quell'età, potrebbe tornare a giocare in europa. Dobbiamo vedere oltre la forza fisica, che non può essere uguale a 25 o a 37 anni, si trascura troppo l'importanza dell'esperienza di un calciatore, specialmente quando si tratta di una grande competizione.

 

Ora siamo nell'ambito dei giudizi personali, quello che dicono i professionisti è fondamentale?

 

Sì ma si tratta di un ambiente in cui se parli spesso pubblicamente di qualcosa, allora si inizia a pensare che quel qualcosa esista davvero. Mi infastidisce quando vedo che qualcuno viene accostato alla nazionale solo attraverso i media, specialmente prima di tornei importanti. Insomma, c'è il campo, c'è la lotta per ricevere le attenzioni dell'allenatore, non ci sono solo le solite parole "io andrei, dovrei, merito"...

 

Qualcuno vuole farsi pubblicità e altri vengono esclusi. Anche tu sei oggetto di analisi: non dovresti essere più titolare, il tuo tempo è finito... Non importa se giochi in grandi squadre

 

È un discorso particolare, quando si tratta di questi esperti, che ritengono giuste solo le loro tesi, solo loro sanno il perché delle loro teorie. Non solo parlano senza particolari motivi, ma denigrano personalmente. Prendiamo il fatto della squadra in cui si gioca. Ovviamente non è importante se chi critica ha giocato in piccole realtà, così può parlare male di quello e sminuire i traguardi di chi ce l'ha fatta. Come spiegarlo in un altro modo... Questi esperti criticano i giocatori che stanno facendo male ma restano in silenzio quando gli stessi giocatori giocano bene. Adesso chiederanno a Srna di lasciare la nazionale, perché lui ha 33 anni, non importa se gioca bene o gioca male. Dopotutto, qualcuno che ha 37 anni come Olic potrebbe essere necessario per aiutare i più giovani con la sua esperienza e sarebbe pronto a dare una mano quando necessario. Io credo che non ci siano così tante persone in Croazia al punto che possiamo scartare facilmente buoni giocatori, creare divisioni permanenti nel gruppo, creare la fama di essere una grande nazione e che ci siano un sacco di giocatori preziosi che aspettano di essere chiamati.

 

Quindi sei particolarmente arrabbiato con qualcuno?

 

Non sono arrabbiato, voglio solo sottolineare che ci sono alcune persone insopportabili che usano le loro opinioni per sputare su qualcuno. Non posso credere che qualcuno possa dire che Luka Modric è bravo solo a passare la palla a Ronaldo. Lui è un giocatore chiave del grande Real, del club che è ammirato in Spagna, e qui qualcuno sta ridendo di lui, qualcuno che magari gioca in un campionato esotico. Andiamo ragazzo, fai l'allenatore, dimostra cosa sai fare e poi puoi parlare. Non è nemmeno corretto che ci accusino di non avere abbastanza abilità per fare meglio di così. È triste rivolgersi in questo modo tra noi protagonisti del mondo del calcio.

 

Non dovresti essere arrabbiato, tutti hanno diritto alla loro opinione personale

 

Io accetto le opinioni, ma non accetto lo sputare su qualcuno in maniera dannosa o irragionevole. Soprattutto non da quelli che non sono professionisti e scelgono solo i momenti peggiori per avere l'opportunità di dire qualcosa. Io accetto le giuste critiche, specialmente se espresse da chi ha fatto qualcosa di grande nel calcio, come Boban, Bilic, Suker, Blazevic, Zlatko Kranjcar e altri come loro, ma quelli che si inventano storie solo per sputare sui giocatori ed esprimere le loro gelosie non meritano alcun rispetto.

 

 

Intervista rilasciata al giornale "Sportske novosti"

Si ringrazia l'account Twitter @juvefcdotcom per la collaborazione

e i blog themandzukic.tumblr.com e mandzusupport.tumblr.com per la traduzione Croato-Inglese

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Ecco perché bisogna sempre andarci cauti con i giudizi e bisogna commentare con più precisione a fine stagione o a fine rapporto.

Non devono bastare un paio di mesi per affossare un giocatore e dargli del bidone.

Ovviamente è una cosa molto superficiale e stupida.

Sono umani anche loro...

Si vedeva che Mario era fuori forma.

Non era questione di caratteristiche di gioco, non era una questione tecnico-tattica.

Il suo è stato comunque un comportamento impeccabile.

E' stato zitto, ha preferito non parlare, rimanere in silenzio e lavorare per raggiungere la forma migliore...anche se avrebbe potuto gridare al mondo la sua rabbia per delle cose che lo frenavano e non dipendevano da lui.

E' tutta testa...è questo che significa essere da Juve.

Non tanto per il talento con i piedi.

Nelle ultime settimane ha ritrovato la forma ottimale e si è visto.

E' diventato un giocatore indispensabile.

Arriverà il 23 febbraio e io sono felice di averlo dalla nostra parte, stavolta.

 

Belle anche le parole sulla dirigenza...che confermano, se ce ne fosse bisogno, il valore dei professionisti che la compongono.

Ma per molti sono tutti degli incompetenti.

Che amarezza...

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Inizio ad adorarlo anche io.

Prima intervista dopo mesi di silenzio, mesi difficili in cui ha lavorato e si è preso un sacco di rivincite.

Non sapevo dell'infezione e di tutto ciò che ha passato, ora si spiegano tante cose... inizialmente era proprio a terra fisicamente, e io che stupidamente credevo fosse arrivato privo di stimoli...

Forza Marione!

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Avevo notato sia l'infortunio al gomito (ma non mi ricordavo del cartellone ad Udine e non ero a conoscenza dell'infezione) che la totale assenza di interviste (pre-post gara e-o settimanali).

 

Che dire... Giocatore che ho sempre ammirato... Nel 2012 quando uscì la voce del nostro interesse sarei stato felice di accoglierlo ... Ho pure la sua maglia dell'Atletico.

 

Teniamocelo stretto .ok

 

Grazie per aver riportato l'articolo tradotto .ok

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Uomo autentico non da copertine patinate e centravanti che sa coniugare la modernità del ruolo con la sua mobilità e la ricerca ossessiva del pressing con le caratteristiche degli attaccanti di una volta animati da grande furore e spiccato senso del gol. Aggiungiamo discrete qualità tecniche oggi colpevolmente taciute ed abbiamo uno dei migliori attaccanti d'Europa...

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Mario mi ha fatto riflettere e capire. Nel periodo in cui non era in forma lo criticavo, ho addirittura pensato che Dzeko fosse meglio di lui. Poi, ovviamente, è stato impossibile non esultare ai suoi gol. L'intervista mi ha fatto capire che bisogna aspettare prima di giudicare...chissà senza quell'infezione e senza l'infortunio, a che posto saremmo ora...avanti così Mario! @@

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