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Mormegil

Guerra di Siria e situazione mediorientale: news e commenti

Post in rilievo

Manila. Filippine, sacerdote e fedeli ostaggio di terroristi filo Daesh

 

 

mercoledì 24 maggio 2017

Il gruppo terroristico filippino ispirato al Daesh, Maute, ha preso in ostaggio un prete, il personale di una chiesa e alcuni fedeli a Marawi City dopo aver dato fuoco alla cattedrale della città

 

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Il gruppo terroristico filippino ispirato al Daesh, Maute, ha preso in ostaggio un prete, il personale di una chiesa e alcuni fedeli a Marawi City dopo aver dato fuoco alla cattedrale della città nel sud del Paese. Lo ha detto oggi il vescovo Edwin dela Peña, secondo quanto riporta il giornale online Philstar Global.

L'arcivescovo Socrates Villegas, presidente della conferenza episcopale cattolica delle Filippine, ha detto che uomini armati hanno fatto irruzione nella cattedrale ed hanno preso in ostaggio il reverendo Chito Suganob e oltre 10 persone tra fedeli e personale della chiesa.

Secondo Villegas il gruppo armato ha minacciato di uccidere gli ostaggi "se le forze governative scatenate contro di loro

non vengono richiamate".

Ieri il presidente filippino Rodrigo Duterte ha imposto la legge marziale sull'isola di Mindanao dopo i violenti scontri nella città di Marawi, dove almeno 15 uomini armati del gruppo Maute hanno aperto il fuoco contro gli edifici governativi della città ed hanno impegnato l'esercito in una vera e propria battaglia.

 

Avvenire

 

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Intanto ieri è scoppiato un casino tra i paesi del golfo e per tutta la serata sono rimbalzate notizie contraddittorie, ancora oggi l'opinione pubblica araba parla solo di questo fatto.

 

Riassumendo. In serata sul sito della Qatar News Agency (l'agenzia di stampa governativa del Qatar) sbuca un'intervista all'Emiro Tamim, sovrano del Qatar. Intervista "pesante" in cui critica l'Arabia Saudita "i miliardi andrebbero destinato allo sviluppo, non alle armi", in cui parla di "relazioni con Israele per arrivare alla pace", in cui parla di "Iran paese islamico importante con cui bisogna avere rapporti amichevoli" e ancora "la base militare americana ci serve come deterrente verso paesi vicini ostili" (Arabia?), ecc.

 

Ovviamente appena uscita l'intervista i siti sauditi, emiratini e kuwaitiani sono andati all'attacco del Qatar che "tradisce i suoi fratelli del golfo" e "sta dalla parte del nemico" (l'Iran). Poco dopo l'intervista sparisce dal sito della Qatar News Agency e il Qatar parla di "intervista inesistente" e "sito della Qatar News Agency sotto attacco hacker". I siti degli altri paesi del golfo non ci credono e continuano a riportare l'intervista, soprattutto la tv Al Arabiya di Dubai (a capitali sauditi ed emiratini) che è in un certo senso la rivale/nemica di Al Jazeera (che ovviamente segue la linea del Qatar confermando l'attacco hacker al sito).

 

Stamattina circolano addirittura voci sul Qatar che avrebbe intenzione di ritirare gli ambasciatori da Arabia, Emirati, Kuwait, Bahrain ed Egitto, ma per ora sono voci, non c'è nulla di ufficiale.

 

Intervista o meno sono anni che tra il Qatar e gli altri paesi del golfo non corre buon sangue. Il Qatar è formalmente l'unico paese arabo che, a livello governativo, sta sulla linea di Erdogan sulle questioni regionali. Quindi è pro-Fratelli Musulmani (in Arabia ed Emirati sono considerati un'organizzazione terroristica da circa 3 anni e negli altri paesi sono comunque monitorati con attenzione), considera Hamas come portavoce legittimo del popolo palestinese (gli altri paesi del golfo sono pro-Fatah) e, cosa più importante e forse punto cruciale dello scontro, il Qatar non va molto d'accordo con la linea "ostile" all'Iran, ritenendo il paese degli ayatollah una potenza regionale con la quale bisogna intrattenere buoni rapporti di vicinato.

 

Inutile dirvi che sui social network c'è già chi, provocatoriamente, ha annesso il Qatar all'Arabia Saudita perché "se ci girano vi occupiamo in 3 ore".

 

La cosa comica è che, in barba a tutto ciò, in Occidente tocca leggere e sentire spesso certi "esperti" che continuano a vedere Arabia e Qatar, politicamente molto distanti da almeno 3-4 anni, come due paesi che hanno una stessa linea politica, il che la dice lunga su questi pseudo-esperti che probabilmente non leggono neanche la stampa araba e fanno "corsi d'aggiornamento" ogni 10 anni. :patpat:

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Cavusoglu: “La Turchia è pronta a riaprire il dialogo con l’Ue”

 

C’è l’ipotesi di un reset con l’Unione. Il ministro degli Esteri: “Avanti con il percorso di adesione”

 

 

 

 

 

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FRANCESCA SFORZA

ROMA

 

La Turchia è pronta ad avviare il «reset» con l’Unione Europea per il processo di adesione. Lo racconta, in un’intervista esclusiva alla «Stampa», il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, alla vigilia di un confronto decisivo, che vedrà oggi a Bruxelles il presidente turco Erdogan a colloquio con il presidente del Consiglio Europeo Tusk, con il presidente della Commissione Europea Juncker e con il presidente del Parlamento Europeo Tajani. «L’allargamento è il migliore soft power di cui l’Unione Europea disponga», ci dice il ministro nel corso del colloquio.

 

 

 

Ministro Cavusoglu, possiamo parlare di un «reset» del processo di adesione alla Ue da parte della Turchia?

«Sarà un incontro molto importante, a condizione, ovviamente, che l’Unione Europea, attraverso i suoi rappresentanti, manifesti un atteggiamento sincero. Per noi è fondamentale. Da parte nostra abbiamo una grande volontà, per noi l’Europa rimane un obiettivo strategico, ma abbiamo anche dubbi e esitazioni: si tratta di un’attesa che dura da sessant’anni, i negoziati continuano da dodici, abbiamo raggiunto l’apertura di 18 capitoli ma ne mancano ancora, e a questo punto vorremmo conoscere il vero pensiero dell’Unione Europea riguardo all’adesione della Turchia».

 

Ci sono diversi ostacoli, lo riconoscerà…

«Sì, e noi crediamo che non si tratti di ostacoli tecnici, ma politici».

 

Quali, secondo lei?

«Ostacoli politici non solo legati alla questione di Cipro, ma al fatto che anche altri Paesi sono ostili e riescono a influenzare le politiche Ue. Noi abbiamo assunto un atteggiamento costruttivo, in cambio ci aspettiamo sincerità, onestà e eliminazione del doppio standard».

 

Un primo ostacolo è senz’altro legato alla possibilità di un referendum sulla pena di morte, così come previsto dalla recente riforma costituzionale, tanto che Bruxelles ha ripreso il monitoring nei confronti della Turchia. Questo non la preoccupa?

«Mi sono espresso al proposito anche durante l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. E ripeto: dobbiamo discutere sul perché. Perché in Turchia si è cominciato a discutere della reintroduzione della pena di morte? L’Europa, anziché cercare di capire le dinamiche, il trauma vissuto dal popolo turco e dall’intera nazione in seguito al golpe di luglio, ha preferito trasformare il dibattito sulla pena di morte in una critica e in un fattore di minaccia per le fasi successive al processo di adesione».

 

Crede si sia trattato di un’incomprensione da parte europea?

«Diciamo che la Turchia non si è sentita compresa nel trauma profondo che ha vissuto, e che questa incomprensione ha generato, da parte dell’opinione pubblica turca, una reazione di chiusura. Ovviamente si tratta di una questione che andrà discussa nel nostro parlamento. e solo dopo il passaggio di tutte le procedure si potrà valutare se indire o meno un referendum».

 

Anche il referendum sull’adesione all’Ue non viene interpretato come un segnale di apertura da parte della Turchia, per non parlare delle violazioni dei diritti umani che agitano le opinioni pubbliche europee. Cosa risponde loro?

«Quanto allo stop dei processi di adesione l’atteggiamento è questo: noi siamo alle porte, l’Europa non vuole farci entrare. Come ha detto il nostro presidente della Repubblica: “Noi vorremmo da voi una decisione concreta, perché subiamo un trattamento che crediamo di non meritare”. Quello che dobbiamo capire è: l’Europa ci vuole o non ci vuole?».

 

Come definirebbe la tenuta dell’intesa sulla migrazione? C’è chi dice che le riammissioni in Turchia sono insoddisfacenti…

«L’intesa raggiunta a marzo ha senz’altro rafforzato la nostra collaborazione, abbiamo registrato un calo di quasi il 99 per cento del numero di immigrazione illegale che raggiungeva le isole greche, quindi un risultato concreto. E per l’accordo di riammissione, da parte nostra, non vediamo alcun problema: grazie all’intensificazione delle misure di contrasto messe in atto dalla Turchia contro l’immigrazione irregolare, in molti non affrontano più le traversate. Direi che è un risultato».

 

Il bilancio dell’accordo con l’Ue per il resto è positivo?

Dobbiamo avere un approccio generale di principio in tema di immigrazione. Avevamo detto che si sarebbero aperti nuovi capitoli di negoziazione, cosa che non è avvenuta, e la stessa cosa vale per la liberalizzazione dei visti che ancora non è avvenuta. Quindi noi insistiamo sull’assunzione di responsabilità dell’Ue, dato che noi uno sforzo e un impegno lo dimostriamo anche con determinazione e forza. Un altro punto in cui l’Unione Europea non ha mantenuto la promessa sono i famosi tre miliardi, di cui noi abbiamo usato solo 700 milioni. La parte restante di questa cifra è importante che ci arrivi e il nostro impegno è migliorare la condizione dei migranti e rifugiati siriani.

 

Quali sono le priorità?

Parliamo di una situazione di crisi enorme – pensiamo solo all’emergenza scolastica, si rischia di perdere un’intera generazione di giovani siriani se non viene garantita loro un’istruzione di base – e la Turchia da sola non può fare fronte. Teniamo presente che siamo in prima linea anche nella lotta contro il fondamentalismo, e vorremmo che almeno si evitasse il principio del doppio standard, perché per noi è importante che i nostri sforzi vengano riconosciuti. E vorremmo anche il sostegno da parte dell’Ue, perché sappiamo di alcune persone che conducono attività terroristiche e hanno libera circolazione in Europa, continuano le loro attività e in molti casi ricevono sostegni. Vorremmo che l’Ue incrementasse la propria collaborazione, anche perché il terrorismo è un crimine contro l’umanità.

 

Che cosa secondo lei i media occidentali non capiscono della Turchia?

«Quando parlavo e mi consultavo con i miei omologhi politici nel periodo delle riforma costituzionale turca, vedevo che erano in possesso di informazioni molto sbagliate, inesatte su che cosa effettivamente contenesse questo pacchetto istituzionale. E quando glielo spiegavo, non potevano nascondere il loro imbarazzo dicendo di essersi informati tramite i media. Io credo che i media siano attori importanti nel futuro dei popoli, ma che devono informare. Le critiche vanno bene, ma i pregiudizi ideologici no».

 

L’Europa è sotto choc per i fatti di Manchester. Come ha reagito l’opinione pubblica turca a questo ennesimo attacco dell’Isis?

«Essendo la Turchia tra i Paesi più colpiti nel mondo da atti di terrorismo nessuno può capire e condividere il dolore come noi, perché tutte le volte che avviene un attentato, dovunque esso avvenga, proviamo lo stesso dolore. Non badiamo, alla religione, alla provenienza etnica e alla regione in cui questi atti avvengono».

 

Come giudica il ruolo della Russia nella crisi siriana?

«Non ci piace che la Russia sia isolata, e non crediamo nella politica delle sanzioni, tanto più che le relazioni commerciali non sembrano affatto interrotte. Non possiamo accettare, come non lo abbiamo accettato fin dall’inizio, la politica di aggressione di Mosca nei confronti della Siria. Questo non impedisce che abbiamo delle relazioni che possono definirsi buone, nel senso che aspiriamo a ampliare i nostri spazi di collaborazione. E’ evidente che questo non significa essere d’accordo su tutto, né tantomeno mettere in discussione i nostri rapporti con l’Ue, l’Occidente e la Nato, che consideriamo un’assoluta priorità».

 

Crede che la soluzione politica sulla Siria sia ancora lontana?

«Per quanto riguarda la Siria lavoriamo per una soluzione politica che preservi l’integrità territoriale siriana. La lotta contro Daesh è portata avanti con determinazione dalla coalizione globale, a cui partecipa anche l’Italia. Certo, pensare che i miliziani del PYG combattano Daesh è un grande errore, i curdi puntano a Raqqa per prendere del territorio, non per contrastare Daesh, bisogna rendersi conto che sostenerli è sostenere una formazione che agisce in modo terrorista».

 

Come giudica in questa fase il ruolo dell’Iran?

«L’Iran è un nostro vicino, con il quale abbiamo relazioni di antica data. Certo, eccessive ambizioni da parte dell’Iran sono pericolose per la stabilità dell’area, ma lo sosteniamo in sede Onu, così come siamo contrari al suo isolamento. Riteniamo che dovrebbe modificare la sua politica in Siria e in Iraq, ma il nostro canale di colloqui bilaterali è aperto. Quando ci incontriamo, a vari livelli, registriamo spesso convergenza di idee, anche se sul terreno le cose sono più complicate».

 

Cosa può fare secondo lei il governo italiano per sostenere il percorso di adesione all’Ue?

«Oltre quello che già fa, che è molto, chiediamo all’Italia di consultarsi più spesso con gli altri Paesi, soprattutto con quelli che hanno un atteggiamento ostile nei confronti della Turchia e dare un messaggio positivo e convincente verso i paesi e le opinioni pubbliche europee in favore della Turchia».

 

La stampa

 

 

Vedo che il nostro Paese ancora una volta è tra quelli che più sperano nell'ingresso dei turchi in Eu, tanto che viene elogiato dal loro ministro. Che tristezza.

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Intanto ieri è scoppiato un casino tra i paesi del golfo e per tutta la serata sono rimbalzate notizie contraddittorie, ancora oggi l'opinione pubblica araba parla solo di questo fatto.

 

Riassumendo. In serata sul sito della Qatar News Agency (l'agenzia di stampa governativa del Qatar) sbuca un'intervista all'Emiro Tamim, sovrano del Qatar. Intervista "pesante" in cui critica l'Arabia Saudita "i miliardi andrebbero destinato allo sviluppo, non alle armi", in cui parla di "relazioni con Israele per arrivare alla pace", in cui parla di "Iran paese islamico importante con cui bisogna avere rapporti amichevoli" e ancora "la base militare americana ci serve come deterrente verso paesi vicini ostili" (Arabia?), ecc.

 

Ovviamente appena uscita l'intervista i siti sauditi, emiratini e kuwaitiani sono andati all'attacco del Qatar che "tradisce i suoi fratelli del golfo" e "sta dalla parte del nemico" (l'Iran). Poco dopo l'intervista sparisce dal sito della Qatar News Agency e il Qatar parla di "intervista inesistente" e "sito della Qatar News Agency sotto attacco hacker". I siti degli altri paesi del golfo non ci credono e continuano a riportare l'intervista, soprattutto la tv Al Arabiya di Dubai (a capitali sauditi ed emiratini) che è in un certo senso la rivale/nemica di Al Jazeera (che ovviamente segue la linea del Qatar confermando l'attacco hacker al sito).

 

Stamattina circolano addirittura voci sul Qatar che avrebbe intenzione di ritirare gli ambasciatori da Arabia, Emirati, Kuwait, Bahrain ed Egitto, ma per ora sono voci, non c'è nulla di ufficiale.

 

Intervista o meno sono anni che tra il Qatar e gli altri paesi del golfo non corre buon sangue. Il Qatar è formalmente l'unico paese arabo che, a livello governativo, sta sulla linea di Erdogan sulle questioni regionali. Quindi è pro-Fratelli Musulmani (in Arabia ed Emirati sono considerati un'organizzazione terroristica da circa 3 anni e negli altri paesi sono comunque monitorati con attenzione), considera Hamas come portavoce legittimo del popolo palestinese (gli altri paesi del golfo sono pro-Fatah) e, cosa più importante e forse punto cruciale dello scontro, il Qatar non va molto d'accordo con la linea "ostile" all'Iran, ritenendo il paese degli ayatollah una potenza regionale con la quale bisogna intrattenere buoni rapporti di vicinato.

 

Inutile dirvi che sui social network c'è già chi, provocatoriamente, ha annesso il Qatar all'Arabia Saudita perché "se ci girano vi occupiamo in 3 ore".

 

La cosa comica è che, in barba a tutto ciò, in Occidente tocca leggere e sentire spesso certi "esperti" che continuano a vedere Arabia e Qatar, politicamente molto distanti da almeno 3-4 anni, come due paesi che hanno una stessa linea politica, il che la dice lunga su questi pseudo-esperti che probabilmente non leggono neanche la stampa araba e fanno "corsi d'aggiornamento" ogni 10 anni. :patpat:

 

Dato che sei molto esperto in materia, ed essendo io Iraniano, volevo chiederti quante possibilità ci sono di una guerra contro l'Iran, e nel caso quali possano essere gli scenari, soprattutto la Russia come agirà nel caso.

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Dato che sei molto esperto in materia, ed essendo io Iraniano, volevo chiederti quante possibilità ci sono di una guerra contro l'Iran, e nel caso quali possano essere gli scenari, soprattutto la Russia come agirà nel caso.

 

Non credo che si arriverà a una guerra, in fondo non conviene a nessuno.

E comunque non saranno di certo gli arabi a deciderla, alla fine decide tutto l'America da quelle parti, Trump ha diversi consulenti anti-iraniani, bisognerà vedere quanto peseranno nelle decisioni che andrà a prendere nei prossimi mesi. L'esito della guerra in Siria rimane il punto cruciale in questo senso. Ora si parla anche di riavvicinamento tra Turchia e Iran. Vedremo, personalmente vedo più probabile un "accordo" del tipo "L'Iraq a voi e la Siria a noi" che una guerra.

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Non credo che si arriverà a una guerra, in fondo non conviene a nessuno.

E comunque non saranno di certo gli arabi a deciderla, alla fine decide tutto l'America da quelle parti, Trump ha diversi consulenti anti-iraniani, bisognerà vedere quanto peseranno nelle decisioni che andrà a prendere nei prossimi mesi. L'esito della guerra in Siria rimane il punto cruciale in questo senso. Ora si parla anche di riavvicinamento tra Turchia e Iran. Vedremo, personalmente vedo più probabile un "accordo" del tipo "L'Iraq a voi e la Siria a noi" che una guerra.

Comunque tutto questo ce l'hanno sulla coscienza gli USA. Han distrutto Afghanistan(anche se c'erano i talebani ma ora è 1000 volte peggio), Iraq e Siria...povera gente.

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Comunque tutto questo ce l'hanno sulla coscienza gli USA. Han distrutto Afghanistan(anche se c'erano i talebani ma ora è 1000 volte peggio), Iraq e Siria...povera gente.

 

Su Iraq e Siria sono d'accordo con te, ma l'Afghanistan era diverso, non si poteva fare diversamente

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Comunque tutto questo ce l'hanno sulla coscienza gli USA. Han distrutto Afghanistan(anche se c'erano i talebani ma ora è 1000 volte peggio), Iraq e Siria...povera gente.

 

Purtroppo è anche colpa nostra che gli permettiamo di insinuarsi nelle spaccature esistenti. Se Arabia e Iran sono 2 teocrazie governate da fanatici che dicono alla gente di odiare quelli dell'altra sponda in quanto "nemici" non è certo colpa degli americani, loro molto semplicemente ne approfittano, fanno i loro interessi.

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Egitto. Attaccato bus di pellegrini cristiani: 25 morti. È l'ennesima strage di copti

 

 

venerdì 26 maggio 2017

 

Erano diretti a un monastero. Ferite 23 persone. Uomini armati hanno sparato raffiche contro l'automezzo

 

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È di almeno 25 morti e 23 feriti il tragico bilancio, ancora provvisorio, dell'attacco a un pullman di cristiani avvenuto stamani nell'ovest dell'Egitto. Le vittime sono pellegrini egiziani copti che erano diretti al monastero di Anba Samuel, sulla rotta desertica a ovest dell'Alto Egitto. Le condizioni di alcuni feriti sarebbero gravi. L'attacco avviene nel primo giorno del Ramadan, il mese sacro di preghiera e digiuno per gli islamici.

Secondo quanto comunicato dal governatore della provincia di Minya, Essam al-Bedaiwy, e dal ministero della Sanità, uno o più uomini armati hanno aperto il fuoco contro il pullman. L'attacco è avvenuto nei pressi di Manyah, a circa 250 chilometri dalla capitale.

Per i cristiani copti, minoranza egiziana che comprende circa il 10% della popolazione, è l'ennesima strage. Meno di due mesi fa, il 9 aprile scorso, due kamikaze si erano fatti esplodere in due chiese a Tanta e ad Alessandria, uccidendo 46 persone.

L'agguato di un commando

 

Il bus, con a bordo una comitiva di
cinquanta persone
, si dirigeva al monastero di Anba Samuel (San Samuele), vicino alla città di Minya, nel cuore dell’Alto Egitto. Non è riuscito, però, a raggiungere il luogo sacro, meta di pellegrinaggio storica della comunità copta. Un commando armato ha intercettato il pullman e l’ha attaccato.

La strage della Domenica delle Palme

 

L’ennesimo attentato avviene a meno di due mesi da quello della Domenica delle Palme, quando i terroristi massacrarono
48 fedeli
durante la Messa a Tanta e Alessandria. Il 21 maggio la Procura del Cairo ha deciso di rinviare giudizio 48 sospetti jihadisti accusati della strage. Di questi, 31 sono in cella, il resto è latitante.

 

Avvenire

 

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In Egitto la situazione è veramente complicata. La spaccatura che si è venuta a creare dopo la deposizione di Morsi pare insanabile e in questo clima di odio tra le 2 anime dell'Egitto i movimenti estremisti ci sguazzano alla grande. E a quanto pare la soluzione "militare" (vedi Sinai) sta solo peggiorando le cose.

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Cei. Bassetti: «Non sono le religioni a provocare violenze e terrorismo»

 

 

Redazione internet venerdì 26 maggio 2017

 

Alla sua prima uscita pubblica da presidente della Cei, il cardinale Bassetti visita l'istituto professionale Don Bosco dove studiano 250 ragazzi di 24 nazionalità diverse: integriamoci nell'amore

 

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«Non sono le religioni che provocano violenze e terrorismo, sono loro schegge impazzite. Vediamo creature pazze di furore e impazzite di odio, ma anche per noi in passato è stato così visto che i terroristi rossi venivano anche dalle nostre università cattoliche». Lo ha detto il
cardinale Gualtiero Bassetti
,
presidente
della
Cei
, a
Perugia
nella sua prima uscita pubblica da presidente dei vescovi italiani. «Musulmani, ebrei e cristiani credono in un unico creatore - ha detto - e il mescolarsi delle razze è inevitabile. Chi nega questo nega l'uomo e qualsiasi principio di umanesimo».

«Integrazione vuol dire anche accoglienza. O facciamo una guerra perpetua o ci integriamo nell'amore e nella fraternità umana e cristiana. Io ho scelto con chiarezza questa seconda via»: così il
presidente
della
Cei
, il
cardinale Gualtiero Bassetti
alla sua prima uscita a
Perugia
, la città di cui è
arcivescovo
, dopo la nomina.

Bassetti si è recato all'
Istituto Don Bosco
, dove 250 studenti di 24 diverse nazionalità ricevono una qualifica professionale: «È proprio da questo contesto in cui vivono i ragazzi, in cui sono educati e rispettati da tutti i punti di vista, che si può fare un'integrazione meravigliosa», ha sottolineato il
cardinale Bassetti
presiedendo una preghiera interreligiosa. «I ragazzi quando sono insieme e pensano al futuro e cercano anche di trovare una occupazione che dia dignità alla loro vita - ha sottolineato il presidente della Cei - non pensano se sono cristiani, ebrei, musulmani o di altre religioni».

Alla visita all'
Istituto Don Bosco
erano presenti, tra gli altri, anche la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini e il sindaco di Perugia, Andrea Romizi.

 

Avvenire

 

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a oggi sono già un milione i copti cacciati dal paese che hanno fondato quando gli avi di maometto si dondolavano allegramente sugli alberi.

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questi preti saranno i primi a venire sgozzati quando l'islam dominera l'europa

 

Dunque riassumendo, per l'occidentale medio l'Islam dominerà l'Europa, mentre per l'arabo medio il mondo islamico è dominato dall'Occidente. Mi sono perso qualcosa?

 

a oggi sono già un milione i copti cacciati dal paese che hanno fondato quando gli avi di maometto si dondolavano allegramente sugli alberi.

 

Nel deserto non ci sono alberi. :d

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Dunque riassumendo, per l'occidentale medio l'Islam dominerà l'Europa, mentre per l'arabo medio il mondo islamico è dominato dall'Occidente. Mi sono perso qualcosa?

 

 

 

Nel deserto non ci sono alberi. :d

 

nelle oasi sì.

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Giusto! :d

Tornando al discorso.

Quando se ne sarebbero andati questi copti che dicevi?

Con Sisi o intendi prima?

 

"questi copti" (vergognati) sono massacrati dagli anni 2000 un giorno sì e l'altro pure, non "se ne sono andati".

http://www.euppublishing.com/doi/pdfplus/10.3366/swc.2013.0058

http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0899764013488835

un milione circa dal 2010, due milioni dagli anni '90. su 8 ml totali.

morsi, sisi , mubarak non c'entrano un *, come vorresti insinuare.

1. perché i copti ,in sé, hanno zero responsabilità nel golpe.

2. perché, copti o non copti, massacrare un pullman di civili (nel caso, bambini) non è mai una reazione a qualcosa. casomai il contesto politico funge da pretesto.

3. perché la deriva militarista rappresenta la classica conseguenza di ogni rivolta popolare. valse per la rivoluzione francese, vale a maggior ragione per questa buffonata che hanno chiamato "primavera araba". il resto è tutto vittimismo, piagnisteo e incapacità di reagire a una condizione socioeconomica sfavorevole.

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"questi copti" (vergognati) sono massacrati dagli anni 2000 un giorno sì e l'altro pure, non "se ne sono andati".

http://www.euppublis...6/swc.2013.0058

http://journals.sage...899764013488835

un milione circa dal 2010, due milioni dagli anni '90. su 8 ml totali.

morsi, sisi , mubarak non c'entrano un *, come vorresti insinuare.

1. perché i copti ,in sé, hanno zero responsabilità nel golpe.

2. perché, copti o non copti, massacrare un pullman di civili (nel caso, bambini) non è mai una reazione a qualcosa. casomai il contesto politico funge da pretesto.

3. perché la deriva militarista rappresenta la classica conseguenza di ogni rivolta popolare. valse per la rivoluzione francese, vale a maggior ragione per questa buffonata che hanno chiamato "primavera araba". il resto è tutto vittimismo, piagnisteo e incapacità di reagire a una condizione socioeconomica sfavorevole.

 

Questi copti non va bene per? Alla faccia, poi sparate sul politicamente corretto! Questi era riferito al milione di cui parli, rilassati.

La situazione dei copti è innegabilmente peggiorata dopo il golpe, negarlo vuol dire avere 2 fette di prosciutto sugli occhi o non seguire la situazione egiziana. Ormai sono visti da una fetta rilevante della popolazione egiziana (praticamente quasi tutti i pro-Morsi) come "mandanti" del golpe, moralmente responsabili della repressione del regime nei confronti dei simpatizzanti dei Fratelli Musulmani, sfociata in episodi come il massacro di Rabia, con 800 morti, se non altro per le dichiarazioni di "felicità" di alcuni esponenti di spicco della comunità copta dopo quel massacro, altre dichiarazioni in cui invitavano i musulmani "a lasciare l'Egitto" e via dicendo. Ecco perché ti chiedevo se ti riferivi al prima o al dopo golpe, perché la differenza c'è eccome, per quanto fossero soggetti ad attacchi di gruppi estremisti anche sotto Mubarak la cosa era decisamente più limitata e godevano di molta più simpatia e sostegno dal resto della popolazione, oggi è innegabile che da una fetta di egiziani il "se la sono cercata" lo senti.

Sui numeri non saprei, se ne leggono di contrastanti da anni, sicuramente l'instabilità politica favorisce la fuga delle minoranze, da sempre, vale in Egitto come in tutti gli altri paesi della regione.

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Estratto dall'articolo di oggi di D.Raineri sul Foglio

 

[...] se è chiaro che l'imboscata contro i civili di ieri è l'episodio più recente di questa campagna di massacri anticristiani, c'è da chiedersi: qual'è la strategia dello Stato islamico? Il ricercatore Mokhtar Awad della Georgetown University di Washington cita un breve saggio jihadista scritto nel 2014 da un ideologo dello Stato islamico, Abu Mawdud al Harmasy, che si chiede come mai gli egiziani siano così sordi al richiamo del jihad, "come fossero bestiame", "non capiscono la realtà di questa lotta". Per superare l'impasse, al Harmasy prescrive di attaccare i cristiani per alzare la tensione, incendiare le aree rurali e creare un clima di guerra contro il governo e i militari. La solita ricetta politica dell'Isis: incunearsi dove c'è già una spaccatura e sfruttarla, sia essa la guerra civile tra sunniti e sciiti in Iraq, oppure la lotta tra ribelli e assadisti in Siria, o ancora il conflitto tra est e ovest in Libia. In Egitto, i cristiani fanno da vittime sacrificali per scatenare la reazione armata dell'esercito e innescare un conflitto più ampio.

 

Una lucida, ragionata strategia politica.

In Europa lavorano sulla spaccatura tra autoctoni e non-autoctoni.

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Questi copti non va bene per? Alla faccia, poi sparate sul politicamente corretto! Questi era riferito al milione di cui parli, rilassati.

La situazione dei copti è innegabilmente peggiorata dopo il golpe, negarlo vuol dire avere 2 fette di prosciutto sugli occhi o non seguire la situazione egiziana. Ormai sono visti da una fetta rilevante della popolazione egiziana (praticamente quasi tutti i pro-Morsi) come "mandanti" del golpe, moralmente responsabili della repressione del regime nei confronti dei simpatizzanti dei Fratelli Musulmani, sfociata in episodi come il massacro di Rabia, con 800 morti, se non altro per le dichiarazioni di "felicità" di alcuni esponenti di spicco della comunità copta dopo quel massacro, altre dichiarazioni in cui invitavano i musulmani "a lasciare l'Egitto" e via dicendo. Ecco perché ti chiedevo se ti riferivi al prima o al dopo golpe, perché la differenza c'è eccome, per quanto fossero soggetti ad attacchi di gruppi estremisti anche sotto Mubarak la cosa era decisamente più limitata e godevano di molta più simpatia e sostegno dal resto della popolazione, oggi è innegabile che da una fetta di egiziani il "se la sono cercata" lo senti.

Sui numeri non saprei, se ne leggono di contrastanti da anni, sicuramente l'instabilità politica favorisce la fuga delle minoranze, da sempre, vale in Egitto come in tutti gli altri paesi della regione.

 

2 fette di prosciutto [...] sui numeri non saprei

quando sostieni una tesi , devi dimostrarla. se affermi che la questione copta è apparsa con sisi , e io ti mostro due studi che attestano la "coptic diaspora" risalenti a un'epoca pre-sisi, tu non puoi far finta di niente.

in realtà l'odio contro i remenkimi - come tutto ciò che è altro dall'islam sunnita, e non di rado migliore - si è acutizzato negli anni 2010, contestualmente alla primavera araba che nella regione ha avuto presso i fratelli musulmani (organizzazione terrorista) il proprio referente politico. quanto al sentimento diffuso fra i misryyun , non stento a credere che sia davvero così squallido come lo racconti. dopotutto parliamo del misr , non dell'olanda.

dichiarazioni di "felicità"

riportale.

dichiarazioni in cui invitavano i musulmani "a lasciare l'Egitto" e via dicendo

riporta anche queste, per curiosità. cmq qui aggiungo che si tratterebbe di dichiarazioni legittime , finché non sfociano nell'istigazione violenta.

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quando sostieni una tesi , devi dimostrarla. se affermi che la questione copta è apparsa con sisi , e io ti mostro due studi che attestano la "coptic diaspora" risalenti a un'epoca pre-sisi, tu non puoi far finta di niente.

in realtà l'odio contro i remenkimi - come tutto ciò che è altro dall'islam sunnita, e non di rado migliore - si è acutizzato negli anni 2010, contestualmente alla primavera araba che nella regione ha avuto presso i fratelli musulmani (organizzazione terrorista) il proprio referente politico. quanto al sentimento diffuso fra i misryyun , non stento a credere che sia davvero così squallido come lo racconti. dopotutto parliamo del misr , non dell'olanda.

 

riportale.

 

riporta anche queste, per curiosità. cmq qui aggiungo che si tratterebbe di dichiarazioni legittime , finché non sfociano nell'istigazione violenta.

 

Nel periodo tra l'elezione di Morsi e il massacro di Rabia i toni da parte dei copti furono molto ostili verso la maggioranza, rea di aver eletto un esponente islamico. Preti copti che parlavano di

(su youtube ne trovi a centinaia di video che sono una collezione di insulti verso tutto quell'Egitto che aveva votato FM, chiaramente quasi tutti in arabo, non ne ho trovati tradotti). Poi ci fu la nascita di una fantomatica "nazione copta" con presidente tale Ismat Zaqlama, con rappresentanti (loro li chiamavano addirittura consolati) in diversi paesi, che nel 2012 arrivò a chiedere a Obama di "mettere l'Egitto sotto embargo anche sul cibo" per punirli perché avevano eletto Morsi. Il canale televisivo copto, Al Hayat, era praticamente un insulto quotidiano ai musulmani e, anche, alle stesse figure sacre dell'Islam, Maometto, ecc. Molti esponenti politici e del mondo intellettuale chiesero al Papa Shenuda di mettere a freno la situazione, ma lui disse che faceva il Papa e non il dirigente di tv e organizzazioni private. Sbucò anche una mappa con "il nuovo Egitto copto" dove praticamente il 50% spettava a loro (vedi numero 2).

 

s8201228213429.jpg

 

Tutta questa escalation favorì chiaramente anche un'escalation sul fronte pro-Morsi, si iniziava a parlare di copti come "traditori della volontà popolare", "nemici dell'Egitto" e via dicendo. Poi sappiamo tutti dei vari scontri che ci furono.

Il punto di rottura avviene con il golpe perché fu pubblicamente appoggiato dalla Chiesa copta. Chiaramente per gli egiziani elettori di Morsi era un atto di prepotenza bello e buono. Il massacro di Rabia fu infine la "chicca finale", con gli 800 civili uccisi spacciati per "terroristi" dai media copti, ecc.

Ora ti renderai conto da solo che la situazione è molto pesante, per quanto oggi i pro-Morsi siano molti meno rispetto a quando fu eletto (lì ci fu un'ondata per lui più che altro per la voglia di "nuovo") rimane comunque un bacino non indifferente di egiziani che vede nella Chiesa copta un qualcosa che ha rovesciato il voto popolare in combutta con l'esercito. Ed è facile immaginare che per i terroristi e gli estremisti è MOLTO più facile operare in questo contesto.

 

P.S: non ho detto che inizia tutto con Sisi, ho detto che è peggiorato tutto in modo esponenziale dopo la caduta di Mubarak e l'elezione di Morsi, fino a raggiungere il culmine con Sisi.

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ok, quindi non esiste nessuna "dichiarazione di felicità" degli

esponenti di spicco della comunità copta
in seguito agli eventi di rabia.

e ancora....

spacciati per "terroristi" dai media copti

"i media" chi?

il golpe perché fu pubblicamente appoggiato dalla Chiesa copta

delle fonti manco il miraggio.

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ok, quindi non esiste nessuna "dichiarazione di felicità" degli in seguito agli eventi di rabia.

e ancora....

 

"i media" chi?

 

delle fonti manco il miraggio.

 

Quindi devo farti una ricerca con nomi e cognomi sugli eventi dal 2011 al 2013 in Egitto perché ne sei completamente a digiuno? E lo vuoi pure gratis? :patpat:

 

Bastava leggere i giornali egiziani eh, non sono mica segreti di stato! La Chiesa si schierò con Tamarrud contro Morsi, i copti scesero in piazza, chiesero l'intervento dell'esercito. Come quali media copti? Ci sono un bel po' di canali televisivi satellitari egiziani copti, Al Hayat, Coptic TV, ecc.

 

Tieni, leggiti un paio di articoli a caso sulla "luna di miele" tra Sisi e i copti, capirai che questo è uno dei motivi per cui sono finiti di nuovo nel mirino dei gruppi islamisti, che chiaramente stanno con Morsi.

 

http://foreignpolicy.com/2016/12/09/how-egypts-copts-fell-out-of-love-with-president-sisi/

 

https://www.alaraby.co.uk/english/comment/2017/3/14/are-copts-at-risk-because-of-their-sisi-support

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Quindi devo farti una ricerca con nomi e cognomi sugli eventi dal 2011 al 2013 in Egitto perché ne sei completamente a digiuno? E lo vuoi pure gratis? :patpat:

 

Bastava leggere i giornali egiziani eh, non sono mica segreti di stato! La Chiesa si schierò con Tamarrud contro Morsi, i copti scesero in piazza, chiesero l'intervento dell'esercito. Come quali media copti? Ci sono un bel po' di canali televisivi satellitari egiziani copti, Al Hayat, Coptic TV, ecc.

 

Tieni, leggiti un paio di articoli a caso sulla "luna di miele" tra Sisi e i copti, capirai che questo è uno dei motivi per cui sono finiti di nuovo nel mirino dei gruppi islamisti, che chiaramente stanno con Morsi.

 

http://foreignpolicy.com/2016/12/09/how-egypts-copts-fell-out-of-love-with-president-sisi/

 

https://www.alaraby.co.uk/english/comment/2017/3/14/are-copts-at-risk-because-of-their-sisi-support

 

mi riferisco alle "dichiarazioni di felicità" in seguito alla strage di rabia e alla derubricazione a terroristi delle vittime. cita le fonti, per una volta nella vita.

è grave non distinguere fra questo, che è violenza, e gli endorsement per sisi, che è politica (e dal punto di vista copto questione di sopravvivenza).

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