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Mormegil

Guerra di Siria e situazione mediorientale: news e commenti

Post in rilievo

2 ore fa, Doktor Flake ha scritto:

Ma nella più grande ignoranza vi chiedo, dopo la seconda guerra mondiale, non si poteva cercare un territorio meno "scomodo" per lo stato di Israele?

Casomai andava fatto 50 anni prima, dopo la seconda guerra mondiale ormai la frittata era fatta e in Palestina erano arrivati centinaia di migliaia di ebrei dall'Europa. Del resto la dichiarazione di Balfour che "legittima" la cosa è del 1917! 

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2 ore fa, Doktor Flake ha scritto:

Ma nella più grande ignoranza vi chiedo, dopo la seconda guerra mondiale, non si poteva cercare un territorio meno "scomodo" per lo stato di Israele?

si poteva anche non dare nessun territorio

l'unico territorio non scomodo sarebbe l'astato l'antartide o quelche zona nel sud dell'argentina

chiaramente come dice juventus only prima

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24 minuti fa, Vonpalace ha scritto:

si poteva anche non dare nessun territorio

l'unico territorio non scomodo sarebbe l'astato l'antartide o quelche zona nel sud dell'argentina

chiaramente come dice juventus only prima

Si poteva anche evitare di dichiarare guerra allo zio Adolf nel '39.

Ci avrebbe pensato poi lui a risolverci il problema di 'sti rompicojoni di ebrei una volta per tutte...

Come si dice: via il dente via il dolore no? .ehm.ehm 

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11 minuti fa, sol invictus ha scritto:

Si poteva anche evitare di dichiarare guerra allo zio Adolf nel '39.

Ci avrebbe pensato poi lui a risolverci il problema di 'sti rompicojoni di ebrei una volta per tutte...

Come si dice: via il dente via il dolore no? .ehm.ehm 

ora spiegami cosa centra questo??

ogni tanto quando sei senza argomenti la butti sulle accuse velate di antiseminismo(successo 20 pagine fa con me,ogni 5 con altri) 

la mia risposta era a una semplice  domanda

c'era un posto migliore della palestina per creare uno stato ebraico??

secondo me no

cosa sarebbe successo se veniva imposto in sicilia,sardegna,lombardia,corsica,catalogna portogallo,egitto,tunisia etc etc etc??

la stessa identica cosa che succede ora in palestina.

probababilmente gli unici posti dove non sarebbe successo niente era in zone inospitali per l'uomo quindi di conseguenza non praticabili

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1 ora fa, JuventusOnly ha scritto:

Casomai andava fatto 50 anni prima, dopo la seconda guerra mondiale ormai la frittata era fatta e in Palestina erano arrivati centinaia di migliaia di ebrei dall'Europa. Del resto la dichiarazione di Balfour che "legittima" la cosa è del 1917! 

 

59 minuti fa, Vonpalace ha scritto:

si poteva anche non dare nessun territorio

l'unico territorio non scomodo sarebbe l'astato l'antartide o quelche zona nel sud dell'argentina

chiaramente come dice juventus only prima

............................... .quoto

 

uum I Palestinesi hanno subito la stessa sorte degli "indiani d'America" : "pulizia  etnica " (più o meno ) 

 

 

,,,,,,,,,image.jpeg.411454dcf3ee6b7f6b5d4ab5d1b34cdd.jpeg...... Immagine correlata

 

............Risultati immagini per gli indiani d'america sono come i palestinesi... Risultati immagini per gli indiani d'america sono come i palestinesi

 

...................................Immagine correlata

 

 

 

.... image.jpeg

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19 minuti fa, Vonpalace ha scritto:

ora spiegami cosa centra questo??

ogni tanto quando sei senza argomenti la butti sulle accuse velate di antiseminismo(successo 20 pagine fa con me,ogni 5 con altri) 

la mia risposta era a una semplice  domanda

c'era un posto migliore della palestina per creare uno stato ebraico??

secondo me no

cosa sarebbe successo se veniva imposto in sicilia,sardegna,lombardia,corsica,catalogna portogallo,egitto,tunisia etc etc etc??

la stessa identica cosa che succede ora in palestina.

probababilmente gli unici posti dove non sarebbe successo niente era in zone inospitali per l'uomo quindi di conseguenza non praticabili

non era velata proprio per nulla.

Perchè la frase "si poteva anche non dare nessun territorio" non so spiegarmela diversamente.

Sarà un mio limite. Ma ahimè non trovo altre risposte.

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.giornale fonte : 

I palestinesi come pellerossa
di Giancarlo Soravia - 08/07/2006

 

Quoto

... Paragonare i palestinesi ai pellerossa non è una semplice metafora: ricevono lo stesso trattamento, in base alla stessa ideologia del dominatore,

e alla stessa ipocrisia occidentale.
In forma di lettera le considerazioni che seguono sono state inviate al «maggior quotidiano italiano» ( Corriere della Sera ? ), senza ottenere, naturalmente, né riscontro, né risposta.

 

 

 

L’attuale «escalation» nella guerra antipalestinese da parte di Israele, la fa sinistramente sempre più assomigliare alla guerra contro le tribù indiane da parte degli Stati Uniti d’America nell’ 800.


Bisogna premettere che verso il 1840 fu proclamata, in America, la teoria denominata «Manifest Destiny», per cui il Paese doveva essere assegnato ad una sola parte,

naturalmente la migliore, per razza, religione, ecc., e gli americani si dedicarono con zelo alla sua realizzazione.


Analogamente, in Israele, si fa riferimento alla biblica «dazione perpetua» del Paese da parte di Dio al Suo popolo eletto.
Questa identità nei principi costitutivi dei due Stati, contribuisce inoltre, a mio avviso, a comprendere le profonde ragioni della ferrea alleanza tra America e Israele.
Entrambe pretendono di avere un «manifest destiny» a sfondo religioso fondamentalista.
Lo storico britannico Arnold Toynbee ha rilevato la differenza con cui gli spagnoli cattolici trattarono le popolazioni indie, convertendole - la regina Isabella chiarì subito che quelli erano uomini, e avevano un’anima - e il trattamento che gli anglosassoni protestanti riservarono ai loro indiani.
Quei coloni, protestanti, si ritenevano «il vero Israele» e leggevano nella Bibbia le prescrizioni su come  " trattare "  i nemici, gli «amaleciti», i «cananei» che già abitavano nella terra «promessa» ai bianchi:

ucciderli tutti fino all’ultimo, senza alcun tentativo di integrazione.

 

Altre analogie che si possono riscontrare fra il trattamento dei pellerossa e quelli dei palestinesi sono:
 a) - sistematica violazione di tutti i patti sottoscritti (oggi: accordi di Oslo e risoluzioni ONU   rimangono lettera morta);
 b) - cattura e detenzione dei capi nemici ;
c) - enorme sproporzione militare tra l’ esercito da una parte ed i combattenti avversari dall’altra;
d) - nemici ritenuti non legittimi combattenti-patrioti , ma «ribelli», selvaggi e incivili (oggi: «terroristi»).
Resta da considerare il giudizio sugli attacchi ai civili, di allora e di oggi ( generalmente portati in ritorsione di altri attacchi ai civili ) .
Es. : La legge americana condannava all’impiccagione l’indiano che uccideva un bianco, ma lasciava impunito il bianco che uccideva un indiano.
Per la legge israeliana, trova posto come minimo una differenza nella severità di giudizio, nel caso del palestinese che uccide un israeliano e viceversa.
Il premier israeliano Olmert ha dichiarato: «... le vite e il benessere degli abitanti di Sderot (sobborgo ebraico oltre il Muro) sono più importanti della morte di decine di palestinesi innocenti»;
e)  - corruzione & creazione nell’etnia avversaria di fazioni ed entità collaborazioniste (oggi: «moderate»);
f) - concentramento della popolazione nemica (oggi i palestinesi vivono, specialmente a Gaza, in  un campo  di concentramento a cielo aperto).

 

- Maltrattamenti di ogni genere

 ((oggi: blocco finanziario,

divieto di cambiare assegni esteri,

chiusura dei valichi e dell’aeroporto,

distruzione di infrastrutture civili,

demolizione di case,

lancio di missili contro automobili e contro bagnanti,

confisca di terre, isolamento di villaggi,

devastazione di colture,

sarcastica prescrizione di «cura dimagrante» all’intera popolazione,

piccole angherie come costringere un pover’uomo a suonare il violino ad un posto di blocco, ecc. ecc.)) ;
- stragi: es.  Sabra e Chatila può essere paragonata a Wounded Knee, con una sola differenza: a Sabra e Chatila non c’era la neve.
Come si sa, la guerra anti-indiana finì con la totale sconfitta degli indiani stessi, tra la totale indifferenza del Mondo.
Come finirà per i palestinesi, è difficile prevederlo ( mica tanto
bah) , ma l’indifferenza per la loro sorte mi sembra identica.
Per la verità, a differenza di allora, oggi esiste un organismo internazionale che per statuto dovrebbe intervenire, e cioè l’ONU...
:patpat: , ma la sua scandalosa inerzia o paralisi è sotto gli occhi di tutti.
Esiste anche un’entità che potrebbe almeno condannare, e cioè la Chiesa Cattolica, ma il suo  silenzio appare a tutti altrettanto evidente 
.schiaf

 

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non era velata proprio per nulla.
Perchè la frase "si poteva anche non dare nessun territorio" non so spiegarmela diversamente.
Sarà un mio limite. Ma ahimè non trovo altre risposte.
Non ci vedo antisemitismo. Casomai è l'antisemitismo ad aver spinto gli ebrei verso l'idea di doversi creare una loro patria dopo millenni.


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Beh all'inizio il sionismo propose Argentina e Uganda come soluzioni.
E proprio questo ti dimostra che è essenzialmente un movimento colonialista che poi ha USATO il legame storico e religioso degli ebrei con la terra di Palestina per legittimare tale colonizzazione. Lo scopo era creare una nazione per gli ebrei perché in Europa si sentivano sopportati, punto, ecco perché i discorsi che tendono a far sembrare la questione Israelo-palestinese come una "guerra civile" tra gente che ha sempre vissuto lì sono menzogne, perché il problema non è relativo a quei pochi ebrei che c'erano già prima, ma a tutti quelli che arrivarono dopo!

ora spiegami cosa centra questo??
ogni tanto quando sei senza argomenti la butti sulle accuse velate di antiseminismo(successo 20 pagine fa con me,ogni 5 con altri) 
la mia risposta era a una semplice  domanda
c'era un posto migliore della palestina per creare uno stato ebraico??
secondo me no
cosa sarebbe successo se veniva imposto in sicilia,sardegna,lombardia,corsica,catalogna portogallo,egitto,tunisia etc etc etc??
la stessa identica cosa che succede ora in palestina.
probababilmente gli unici posti dove non sarebbe successo niente era in zone inospitali per l'uomo quindi di conseguenza non praticabili


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14 ore fa, JuventusOnly ha scritto:

Non ci vedo antisemitismo. Casomai è l'antisemitismo ad aver spinto gli ebrei verso l'idea di doversi creare una loro patria dopo millenni.


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Certamente è stato l'antisemitismo una delle ragioni del sionismo.

Il punto è che quella frase:  "si poteva anche non dare alcun territorio" contiene tre grossi problemi perchè:

 

1) significa non riconoscere l'immane contraccolpo subito dagli ebrei e pensare quindi che potessero continuare a rimanere nei luoghi del massacro, a contatto con la stessa gente che li aveva massacrati ed alla mercè del primo macellaio che si fosse svegliato una mattina deciso a finire il lavoro lasciato a metà dall'imbianchino austriaco;

2) significa non riconoscere il valore del sangue versato in 2000 anni di persecuzioni, emarginazione, pogrom, sinagoghe bruciate con la gente chiusa dentro, camere a gas e milioni di morti;

3) significa non riconoscere il dovere della comunità internazionale di risarcire questa gente con una terra tutta loro quale compensazione di 2000 anni di Storia criminale: religiosa, politica, sociale ed economica. E se poi questo dovere dovesse derivare - come taluni dicono - da un complesso di colpa occidentale, allora io auspico che tale complesso di colpa possa durare per i prossimi 1.930 anni.

 

Tutto questo, a casa mia, si chiama antisemitismo. O meglio, antiebraismo, e giocoforza preclude qualsiasi base ermeneutica di discussione.

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Tutto molto bello, ma il palestinese giustamente ti dice "Lo massacri e lo perseguiti tu e poi devo pagare il conto io?", perché alla fine questo è, se proprio devi giustificare il sionismo perché ti senti in dovere di farti perdonare qualcosa allora dovevi pianificare la cosa in un altro modo, prendevi un pezzo d'Europa e glielo regalavi come risarcimento, per dire.

Certamente è stato l'antisemitismo una delle ragioni del sionismo.
Il punto è che quella frase:  "si poteva anche non dare alcun territorio" contiene tre grossi problemi perchè:
 
1) significa non riconoscere l'immane contraccolpo subito dagli ebrei e pensare quindi che potessero continuare a rimanere nei luoghi del massacro, a contatto con la stessa gente che li aveva massacrati ed alla mercè del primo macellaio che si fosse svegliato una mattina deciso a finire il lavoro lasciato a metà dall'imbianchino austriaco;
2) significa non riconoscere il valore del sangue versato in 2000 anni di persecuzioni, emarginazione, pogrom, sinagoghe bruciate con la gente chiusa dentro, camere a gas e milioni di morti;
3) significa non riconoscere il dovere della comunità internazionale di risarcire questa gente con una terra tutta loro quale compensazione di 2000 anni di Storia criminale: religiosa, politica, sociale ed economica. E se poi questo dovere dovesse derivare - come taluni dicono - da un complesso di colpa occidentale, allora io auspico che tale complesso di colpa possa durare per i prossimi 1.930 anni.
 
Tutto questo, a casa mia, si chiama antisemitismo. O meglio, antiebraismo, e giocoforza preclude qualsiasi base ermeneutica di discussione.


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Quoto

 

LA GIORDANIA E GERUSALEMME
 

Giancarlo Pani

5 maggio 2018


 

ABSTRACT – Nell’intricato rapporto tra israeliani e palestinesi per ciò che concerne la Terra Santa, e in particolare per lo status della città di Gerusalemme, non va dimenticato un terzo attore, la Giordania. Dal 1948, anno di nascita dello Stato di Israele, ad oggi, circa 2.200.000 palestinesi si sono riversati in Giordania. Molti di essi oggi si sono in qualche modo «naturalizzati», ma ci sono ancora coloro che vivono da profughi e che vorrebbero ritornare nelle loro case. Va ricordato anche che il luogo santo per antonomasia, al’Haram ash-Sharif («il recinto sacro»), che gli ebrei chiamano Har ha-Bait («il monte della casa [di Dio]»), è sotto il controllo formale dell’ente islamico-giordano Al Waqf, la fondazione pia musulmana che si occupa dei luoghi sacri dell’islam. Tuttavia il grande piazzale delle moschee e la Città Vecchia di Gerusalemme sono legati ad antichissime tradizioni delle tre grandi religioni abramitiche monoteiste: l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam.

Nell’attuale fase critica del processo di pace va rilevato l’atteggiamento discreto e prudente, ma senza ambiguità, che il re di Giordania, Abdallah II, sta cercando di mantenere, anche dopo la dichiarazione di Trump sullo spostamento dell’ambasciata statunitense. Lo documenta il suo intervento al World Economic Forum di Davos alla fine di gennaio, in cui sono parse riecheggiare anche le parole di papa Francesco ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede: internazionalizzazione dei luoghi santi e Gerusalemme capitale d’Israele e della Palestina.

La minaccia che incombe anche sulla Giordania è notevole. Se avverrà la prevista inaugurazione dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, in concomitanza con il 70° anniversario della nascita dello Stato di Israele, e se Trump accetterà l’invito di Netanyahu a presiedere alla cerimonia, è prevedibile che ad Amman, e in tutto il mondo islamico, le tensioni riesploderanno.

La posizione della Giordania, come pure le Risoluzioni delle Nazioni Unite e la posizione della Santa Sede si scontrano con le aspettative fondamentaliste che circolano anche in Israele e negli Stati Uniti, su un piano religioso più che politico, basate sulla convinzione di una ormai imminente «seconda discesa del Messia» e dell’arrivo dell’Apocalisse finale. In questo quadro, il principale ostacolo a qualsiasi accordo nel segno della coesistenza e della reciproca accettazione non sarebbe affatto Israele; ma piuttosto l’integralismo di ogni fede e colore, sostenuto da entusiasti e fanatici della mentalità autolesionista di chi si percepisce assediato da ogni parte e può difendersi solo con la forza e la violenza. È la mentalità del «Muro di ferro» (Iron Wall), teorizzato da Ze’ev Jabotinsky.

La Civilità Cattolica

 

Interessante articolo che vi propongo 

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La voce degli ebrei contro Israele su Gaza e Gerusalemme

 

Migliaia di persone che condannano l'uso della forza e la colonizzazione. Ma anche rabbini che criticano lo spostamento dell'ambasciata americana. Le parole di chi si dissocia dalle politiche di Netanyahu.

trice di Gerusalemme Natalie Portman ha rispedito al mittente, «a causa dei recenti avvenimenti», il premio da 1 milione di dollari che quest'anno le sarebbe stato insignito da Israele come paladina dei valori ebraici. La star israeliana, naturalizzata americana, non si sentiva a posto con la coscienza a ritirare pubblicamente il premio Genesis, considerato il Nobel ebraico, nel Paese d'origine, mentre lungo il confine con Gaza si contavano già decine di morti palestinesi, uccisi dagli spari degli agenti o intossicati dai gas. Non erano ancora gli oltre 60 manifestanti morti e gli oltre 2 mila feriti della strage del 14 maggio 2018, in concomitanza con l'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, ma le violenze ininterrotte dal 30 marzo bastavano a dire no.

GLI EBREI CONTRO. Con Portman, che con la sua eco ha lanciato un segnale forte e simbolico, altre decine di migliaia di ebrei sono schierate contro la colonizzazione del governo di destra radicale di Benjamin Netanyahu, un'occupazione sdoganata dal presidente americano amico Donald Trump. In Israele, gli attivisti di sinistra sfilano per le strade di Tel Aviv, ma gli oppositori non sono la maggioranza: negli ultimi sondaggi, l'ambasciata degli Usa a Gerusalemme e il suo riconoscimento come unica capitale di Israele ha tra il 66% e il 73% dei consensi degli abitanti ebrei (tra gli arabi israeliani il 6%). Nel mondo, gli ebrei filo-palestinesi come Portman sono invece molti di più e forte, soprattutto tra i giovani ebrei americani, è la disaffezione verso lo Stato e le politiche di Israele.

In un'indagine di febbraio 2018 sulla – vasta – comunità ebraica della Baia di San Francisco, in California, appena l'11% tra i ragazzi tra i 18 e i 34 anni si è detto davvero attaccato a Israele e il 34% considera davvero importante l'esistenza di uno Stato ebraico. Un approccio critico già emerso da uno studio approfondito del 2013 del Pew Research Center sugli ebrei americani, secondo il quale, pur restando forti per la maggioranza le radici ebraiche, solo per il 38% degli interpellati (di varie generazioni e più o meno religiosi) Israele sta facendo uno «sforzo sincero nel cercare la pace con i palestinesi». Appena il 17% reputava utile continuare a costruire insediamenti nella West Bank e anzi per il 44% si scontrava con l'interesse della sicurezza nazionale.

IL NO DAGLI USA. Oltreoceano gli ebrei scettici sono aumentati di pari passo con i governi sempre più radicali e sionisti di Netanyahu e con l'elezione, nel 2016, di Trump. «Oltraggiato anche dal ritiro degli Stati Uniti dall'accordo nucleare con l'Iran», avvenuto in «stretta coordinazione con il primo ministro israeliano Netanyahu», il grande gruppo Jewish voice for peace (Jvp), promotore dagli Usa di diverse petizioni filo-palestinesi, ha iniziato a organizzare marce e mobilitazioni internazionali sin dai primi morti alla frontiera con Gaza. Il contemporaneo trasferimento dell'ambasciata americana a Gerusalemme equivale alla «celebrazione dell'annessione», ha chiosato il direttore di Jvp Rebecca Vilkomerson, «unanakba continua, la catastrofe imposta da Israele ai palestinesi».

Non possiamo restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati

I RABBINI DI JEWISH VOICE FOR PEACE

 

Diversi rabbini membri dell'organizzazione denunciano la «profanazione di Gerusalemme con l'irresponsabile e immorale mossa di Trump», dichiarando di «non poter restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati, impegnati in una protesta non violenta». Dall'inizio della Grande marcia del ritorno dei confinati di Gaza, Jvp ha preso parte a oltre 45 dimostrazioni negli Usa. Anche il movimento giovanile di ebrei americani di IfNotNow, appoggiati dal senatore Bernie Sanders, ebreo socialista e leader della sinistra dei democratici, si sta mobilitando contro «l'incubo dell'occupazione dei palestinesi» e le «spaventose violenze di Gaza».

GLI ATTIVISTI DI TEL AVIV. La chiamata ai membri a decidere e attuare forti mosse, «contro il massacro commesso in nostro nome» ha accusato il portavoce di IfNotNow Ethan Miller, è per il 17 maggio. Anche nella Tel Aviv liberal e progressista – piuttosto che nella Gerusalemme ripopolata di sionisti e ortodossi – l'attivismo di sinistra non fa sconti al duo Netanyahu-Trump. Scritte «in memoria e in solidarietà» delle vittime palestinesi sono apparse nelle strade. E all'indomani della strage di Gaza – e nel 70esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele – centinaia di oppositori hanno manifestato per «non essere associati al massacro in corso». Tra loro, Alon-Lee Green del movimento Standing Together, era turbato dalle «surreali e indigeribili immagini della cerimonia di Ivanka Trump a bere champagne all'inaugurazione dell'ambasciata».

 

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4 minuti fa, Vonpalace ha scritto:

La voce degli ebrei contro Israele su Gaza e Gerusalemme

 

Migliaia di persone che condannano l'uso della forza e la colonizzazione. Ma anche rabbini che criticano lo spostamento dell'ambasciata americana. Le parole di chi si dissocia dalle politiche di Netanyahu.

trice di Gerusalemme Natalie Portman ha rispedito al mittente, «a causa dei recenti avvenimenti», il premio da 1 milione di dollari che quest'anno le sarebbe stato insignito da Israele come paladina dei valori ebraici. La star israeliana, naturalizzata americana, non si sentiva a posto con la coscienza a ritirare pubblicamente il premio Genesis, considerato il Nobel ebraico, nel Paese d'origine, mentre lungo il confine con Gaza si contavano già decine di morti palestinesi, uccisi dagli spari degli agenti o intossicati dai gas. Non erano ancora gli oltre 60 manifestanti morti e gli oltre 2 mila feriti della strage del 14 maggio 2018, in concomitanza con l'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, ma le violenze ininterrotte dal 30 marzo bastavano a dire no.

GLI EBREI CONTRO. Con Portman, che con la sua eco ha lanciato un segnale forte e simbolico, altre decine di migliaia di ebrei sono schierate contro la colonizzazione del governo di destra radicale di Benjamin Netanyahu, un'occupazione sdoganata dal presidente americano amico Donald Trump. In Israele, gli attivisti di sinistra sfilano per le strade di Tel Aviv, ma gli oppositori non sono la maggioranza: negli ultimi sondaggi, l'ambasciata degli Usa a Gerusalemme e il suo riconoscimento come unica capitale di Israele ha tra il 66% e il 73% dei consensi degli abitanti ebrei (tra gli arabi israeliani il 6%). Nel mondo, gli ebrei filo-palestinesi come Portman sono invece molti di più e forte, soprattutto tra i giovani ebrei americani, è la disaffezione verso lo Stato e le politiche di Israele.

In un'indagine di febbraio 2018 sulla – vasta – comunità ebraica della Baia di San Francisco, in California, appena l'11% tra i ragazzi tra i 18 e i 34 anni si è detto davvero attaccato a Israele e il 34% considera davvero importante l'esistenza di uno Stato ebraico. Un approccio critico già emerso da uno studio approfondito del 2013 del Pew Research Center sugli ebrei americani, secondo il quale, pur restando forti per la maggioranza le radici ebraiche, solo per il 38% degli interpellati (di varie generazioni e più o meno religiosi) Israele sta facendo uno «sforzo sincero nel cercare la pace con i palestinesi». Appena il 17% reputava utile continuare a costruire insediamenti nella West Bank e anzi per il 44% si scontrava con l'interesse della sicurezza nazionale.

IL NO DAGLI USA. Oltreoceano gli ebrei scettici sono aumentati di pari passo con i governi sempre più radicali e sionisti di Netanyahu e con l'elezione, nel 2016, di Trump. «Oltraggiato anche dal ritiro degli Stati Uniti dall'accordo nucleare con l'Iran», avvenuto in «stretta coordinazione con il primo ministro israeliano Netanyahu», il grande gruppo Jewish voice for peace (Jvp), promotore dagli Usa di diverse petizioni filo-palestinesi, ha iniziato a organizzare marce e mobilitazioni internazionali sin dai primi morti alla frontiera con Gaza. Il contemporaneo trasferimento dell'ambasciata americana a Gerusalemme equivale alla «celebrazione dell'annessione», ha chiosato il direttore di Jvp Rebecca Vilkomerson, «unanakba continua, la catastrofe imposta da Israele ai palestinesi».

Non possiamo restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati

I RABBINI DI JEWISH VOICE FOR PEACE

 

Diversi rabbini membri dell'organizzazione denunciano la «profanazione di Gerusalemme con l'irresponsabile e immorale mossa di Trump», dichiarando di «non poter restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati, impegnati in una protesta non violenta». Dall'inizio della Grande marcia del ritorno dei confinati di Gaza, Jvp ha preso parte a oltre 45 dimostrazioni negli Usa. Anche il movimento giovanile di ebrei americani di IfNotNow, appoggiati dal senatore Bernie Sanders, ebreo socialista e leader della sinistra dei democratici, si sta mobilitando contro «l'incubo dell'occupazione dei palestinesi» e le «spaventose violenze di Gaza».

GLI ATTIVISTI DI TEL AVIV. La chiamata ai membri a decidere e attuare forti mosse, «contro il massacro commesso in nostro nome» ha accusato il portavoce di IfNotNow Ethan Miller, è per il 17 maggio. Anche nella Tel Aviv liberal e progressista – piuttosto che nella Gerusalemme ripopolata di sionisti e ortodossi – l'attivismo di sinistra non fa sconti al duo Netanyahu-Trump. Scritte «in memoria e in solidarietà» delle vittime palestinesi sono apparse nelle strade. E all'indomani della strage di Gaza – e nel 70esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele – centinaia di oppositori hanno manifestato per «non essere associati al massacro in corso». Tra loro, Alon-Lee Green del movimento Standing Together, era turbato dalle «surreali e indigeribili immagini della cerimonia di Ivanka Trump a bere champagne all'inaugurazione dell'ambasciata».

 

come vedete in israele c'è democrazia, ci sono dibattiti, c'è la sinistra la destra, come in ogni stato democratico.

il paese è circondato da stati ostili che non lo accettano e quindi come sempre è la destra che va al potere in queste situazioni.

non ci sono cattivi, non c'è nessuno strano complotto sionista o chissà cos'altro di oscuro.

 

 

 

 

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58 minuti fa, Vonpalace ha scritto:

Non possiamo restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati

Donne e bambini fino ad un certo punto: dei 62 palestinesi rimasti uccisi l'altro giorno, ben 50 erano membri di Hamas, così come confermato ufficialmente da un portavoce di Hamas.

E siccome per Hamas ogni israeliano è un bersaglio lecito, ugualmente per i soldati israeliani diventa bersaglio ogni membro di Hamas.

 

Hamas claims 50 of its members died in Monday's clashes in Gaza

By Ian Lee and Salma Abdelaziz, CNN

Gaza (CNN)A senior member of Hamas' political bureau said during a TV interview on Wednesday that 50 people killed by Israeli soldiers during clashes in Gaza on Monday were members of Hamas.

Salah al-Bardaweel was responding to suggestions from the interviewer that Hamas, the militant group that runs Gaza, was sending other people to die in the protests.
"In the last round [of demonstrations] 62 people were martyred; 50 of them are from Hamas and 12 from the people," al-Bardaweel replied, adding, "I am telling you, these are official numbers."
Israeli officials have seized on the comment as supporting their position that the demonstrations at the fence separating Gaza from Israel are directed by Hamas.
Israel Defense Forces spokesman Jonathan Conricus tweeted a clip from the interview and wrote, "Senior Hamas official sets the record straight on who was killed in last Hamas-orchestrated riots: '50 of the 62 martyrs were Hamas.' Take his word for it. This was not peaceful protest."
Hamas spokesman Abdel Latif Quanau, in a phone conversation with CNN, would not confirm or deny the number of fatalities linked to Hamas.
"I do not have specific numbers but all the factions have participated in the demonstrations, and they are all being targeted," Quanau said.
He added, "The protests are peaceful and include all political and military factions. The Qassem Brigade, Hamas, Islamic Jihad, and all the factions, are a part of the Palestinian people. When the people decided to move, all the people of all the different factions moved with them. And just as [the various factions] pursue military resistance, they also pursue peaceful resistance."
Ahmed Abu Artema, widely credited as the person who brought the latest wave of demonstrations into being, cast doubt on Hamas' claims.
"I personally doubt the number," he told CNN in a phone conversation. "This is rhetoric, I don't believe [al-Bardaweel] has confirmed the number; the reporter provoked him with his question."
But, he added, "even if the number was right, the [political and military] factions are a part of our society."

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A proposito di donne e bambini disarmati.... .ehm :

  • Zvika Golombek, 26 anni
  • Shoshana Yehudit (Judy) Greenbaum, 31 anni (5 months pregnant)
  • Tehila Maoz, 18 anni
  • Frieda Mendelsohn, 62 anni
  • Michal Raziel, 16 anni
  • Malka Chana (Malki) Roth, 15 anni
  • Mordechai Schijveschuurder, 43 (padre)
  • Tzira Schijveschuurder, 41 (madre)
  • Ra'aya Schijveschuurder, 14 anni (primo figlio)
  • Avraham Yitzhak Schijveschuurder, 4 anni (secondo figlio)
  • Hemda Schijveschuurder, 2 anni (terzo figlio)
  • Lily Shimashvili, 33 anni (madre)
  • Tamara Shimashvili, 8 anni (figlia)
  • Yocheved Shoshan, 10 anni
  • Giora Balash, 60 anni

Chi sono?

Sono le vittime dell'attentato terroristico perpetrato da Hamas alla pizzeria Sbarro a Gerusalemme il 9 agosto 2001 nell'ora di punta, così da essere sicuri che fosse bene affollata. Tra le vittime una intera famiglia con tre figli piccoli, una madre con una bimba ed una donna incinta.

Quindi si trattava di civili e famiglie intente a pranzare: eppure non mi pare di ricordare, dalle nostre parti, manifestazioni di sdegno contro Hamas, proposte di boicottaggi, paragoni con gli indiani d'America, appelli di intellettuali ed altre amenità di questo genere .nono

 

 

L'attentato alla pizzeria sbarro è solo uno dei 93 attcchi suicidi diretti quasi tutti contro civili, perpetrati da Hamas tra il 1993 ed oggi, con un  costo di circa 490 morti e 430 feriti.

 

 

Tutto questo per ricordare ai giuggioloni che lo avessero dimenticato che Hamas non è una associazione caritatevole dedita alle cure dell'infanzia abbandonata, ma un'organizzazione terroristica stragista il cui fine ultimo è la distruzione dello stato di Israele E lo sterminio degli ebrei: obiettivo dichiarato nello statuto di Hamas (preambolo e art. 7). .ehm

Quindi, per Hamas, non si tratta solo di combattere uno Stato (Israele), ma anche di sterminare la sua popolazione (gli ebrei):

 

"The Day of Judgment will not come about until Moslems fight Jews and kill them. Then, the Jews will hide behind rocks and trees, and the rocks and trees will cry out: 'O Moslem, there is a Jew hiding behind me, come and kill him." (art. 7)

 

 

PS prima che qualche giuggiolone mi informi che Hamas fa anche welfare, dico che:

anche l'NSDAP, oltre alle SS ed alla Gestapo, aveva il KdF (Kraft durch Freude) ed il WHW (Winterhilfswerk), ma ciò non ha impedito che fosse dichiarata una organizazione criminale e stragista colpevole di crimini contro l'umanità ed i suoi gerarchi impiccati (giustamente) a Normberga.

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3 ore fa, sol invictus ha scritto:

A proposito di donne e bambini disarmati.... .ehm :

  • Zvika Golombek, 26 anni
  • Shoshana Yehudit (Judy) Greenbaum, 31 anni (5 months pregnant)
  • Tehila Maoz, 18 anni
  • Frieda Mendelsohn, 62 anni
  • Michal Raziel, 16 anni
  • Malka Chana (Malki) Roth, 15 anni
  • Mordechai Schijveschuurder, 43 (padre)
  • Tzira Schijveschuurder, 41 (madre)
  • Ra'aya Schijveschuurder, 14 anni (primo figlio)
  • Avraham Yitzhak Schijveschuurder, 4 anni (secondo figlio)
  • Hemda Schijveschuurder, 2 anni (terzo figlio)
  • Lily Shimashvili, 33 anni (madre)
  • Tamara Shimashvili, 8 anni (figlia)
  • Yocheved Shoshan, 10 anni
  • Giora Balash, 60 anni

Chi sono?

Sono le vittime dell'attentato terroristico perpetrato da Hamas alla pizzeria Sbarro a Gerusalemme il 9 agosto 2001 nell'ora di punta, così da essere sicuri che fosse bene affollata. Tra le vittime una intera famiglia con tre figli piccoli, una madre con una bimba ed una donna incinta.

Quindi si trattava di civili e famiglie intente a pranzare: eppure non mi pare di ricordare, dalle nostre parti, manifestazioni di sdegno contro Hamas, proposte di boicottaggi, paragoni con gli indiani d'America, appelli di intellettuali ed altre amenità di questo genere .nono

 

 

L'attentato alla pizzeria sbarro è solo uno dei 93 attcchi suicidi diretti quasi tutti contro civili, perpetrati da Hamas tra il 1993 ed oggi, con un  costo di circa 490 morti e 430 feriti.

 

 

Tutto questo per ricordare ai giuggioloni che lo avessero dimenticato che Hamas non è una associazione caritatevole dedita alle cure dell'infanzia abbandonata, ma un'organizzazione terroristica stragista il cui fine ultimo è la distruzione dello stato di Israele E lo sterminio degli ebrei: obiettivo dichiarato nello statuto di Hamas (preambolo e art. 7). .ehm

Quindi, per Hamas, non si tratta solo di combattere uno Stato (Israele), ma anche di sterminare la sua popolazione (gli ebrei):

 

"The Day of Judgment will not come about until Moslems fight Jews and kill them. Then, the Jews will hide behind rocks and trees, and the rocks and trees will cry out: 'O Moslem, there is a Jew hiding behind me, come and kill him." (art. 7)

 

 

PS prima che qualche giuggiolone mi informi che Hamas fa anche welfare, dico che:

anche l'NSDAP, oltre alle SS ed alla Gestapo, aveva il KdF (Kraft durch Freude) ed il WHW (Winterhilfswerk), ma ciò non ha impedito che fosse dichiarata una organizazione criminale e stragista colpevole di crimini contro l'umanità ed i suoi gerarchi impiccati (giustamente) a Normberga.

Già, peccato che raccontata così uno potrebbe pensare che gli israeliani se ne stavano belli tranquilli a casa loro e i palestinesi sono impazziti all'improvviso facendo nascere Hamas!

Hamas non è altro che la conseguenza estrema di decenni di soprusi e violenze contro un popolo, o veramente pensavi che gli avrebbero portato i fiori? Pure un gattino indifeso se lo metti all'angolo e lo prendi a pedate ogni giorno prima o poi si ribellerà e ti salterà in faccia, ovviamente per gli israeliani diventerebbe "il gatto terrorista". :patpat:

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41 minuti fa, JuventusOnly ha scritto:

Già, peccato che raccontata così uno potrebbe pensare che gli israeliani se ne stavano belli tranquilli a casa loro e i palestinesi sono impazziti all'improvviso facendo nascere Hamas!

Hamas non è altro che la conseguenza estrema di decenni di soprusi e violenze contro un popolo, o veramente pensavi che gli avrebbero portato i fiori? Pure un gattino indifeso se lo metti all'angolo e lo prendi a pedate ogni giorno prima o poi si ribellerà e ti salterà in faccia, ovviamente per gli israeliani diventerebbe "il gatto terrorista". :patpat:

So benissimo che Hamas nasce nell'ambito del conflitto israelo-palestinese: il punto non è quello. Il punto è la narrativa che se ne fa, soprattutto qui in Occidente e soprattutto da una certa parte: dove da un lato ci sono solo militari sterminatori che si divertono a fare il tiro al bersaglio su presunti civili indifesi (in realtà 50 su 62 erano miliziani di Hamas) e dall'altra parte solo vittime sacrificali.

Quando in realtà sappiamo benissimo che non è così.

Il fatto che  da un po' di tempo non ci siano o quasi attentati in Israele (grazie alle ferree misure preventive e di sicurezza generale) non deve far dimenticare i primi due o tre anni della seconda intifada, quando attentati come quello di Sbarro erano all'ordine della settimana.

Ma molti, volutamente, lo hanno dimenticato. Ed anche quando avvenivano, questi attentati, certi figuri non spendevano neanche un decimo della compassione che invece prodigano quando ad essere colpita è la "loro parte preferita". Equilibrio questo sconosciuto.

 

Io contesto questa narrativa e la strumentalizzazione da tifoseria che se ne fa.

Quindi ho voluto rinfrescare un po' la memoria ai giuggioloni di casa nostra.

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Lo spostamento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme è una decisione unilaterale, illegittima e inutile. In cambio di un po' di legittimazione sul fronte interno, Trump consegna a Israele e al prode Netanyahu uno stolido regalo, senza alcuna ricaduta positiva per gli interessi statunitensi nella regione. Anzi, sarà (come sta già accadendo) un atto foriero di nuovi lutti e tensioni nel conflitto israelo-palestinese, da cui deriveranno nuove ferite per entrambi i contendenti.

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Sono tutto tranne che un esperto sulla questione Israele/Palestina, ma non ho mai capito il perché dell'estrema polarizzazione delle opinioni sul tema, che ho riscontrato anche in questo topic.

 

Da una parte, chi osa far notare i comportamenti quantomeno discutibili da parte di Israele viene tacciato di antisemitismo alla stregua del peggior Hitler; dall'altra, c'è chi nega l'innegabile, ovvero che è sacrosanto per i palestinesi fare sentire la propria voce e ribellarsi a tutte le varie misure messe in campo da Israele negli ultimi decenni (i nuovi insediamenti su tutti), ma che il terrorismo non può mai essere la strada giusta per rivendicare i propri diritti e che quindi Hamas non è certo esente da responsabilità nella situazione di tensione odierna.

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Il 20/5/2018 Alle 22:01, Vonpalace ha scritto:

La voce degli ebrei contro Israele su Gaza e Gerusalemme

 

Migliaia di persone che condannano l'uso della forza e la colonizzazione. Ma anche rabbini che criticano lo spostamento dell'ambasciata americana. Le parole di chi si dissocia dalle politiche di Netanyahu.

trice di Gerusalemme Natalie Portman ha rispedito al mittente, «a causa dei recenti avvenimenti», il premio da 1 milione di dollari che quest'anno le sarebbe stato insignito da Israele come paladina dei valori ebraici. La star israeliana, naturalizzata americana, non si sentiva a posto con la coscienza a ritirare pubblicamente il premio Genesis, considerato il Nobel ebraico, nel Paese d'origine, mentre lungo il confine con Gaza si contavano già decine di morti palestinesi, uccisi dagli spari degli agenti o intossicati dai gas. Non erano ancora gli oltre 60 manifestanti morti e gli oltre 2 mila feriti della strage del 14 maggio 2018, in concomitanza con l'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, ma le violenze ininterrotte dal 30 marzo bastavano a dire no.

GLI EBREI CONTRO. Con Portman, che con la sua eco ha lanciato un segnale forte e simbolico, altre decine di migliaia di ebrei sono schierate contro la colonizzazione del governo di destra radicale di Benjamin Netanyahu, un'occupazione sdoganata dal presidente americano amico Donald Trump. In Israele, gli attivisti di sinistra sfilano per le strade di Tel Aviv, ma gli oppositori non sono la maggioranza: negli ultimi sondaggi, l'ambasciata degli Usa a Gerusalemme e il suo riconoscimento come unica capitale di Israele ha tra il 66% e il 73% dei consensi degli abitanti ebrei (tra gli arabi israeliani il 6%). Nel mondo, gli ebrei filo-palestinesi come Portman sono invece molti di più e forte, soprattutto tra i giovani ebrei americani, è la disaffezione verso lo Stato e le politiche di Israele.

In un'indagine di febbraio 2018 sulla – vasta – comunità ebraica della Baia di San Francisco, in California, appena l'11% tra i ragazzi tra i 18 e i 34 anni si è detto davvero attaccato a Israele e il 34% considera davvero importante l'esistenza di uno Stato ebraico. Un approccio critico già emerso da uno studio approfondito del 2013 del Pew Research Center sugli ebrei americani, secondo il quale, pur restando forti per la maggioranza le radici ebraiche, solo per il 38% degli interpellati (di varie generazioni e più o meno religiosi) Israele sta facendo uno «sforzo sincero nel cercare la pace con i palestinesi». Appena il 17% reputava utile continuare a costruire insediamenti nella West Bank e anzi per il 44% si scontrava con l'interesse della sicurezza nazionale.

IL NO DAGLI USA. Oltreoceano gli ebrei scettici sono aumentati di pari passo con i governi sempre più radicali e sionisti di Netanyahu e con l'elezione, nel 2016, di Trump. «Oltraggiato anche dal ritiro degli Stati Uniti dall'accordo nucleare con l'Iran», avvenuto in «stretta coordinazione con il primo ministro israeliano Netanyahu», il grande gruppo Jewish voice for peace (Jvp), promotore dagli Usa di diverse petizioni filo-palestinesi, ha iniziato a organizzare marce e mobilitazioni internazionali sin dai primi morti alla frontiera con Gaza. Il contemporaneo trasferimento dell'ambasciata americana a Gerusalemme equivale alla «celebrazione dell'annessione», ha chiosato il direttore di Jvp Rebecca Vilkomerson, «unanakba continua, la catastrofe imposta da Israele ai palestinesi».

Non possiamo restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati

I RABBINI DI JEWISH VOICE FOR PEACE

 

Diversi rabbini membri dell'organizzazione denunciano la «profanazione di Gerusalemme con l'irresponsabile e immorale mossa di Trump», dichiarando di «non poter restare in silenzio di fronte all'uccisione continua, da parte dei militari israeliani, di uomini, donne e bambini disarmati, impegnati in una protesta non violenta». Dall'inizio della Grande marcia del ritorno dei confinati di Gaza, Jvp ha preso parte a oltre 45 dimostrazioni negli Usa. Anche il movimento giovanile di ebrei americani di IfNotNow, appoggiati dal senatore Bernie Sanders, ebreo socialista e leader della sinistra dei democratici, si sta mobilitando contro «l'incubo dell'occupazione dei palestinesi» e le «spaventose violenze di Gaza».

GLI ATTIVISTI DI TEL AVIV. La chiamata ai membri a decidere e attuare forti mosse, «contro il massacro commesso in nostro nome» ha accusato il portavoce di IfNotNow Ethan Miller, è per il 17 maggio. Anche nella Tel Aviv liberal e progressista – piuttosto che nella Gerusalemme ripopolata di sionisti e ortodossi – l'attivismo di sinistra non fa sconti al duo Netanyahu-Trump. Scritte «in memoria e in solidarietà» delle vittime palestinesi sono apparse nelle strade. E all'indomani della strage di Gaza – e nel 70esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele – centinaia di oppositori hanno manifestato per «non essere associati al massacro in corso». Tra loro, Alon-Lee Green del movimento Standing Together, era turbato dalle «surreali e indigeribili immagini della cerimonia di Ivanka Trump a bere champagne all'inaugurazione dell'ambasciata».

 

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2 ore fa, Fra The Best ha scritto:

Sono tutto tranne che un esperto sulla questione Israele/Palestina, ma non ho mai capito il perché dell'estrema polarizzazione delle opinioni sul tema, che ho riscontrato anche in questo topic.

 

Da una parte, chi osa far notare i comportamenti quantomeno discutibili da parte di Israele viene tacciato di antisemitismo alla stregua del peggior Hitler; dall'altra, c'è chi nega l'innegabile, ovvero che è sacrosanto per i palestinesi fare sentire la propria voce e ribellarsi a tutte le varie misure messe in campo da Israele negli ultimi decenni (i nuovi insediamenti su tutti), ma che il terrorismo non può mai essere la strada giusta per rivendicare i propri diritti e che quindi Hamas non è certo esente da responsabilità nella situazione di tensione odierna.

non c'è e penso non ci sarà mai serenità di giudizio su questo argomento.

sicuramente israele (a volte) ci va giù pesante, ma è altrettanto indubbio che i palestinesi e le loro organizzazioni (tipo hamas) se la vanno a cercare continuamente, se avessero un'altro atteggiamento io sono stra convinto che la situazione migliorerebbe e non di poco.

israele si sente (ed è oggettivamente) accerchiato, i palestinesi ed il mondo arabo musulmano in generale, non tollerano (e mai lo faranno) che ci sia un'entità estranea, un corpo estraneo, l'occidente a casa loro.. il tutto condito con un antisemitismo più o meno velato, che rispunta ciclicamente.

 a mio parere non se ne verrà mai fuori.

 

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2 ore fa, Fra The Best ha scritto:

Sono tutto tranne che un esperto sulla questione Israele/Palestina, ma non ho mai capito il perché dell'estrema polarizzazione delle opinioni sul tema, che ho riscontrato anche in questo topic.

 

Da una parte, chi osa far notare i comportamenti quantomeno discutibili da parte di Israele viene tacciato di antisemitismo alla stregua del peggior Hitler; dall'altra, c'è chi nega l'innegabile, ovvero che è sacrosanto per i palestinesi fare sentire la propria voce e ribellarsi a tutte le varie misure messe in campo da Israele negli ultimi decenni (i nuovi insediamenti su tutti), ma che il terrorismo non può mai essere la strada giusta per rivendicare i propri diritti e che quindi Hamas non è certo esente da responsabilità nella situazione di tensione odierna.

Su una questione del genere la polarizzazione è scontata. Praticamente è una questione da bene vs male per entrambe le parti, ognuna delle due parti è convinta di avere ragione e di essere vittima dell'altra, di essere i giusti contrapporti agli ingiusti. Per fare un esempio banale è come la visione di Calciopoli per lo juventino e l'anti-juventino, è quasi impossibile avere una visione "equilibrata", perché se credi nelle ragioni degli uni automaticamente vedi gli altri come "cattivi". 

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