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Lucone

Allegri al Corsera: "Troppi filosofi del calcio, conta il risultato. Io torno l'anno prossimo"

Post in rilievo

L’ex allenatore della Juventus Massimiliano Allegri torna a parlare ai microfoni del Corriere della Sera:

Massimiliano Allegri, com’è il calcio visto da fuori?

«Ci sono due cose sopra le altre: la prima è che i giocatori africani stanno spostando il calcio sul lato fisico. La qualità resta fondamentale, ma la base del calcio sta cambiando. La seconda è che sto rivedendo un grande ritorno del contropiede».

 

Contropiede?

«Sì, abbiamo seguito per vent’anni Guardiola equivocando. Guardiola raccontava solo la sua eccezione, non era un calcio per tutti. Il Barcellona storico nasce con tre grandi giocatori che pressano alti e spingono le difese avversarie dentro la loro area. Così a sua volta i centrocampisti salgono e si inseriscono e la tua difesa può arrivare a metà campo. Ma devi avere Iniesta, Xavi e Messi. Noi abbiamo preso come lezione comune un argomento che riguardava solo loro».

 

E il contropiede?

«È uno dei miei argomenti sensibili. Quando sento Sacchi che parla di tenere il pallone e avere atteggiamenti propositivi non capisco cosa dica e mi arrabbio. Perché non dovrebbe essere propositivo giocare in verticale, perché dovrebbe esserlo fare venti passaggi di un metro? Ho visto venti volte le partite di Sacchi, ricordo quella a San Siro in cui il suo Milan segnò cinque gol al Real. Giocava dritto per dritto, come un fuso. Mentre il Real si scambiava con calma il pallone. Era un Milan verticale, esattamente di contropiede, che non è facile da farsi ma quando riesce è un grande spettacolo».

 

Proseguendo nel riesame, ci sono altre scoperte interessanti?

«L’importanza dei giocatori e il vero ruolo dell’allenatore».

In che senso il vero ruolo?

«Che non esistono gli schemi, non esiste l’intelligenza artificiale, conta l’occhio del tecnico. Da gennaio metteranno i tablet a disposizione della panchina. Saprai quali sono i percorsi di campo più frequentati. Per fare cosa? Per riassumere in una frase quello che ho già visto. Il calcio è un campo, non un universo. Le cose si trovano, si toccano, non importa essere troppo elettronici. Serve un allenatore che sappia fare il suo mestiere la domenica, quello è il giorno in cui bisogna essere tecnici. Il resto tocca ai giocatori, alla loro diversità. Oggi giro, vedo il calcio dei ragazzi, dei dilettanti, parlo con i loro allenatori e sento cose che mi spaventano, parlano come libri stampati, come le televisioni, sono gli slogan più frequenti riversati su ragazzi che a loro volta scambieranno il calcio con un’altra serie di slogan».

Che cosa intende allora quando parla di semplicità del calcio e di logica dei ruoli?

«Faccio un esempio. Koulibaly, Manolas e Albiol, tre grandi giocatori allenati da un tecnico, Ancelotti che stimo moltissimo. Il professore lì in mezzo era Albiol, per caratteristiche tecniche, cioè per letture di situazioni, per capacità di intuire il progresso delle azioni. Koulibaly è eccezionale fisicamente, meno sotto l’altro aspetto. Manolas è bravissimo sull’uomo, meno ancora propenso di Koulibaly all’idea collettiva. Voglio dire che il calcio secondo me è capire questo, le singole doti applicate alle situazioni singole. Non uno schema fine a se stesso. Un uomo che si integra e si completa con un altro fino a fare un reparto. Questo non te lo dice un numero, un tablet o un algoritmo. O lo senti da solo o non capirai mai la partita. Per questo sono convinto che l’allenatore si riconosca solo il giorno della partita».

Manca ancora qualcosa?

«I dirigenti. Abbiamo vissuto di intuito per molti anni, ora è tempo di costruirli. Non immaginiamo cosa significhi per un allenatore avere al fianco gente come Galliani o Marotta. Per me fu decisivo già Cellino ai tempi del Cagliari. Il calcio è troppo una via di mezzo: si prendono manager bravissimi che non lo conoscono, o gente di calcio che non è un vero manager. Io l’ho detto a Coverciano, dobbiamo aprire al futuro, preparare continuamente la nuova classe dirigente. Servono corsi su corsi, esami duri, riscontri di competenze specifiche. Diamo Coverciano in mano alle grandi menti del calcio: faccio due nomi, Lippi e Capello, hanno fatto tutto nella loro carriera e sono ancora giovani. Basta con gli amici degli amici. Se non avremo buoni dirigenti non avremo nemmeno buoni allenatori. Infatti non sappiamo più a chi dare le grandi squadre. Dobbiamo chiedere ai migliori di darci una mano. Aver fiducia nella qualità più che sulla buona volontà».

 

E cosa le hanno risposto?

«Semplicemente no».

La Nazionale però sta risorgendo...

«Ho trovato Salsano qualche giorno fa, l’ho pregato di fare i miei complimenti a Mancini. Sta facendo un lavoro ottimo. E sa perché?».

Perché è bravo?

«Certamente, ma quello lo è sempre stato. Ma ora è un’altra persona, è diventato severo, serio...».

Prima non lo era?

«Ma certo che lo era, ora però è cambiato. Ora parla di calcio con tutti, gioca semplice. È un maestro. Mentre il nostro è un mondo di professori».

Per esempio?

«Non è un esempio, è un ricordo. Questa estate ero a Pescara con Galeone e Giampaolo, fatale che parlassimo di calcio. Dissi a Giampaolo: “Marco, non ti do consigli, ma una cosa voglio dirtela. Sei al Milan, non è da tutti. Non fare una squadra di fighetti perché ti spaccano in due. Non è quello lo stadio per scherzare. Vuoi un fantasista centrale? Non è Suso. Ma Suso è un gran bel giocatore. Sintetizza, adattati. Il calcio è di tutti. Se non hai il regista che cerchi, niente ti vieta di giocare con due mediani nel mezzo”. L’importante è la qualità dei giocatori. È lì che un allenatore non deve transigere, sulla competenza dei dirigenti, che è il vero problema del nostro calcio».

È la vecchia malattia di essere tutti filosofi?

«Se i filosofi sono bravi, perché no? Il problema è il risultato, cioè la realtà. Lo ottieni o no? Io a casa non ho nemmeno un computer, uso l’iPhone come un telefono e basta. Ma se guardo calcio so cosa vedo. E mi nascono mille idee. Siamo ancora più forti noi della tecnologia».

Quando tornerà?

«La prossima stagione. Non prima».

E le sue domeniche?

«Le passo a guardare calcio. La mattina in giro per il Piemonte dietro a mio figlio, otto anni, tornei di calcetto. Poi pomeriggio e sera davanti alla televisione. E alla fine della giornata mio figlio mi dice che comunque farà il pilota di Formula 1».

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Mai piaciuto come allenatore, parla di tecnologia come se  fosse il male ma la verità è che i numeri non mentono, se hai abbastanza dati hai dei numeri affidabili e con quelli fai tanto. Devo dire però che Allegri ha il pregio di sapersi adattare, non fa mai rendere la squadra al 100% ma la fa andare ad un andatura media costante.

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6 minuti fa, nunzio93 ha scritto:

Mai piaciuto come allenatore, parla di tecnologia come se  fosse il male ma la verità è che i numeri non mentono, se hai abbastanza dati hai dei numeri affidabili e con quelli fai tanto. Devo dire però che Allegri ha il pregio di sapersi adattare, non fa mai rendere la squadra al 100% ma la fa andare ad un andatura media costante.

I numeri li usi in modo totale nel basket e nella pallavolo.Nel calcio devi saperli leggere,altrimenti sono carta straccia

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9 minuti fa, nunzio93 ha scritto:

Mai piaciuto come allenatore, parla di tecnologia come se  fosse il male ma la verità è che i numeri non mentono, se hai abbastanza dati hai dei numeri affidabili e con quelli fai tanto. Devo dire però che Allegri ha il pregio di sapersi adattare, non fa mai rendere la squadra al 100% ma la fa andare ad un andatura media costante.

Un numero dei più semplici ed usati, il possesso palla. Molto spesso vince chi ne ha meno , quindi ? In più se hai miglior possesso perché stai a far girare palla tra i tre centrali ( inda docet ) non significa nulla

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Adesso, Fritz1108 ha scritto:

I numeri li usi in modo totale nel basket e nella pallavolo.Nel calcio devi saperli leggere,altrimenti sono carta straccia

Vanno saputi leggere ovunque, ma danno buone indicazioni, solo perchè lui non li usa non significa che non servano

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Adesso, coffettifun ha scritto:

Un numero dei più semplici ed usati, il possesso palla. Molto spesso vince chi ne ha meno , quindi ?

ecco, questo è una di quelle cose di cui parlavo qualche post sopra, il possesso palla da solo non significa niente, non da nessuna indicazione affidabile, ma il possesso palla + baricentro della squadra + chilometri percorsi + numero di tiri in porta + altre mille cose ti da l'idea di dove si può migliorare, dove cambiare, dove va bene. se per esempio un baricentro più alto con un pressing feroce ti porta a percorrere meno chilometri rispetto ad aspettarli nella proprio area allora e conveniente chiuderli nella propria area anche se può sembrare paradossale. Questo che ho fatto è un esempio stupido, ma è per dire che non sempre l'occhio ha ragione, e avere dati sempre più completi non può fare altro che migliorare.

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6 minuti fa, nunzio93 ha scritto:

ecco, questo è una di quelle cose di cui parlavo qualche post sopra, il possesso palla da solo non significa niente, non da nessuna indicazione affidabile, ma il possesso palla + baricentro della squadra + chilometri percorsi + numero di tiri in porta + altre mille cose ti da l'idea di dove si può migliorare, dove cambiare, dove va bene. se per esempio un baricentro più alto con un pressing feroce ti porta a percorrere meno chilometri rispetto ad aspettarli nella proprio area allora e conveniente chiuderli nella propria area anche se può sembrare paradossale. Questo che ho fatto è un esempio stupido, ma è per dire che non sempre l'occhio ha ragione, e avere dati sempre più completi non può fare altro che migliorare.

Probabilmente hai quei numeri perchè le caatteristiche dei giocatori li producono.E i giocatori sono 11 e non li puoi cambiare tutti.

Per questo i numeri funzionano su basket e pallavolo.Cambi un interprete e aggiust i coefficienti.Nel calcio non funziona così.

E' una visione banale e semplicistica quella di affidarsi ai numeri.

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Credere di capire tutto senza bisogno di approfondire/studiare e criticare i "professori" è tipico degli ignoranti

 

Peccato, perché c'erano e ci sarebbero spunti interessanti

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1 minuto fa, Mormegil ha scritto:

Credere di capire tutto senza bisogno di approfondire/studiare e criticare i "professori" è tipico degli ignoranti

 

Peccato, perché c'erano e ci sarebbero spunti interessanti

guarda tra lui e il professor Adani,quello che ha dimostrato con i risultati sul campo non è certo il secondo.

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8 minuti fa, Fritz1108 ha scritto:

Probabilmente hai quei numeri perchè le caatteristiche dei giocatori li producono.E i giocatori sono 11 e non li puoi cambiare tutti.

Per questo i numeri funzionano su basket e pallavolo.Cambi un interprete e aggiust i coefficienti.Nel calcio non funziona così.

E' una visione banale e semplicistica quella di affidarsi ai numeri.

Puoi sempre fare aggiustamenti,  che sò chiedere un lavoro diverso ad un giocatore, invertire un ruolo, spostare avanti un esterno. Semplicistico è dire che i numeri non servono.

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lo rimpiangeremo...

forse l'ultimo anno aveva perso un po' la bussola ma alla fine lui avevo chiesto di cambiare un po' di giocatori e la società...... ha cambiato lui....

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Grazie di tutto.

Per i trofei e per le innumerevoli emozioni, per aver sfiorato due volte quella coppa insieme a noi, per la credibilità europea che ci hai restituito.

Hai dato tutto quello che avevi da dare, sei stato uno dei principali artefici del ritorno della Juventus (dopo Calciopoli) sui grandi palcoscenici europei, siamo tornati a far parte stabilmente nel novero delle squadre, non dico da battere, ma perlomeno da considerare.

Hai toccato le corde giuste, disinnescando un po' alla volta le fisse mentali degli schemi e delle teorie, lasciando liberi i giocatori di esprimere il loro talento; hai avuto il coraggio di cambiare, sperimentare, modificare il sistema di gioco, anche nelle sfide decisive per il passaggio dei gironi (Olympiakos), il tutto mentre ti vendevano i pezzi grossi; non ti sei mai pianto addosso. Ti sei dovuto sempre inventare qualcosa perché ti cambiavano continuamente i titolari.

 

Non era però più concepibile continuare con Allegri e con la sua filosofia dell'unoazerismo: 1-0, tiriamo i remi in barca e tutti dietro a coprire.

Atteggiamento attendista, conservativo, sparagnino, mai aggressivo, baricentro basso, volto a speculare sulle giocate dell'avversario, a tratti quasi a rinunciare a giocare, lasciando completamente il pallino del gioco in mano all'avversario, che si chiami Real Madrid o Benevento non faceva differenza

 

L'Allegri uomo col suo essere cazzeggiatore, con la sua semplicità e faciloneria lo avrei tenuto altri mille anni sulla nostra panchina

L'Allegri tecnico non mi andava più a genio e penso non avesse più nulla da dare alla Juventus

 

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