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Deborah J

Chiellini sull'addio di Conte alla Juve: "Noi della vecchia guardia non l'avremmo fatto andar via. Come Allegri, era giunto al capolinea ma per amore era rimasto"

Post in rilievo

3 ore fa, matteolojuventino ha scritto:

Mi dispiace ma i sentimenti a certi livelli non contano un fico secco, chiedere a Madrid o ad altre importanti piazze. Ho visto che per Del Piero i sentimenti non esistevano, invece per altri personaggi tipo BBC e il nostro vecchio mister c'è sempre stato un occhio di riguardo da parte di Agnelli (va beh, uno è anche il padrino della figlia).

 

Allegri stesso aveva riconosciuto la fine del ciclo dando le dimissioni dopo Cardiff. Ma ripeto che ci stava non cambiare, dopotutto sei stato preso in contrattempo ai primi di giugno. 

L'errore grossolano è stato non cambiare nel 2018, in quanto c'erano a disposizione alternative di primissimo livello come Ancelotti e Zidane. 

Poi è vero, la Juve ha vinto due scudetti, ma le prestazioni erano nettamente in calo rispetto agli anni precedenti. Infatti nel 2018 più che vincere la Juve, ha perso il Napoli, l'anno scorso campionato perfetto ma una Champions letteralmente buttata con squadre del calibro di Real Madrid, Bayern Monaco e Barcellona a casa, e la Juve aveva in rosa un certo Cristiano Ronaldo che ha passato mezza stagione a urlare e mandare occhiattacce contro il mister. 

 

La mia sulla situazione Conte l'ho già detta, il fatto che Agnelli stesso non abbia provveduto ad esonerarlo a stagione conclusa è molto grave. Dimostra quanto provincialismo c'è nella Juventus. Come se un banale record di campionato possa contare quanto una coppa internazionale che alla Juventus manca (vergognosamente) dal 1996. 

 

 

concordo, anche io trovo strano la disparità di trattemento tra del piero e la bbbc, anche in quel caso bisognava mettere da parte i sentimenti. 

unica cosa; secondo me riprendere ancelotti non sarebbe stata una buona mossa. altro allenatore finito che come allegri non avrebbe potuto dare molto. inoltre non si sa se avrebbe accettato visto i trascorsi. 

zidane da quel che ricordo avevano un accordo per l'estate ma ritornò al real prima che finisse l'anno e fummo poi costretti a tenere allegri. 

però, sicuramente, si poteva provare un'opera di convincimento più persistente

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1 ora fa, Sentenza ( il Cattivo) ha scritto:

concordo, anche io trovo strano la disparità di trattemento tra del piero e la bbbc, anche in quel caso bisognava mettere da parte i sentimenti. 

unica cosa; secondo me riprendere ancelotti non sarebbe stata una buona mossa. altro allenatore finito che come allegri non avrebbe potuto dare molto. inoltre non si sa se avrebbe accettato visto i trascorsi. 

zidane da quel che ricordo avevano un accordo per l'estate ma ritornò al real prima che finisse l'anno e fummo poi costretti a tenere allegri. 

però, sicuramente, si poteva provare un'opera di convincimento più persistente

Basta vedere la differenza di trattamento tra Del Piero e Buffon. Chissà se sapremo mai cosa è successo tra lui e Agnelli, tutti la menano sulla famosa battuta, ma per me è successo qualcosa tra i due. 

Il giornalista Mediaset Balzarini (possibile?) sul suo canale youtube, disse che Del Piero non sarebbe mai tornato alla Juve con questa dirigenza (quindi presumo si riferisse ad Agnelli, ma ha voluto fare il vago). 

Mentre la famosa vecchia guardia è pappa e ciccia con il presidente, uno è addirittura il padrino della figlia (e sarò * io, ma per me è il motivo per cui alla Juve può fare quello che gli piace). 

Passi per Ancelotti, ma Zidane era da prendere. Anche io credo che ci fosse un accordo con il francese, c'erano voci insistenti ed inoltre in quei mesi Zizou fu avvistato diverse volte a Torino.

Agnelli ha sbagliato a non ingaggiarlo immediatamente, e sono sicuro che si sta ancora mangiando le mani. 

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Il 17/5/2020 Alle 10:56, Rambo87 ha scritto:

Anzichè continuare ad attaccare dopo tanti anni come delle zitelle acide, non possiamo finalmente rispettare un allenatore come Antonio Conte, che NON ci ha lasciato con mala fede (e le parole di Chiellini ne sono un'ennesima riprova), ci ha fatto risorgere e dato tanto, esattamente come Allegri, e pure con una squadra qualitativamente inferiore rispetto a quella a disposizione di quest'ultimo?

 

Ok che la riconoscenza non è più di moda, ma almeno il rispetto, considerando anche i risultati avuti, quanto meno è d'obbligo.

Se quanto hai scritto lo fosse stato prima del suo passaggio a quelli la', quoterei il tuo post tutta la vita. Ma andare la' no, quello lo squalifica, almeno ai miei occhi. Come persona. Come persona juventina. E certifica il fatto che lui non ami la Juve, ama se' stesso, punto.

 

Come professionista ci sta? Certo che si'. Nel contempo come persona per me e' squalificato definitivamente. Non lo posso più manco vedere.

 

L'In*** non e' una rivale, per odiata che possa essere, e' qualcosa di molto peggio, che con lo sport nulla c'entra. Perche' lo scempio del 2006 con lo sport nulla c'entra

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50 minuti fa, matteolojuventino ha scritto:

Basta vedere la differenza di trattamento tra Del Piero e Buffon. Chissà se sapremo mai cosa è successo tra lui e Agnelli, tutti la menano sulla famosa battuta, ma per me è successo qualcosa tra i due. 

Il giornalista Mediaset Balzarini (possibile?) sul suo canale youtube, disse che Del Piero non sarebbe mai tornato alla Juve con questa dirigenza (quindi presumo si riferisse ad Agnelli, ma ha voluto fare il vago). 

Mentre la famosa vecchia guardia è pappa e ciccia con il presidente, uno è addirittura il padrino della figlia (e sarò * io, ma per me è il motivo per cui alla Juve può fare quello che gli piace). 

Passi per Ancelotti, ma Zidane era da prendere. Anche io credo che ci fosse un accordo con il francese, c'erano voci insistenti ed inoltre in quei mesi Zizou fu avvistato diverse volte a Torino.

Agnelli ha sbagliato a non ingaggiarlo immediatamente, e sono sicuro che si sta ancora mangiando le mani. 

si infatti, neanche io credo alla storia del contratto in bianco, troppo poco per giustificare un rapporto cosi freddo. posso solo ipotizzare che una figura come del piero fosse troppo ingombrante o forse semplicemente è una questione di simpatia. buffon e il resto della bbc invece è proprio in rapporti strettissimi con andrea. 

se non sbaglio comunque un piccolissimo ruolo del piero lo ha ottenuto l'anno scorso come collaboratore della juventus academy a los angeles. la distanza però aiuta a non avere contatti diretti. 

su zidane penso che l'opportunità di prenderlo appunto fosse a stagione ancora in corso e figurati se agnelli volesse fare un torto cosi ad allegri, ingaggiando un altro allenatore con lui ancora in panchina.. avrebbe anche  rovinato l'equilibrio dello spogliatoio forse. fatto sta che agnell ha si contattato zidane, ma con allegri aveva un rapporto troppo buono e probabilmente se lo voleva tenere ancora, infatti non fosse stato per la doppia sconfitta con l'ajax lo avrebbe tenuto. questo mi porta a pensare che nei contatti con zidane non ci fosse niente di concreto, solo qualche idea e una possibilità, appunto però inficiata dai buoni rapporti di agnelli con allegri

 

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8 ore fa, matteolojuventino ha scritto:

Basta vedere la differenza di trattamento tra Del Piero e Buffon. Chissà se sapremo mai cosa è successo tra lui e Agnelli, tutti la menano sulla famosa battuta, ma per me è successo qualcosa tra i due. 

Il giornalista Mediaset Balzarini (possibile?) sul suo canale youtube, disse che Del Piero non sarebbe mai tornato alla Juve con questa dirigenza (quindi presumo si riferisse ad Agnelli, ma ha voluto fare il vago). 

Mentre la famosa vecchia guardia è pappa e ciccia con il presidente, uno è addirittura il padrino della figlia (e sarò * io, ma per me è il motivo per cui alla Juve può fare quello che gli piace). 

Passi per Ancelotti, ma Zidane era da prendere. Anche io credo che ci fosse un accordo con il francese, c'erano voci insistenti ed inoltre in quei mesi Zizou fu avvistato diverse volte a Torino.

Agnelli ha sbagliato a non ingaggiarlo immediatamente, e sono sicuro che si sta ancora mangiando le mani. 

E' successo che gli voleva prendere il posto.Ti sembra qualcosa di poco conto?

 

7 ore fa, Sentenza ( il Cattivo) ha scritto:

si infatti, neanche io credo alla storia del contratto in bianco, troppo poco per giustificare un rapporto cosi freddo. posso solo ipotizzare che una figura come del piero fosse troppo ingombrante o forse semplicemente è una questione di simpatia. buffon e il resto della bbc invece è proprio in rapporti strettissimi con andrea. 

se non sbaglio comunque un piccolissimo ruolo del piero lo ha ottenuto l'anno scorso come collaboratore della juventus academy a los angeles. la distanza però aiuta a non avere contatti diretti. 

su zidane penso che l'opportunità di prenderlo appunto fosse a stagione ancora in corso e figurati se agnelli volesse fare un torto cosi ad allegri, ingaggiando un altro allenatore con lui ancora in panchina.. avrebbe anche  rovinato l'equilibrio dello spogliatoio forse. fatto sta che agnell ha si contattato zidane, ma con allegri aveva un rapporto troppo buono e probabilmente se lo voleva tenere ancora, infatti non fosse stato per la doppia sconfitta con l'ajax lo avrebbe tenuto. questo mi porta a pensare che nei contatti con zidane non ci fosse niente di concreto, solo qualche idea e una possibilità, appunto però inficiata dai buoni rapporti di agnelli con allegri

 

Bisogna saper stare al proprio posto. Hai ipotizzato male, non è una figura troppo ingombrante è solo un vanitoso  troppo invadente.

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Il 18/5/2020 Alle 15:06, Damian Saravia ha scritto:

La partita di Istanbul fu vergognosa, e la nostra società aveva il dovere di chiederne l'annullamento. Inutile tornare a parlare dello scandalo che fummo costretti a subire.

Prima di Instanbul abbiamo fatto una vittoria in cinque partite, contro dei boscaioli scandinavi in casa. Non siamo riusciti a vincere nemmeno entrambe le partite contro questi, perchè in Danimarca abbiamo pareggiato rischiando più di perderla che di vincerla. E nella partita vinta a Torino li abbiamo battuti tre a uno con due rigori. Considerando anche l'ignobile E. League disputata dopo, piuttosto che aggrapparsi alle nevicate meglio stendere un velo pietoso sulla stagione europea 2013/2014.

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Un minimo di riconoscenza per Conte la provo, mi pare doveroso. Ma la riconoscenza non annulla il pensiero razionale: tutti quegli episodi mettendo le mani avanti avevano molto poco di juventino.

Immaginate per un attimo che fosse stato Allegri quello che parlava di fatturati e ristoranti da 100 euro e che usciva malamente ai gironi di champions o che veniva eliminato in una semifinale di Europa League il cui destino era praticamente scritto e si concludeva con noi vincitori allo stadium, dopodiché immaginate che fosse sostituito da Conte che non parla di limiti ma riesce a portare la squadra in finale di CL, arrendendosi solo davanti a una delle squadre più forti della storia, sfiorando la tripletta con Scudo e coppa Italia. Chi sarebbe stato tra i due quello a essersi comportato più da juventino?

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C'è anche un capitolo dedicato a Sarri con una chiosa su Guardiola, Mourinho, Klopp.

La metto qui, magari il mod di turno può valutare se aprire un topic a parte. 

 

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Sarri, il fluido e l’allegria
RISPETTO a Max e Antonio, Maurizio Sarri è molto diverso.
Preparatissimo e pignolo, vive di numeri e di schemi. Ogni sua analisi
è dedicata a uno studio scientifico della materia calcistica, anche se poi
alla fine l’obiettivo è lo stesso: vincere.
Sarri è un personaggio che vive di campo e di tattica. Non lo si vede
quasi mai aggirarsi negli spazi del centro sportivo juventino,
preferisce stare chiuso nella sua stanza. È uomo soprattutto di schemi
e di statistiche: non è una persona che condivide i momenti di pausa,
non lo si vede in palestra a fare due battute o a scherzare con chi sta
effettuando la fisioterapia. Il suo è sempre un approccio tecnico,
scientifico: ha in testa quel rettangolo, sia quello fisico, cioè il campo,
sia quello disegnato nei suoi famosi taccuini.
Potremmo definirlo un maniaco della tattica e della fase difensiva.
La prima cosa che gli ho detto è stata: «Mister, in tanti anni di
carriera è la prima volta che provo un calcio d’inizio difensivo». Una
battuta, certo, però rende l’idea.
Poi, serve tempo. Dopo una vita in campo passata a guardare prima
di tutto l’uomo, non è facile cominciare a guardare prima di tutto il
pallone. Ma tutto si può fare, quando ci sono la voglia di imparare e la
giusta energia.
Io penso comunque che la bravura dei calciatori sia qualcosa che
viene prima degli schemi, di cui, peraltro, si ha bisogno. Questo lo sa
anche Sarri, che già nella prima conferenza stampa alla Juventus disse
chiaramente che non avrebbe stravolto le caratteristiche di nessuno, e
che nel disegno della sua nuova squadra sarebbe partito, appunto, da
queste caratteristiche. Lo ha fatto, pur nel rispetto della sua
concezione di calcio che vuole ovviamente una difesa a zona e una
linea molto più alta. Ci abbiamo messo un po’ di tempo, forse
abbiamo preso qualche gol di troppo, ma piano piano ci stiamo
arrivando.
C’è sempre qualcosa da apprendere e Maurizio Sarri studia tutto,
non è mai soddisfatto del nostro livello di addestramento. Per
imparare e assimilare quello che lui ha in testa, servono mesi e
pazienza: non per nulla, dopo la prima partita di campionato a Parma
dissi che per vedere veramente la Juve di Sarri avremmo dovuto
aspettare l’anno nuovo. Così è stato, non era certo una previsione
difficile.
Il suo calcio è la somma di tante piccole cose da mandare a
memoria, ma una grande squadra di tempo ne ha poco, ci si allena
giocando e si migliora sbagliando. La cosa importante, nella prima
parte di questo campionato, è stata sbagliare… vincendo. Un cambio
di allenatore è un passaggio delicato e allo stesso tempo non si può
prescindere dai risultati, meno che mai alla Juventus: qui può
succedere tutto, fuorché smettere di vincere.
Sarri è sempre alla ricerca della perfezione, per esempio il cento per
cento di possesso palla nella metà campo avversaria… Utopia, certo.
Forse però è proprio questo suo modo di ragionare ad averlo portato
fin qui, partendo come ha fatto dal basso. Ha anche un carattere
particolare, molto chiuso, anche se la Juventus è riuscita a smussargli
qualche angolo.
Una cosa sulla quale però non c’è stato verso di intervenire è il suo
attaccamento smodato alle sigarette: si va a parlare con lui nel suo
ufficio solo prima della doccia, ancora con la divisa da gioco addosso,
perché se lo facessimo dopo puzzeremmo di fumo in maniera
incredibile.
A volte, a me lui sembra un leone in gabbia per quello che vorrebbe
fare, ed essere. È venuto alla Juventus per attuare una specie di
rivoluzione copernicana del gioco, ma non è così facile cambiare in
fretta il pensiero di una squadra, è un’operazione lunga e complessa.
Però lui stesso riconosce il massimo impegno da parte di tutti noi.
Abbiamo buttato via qualche punto di troppo, pur vincendo molto.
Non sempre siamo riusciti a interpretare correttamente ogni partita,
abbiamo avuto alti e bassi, però quasi sempre abbiamo saputo trovare
i risultati. Anche se per alzare i trofei bisogna essere più continui e
regolari, bisogna scendere dall’altalena.
Gli allenatori sono i comandanti, quelli che danno l’idea e la
direzione. Io ne ho incontrati di formidabili, avversari compresi. La
nuova Juve in questo momento sta andando alla ricerca di una sorta
di «anima». Nella squadra solida, esperta e tosta di sempre stiamo
provando ad aggiungere la leggerezza di un calcio più fantasioso e
sbarazzino. È una scommessa molto affascinante, è come inserire il
turbo in un motore già potentissimo.
Anche perché in Italia, a livello di risultati, più di così non si può
fare: possiamo solo continuare a vincere, inseguendo il sogno dei dieci
scudetti consecutivi… Intanto arriviamo al nono: questo è l’obiettivo
di tutti. E poi, certo, ci manca la Champions, che però non può essere
raggiunta con certezza con nessun sistema di gioco. Per vincerla
bisogna muoversi in un’ampia zona di azzardo, fatta di circostanze
favorevoli o sfavorevoli, condizione fisica variabile, casualità e
fortuna, che naturalmente vale per tutti, anche se prima o poi dovrà
pur venire il nostro turno.
La Juve cerca il miglioramento dove sembra difficilissimo ottenerlo.
L’anno scorso, Cristiano Ronaldo ha rappresentato il quid in più, è
stato lui a darci nuovo sprint. Quest’anno, invece, c’è da vivere e
vincere la scommessa di un diverso tipo di gioco. Non è facile, mai
nulla lo è. L’obiettivo è essere solidi e allo stesso performanti. La
scorsa stagione, da novembre a Natale siamo stati la migliore squadra
d’Europa, però a marzo non lo eravamo più. Se adesso ci riusciremo,
vedrete un football incredibile, non crederete ai vostri occhi. Per via
del mio infortunio non sono ancora riuscito a vivere Maurizio al cento
per cento: un po’ mi sento in colpa, anche se era difficile fare di più. Di
sicuro sono il primo a essere curioso di vedere dove ci porterà questo
viaggio.
Parlando di allenatori, anche Marcello Lippi è una persona
importante, per me, e non solo come tecnico. È anche il papà di
Davide, il mio agente: io e Davide lavoriamo accanto da quando
avevo 17 anni, si può dire che siamo cresciuti insieme. Il nostro
legame è sempre più solido, e dopo i problemi della GEA non mi è
mai passato per la testa di lasciarlo, è una questione di fiducia.
Suo padre Marcello è stato un vero innovatore, un allenatore
vecchio stampo che parte sempre dalla costruzione del gruppo.
Bastone e carota, e personalità da vendere. Prima si crea il gruppo, poi
la squadra.
Ricordo le chiacchierate con lui nelle mattine prima delle partite,
quando si riuscivano a cogliere aspetti che vanno al di là della tattica.
Marcello Lippi ha avuto intuizioni con anni di anticipo sulle
tendenze che poi avremmo visto: era avanti di quindici, vent’anni. Lui
è uno di quelli che sanno leggere le partite, le tattiche e i giocatori
prima degli altri. Tra i tecnici che ho avuto, il più simile a Lippi è
Allegri. Anche il loro modo di gestire le persone è simile.
Da Lippi ho imparato davvero molto. L’ho avuto come allenatore
due volte, la prima all’epoca della mia esplosione come calciatore e
delle prime presenze in Nazionale, cioè nel periodo che ha preceduto i
Mondiali 2006, e poi dopo gli Europei 2008, quando avevo ormai
raggiunto lo status di titolare. È stato un bel percorso, col cruccio,
purtroppo, di essere arrivati ai Mondiali in Sudafrica nelle peggiori
condizioni.
Se Marcello avesse deciso di proseguire in Nazionale anche dopo il
2006, avrebbe ricavato ancora moltissimo da quel gruppo, senza nulla
togliere a Donadoni. Con lui c’era un feeling diverso, secondo me
avremmo potuto vincere Mondiali ed Europei.
* * *
Tra gli allenatori, penso che Pep Guardiola sia stato il più grande
rivoluzionario del calcio dell’ultimo decennio: si vede a occhio nudo
che è diverso dagli altri. Non ho avuto la fortuna di lavorarci insieme,
ma la differenza con i suoi colleghi è evidentissima. Guardiola ha una
marcia in più.
Un giorno, dissi che in Italia non ci sono più grandi difensori per
colpa di Guardiola e venni equivocato: io ce l’avevo con i troppi
tecnici che hanno provato a scimmiottarlo, rinnegando le
caratteristiche storiche del nostro calcio e del nostro modo di
difendere. L’ho sempre stimato moltissimo, non così i suoi emulatori,
quelli che hanno forse dimenticato i cardini della nostra cultura
calcistica. Ci si deve sempre guardare intorno, specialmente a certi
livelli, ma ogni contributo che si coglie dagli altri dev’essere
armonizzato con le caratteristiche della propria storia, con il proprio
DNA.
Pep Guardiola usa i centrocampisti in difesa, il suo calcio è molto
propositivo, presidia ogni zona del campo in modo perfetto, i suoi
giocatori attaccano la porta e la profondità, quasi non conta il ruolo di
ciascuno ma solo l’occupazione dello spazio: ne risulta un gioco
armonioso, a tratti irresistibile. Tutto questo, però, si rischia di pagarlo
con un po’ di sufficienza difensiva, è il prezzo che si sconta per
mantenere il 70-80 per cento di palleggio nella metà campo avversaria.
Non sempre si è mentalmente pronti. Penso che basterebbe davvero
poco, ai difensori di Guardiola, per incassare la metà dei gol che
subiscono in una stagione. Poi, però, magari non giocherebbero bene
come vuole lui.
Se Guardiola avesse allenato in Italia, o se un giorno dovesse farlo,
il suo modo di difendere diventerebbe di sicuro un po’ più accorto.
Anche Mancini in Nazionale sta puntando sul bel gioco e sulla
tecnica, ma senza mai dimenticare di coprirsi le spalle: dopo le prime
partite ha cambiato assetto, cercando la solidità. Quando la palla va
buttata lontano, va fatto e basta! E l’uomo bisogna marcarlo, bisogna
sentirlo. L’estetica non è sufficiente.
Con José Mourinho, altro mostro sacro della panchina, non ho mai
parlato, a parte qualche sporadico saluto. Ma il suo carisma ha
cambiato il nostro sport. Molto interessante, dall’esterno, è vedere
come il portoghese riesca a fare blocco unico con la squadra, un
tutt’uno granitico senza sbavature. Lui cerca sempre la guerra con
qualcuno o qualcosa, facendo da parafulmine. Un po’ come Conte:
due caratteri forti che non le mandano a dire. A volte lo fanno per
strategia, altre volte per indole. Ma devono sempre combattere.
Io penso che Mourinho, nel bene e nel male, abbia portato
emozioni, una ventata d’aria fresca. E a me piace chi trasmette
emozioni, anche se come avversario l’ho odiato, sportivamente
parlando, s’intende, perché una volta finita la battaglia rimane solo la
stima. Io non porto rancore, e Mourinho è un grande personaggio.
Le sue squadre sono toste, muscolari, cercano lo scontro fisico e
mentale, fanno pesare la prestanza atletica. I grandi allenatori sanno
sempre trasferire la loro personalità alla squadra, è come un fluido. Il
Tottenham non vinceva in campionato da due mesi, e quando è
arrivato Mou a novembre sono bastati tre giorni per tornare a farlo.
Non può essere un caso.
* * *
Però, negli ultimi due anni il fenomeno della panchina è Jürgen
Klopp. Mi fa impazzire durante il riscaldamento delle squadre, prima
delle partite, quando si piazza sulla linea di metà campo con il suo
metro e novanta – perché Klopp è un omone – e resta a guardare gli
avversari sorridendo, a braccia conserte, fermo per un buon quarto
d’ora. Ogni tanto va dai suoi e poi torna, un po’ studia, un po’
gigioneggia. Vuol capire come gli altri vivono le emozioni, è un sottile
gioco psicologico e di messaggi indiretti. La prima volta che l’ho visto
fare così m’è venuto da ridere.
Klopp è un personaggio fresco e dà l’idea di essere molto simpatico,
e anche le sue squadre sono frizzanti e leggere. Negli anni è migliorato
parecchio e ha imparato a rischiare meno rispetto a quando guidava il
Borussia Dortmund, o al primo anno al Liverpool. Un po’ è dipeso
dalla solidità di qualche suo giocatore, Alisson e Van Dijk su tutti, e
poi a Liverpool ha quei tre davanti che sembrano creati per giocare
insieme: Salah, Mané e Firmino, la perfezione. Tutti fortissimi, nessun
marziano.
Dopo il Barcellona del 2015, squadra meravigliosa, il Liverpool di
Jürgen Klopp è stato qualcosa di speciale, forse il più bello da vedere
in assoluto, anche se il top in Champions resta sempre il Real Madrid,
con quella sfilata di campioni pazzeschi, dalla personalità unica. In
Europa si domina per anni soltanto così.

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1 ora fa, JuveXXXLsempre ha scritto:

E' successo che gli voleva prendere il posto.Ti sembra qualcosa di poco conto?

 

Bisogna saper stare al proprio posto. Hai ipotizzato male, non è una figura troppo ingombrante è solo un vanitoso  troppo invadente.

sisi certo, una persona che ne giudica un'altra senza neanche conoscerla per me vale zero. il vanitoso sei tu che per attirare attenzioni devi attaccare uno dei giocatori migliori della juventus di sempre. vedi te. 

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Il 19/5/2020 Alle 10:24, Jerry Drake ha scritto:

Invece le ha fatte e preso 7 pere 

Parlate come gli interisti quando ci sfottono..la mentalità manca ma alla tifoseria...la nostra è la più isterica del pianeta 

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2 ore fa, JuveXXXLsempre ha scritto:

E' successo che gli voleva prendere il posto.Ti sembra qualcosa di poco conto?

Ma quando mai. Ti ha chiamato Agnelli in persona e ti ha dato questo scoop? 

Per me certe panzanate non riuscireste a dirle nemmeno in faccia ai peggiori anti juventini, perchè anche loro vi riderebbero in faccia. 

 

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18 ore fa, Aulla Bianconera ha scritto:

Vero. Ma ci arrivammo con 6 punti in 5 partite, una sola vinta, contro gente vergognosamente scarsa. 
 

E comunque l’ha sempre dimostrata la sua inadeguatezza in Europa.

...e comunque, alla fine della giostra, in campo ci vanno i giocatori e non l'allenatore.

L'allenatore con le sue "tattiche" se è bravo, dovrebbe metterti in condizione di:

-A non prendere gol organizzando la fase difensiva.

-B di farti arrivare a tu per tu ( o quasi) col portiere avversario per fare gol.

Se poi gli attaccanti la buttano sistematicamente in tribuna, o sui pali o in braccio al portiere (come spesso successo nelle partite da voi citate, tipo quella coi portoghesi con 95 minuti passati davanti alla loro porta senza riuscire a segnare...ed anche in altre) cosa ca...o altro dovrebbe fare l'allenatore?

Per non parlare di errori madornali dovuti a singoli (vedi una tale Isla nella famosa e tanto citata partita di andata coi turchi che ci costo' la rete del loro pareggio).

E se magari in panchina ( in quel momento della partita fu necessaria una sostituzione per cause di forza maggiore) ci fosse stato qualche giocatore da 100€ al posto di uno da 10€ tipo Isla appunto? Sulla partita di ritorno, preferirei non parlarne nemmeno...o c'e' magari qualche campione che vorrebbe attribuire qualche responsabilità a Conte anche in quel caso?

L'allenatore può avere pregi e difetti, stare simpatico o sul ca..o, ma la palla in porta devono buttarla, sempre e comunque, coloro che scendono in campo.

 

 

 

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2 ore fa, matteolojuventino ha scritto:

Ma quando mai. Ti ha chiamato Agnelli in persona e ti ha dato questo scoop? 

Per me certe panzanate non riuscireste a dirle nemmeno in faccia ai peggiori anti juventini, perchè anche loro vi riderebbero in faccia. 

 

Gli anti -juventini se ne conosci qualcuno amano Del P. ed odiano Agnelli. Mi sai spiegare il  motivo?

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3 ore fa, Sentenza ( il Cattivo) ha scritto:

sisi certo, una persona che ne giudica un'altra senza neanche conoscerla per me vale zero. il vanitoso sei tu che per attirare attenzioni devi attaccare uno dei giocatori migliori della juventus di sempre. vedi te. 

e tu conosci Del Piero o ti sei fatto influenzare da quello che raccontano i suoi tifosi omettendo di ricordare  le innumerevoli panchine? Ti volevo informare che in serie A ha fatto meno gol di Di Natale.Poco per diventare il  presidente (senza portafoglio)della Juve.

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e tu conosci Del Piero o ti sei fatto influenzare da quello che raccontano i suoi tifosi omettendo di ricordare  le innumerevoli panchine? Ti volevo informare che in serie A ha fatto meno gol di Di Natale.Poco per diventare il  presidente (senza portafoglio)della Juve.
Va bene tutto eh, ma paragonare Di Natale con Del Piero anche no....
Di Natale avrà segnato anche di più, ma ha sempre giocato in una squadra da medio-bassa classifica e quindi senza nessuna minima pressione.
Emblematico poi Di Natale che sistematicamente saltava le sfide contro il Napoli....

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12 minuti fa, JuveXXXLsempre ha scritto:

e tu conosci Del Piero o ti sei fatto influenzare da quello che raccontano i suoi tifosi omettendo di ricordare  le innumerevoli panchine? Ti volevo informare che in serie A ha fatto meno gol di Di Natale.Poco per diventare il  presidente (senza portafoglio)della Juve.

sei tu quello che si è fatto influenzare visto il livore con cui scrivi certe baggianate. 

questo che hai scritto su di natale e del piero è vergognoso. 

del piero è il miglior marcatore di sempre della Juventus, uno di quelli con più presenze, con più presenze da capitano e ha vinto tutto, tutto con noi. 

 

spiace. 

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2 ore fa, Sentenza ( il Cattivo) ha scritto:

sei tu quello che si è fatto influenzare visto il livore con cui scrivi certe baggianate. 

questo che hai scritto su di natale e del piero è vergognoso. 

del piero è il miglior marcatore di sempre della Juventus, uno di quelli con più presenze, con più presenze da capitano e ha vinto tutto, tutto con noi. 

 

spiace. 

Sei tu in un altro post mi hai informato che DP è il 9° calciatore di tutti i tempi per gol segnati nel campionato italiano .Io sono solo andato a guardare ed ho scoperto che Di Natale è il 6° e Baggio è il 7°,senza contare Totti che è il 2°.Sarà per questo che in nazionale DP era la riserva del pupone?

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6 ore fa, Txarren ha scritto:

Parlate come gli interisti quando ci sfottono..la mentalità manca ma alla tifoseria...la nostra è la più isterica del pianeta 

A me sembra che la mentalità sbagliata sia quella di chi ha come idoli la BBC, poi libero di pensare di essere un vincente 

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2 ore fa, Trezegol_88 ha scritto:

Va bene tutto eh, ma paragonare Di Natale con Del Piero anche no....
Di Natale avrà segnato anche di più, ma ha sempre giocato in una squadra da medio-bassa classifica e quindi senza nessuna minima pressione.
Emblematico poi Di Natale che sistematicamente saltava le sfide contro il Napoli....

Questione di punti di vista.Non è detto che  segnare in una piccola sia più semplice .Non avrai la pressione di dover vincere lo scudetto ma hai il baratro della B sempre spalancato davanti.

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Che poi siamo sempre a dire le stesse cose... alla fine la storia di Conte dice proprio che ad un certo punto prende e se va.

E' andato via da Bari prima della scadenza... stessa cosa a Bergamo... stessa cosa a Siena... stessa cosa a Torino. Ha lasciato la Nazionale prima dei mondiali (qui aveva un contratto fino agli europei ma invece di provare l'avventura piu importante ha preferito andar via)... è andato via male dal Chelsea (qui esonerato per la prima volta). 

E' un grande allenatore (soprattutto per tornei lunghi) ma si logora in fretta e logora in fretta anche l'ambiente (ha retto 3 anni a Torino giusto perchè quella era casa sua.. dubito molto che duri 3 anni anche da quelli la).

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8 minuti fa, Jerry Drake ha scritto:

A me sembra che la mentalità sbagliata sia quella di chi ha come idoli la BBC, poi libero di pensare di essere un vincente 

Magari idoli sempiterni no... xò tu che hai vinto ? E gli altri loro colleghi, soprattutto, cosa hanno vinto ? 

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16 minuti fa, JuveXXXLsempre ha scritto:

Sei tu in un altro post mi hai informato che DP è il 9° calciatore di tutti i tempi per gol segnati nel campionato italiano .Io sono solo andato a guardare ed ho scoperto che Di Natale è il 6° e Baggio è il 7°,senza contare Totti che è il 2°.Sarà per questo che in nazionale DP era la riserva del pupone?

ah beh vedo che cerchi disperatamente di trovare qualche modo di sminuire del piero.

contento tu.

del piero ha vinto leggermente di più di quelli da te citati.. ma leggermente proprio.

ma per me va bene: vai pure a tifare i tuoi beniamini, ti assicuro che non mancherai a nessuno ;) 

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8 ore fa, Simy ha scritto:

C'è anche un capitolo dedicato a Sarri con una chiosa su Guardiola, Mourinho, Klopp.

La metto qui, magari il mod di turno può valutare se aprire un topic a parte. 

 

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Sarri, il fluido e l’allegria
RISPETTO a Max e Antonio, Maurizio Sarri è molto diverso.
Preparatissimo e pignolo, vive di numeri e di schemi. Ogni sua analisi
è dedicata a uno studio scientifico della materia calcistica, anche se poi
alla fine l’obiettivo è lo stesso: vincere.
Sarri è un personaggio che vive di campo e di tattica. Non lo si vede
quasi mai aggirarsi negli spazi del centro sportivo juventino,
preferisce stare chiuso nella sua stanza. È uomo soprattutto di schemi
e di statistiche: non è una persona che condivide i momenti di pausa,
non lo si vede in palestra a fare due battute o a scherzare con chi sta
effettuando la fisioterapia. Il suo è sempre un approccio tecnico,
scientifico: ha in testa quel rettangolo, sia quello fisico, cioè il campo,
sia quello disegnato nei suoi famosi taccuini.
Potremmo definirlo un maniaco della tattica e della fase difensiva.
La prima cosa che gli ho detto è stata: «Mister, in tanti anni di
carriera è la prima volta che provo un calcio d’inizio difensivo». Una
battuta, certo, però rende l’idea.
Poi, serve tempo. Dopo una vita in campo passata a guardare prima
di tutto l’uomo, non è facile cominciare a guardare prima di tutto il
pallone. Ma tutto si può fare, quando ci sono la voglia di imparare e la
giusta energia.
Io penso comunque che la bravura dei calciatori sia qualcosa che
viene prima degli schemi, di cui, peraltro, si ha bisogno. Questo lo sa
anche Sarri, che già nella prima conferenza stampa alla Juventus disse
chiaramente che non avrebbe stravolto le caratteristiche di nessuno, e
che nel disegno della sua nuova squadra sarebbe partito, appunto, da
queste caratteristiche. Lo ha fatto, pur nel rispetto della sua
concezione di calcio che vuole ovviamente una difesa a zona e una
linea molto più alta. Ci abbiamo messo un po’ di tempo, forse
abbiamo preso qualche gol di troppo, ma piano piano ci stiamo
arrivando.
C’è sempre qualcosa da apprendere e Maurizio Sarri studia tutto,
non è mai soddisfatto del nostro livello di addestramento. Per
imparare e assimilare quello che lui ha in testa, servono mesi e
pazienza: non per nulla, dopo la prima partita di campionato a Parma
dissi che per vedere veramente la Juve di Sarri avremmo dovuto
aspettare l’anno nuovo. Così è stato, non era certo una previsione
difficile.
Il suo calcio è la somma di tante piccole cose da mandare a
memoria, ma una grande squadra di tempo ne ha poco, ci si allena
giocando e si migliora sbagliando. La cosa importante, nella prima
parte di questo campionato, è stata sbagliare… vincendo. Un cambio
di allenatore è un passaggio delicato e allo stesso tempo non si può
prescindere dai risultati, meno che mai alla Juventus: qui può
succedere tutto, fuorché smettere di vincere.
Sarri è sempre alla ricerca della perfezione, per esempio il cento per
cento di possesso palla nella metà campo avversaria… Utopia, certo.
Forse però è proprio questo suo modo di ragionare ad averlo portato
fin qui, partendo come ha fatto dal basso. Ha anche un carattere
particolare, molto chiuso, anche se la Juventus è riuscita a smussargli
qualche angolo.
Una cosa sulla quale però non c’è stato verso di intervenire è il suo
attaccamento smodato alle sigarette: si va a parlare con lui nel suo
ufficio solo prima della doccia, ancora con la divisa da gioco addosso,
perché se lo facessimo dopo puzzeremmo di fumo in maniera
incredibile.
A volte, a me lui sembra un leone in gabbia per quello che vorrebbe
fare, ed essere. È venuto alla Juventus per attuare una specie di
rivoluzione copernicana del gioco, ma non è così facile cambiare in
fretta il pensiero di una squadra, è un’operazione lunga e complessa.
Però lui stesso riconosce il massimo impegno da parte di tutti noi.
Abbiamo buttato via qualche punto di troppo, pur vincendo molto.
Non sempre siamo riusciti a interpretare correttamente ogni partita,
abbiamo avuto alti e bassi, però quasi sempre abbiamo saputo trovare
i risultati. Anche se per alzare i trofei bisogna essere più continui e
regolari, bisogna scendere dall’altalena.
Gli allenatori sono i comandanti, quelli che danno l’idea e la
direzione. Io ne ho incontrati di formidabili, avversari compresi. La
nuova Juve in questo momento sta andando alla ricerca di una sorta
di «anima». Nella squadra solida, esperta e tosta di sempre stiamo
provando ad aggiungere la leggerezza di un calcio più fantasioso e
sbarazzino. È una scommessa molto affascinante, è come inserire il
turbo in un motore già potentissimo.
Anche perché in Italia, a livello di risultati, più di così non si può
fare: possiamo solo continuare a vincere, inseguendo il sogno dei dieci
scudetti consecutivi… Intanto arriviamo al nono: questo è l’obiettivo
di tutti. E poi, certo, ci manca la Champions, che però non può essere
raggiunta con certezza con nessun sistema di gioco. Per vincerla
bisogna muoversi in un’ampia zona di azzardo, fatta di circostanze
favorevoli o sfavorevoli, condizione fisica variabile, casualità e
fortuna, che naturalmente vale per tutti, anche se prima o poi dovrà
pur venire il nostro turno.
La Juve cerca il miglioramento dove sembra difficilissimo ottenerlo.
L’anno scorso, Cristiano Ronaldo ha rappresentato il quid in più, è
stato lui a darci nuovo sprint. Quest’anno, invece, c’è da vivere e
vincere la scommessa di un diverso tipo di gioco. Non è facile, mai
nulla lo è. L’obiettivo è essere solidi e allo stesso performanti. La
scorsa stagione, da novembre a Natale siamo stati la migliore squadra
d’Europa, però a marzo non lo eravamo più. Se adesso ci riusciremo,
vedrete un football incredibile, non crederete ai vostri occhi. Per via
del mio infortunio non sono ancora riuscito a vivere Maurizio al cento
per cento: un po’ mi sento in colpa, anche se era difficile fare di più. Di
sicuro sono il primo a essere curioso di vedere dove ci porterà questo
viaggio.
Parlando di allenatori, anche Marcello Lippi è una persona
importante, per me, e non solo come tecnico. È anche il papà di
Davide, il mio agente: io e Davide lavoriamo accanto da quando
avevo 17 anni, si può dire che siamo cresciuti insieme. Il nostro
legame è sempre più solido, e dopo i problemi della GEA non mi è
mai passato per la testa di lasciarlo, è una questione di fiducia.
Suo padre Marcello è stato un vero innovatore, un allenatore
vecchio stampo che parte sempre dalla costruzione del gruppo.
Bastone e carota, e personalità da vendere. Prima si crea il gruppo, poi
la squadra.
Ricordo le chiacchierate con lui nelle mattine prima delle partite,
quando si riuscivano a cogliere aspetti che vanno al di là della tattica.
Marcello Lippi ha avuto intuizioni con anni di anticipo sulle
tendenze che poi avremmo visto: era avanti di quindici, vent’anni. Lui
è uno di quelli che sanno leggere le partite, le tattiche e i giocatori
prima degli altri. Tra i tecnici che ho avuto, il più simile a Lippi è
Allegri. Anche il loro modo di gestire le persone è simile.
Da Lippi ho imparato davvero molto. L’ho avuto come allenatore
due volte, la prima all’epoca della mia esplosione come calciatore e
delle prime presenze in Nazionale, cioè nel periodo che ha preceduto i
Mondiali 2006, e poi dopo gli Europei 2008, quando avevo ormai
raggiunto lo status di titolare. È stato un bel percorso, col cruccio,
purtroppo, di essere arrivati ai Mondiali in Sudafrica nelle peggiori
condizioni.
Se Marcello avesse deciso di proseguire in Nazionale anche dopo il
2006, avrebbe ricavato ancora moltissimo da quel gruppo, senza nulla
togliere a Donadoni. Con lui c’era un feeling diverso, secondo me
avremmo potuto vincere Mondiali ed Europei.
* * *
Tra gli allenatori, penso che Pep Guardiola sia stato il più grande
rivoluzionario del calcio dell’ultimo decennio: si vede a occhio nudo
che è diverso dagli altri. Non ho avuto la fortuna di lavorarci insieme,
ma la differenza con i suoi colleghi è evidentissima. Guardiola ha una
marcia in più.
Un giorno, dissi che in Italia non ci sono più grandi difensori per
colpa di Guardiola e venni equivocato: io ce l’avevo con i troppi
tecnici che hanno provato a scimmiottarlo, rinnegando le
caratteristiche storiche del nostro calcio e del nostro modo di
difendere. L’ho sempre stimato moltissimo, non così i suoi emulatori,
quelli che hanno forse dimenticato i cardini della nostra cultura
calcistica. Ci si deve sempre guardare intorno, specialmente a certi
livelli, ma ogni contributo che si coglie dagli altri dev’essere
armonizzato con le caratteristiche della propria storia, con il proprio
DNA.
Pep Guardiola usa i centrocampisti in difesa, il suo calcio è molto
propositivo, presidia ogni zona del campo in modo perfetto, i suoi
giocatori attaccano la porta e la profondità, quasi non conta il ruolo di
ciascuno ma solo l’occupazione dello spazio: ne risulta un gioco
armonioso, a tratti irresistibile. Tutto questo, però, si rischia di pagarlo
con un po’ di sufficienza difensiva, è il prezzo che si sconta per
mantenere il 70-80 per cento di palleggio nella metà campo avversaria.
Non sempre si è mentalmente pronti. Penso che basterebbe davvero
poco, ai difensori di Guardiola, per incassare la metà dei gol che
subiscono in una stagione. Poi, però, magari non giocherebbero bene
come vuole lui.
Se Guardiola avesse allenato in Italia, o se un giorno dovesse farlo,
il suo modo di difendere diventerebbe di sicuro un po’ più accorto.
Anche Mancini in Nazionale sta puntando sul bel gioco e sulla
tecnica, ma senza mai dimenticare di coprirsi le spalle: dopo le prime
partite ha cambiato assetto, cercando la solidità. Quando la palla va
buttata lontano, va fatto e basta! E l’uomo bisogna marcarlo, bisogna
sentirlo. L’estetica non è sufficiente.
Con José Mourinho, altro mostro sacro della panchina, non ho mai
parlato, a parte qualche sporadico saluto. Ma il suo carisma ha
cambiato il nostro sport. Molto interessante, dall’esterno, è vedere
come il portoghese riesca a fare blocco unico con la squadra, un
tutt’uno granitico senza sbavature. Lui cerca sempre la guerra con
qualcuno o qualcosa, facendo da parafulmine. Un po’ come Conte:
due caratteri forti che non le mandano a dire. A volte lo fanno per
strategia, altre volte per indole. Ma devono sempre combattere.
Io penso che Mourinho, nel bene e nel male, abbia portato
emozioni, una ventata d’aria fresca. E a me piace chi trasmette
emozioni, anche se come avversario l’ho odiato, sportivamente
parlando, s’intende, perché una volta finita la battaglia rimane solo la
stima. Io non porto rancore, e Mourinho è un grande personaggio.
Le sue squadre sono toste, muscolari, cercano lo scontro fisico e
mentale, fanno pesare la prestanza atletica. I grandi allenatori sanno
sempre trasferire la loro personalità alla squadra, è come un fluido. Il
Tottenham non vinceva in campionato da due mesi, e quando è
arrivato Mou a novembre sono bastati tre giorni per tornare a farlo.
Non può essere un caso.
* * *
Però, negli ultimi due anni il fenomeno della panchina è Jürgen
Klopp. Mi fa impazzire durante il riscaldamento delle squadre, prima
delle partite, quando si piazza sulla linea di metà campo con il suo
metro e novanta – perché Klopp è un omone – e resta a guardare gli
avversari sorridendo, a braccia conserte, fermo per un buon quarto
d’ora. Ogni tanto va dai suoi e poi torna, un po’ studia, un po’
gigioneggia. Vuol capire come gli altri vivono le emozioni, è un sottile
gioco psicologico e di messaggi indiretti. La prima volta che l’ho visto
fare così m’è venuto da ridere.
Klopp è un personaggio fresco e dà l’idea di essere molto simpatico,
e anche le sue squadre sono frizzanti e leggere. Negli anni è migliorato
parecchio e ha imparato a rischiare meno rispetto a quando guidava il
Borussia Dortmund, o al primo anno al Liverpool. Un po’ è dipeso
dalla solidità di qualche suo giocatore, Alisson e Van Dijk su tutti, e
poi a Liverpool ha quei tre davanti che sembrano creati per giocare
insieme: Salah, Mané e Firmino, la perfezione. Tutti fortissimi, nessun
marziano.
Dopo il Barcellona del 2015, squadra meravigliosa, il Liverpool di
Jürgen Klopp è stato qualcosa di speciale, forse il più bello da vedere
in assoluto, anche se il top in Champions resta sempre il Real Madrid,
con quella sfilata di campioni pazzeschi, dalla personalità unica. In
Europa si domina per anni soltanto così.

Praticamente qui c'è tutto il libro .ghgh

Non c'è bisogno di comprarlo sefz

 

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