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* Aragorn *

Una storia di Natale

Post in rilievo

Ciao a tutti.

 

Scrivo questo post per raccontarvi che, a distanza di due anni, ho pubblicato il mio secondo libro.

 

Il titolo è “Il segreto di Natale” ed è ambientato nel 1985, più precisamente nei tre giorni che intercorrono tra l’inizio delle vacanze e la vigilia. All’epoca avevo nove anni e qualcuno dei miei amici mi sussurrò all’orecchio che Babbo Natale non esisteva, che fossero i miei genitori a mettere i regali sotto l’albero. La notizia, come è ovvio, mi traumatizzò e decisi perciò di andare a fondo della faccenda: dovevo assolutamente conoscere la verità. Se penso a quei giorni, anche oggi a trentacinque anni di distanza, provo una grande nostalgia di quella magia irrimediabilmente perduta... e con questo libro, ho provato in qualche modo a farla rivivere.

 

Se vi va di leggerla, qui di seguito trovate la prefazione che riassume in qualche modo lo spirito con cui ho affrontato il racconto. Il libro, qualora vi interessasse, è disponibile su Amazon sia in formato cartaceo che digitale.

 

“Ho sempre pensato che la fine dell’infanzia coincida con il momento in cui scopriamo che Babbo Natale non esiste. A nove anni credevo che sarei rimasto bambino per sempre, non mi ci vedevo nei panni di un adulto. Ancora meglio: pensavo che tutto sarebbe eternamente rimasto com’era, nessuno sarebbe mai invecchiato e il concetto di morte era quanto di più estraneo riuscissi a concepire. Sì, di tanto in tanto vedevo morire i personaggi secondari di qualche fumetto che leggevo e nei film che i miei guardavano seduti in salotto c’era un sacco di gente che veniva ammazzata, ma erano cose lontane, impalpabili, distanti dalla realtà in cui vivevo. Nella mia routine quotidiana c’erano la famiglia, gli amici e la scuola e così immaginavo sarebbe stato per un lunghissimo tempo; i compiti a casa, andare a letto dopo il film in prima serata, il richiamo di mamma per l’ora di cena nei pomeriggi estivi, che interrompeva la partita di pallone. Quella era la quotidianità consolidata. Lavorare, guidare una macchina, avere una famiglia... e chi ci pensava? Sembrava una visione così irreale, artefatta, quasi che si trattasse della vita di qualcun altro, non certo la mia. Per chiarire: non è che non volessi diventare grande, anzi; semplicemente mi pareva che non sarebbe mai arrivato il momento.
Poi scoprii che Babbo Natale non esisteva, che erano i miei genitori a comprare i regali di Natale, e la mia prospettiva cambiò. Lentamente, non dall’oggi al domani, ma cambiò. Cominciai a metabolizzare il fatto che c’è un tempo per tutto, per l’innocenza e per la consapevolezza. Se esiste una fase della vita in cui è assolutamente plausibile che un anziano signore in groppa a una slitta compia il giro del mondo in una sola notte, fermandosi per giunta ogni cinque-dieci metri, esiste anche un momento in cui le illusioni crollano come castelli di carte soffiati dal vento. È allora che realizziamo che non esiste nessun mostro nascosto nell’armadio della cameretta pronto a saltar fuori non appena si spegne la luce, che non ci sono fatine che regalano monete per ogni dente che cade, né bacchette magiche in grado di compiere trasformazioni. C’è una linea di confine sottilissima che separa le fasi della vita di ogni essere umano ed è quella che regola la transizione tra il momento in cui si viene ingannati e quello in cui si diventa ingannatori. Terminata l’età dell’immaginazione, s’inizia a diventare adulti. E non è poi questa gran cosa.
Ebbene, lo ammetto, io sono uno di quelli che da piccolo sognava di diventare grande e che ora, da grande, vorrebbe tornare piccolo. Eh sì, perché una volta svaniti i meravigliosi misteri dell’infanzia quello che resta da scoprire è terribilmente più noioso. Vorrei tornare a credere che gridare “specchio riflesso” mi renda immune da ogni tipo di offesa e che una scatola di cartone, adeguatamente rivestita, sia un’eccellente trappola per fantasmi, un ecto-contenitore modello Ghostbusters; mi piacerebbe tornare sul sedile posteriore della Passat di mio padre, per incitarlo a superare quell’ultimo veicolo che ci separa dalla vittoria del Gran Premio autostradale. E già che ci siamo, non sarebbe male neppure rimettersi a cercare il villaggio dei puffi: il mio compagno di classe Andrea sosteneva che si nascondessero nella pineta giù a valle e da allora ho sempre avuto il desiderio di poterli stanare. Ma più di ogni altra cosa, vorrei poter rivivere una notte di Natale come quelle di quando ero bambino, con i miei genitori che mi costringono ad andare a dormire, altrimenti Babbo Natale non ti porta niente. Ecco, se c’è un momento di cui ho davvero nostalgia è legato proprio a quelle giornate di fatidica attesa, quando cercavo in tutte le maniere di mostrarmi giudizioso per non mandare in malora le speranze a lungo coltivate.
Quella sì che è una magia di cui sento ancora la mancanza.”

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Pensa che a me lo disse quello * di mio fratello: lui aveva 8 anni quando lo scoprì, io 6 anni... Quindi ho vissuto il periodo "Babbo Natale esiste" solo per 3-4 anni, perché ovviamente quando hai 1 anno cosa vuoi capire... 

Mi hai fatto venire in mente questa cosa, auguri per il libro. 🙂 

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19 minuti fa, juventudes ha scritto:

Pensa che a me lo disse quello * di mio fratello: lui aveva 8 anni quando lo scoprì, io 6 anni... Quindi ho vissuto il periodo "Babbo Natale esiste" solo per 3-4 anni, perché ovviamente quando hai 1 anno cosa vuoi capire... 

Mi hai fatto venire in mente questa cosa, auguri per il libro. 🙂 

Un po’ come me e mio fratello, io ne avevo 9 lui 6... ma nel nostro caso non fui io il delatore sefz

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1 ora fa, * Aragorn * ha scritto:

Un po’ come me e mio fratello, io ne avevo 9 lui 6... ma nel nostro caso non fui io il delatore sefz

Chissà se da questo trauma scriverà un libro come hai fatto tu. ahah

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1 ora fa, juventudes ha scritto:

Chissà se da questo trauma scriverà un libro come hai fatto tu. ahah

Probabilmente no perché si rifiutò di crederci sefz

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