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The Italian Giants

Ceferin al Daily Mail: "Real Madrid, Barcellona e Juventus riceveranno le pene più dure. Sono come terrapiattisti che credono esista ancora la Super League"

Post in rilievo

1 minuto fa, M83forever ha scritto:

Il Real e il Barcellona due club con tradizione centenaria che hanno fatto la storia della competizione STANNO URLANDO senza mezzi termini che non possono competere contro uno Stato intero che mette soldi a buffo e paga clausole rescissorie a 225 mln di euro e che per eludere il Fair play finanziario si fa prestare Mbappe per poi riscattarlo l'anno dopo oppure che trucca i bilanci con sponsor della casa madre a 200 mln.

 

Club storici, che fatturano più di noi e voi volete competere in Europa con il fatturato dell'Arsenal? Ma sul serio?

Gli Sceicchi fanno paura.

Forse questo appoggio del Barcellona alla Superlega nasce proprio dal fatto che sono rimasti "scottati" dall'affare Neymar..tra l'altro in quei tempi si diceva che Al Kelhafi fosse disposto a pagare la mostruosa Clausola rescissoria per Messi

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5 minuti fa, M83forever ha scritto:

Si con Spinazzola e Kean al massimo vinci la Supercoppa Italiana. Ottimi calciatori eh ma  quelli erano campioni veri sin da subito, che so costati TUTTI O QUASI un tozzo di pane. Nel 2015 ( non 50 anni fa) si parla di 6 anni fa

La squadra titolare l'hai fatta con 60 mln di euro di cartellini.

 Oggi ci pigli un calciatore come chiesa e stop.

 

 

Ripensa alla squadra titolare di due anni fa a cui si chiedeva di vincere tutto. Con i giusti accorgimenti se la sarebbe potuta si giocare davvero e invece l'hanno smantellata per menarcela con la nuova filosofia che non aveva e non ha ragione d'esistere. Per gestione oculata non si intende per forza spendere poco. Ma anche spendere per chi ne vale davvero la pena e non lo stiamo facendo, rare eccezioni (Chiesa) a parte...

 

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1 minuto fa, JuventusJack ha scritto:

Gli Sceicchi fanno paura.

Forse questo appoggio del Barcellona alla Superlega nasce proprio dal fatto che sono rimasti "scottati" dall'affare Neymar..tra l'altro in quei tempi si diceva che Al Kelhafi fosse disposto a pagare la mostruosa Clausola rescissoria per Messi

Messi che quest'estate voleva liberarsi a zero per andare al City.

Noi 100 mln li abbiamo dati al Real per Ronaldo.

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Adesso, Giannij Stinson ha scritto:

Ripensa alla squadra titolare di due anni fa a cui si chiedeva di vincere tutto. Con i giusti accorgimenti se la sarebbe potuta si giocare davvero e invece l'hanno smantellata per menarcela con la nuova filosofia che non aveva e non ha ragione d'esistere. Per gestione oculata non si intende per forza spendere poco. Ma anche spendere per chi ne vale davvero la pena e non lo stiamo facendo, rare eccezioni (Chiesa) a parte...

 

Allegri voleva lasciare dopo la finale di Cardiff. Avevi un Chiellini top mondo e Barzagli finito a 37 anni Bonucci in mezzo a quei due sembrava Materazzi al mondiale.  

Il centrocampo era già in crisi visto che le nostre finanze da top club hanno portato alla Juve un Khedira a zero titolare ( morto). Manzo a fare l'ala da punta e un terzino a fare l'ala come Dani Alves  con Gonzalo punta e Dybala a tutto campo.

Ti ricordi chi entra in quella finale? Io si me li ricordo ancora Cuadrado ( niente da dire ) Lemina e Rincon. Noi siamo andati in finale con lemina e rincon carte da giocare.

Il Real tira fuori Asensio e Bale.

 

Eravamo al canto del cigno. Finiti in quasi tutti i ruoli più importanti. Buffon e Barzagli, Chiellini che poi ha avuto un calo nettissimo, Dani Alves che aveva rotto con tutti, Manzo all'ultimo respiro e Higuain in procinto di discendere.

 

Basta celebrare quelle finali come se fossero ripetibili, come se fossero un modello replicabile, non hai campioni di quel peso e di quell'attaccamento alla maglia.

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1 ora fa, -Anton10- ha scritto:

Fallo

 

Poi voglio, pretendo che Perez tiri fuori na bustarella con dentro tutti i vostri magheggi


E poi voglio ridere


Oltretutto che sia Champions o EL

 

Mi sta letteralmente passando la voglia di seguirla.. tanto che ci puniscano o no.. ci faranno uscire ai gironi

 

Dobbiamo avere a che fare con dei * di bambini bah 

esattamente...

nella prossima stagione si tiferà per lo scudetto al 100%, indipendentemente dal fatto se parteciperemo alla champions o alla EL..

credo non sia sbagliato pensare di dare il massimo per passare i gironi e arrivare agli ottavi, dopo di che , tanto vale salutare, visto che ai quarti ci potremmo arrivare solo con qualche miracolo, tipo che l'arbitro infarta sul campo, e viene sostituito dal quarto uomo che non era stato ''istruito'' da ceferin e soci 😅

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Quelli che ancora parteggiano per i superindebitati non prendono in considerazione una cosa, nel mondo i fissati del pallone sono una minoranza rispetto al tifoso medio. Io mi considerato un tifoso medio non particolarmente interessato, a cui la partita di SL Atletico Milan interesserebbe come Sampdoria-Sassuolo, cioe' probabilmente non la guarderei. E' per questo che alla fine prevarranno sempre i campionati nazionali, che avranno quel qualcosa in piu' come campanilismo e rivalita'.

Se i  club indebitati vogliono riprendersi dovranno spendere meno. Vorra' dire che nel prossimo futuro il posto di monopolio di vittorie in Europa sara' preso da PSG e City come prima era di Real e Barca, sono cicli. Prima c'erano le banche spagnole a distorcere ora ci sono altri.

 

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Pare essere passato un secolo, ma fino a poco tempo fa il tema principale delle discussioni calcistiche legate alla Champions League era quello della mancanza di equilibrio competitivo tra le partecipanti. Un tema che Čeferin per primo aveva affrontato in diverse interviste e che aveva messo al centro del suo programma politico già dal 2018.

L’attuale formato della Champions, che da ieri improvvisamente si difende a spada tratta sui giornali decantandone la meritocrazia, era visto come troppo limitante per alcune piazze e al contrario troppo vantaggioso per le solite società. Questo perché all’UEFA si rimproverava di aver creato, tramite il FFP, un sistema sì con i conti più in ordine, ma i cui ricavi da partecipazione fungevano da spartiacque creando un gap economico incolmabile tra chi vi prendeva parte regolarmente (di solito, appunto, le big) e quei club che, per fatturato, interesse limitato (es. i club facenti parte di campionati “meno attraenti”) o per congiunture varie, rimanevano alla porta.

Questa situazione ha creato due problemi. Il primo, è l’impossibilità di poter immettere capitale tramite finanziamento soci per colmare il divario tecnico creatosi fra partecipanti e non. Mentre ad esempio l’Inter era costretta a mettere a posto i conti, era limitata contemporaneamente nella possibilità di investire per ritornare competitiva e poter accedere alla Champions e ai suoi ricavi, sia diretti sia indiretti. Il secondo problema, invece, riguardava quei club che, esempio la Roma, non riuscivano ad entrare tra le qualificate al torneo – nonostante grandi spese – per una o due edizioni consecutive e si ritrovavano con una rosa il cui costo era tarato per la Champions, senza avere però i ricavi della Champions.

Nonostante le promesse, si è fatto poco o niente per rendere il prodotto Champions, già poco apprezzato a livello di sponsor, più attraente per i ragazzini, più equilibrato nei risultati e meno rischioso per gli investitori. Non lo si è fatto perché, mentre da un lato l’UEFA si è preoccupata esclusivamente di limitare le spese dei vari club, dall’altra ne ha limitato anche la capacità di produrre fatturato gestendo tutto centralmente (Florentino Pérez al Chiringuito ha parlato più volte di “monopolio”), con risultati imbarazzanti se paragonati a quelli delle Leghe americane. La necessità di una Superlega affonda le sue radici proprio nella convinzione, da parte dei top club europei, di “valere” di più di quanto raccolto finora.

In questo scenario, si è inserita l’emergenza Covid e il modello attuale dell’UEFA ha mostrato tutti i suoi limiti. Alla perdita di fatturato da parte delle principali squadre (più sono alte le tue spese, più è alta la tua perdita) e alla richiesta dei presidenti delle “12” di porvi un rimedio, Čeferin non ha saputo dare risposte. Non ha aumentato i ricavi (che ha mantenuto centralizzati), ma non ha neanche accettato la richiesta di abbattere le spese concordando (o imponendo) ai calciatori un decurtamento del 30% dei guadagni per fronteggiare l’emergenza.

Ciò ha mandato a gambe all’aria i principali investitori del calcio europeo e ha spinto i fondatori ad accelerare i tempi per creare un contro-sistema che potesse dare risposte più soddisfacenti e immediate alle loro necessità.

Veniamo quindi alla Super League. Personalmente, ho rispetto per chiunque attribuisca una funzione “sociale” al calcio. Io la penso diversamente: per me, è business. Essendo business, dovrebbe sottostare alle regole del mercato. E allora, in un sistema aperto, non può che essere la capacità di spesa e/o di produrre fatturato dei singoli imprenditori (attenzione: dei singoli, non della Lega), oltre alla palla che rotola, a determinare i successi o meno, sicuramente economici, ma quasi sempre anche sportivi. Per quanto possano esistere esempi virtuosi e Cenerentole che ci fanno sognare, nel lungo periodo un imprenditore con potere di spesa 100 prevarrà quasi sempre su quello con potere di spesa 1.

Basta sfogliare gli albi d’oro dei tornei nazionali. In Olanda, negli ultimi 30 anni, per 25 volte hanno vinto i club con più soldi, ovvero Ajax e PSV. In Francia, il PSG ha vinto 7 degli ultimi 8 campionati e il Lione, poco prima, ne aveva vinti 7 consecutivi. In Germania, il Bayern Monaco è a 8 campionati vinti di fila (e si avvia al nono). In Italia, la Juve si è fermata a 9 (e il 10° lo vincerà l’Inter che l’estate scorsa fu una delle società che spese di più in Europa). In Spagna negli ultimi 37 campionati hanno vinto per 31 volte Barca o Real. E così ovunque.

Chi investe 100, però, oltre ad avere più possibilità di vincere rispetto a chi investe 1, avrà un rischio d’impresa 100 volte superiore se le sue entrate dipenderanno in gran parte da un risultato sportivo da conseguire e non solo dalla capacità di “fatturare”. Ed è qui, per tornare al discorso di prima, che si crea il cortocircuito Champions. Club che investono 100 possono rischiare un collasso economico per un’annata sfortunata? Voi mi direte: certo, è il bello dello sport, è ciò che lo rende appassionante!

Per me, che considero il calcio un business, è “bad business”. Ci sta quindi che anche gli imprenditori che portano avanti questo giocattolo abbiano voluto lavorare per limitare o addirittura eliminare questi rischi.

Come lo si può fare, cercando magari al tempo stesso di creare un torneo più avvincente e con maggiore equilibrio competitivo? Per me la risposta è proprio nel tanto odiato sistema chiuso (o parzialmente chiuso), del quale sono un sostenitore.

È un sistema che ti permette infatti di centralizzare davvero le entrate, distribuendole in maniera paritaria tra le concorrenti, per poi lasciare – limitando le spese con un salary cap legato ai soldi distribuiti – che sia la bravura dei dirigenti a determinare le sorti sportive. Tutti i club avrebbero uguali opportunità partendo tutte insieme dal via. Solo così si potrebbe lavorare tutti insieme per aumentare i fatturati, senza che aumenti il gap economico tra le partecipanti. Solo così si potrebbe programmare a medio termine e tenere i conti in ordine, poichè non costretti a inseguire affannosamente la competitività immediata per pura logica di sopravvivenza economica. Solo così, il rischio sarebbe limitato e il successo economico e la sostenibilità dei tuoi conti non dipenderebbero da eventi “casuali” o da stagioni particolari.

Piace? Non piace? È soggettivo, ognuno avrà la sua opinione. A me, piace. Non solo: tutti i discorsi sulla iniquità di un sistema chiuso o ad inviti non mi scaldano per niente, soprattutto perché nulla vieterebbe all’UEFA di organizzare comunque il suo bel torneo aperto parallelo come già succede nel basket.

Detto questo, e veniamo alle note dolenti, la Super League ci è stata “venduta” malissimo. Invece di vendere un “sogno” ai tifosi, invece di presentare una nuova Coppa da ammirare e desiderare, invece di spiegare i punti di forza di questo sistema, invece di approfondire il discorso sul salary cap, sulla competitività, sulla meraviglia di un potenziale spettacolo generato da club in salute economicamente e con la capacità di acquistare i migliori calciatori del mondo per creare il miglior torneo del mondo… invece di mettere i campioni al centro (magari creando un All-Star game, un premio MVP, riconoscimenti personali oltre che di squadra)… invece di tutto questo, è stata comunicata solamente la necessità impellente di salvarsi il *.

Invece di un qualcosa diverso, ben pensato, ben strutturato e ben argomentato, l’impressione è stata quella di un cheat. Di un trucchetto, di una scorciatoia, addirittura di una “infamata” per beccarsi tutti i soldi di una nuova torta e salvare se stessi a discapito delle altre. Anche la presentazione in nottata, ognuno per fatti suoi, senza un evento comune, senza un segno anche fisico di vicinanza e compattezza dei club, ha contribuito a dare l’impressione di una cosa quasi improvvisata, quasi clandestina.

Tutto ciò, unito al fatto di aver presentato 12 squadre di 20, ha fatto pensare non ci fosse poi molto di pronto, se non qualche accordo di massima con grandi investitori. Sarebbe probabilmente stato utile trovare prima i 20 partecipanti e poi annunciare il progetto. Per vincere gli scettici del sistema chiuso, poi, si sarebbe potuto pensare come alternativa ad una formula che, più che premiare “a vita” 12 club privilegiati, prevedesse per loro un piano quinquennale che permettesse ai club di programmare e agli sponsor di avere delle certezze. Si sarebbe inoltre potuto lasciare la possibilità ad altri 8-12 club di partecipare secondo criteri meritocratici (palmares, piazzamenti, investimenti strutturali, giovani), magari su base biennale.

Sono solo delle idee per dire che si sarebbe comunque potuto rimodellare l’attuale sistema in uno diverso, migliore e, su quella base, eventualmente, trattare con l’UEFA (che ha proposto una porcheria di formula, dal 2024) e la FIFA.

Peccato invece sia andata come è andata, perdendo una buona possibilità di creare un prodotto più avvincente e funzionante rispetto a quello attuale. Ma dagli errori si impara e non è detto che questa sia la parola fine su un’idea comunque promettente che spero non venga del tutto abbandonata.

 

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1 ora fa, Giannij Stinson ha scritto:

Suicidarsi vuol dire tenere il punto e andarsi a schiantare contro un muro, facendosi molto male. 

In certe circostanze fare un passo indietro invece è da persone intelligenti. 

 

Atteggiamento che non concepisco. Non si può fare i talebani solo perchè una roba è stata pensata dal nostro presidente. Non ha ragione a prescindere e in questo caso ha torto, mi dispiace... 

Opinione tua, mi dispiace.

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1 minuto fa, M83forever ha scritto:

Basta celebrare quelle finali come se fossero ripetibili, come se fossero un modello replicabile, non hai campioni di quel peso e di quell'attaccamento alla maglia.

Secondo me completando la squadra di due anni fa ci andavi quantomeno vicino a replicarle. Analizziamola: 

 

Szczesny, Cancelo Bonucci Chiellini Alex Sandro, Emre Can Pjanic Matuidi, Dybala, Mandzukic CR7.

 

Poi di buoni inoltre avevi Cuadrado, Spinazzola, Bentancur, Kean. Il resto era contorno e vabbè, metterò qualche nome a caso per completare.  

 

Avevi Ramsey (giocatore che con Allegri avrebbe reso milioni di volte di più) e Demiral in tasca, Danilo in arrivo. Ora, con tutto il bene e la stima per De Ligt avrebbe avuto più senso investire quei soldi per un top a centrocampo, con l'intuizione Demiral oltre a Romero da valutare. 

 

Potevi seriamente avere una roba del genere: 

 

Szczesny 

Danilo Bonucci Chiellini Alex Sandro

Emre Can Pjanic Pogba

Dybala

Morata CR7

 

Perin/Buffon

Cuadrado Demiral Rugani/Romero Spinazzola

Bentancur Ramsey McKennie

Bernardeschi Kean Chiesa

 

All. Allegri

 

Più Pinsoglio e se non ho fatto male i conti un ulteriore slot spendibile in lista CL. Ora il ragionamento è scritto un po' coi piedi perchè l'ora è quella che è ma si capisce e sinceramente io avrei firmato per una roba del genere, perchè appunto te la potevi giocare completando in maniera intelligente quella squadra. 

 

 

 

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Sta davvero facendo saltare i nervi pure alle gente pacata anche a quella a cui non fregava nulla della SuperLeague si dia una regolata, perché quando è troppo è troppo.

 

Non ho capito cosa ottiene con sti anatemi, venerdì hanno fatto la riunione dove alla fine non hanno deciso un * poi il giorno dopo fuori dalle sedi istituzionali ritorna a fare il fenomeno da spiaggia.

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1 ora fa, M83forever ha scritto:

Pare essere passato un secolo, ma fino a poco tempo fa il tema principale delle discussioni calcistiche legate alla Champions League era quello della mancanza di equilibrio competitivo tra le partecipanti. Un tema che Čeferin per primo aveva affrontato in diverse interviste e che aveva messo al centro del suo programma politico già dal 2018.

L’attuale formato della Champions, che da ieri improvvisamente si difende a spada tratta sui giornali decantandone la meritocrazia, era visto come troppo limitante per alcune piazze e al contrario troppo vantaggioso per le solite società. Questo perché all’UEFA si rimproverava di aver creato, tramite il FFP, un sistema sì con i conti più in ordine, ma i cui ricavi da partecipazione fungevano da spartiacque creando un gap economico incolmabile tra chi vi prendeva parte regolarmente (di solito, appunto, le big) e quei club che, per fatturato, interesse limitato (es. i club facenti parte di campionati “meno attraenti”) o per congiunture varie, rimanevano alla porta.

Questa situazione ha creato due problemi. Il primo, è l’impossibilità di poter immettere capitale tramite finanziamento soci per colmare il divario tecnico creatosi fra partecipanti e non. Mentre ad esempio l’Inter era costretta a mettere a posto i conti, era limitata contemporaneamente nella possibilità di investire per ritornare competitiva e poter accedere alla Champions e ai suoi ricavi, sia diretti sia indiretti. Il secondo problema, invece, riguardava quei club che, esempio la Roma, non riuscivano ad entrare tra le qualificate al torneo – nonostante grandi spese – per una o due edizioni consecutive e si ritrovavano con una rosa il cui costo era tarato per la Champions, senza avere però i ricavi della Champions.

Nonostante le promesse, si è fatto poco o niente per rendere il prodotto Champions, già poco apprezzato a livello di sponsor, più attraente per i ragazzini, più equilibrato nei risultati e meno rischioso per gli investitori. Non lo si è fatto perché, mentre da un lato l’UEFA si è preoccupata esclusivamente di limitare le spese dei vari club, dall’altra ne ha limitato anche la capacità di produrre fatturato gestendo tutto centralmente (Florentino Pérez al Chiringuito ha parlato più volte di “monopolio”), con risultati imbarazzanti se paragonati a quelli delle Leghe americane. La necessità di una Superlega affonda le sue radici proprio nella convinzione, da parte dei top club europei, di “valere” di più di quanto raccolto finora.

In questo scenario, si è inserita l’emergenza Covid e il modello attuale dell’UEFA ha mostrato tutti i suoi limiti. Alla perdita di fatturato da parte delle principali squadre (più sono alte le tue spese, più è alta la tua perdita) e alla richiesta dei presidenti delle “12” di porvi un rimedio, Čeferin non ha saputo dare risposte. Non ha aumentato i ricavi (che ha mantenuto centralizzati), ma non ha neanche accettato la richiesta di abbattere le spese concordando (o imponendo) ai calciatori un decurtamento del 30% dei guadagni per fronteggiare l’emergenza.

Ciò ha mandato a gambe all’aria i principali investitori del calcio europeo e ha spinto i fondatori ad accelerare i tempi per creare un contro-sistema che potesse dare risposte più soddisfacenti e immediate alle loro necessità.

Veniamo quindi alla Super League. Personalmente, ho rispetto per chiunque attribuisca una funzione “sociale” al calcio. Io la penso diversamente: per me, è business. Essendo business, dovrebbe sottostare alle regole del mercato. E allora, in un sistema aperto, non può che essere la capacità di spesa e/o di produrre fatturato dei singoli imprenditori (attenzione: dei singoli, non della Lega), oltre alla palla che rotola, a determinare i successi o meno, sicuramente economici, ma quasi sempre anche sportivi. Per quanto possano esistere esempi virtuosi e Cenerentole che ci fanno sognare, nel lungo periodo un imprenditore con potere di spesa 100 prevarrà quasi sempre su quello con potere di spesa 1.

Basta sfogliare gli albi d’oro dei tornei nazionali. In Olanda, negli ultimi 30 anni, per 25 volte hanno vinto i club con più soldi, ovvero Ajax e PSV. In Francia, il PSG ha vinto 7 degli ultimi 8 campionati e il Lione, poco prima, ne aveva vinti 7 consecutivi. In Germania, il Bayern Monaco è a 8 campionati vinti di fila (e si avvia al nono). In Italia, la Juve si è fermata a 9 (e il 10° lo vincerà l’Inter che l’estate scorsa fu una delle società che spese di più in Europa). In Spagna negli ultimi 37 campionati hanno vinto per 31 volte Barca o Real. E così ovunque.

Chi investe 100, però, oltre ad avere più possibilità di vincere rispetto a chi investe 1, avrà un rischio d’impresa 100 volte superiore se le sue entrate dipenderanno in gran parte da un risultato sportivo da conseguire e non solo dalla capacità di “fatturare”. Ed è qui, per tornare al discorso di prima, che si crea il cortocircuito Champions. Club che investono 100 possono rischiare un collasso economico per un’annata sfortunata? Voi mi direte: certo, è il bello dello sport, è ciò che lo rende appassionante!

Per me, che considero il calcio un business, è “bad business”. Ci sta quindi che anche gli imprenditori che portano avanti questo giocattolo abbiano voluto lavorare per limitare o addirittura eliminare questi rischi.

Come lo si può fare, cercando magari al tempo stesso di creare un torneo più avvincente e con maggiore equilibrio competitivo? Per me la risposta è proprio nel tanto odiato sistema chiuso (o parzialmente chiuso), del quale sono un sostenitore.

È un sistema che ti permette infatti di centralizzare davvero le entrate, distribuendole in maniera paritaria tra le concorrenti, per poi lasciare – limitando le spese con un salary cap legato ai soldi distribuiti – che sia la bravura dei dirigenti a determinare le sorti sportive. Tutti i club avrebbero uguali opportunità partendo tutte insieme dal via. Solo così si potrebbe lavorare tutti insieme per aumentare i fatturati, senza che aumenti il gap economico tra le partecipanti. Solo così si potrebbe programmare a medio termine e tenere i conti in ordine, poichè non costretti a inseguire affannosamente la competitività immediata per pura logica di sopravvivenza economica. Solo così, il rischio sarebbe limitato e il successo economico e la sostenibilità dei tuoi conti non dipenderebbero da eventi “casuali” o da stagioni particolari.

Piace? Non piace? È soggettivo, ognuno avrà la sua opinione. A me, piace. Non solo: tutti i discorsi sulla iniquità di un sistema chiuso o ad inviti non mi scaldano per niente, soprattutto perché nulla vieterebbe all’UEFA di organizzare comunque il suo bel torneo aperto parallelo come già succede nel basket.

Detto questo, e veniamo alle note dolenti, la Super League ci è stata “venduta” malissimo. Invece di vendere un “sogno” ai tifosi, invece di presentare una nuova Coppa da ammirare e desiderare, invece di spiegare i punti di forza di questo sistema, invece di approfondire il discorso sul salary cap, sulla competitività, sulla meraviglia di un potenziale spettacolo generato da club in salute economicamente e con la capacità di acquistare i migliori calciatori del mondo per creare il miglior torneo del mondo… invece di mettere i campioni al centro (magari creando un All-Star game, un premio MVP, riconoscimenti personali oltre che di squadra)… invece di tutto questo, è stata comunicata solamente la necessità impellente di salvarsi il *.

Invece di un qualcosa diverso, ben pensato, ben strutturato e ben argomentato, l’impressione è stata quella di un cheat. Di un trucchetto, di una scorciatoia, addirittura di una “infamata” per beccarsi tutti i soldi di una nuova torta e salvare se stessi a discapito delle altre. Anche la presentazione in nottata, ognuno per fatti suoi, senza un evento comune, senza un segno anche fisico di vicinanza e compattezza dei club, ha contribuito a dare l’impressione di una cosa quasi improvvisata, quasi clandestina.

Tutto ciò, unito al fatto di aver presentato 12 squadre di 20, ha fatto pensare non ci fosse poi molto di pronto, se non qualche accordo di massima con grandi investitori. Sarebbe probabilmente stato utile trovare prima i 20 partecipanti e poi annunciare il progetto. Per vincere gli scettici del sistema chiuso, poi, si sarebbe potuto pensare come alternativa ad una formula che, più che premiare “a vita” 12 club privilegiati, prevedesse per loro un piano quinquennale che permettesse ai club di programmare e agli sponsor di avere delle certezze. Si sarebbe inoltre potuto lasciare la possibilità ad altri 8-12 club di partecipare secondo criteri meritocratici (palmares, piazzamenti, investimenti strutturali, giovani), magari su base biennale.

Sono solo delle idee per dire che si sarebbe comunque potuto rimodellare l’attuale sistema in uno diverso, migliore e, su quella base, eventualmente, trattare con l’UEFA (che ha proposto una porcheria di formula, dal 2024) e la FIFA.

Peccato invece sia andata come è andata, perdendo una buona possibilità di creare un prodotto più avvincente e funzionante rispetto a quello attuale. Ma dagli errori si impara e non è detto che questa sia la parola fine su un’idea comunque promettente che spero non venga del tutto abbandonata.

 

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Perfetto, effettivamente

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Manca solo che dica pubblicamente "vi ammazzo figli di *" e siamo a posto.

È da internare.

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Ora ditemi che credibilità ha questa Champions con una squadra minacciata ogni ora dal presidente dell'associazione che la organizza...

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È chiaro come il sole, che non si possa più tornare indietro.

 

Se lo fai, Ceferin acquisirà enorme potere e considerazione politica agli occhi di tutti. Riuscire a piegare Club come Real-Barca e Juve significa la fine di tutto. 
 

Pertanto, considerata la convinzione dell’appoggio di personaggi importanti/società/aziende e club che per il momento se ne stanno col profilo basso, 

andare avanti è proprio la mossa più giusta se non l’unica cosa che si possa fare. 

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4 hours ago, JuventusJack said:

Come vi vendete per poco...

 

 

Io Sono disposto anche a sacrificare 2 anni di Champions League, per arrivare fino in fondo a questa vicenda.

 

Fuck uefa 

solo per la * lanciata ad AA io me la lego al dito per sempre. Tanto la champions non la vinciamo più. Lasciatela perdere perche questa coppa di * è maledetta. Capisco che qui nel forum ci sia gente giovane che non ha mai goduto ad alzarla ma non ne vale la pena 

ne abbiamo vinte 2 di ste coppe ma alla fine chi se ne frega 

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Perché fa dichiarazioni al daily mail? Dovrebbe farle in Spagna e Italia. Chiama marca, as tuttosport e gazza e fa le sue minacce direttamente agli nteressati. E poi... che differenza passa tra le 3 e le altre visto che hanno fatto tutte comunicati simili e non sono formalmente uscite? O tutte o nessuna 

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3 ore fa, M83forever ha scritto:

Pare essere passato un secolo, ma fino a poco tempo fa il tema principale delle discussioni calcistiche legate alla Champions League era quello della mancanza di equilibrio competitivo tra le partecipanti. Un tema che Čeferin per primo aveva affrontato in diverse interviste e che aveva messo al centro del suo programma politico già dal 2018.

L’attuale formato della Champions, che da ieri improvvisamente si difende a spada tratta sui giornali decantandone la meritocrazia, era visto come troppo limitante per alcune piazze e al contrario troppo vantaggioso per le solite società. Questo perché all’UEFA si rimproverava di aver creato, tramite il FFP, un sistema sì con i conti più in ordine, ma i cui ricavi da partecipazione fungevano da spartiacque creando un gap economico incolmabile tra chi vi prendeva parte regolarmente (di solito, appunto, le big) e quei club che, per fatturato, interesse limitato (es. i club facenti parte di campionati “meno attraenti”) o per congiunture varie, rimanevano alla porta.

Questa situazione ha creato due problemi. Il primo, è l’impossibilità di poter immettere capitale tramite finanziamento soci per colmare il divario tecnico creatosi fra partecipanti e non. Mentre ad esempio l’Inter era costretta a mettere a posto i conti, era limitata contemporaneamente nella possibilità di investire per ritornare competitiva e poter accedere alla Champions e ai suoi ricavi, sia diretti sia indiretti. Il secondo problema, invece, riguardava quei club che, esempio la Roma, non riuscivano ad entrare tra le qualificate al torneo – nonostante grandi spese – per una o due edizioni consecutive e si ritrovavano con una rosa il cui costo era tarato per la Champions, senza avere però i ricavi della Champions.

Nonostante le promesse, si è fatto poco o niente per rendere il prodotto Champions, già poco apprezzato a livello di sponsor, più attraente per i ragazzini, più equilibrato nei risultati e meno rischioso per gli investitori. Non lo si è fatto perché, mentre da un lato l’UEFA si è preoccupata esclusivamente di limitare le spese dei vari club, dall’altra ne ha limitato anche la capacità di produrre fatturato gestendo tutto centralmente (Florentino Pérez al Chiringuito ha parlato più volte di “monopolio”), con risultati imbarazzanti se paragonati a quelli delle Leghe americane. La necessità di una Superlega affonda le sue radici proprio nella convinzione, da parte dei top club europei, di “valere” di più di quanto raccolto finora.

In questo scenario, si è inserita l’emergenza Covid e il modello attuale dell’UEFA ha mostrato tutti i suoi limiti. Alla perdita di fatturato da parte delle principali squadre (più sono alte le tue spese, più è alta la tua perdita) e alla richiesta dei presidenti delle “12” di porvi un rimedio, Čeferin non ha saputo dare risposte. Non ha aumentato i ricavi (che ha mantenuto centralizzati), ma non ha neanche accettato la richiesta di abbattere le spese concordando (o imponendo) ai calciatori un decurtamento del 30% dei guadagni per fronteggiare l’emergenza.

Ciò ha mandato a gambe all’aria i principali investitori del calcio europeo e ha spinto i fondatori ad accelerare i tempi per creare un contro-sistema che potesse dare risposte più soddisfacenti e immediate alle loro necessità.

Veniamo quindi alla Super League. Personalmente, ho rispetto per chiunque attribuisca una funzione “sociale” al calcio. Io la penso diversamente: per me, è business. Essendo business, dovrebbe sottostare alle regole del mercato. E allora, in un sistema aperto, non può che essere la capacità di spesa e/o di produrre fatturato dei singoli imprenditori (attenzione: dei singoli, non della Lega), oltre alla palla che rotola, a determinare i successi o meno, sicuramente economici, ma quasi sempre anche sportivi. Per quanto possano esistere esempi virtuosi e Cenerentole che ci fanno sognare, nel lungo periodo un imprenditore con potere di spesa 100 prevarrà quasi sempre su quello con potere di spesa 1.

Basta sfogliare gli albi d’oro dei tornei nazionali. In Olanda, negli ultimi 30 anni, per 25 volte hanno vinto i club con più soldi, ovvero Ajax e PSV. In Francia, il PSG ha vinto 7 degli ultimi 8 campionati e il Lione, poco prima, ne aveva vinti 7 consecutivi. In Germania, il Bayern Monaco è a 8 campionati vinti di fila (e si avvia al nono). In Italia, la Juve si è fermata a 9 (e il 10° lo vincerà l’Inter che l’estate scorsa fu una delle società che spese di più in Europa). In Spagna negli ultimi 37 campionati hanno vinto per 31 volte Barca o Real. E così ovunque.

Chi investe 100, però, oltre ad avere più possibilità di vincere rispetto a chi investe 1, avrà un rischio d’impresa 100 volte superiore se le sue entrate dipenderanno in gran parte da un risultato sportivo da conseguire e non solo dalla capacità di “fatturare”. Ed è qui, per tornare al discorso di prima, che si crea il cortocircuito Champions. Club che investono 100 possono rischiare un collasso economico per un’annata sfortunata? Voi mi direte: certo, è il bello dello sport, è ciò che lo rende appassionante!

Per me, che considero il calcio un business, è “bad business”. Ci sta quindi che anche gli imprenditori che portano avanti questo giocattolo abbiano voluto lavorare per limitare o addirittura eliminare questi rischi.

Come lo si può fare, cercando magari al tempo stesso di creare un torneo più avvincente e con maggiore equilibrio competitivo? Per me la risposta è proprio nel tanto odiato sistema chiuso (o parzialmente chiuso), del quale sono un sostenitore.

È un sistema che ti permette infatti di centralizzare davvero le entrate, distribuendole in maniera paritaria tra le concorrenti, per poi lasciare – limitando le spese con un salary cap legato ai soldi distribuiti – che sia la bravura dei dirigenti a determinare le sorti sportive. Tutti i club avrebbero uguali opportunità partendo tutte insieme dal via. Solo così si potrebbe lavorare tutti insieme per aumentare i fatturati, senza che aumenti il gap economico tra le partecipanti. Solo così si potrebbe programmare a medio termine e tenere i conti in ordine, poichè non costretti a inseguire affannosamente la competitività immediata per pura logica di sopravvivenza economica. Solo così, il rischio sarebbe limitato e il successo economico e la sostenibilità dei tuoi conti non dipenderebbero da eventi “casuali” o da stagioni particolari.

Piace? Non piace? È soggettivo, ognuno avrà la sua opinione. A me, piace. Non solo: tutti i discorsi sulla iniquità di un sistema chiuso o ad inviti non mi scaldano per niente, soprattutto perché nulla vieterebbe all’UEFA di organizzare comunque il suo bel torneo aperto parallelo come già succede nel basket.

Detto questo, e veniamo alle note dolenti, la Super League ci è stata “venduta” malissimo. Invece di vendere un “sogno” ai tifosi, invece di presentare una nuova Coppa da ammirare e desiderare, invece di spiegare i punti di forza di questo sistema, invece di approfondire il discorso sul salary cap, sulla competitività, sulla meraviglia di un potenziale spettacolo generato da club in salute economicamente e con la capacità di acquistare i migliori calciatori del mondo per creare il miglior torneo del mondo… invece di mettere i campioni al centro (magari creando un All-Star game, un premio MVP, riconoscimenti personali oltre che di squadra)… invece di tutto questo, è stata comunicata solamente la necessità impellente di salvarsi il *.

Invece di un qualcosa diverso, ben pensato, ben strutturato e ben argomentato, l’impressione è stata quella di un cheat. Di un trucchetto, di una scorciatoia, addirittura di una “infamata” per beccarsi tutti i soldi di una nuova torta e salvare se stessi a discapito delle altre. Anche la presentazione in nottata, ognuno per fatti suoi, senza un evento comune, senza un segno anche fisico di vicinanza e compattezza dei club, ha contribuito a dare l’impressione di una cosa quasi improvvisata, quasi clandestina.

Tutto ciò, unito al fatto di aver presentato 12 squadre di 20, ha fatto pensare non ci fosse poi molto di pronto, se non qualche accordo di massima con grandi investitori. Sarebbe probabilmente stato utile trovare prima i 20 partecipanti e poi annunciare il progetto. Per vincere gli scettici del sistema chiuso, poi, si sarebbe potuto pensare come alternativa ad una formula che, più che premiare “a vita” 12 club privilegiati, prevedesse per loro un piano quinquennale che permettesse ai club di programmare e agli sponsor di avere delle certezze. Si sarebbe inoltre potuto lasciare la possibilità ad altri 8-12 club di partecipare secondo criteri meritocratici (palmares, piazzamenti, investimenti strutturali, giovani), magari su base biennale.

Sono solo delle idee per dire che si sarebbe comunque potuto rimodellare l’attuale sistema in uno diverso, migliore e, su quella base, eventualmente, trattare con l’UEFA (che ha proposto una porcheria di formula, dal 2024) e la FIFA.

Peccato invece sia andata come è andata, perdendo una buona possibilità di creare un prodotto più avvincente e funzionante rispetto a quello attuale. Ma dagli errori si impara e non è detto che questa sia la parola fine su un’idea comunque promettente che spero non venga del tutto abbandonata.

 

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Sarebbe stato perfetto se fosse uscito martedì scorso.

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