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Post in rilievo

2 ore fa, Nepali Me ha scritto:

Quel che sta succedendo sul fronte nord orientale ha quasi dell'incredibile.

Infatti. Qualcuno è in grado di spiegarlo ? Sembrerebbe quasi che una buona parte dei soldati russi in zona si stia rifiutando di combattere......

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Quoto

Giorno 198

Nell’ultimo post avevo premesso che era di gran lunga troppo presto per dire: “ECCO! Il vero attacco ucraino è qui...” riferendomi all’azione che sembrava svilupparsi nel settore di Izyum. Adesso invece penso sia chiaro che è proprio così.

L’articolo di Tom Cooper che ho postato prima di questo post descrive molto bene e in dettaglio la situazione tattica, e non ripeterò quanto già ben spiegato in esso. Ma il concetto strategico rimane quello essenziale: mentre Putin ha forzato la mano ai suoi generali, obbligandoli a combattere non solo contro la loro stessa dottrina ma anche contro il buon senso, Zelesky ha permesso ai propri di lavorare liberamente combinando quanto appreso dalla NATO con la loro personale esperienza e in base alle specifiche capacità del loro esercito.
Il Governo ha cooperato con lo Stato Maggiore, contribuendo a diffondere l’aspettativa per “la grande controffensiva a Kherson” proprio contando sul fatto che Putin ci avrebbe creduto (a dispetto del buon senso secondo cui le controffensive non si annunciano ma si fanno), preoccupandosi del suo potenziale effetto politico più che di quello militare.
Quando le riserve ucraine mobilitate sei mesi fa hanno raggiunto il livello minimo di prontezza sono state inserite in linea lungo il fronte, liberando un numero sufficiente di Unità veterane per effettuare la prima vera manovra ucraina della guerra, ed è stato organizzato il grande “fissaggio” dell’Oblast di Kherson, tanto temuto da Putin.

L’attacco simulato effettuato dal Comando Sud ucraino è stato abbastanza robusto da convincere definitivamente Putin della sua idea, e così le scarne riserve russe – quei BTG delle VDV (i paracadutisti) raggranellati su tutto il fronte – sono state inviate in tutta fretta nella testa di ponte oltre il Dnipro, cioè esattamente dove le volevano gli ucraini.
Non mi stancherò mai di ripeterlo: Kherson è importante politicamente, perché è l’unico capoluogo di Oblast occupato dai russi e perché è a ovest del fiume: ma proprio per la sua posizione geografica non lo è militarmente, in quanto il fiume stesso limita l’effetto di una controffensiva. E questo era ovvio nel momento stesso in cui gli ucraini hanno cominciato a colpire i ponti.
Insomma, Kherson andava bene per un contrattacco locale avendo poche forze a disposizione, ma non per una controffensiva pensata per invertire il corso della guerra.

Il “fissaggio” a Kherson ha funzionato perfettamente. Le forze ucraine sono avanzate senza sfondare, impegnando le riserve russe delle VDV che ora sono a contatto e quindi non possono essere richiamate, e l’attenzione di tutti si è focalizzata lì.
Intanto le riserve corazzate ucraine, per quanto ridotte, si spostavano rapidamente per linee interne a sud di Kharkiv, scavalcando le linee tenute dalle brigate leggere di recente mobilitazione.
Il settore prescelto per l’attacco è particolarmente delicato: si tratta del fianco scoperto del famoso “Saliente di Izyum”, catturato dalla 1^ Armata Corazzata della Guardia dopo la ritirata da Kyiv all’inizio dell’offensiva del Donbass, e destinato nei piani di Gerasimov a raggiungere Slaviansk da nord con le forze raggruppate per poi cadere finalmente su Kramatorsk e ottenere la “liberazione” del Donbass pretesa da Putin.

Quell’offensiva si era infognata nelle paludi del Siversky Donets, e adesso si aspettava l’inverno per riprenderla una volta che le paludi fossero ghiacciate e nuovamente praticabili per i carri armati. Nel frattempo però Putin aveva preteso che l’offensiva proseguisse lungo l’arco del Donbass, in modo da prendere almeno Severodonetsk.
Ricordate quando a luglio avevo scritto che ormai i russi secondo me avevano culminato, esaurendo la capacità offensiva, eppure gli attacchi continuavano seppure su un fronte estremamente ristretto?
Molti commenti critici mi facevano notare proprio che i russi continuavano ad attaccare lo stesso, anche se secondo me avrebbero dovuto smettere. Beh, forse avrebbero dovuto smettere davvero: perché per insistere nello sforzo offensivo pur avendo esaurito il potenziale per farlo, hanno dovuto “raschiare” il resto del fronte, sottraendo i battaglioni migliori alle Brigate che lo difendevano e mandandoli a logorarsi nel Donbass per ottenere quei micro successi che ci venivano annunciati ogni giorno e che servivano a poterci ricordare che “lentamente ma inesorabilmente, i russi continuano ad avanzare”...
Così i reparti migliori si logoravano inutilmente mentre gli ucraini addestravano le nuove Brigate leggere che ora tengono il fronte davanti a quelle russe, esperte ma ormai sottilissime.

Gli appassionati di Storia ricorderanno il trucco della limatura delle monete d’oro nel tardo impero romano: venivano erose ai margini per ricavare da ciascuna un po’ d’oro con cui produrne di nuove, così che diventavano sempre più piccole, e alla fine perdevano valore... Provocando l’inflazione e la crisi economica dell’impero.
Lo stesso è accaduto alle Brigate russe schierate lungo il fronte, e in particolare proprio alla 1^ Armata Corazzata della Guardia. Già: perché quell’Armata – il gioiello di Putin, quella delle grandi parate nella Piazza Rossa – siccome era “a riposo” in attesa dell’inverno, era quella che veniva “cannibalizzata” più allegramente per alimentare il tritacarne di Severodonetsk. Soprattutto la famosa “Tamanskaya”, la 2^ Divisione Fucilieri Motorizzati di guardia a Mosca, ha dovuto cedere i suoi battaglioni migliori per l’inutile mantenimento della pressione nel Donbass.

È sul fianco di quest’Armata anemizzata che si è abbattuto l’attacco improvviso della riserva corazzata ucraina. Un’Armata dal fronte sottilissimo, protetto da pochi BTG di paracadutisti in seconda linea, che però erano stati appena richiamati per andare a difendere Kherson. 
Che si tratti della vera controffensiva ucraina, è confermato dal fatto che questa è condotta dalle migliori Unità ucraine: 3^ e 4^ Brigata Corazzata, 93^ Brigata Meccanizzata, 80^ Brigata paracadutisti. Il terreno prescelto è aperto, mentre i russi sono schiacciati contro un altro fiume che hanno alle spalle, l’Oskyl, un affluente – inguadabile anch’esso – del Siversky Donets. La sacca di Izyum dentro cui si sta ritrovando intrappolata la 1^ Armata è chiusa a sud dalle paludi, a est dall’Oskyl, e a ovest dagli ucraini... A nord c’è lo snodo ferroviario di Kupyansk, attraverso cui passano tutti i rifornimenti russi per la metà settentrionale del fronte (l’altra metà passa da Rostov sul Don), che probabilmente rappresenta l’obiettivo principale degli ucraini.
Mentre scrivo, le punte corazzate ucraine sono a dieci chilometri da Kupyansk, che è già sotto il tiro dell’artiglieria semovente. Su tutto il fiume Oskyl ci sono solo due ponti stradali, piuttosto malandati, a Shenkove e a Horokhovatka (andate a guardarli su Google maps). La 1^ Armata è nei guai.

I russi non hanno riserve in zona: devono crearsele, sottraendo altre forze al fronte del Donbass. A fermare gli ucraini non saranno tanto i nemici, quanto i limiti delle loro risorse logistiche: dovranno fermarsi per riprendere il fiato, manutenzionare i mezzi, fare il pieno di carburante e munizioni, ricreare le linee per i rifornimenti.
La guerra non è finita, e questa non è la liberazione di tutti i territori occupati; però è il chiaro segnale del cambio della marea. L’iniziativa è passata di mano, e per i russi così logorati sarà dura contestarla a un nemico galvanizzato dal sapore della vittoria.

In questa situazione però professionalmente mi manca un elemento fondamentale, di cui non trovo traccia.
Che fine ha fatto l’aviazione russa?
Questo è il classico caso in cui un esercito nei guai che però gode ancora della superiorità aerea, si affida ai colleghi in blu per arginare il nemico, specialmente se questi manovra in campo aperto con forze corazzate... A differenza delle riserve terrestri che sono lontane nel sud, gli aerei possono arrivare rapidamente sul settore di Izyum per dare man forte alla 1^ Armata.
Eppure non ve n’è praticamente traccia (a parte un paio di vecchi Su-25 abbattuti ieri).
Che fine ha fatto l’aviazione dell’orso Vladimiro?

Orio Giorgio Stirpe

#guerrainucraina

#Ucraina

Giorno 198

Quoto

Giorno 199

 

Bene: proviamo a mettere un po’ d’ordine in quello che è successo nelle ultime ore, perché si tratta di eventi importanti; probabilmente uno di quei momenti nella storia in cui il corso di una guerra viene rovesciato in maniera irreversibile.

 

I russi hanno iniziato la guerra con una superiorità talmente schiacciante che hanno attaccato in maniera scomposta e irrazionale, come se si trattasse di una parata: hanno subito perdite spaventose nell’ambito delle Forze Speciali e aviotrasportate, e il loro morale è crollato per non risalire più. Il loro margine di superiorità si è eroso rapidamente, e le possibilità di vincere sono crollate già a fine marzo, quando il fronte si è consolidato mentre il loro potenziale continuava a calare e quello ucraino invece iniziava a risalire.

Per chi ha voglia di andare a controllare, l’ho già scritto a fine aprile.

 

Da quel momento il fattore decisivo sono state le sanzioni.

Si fa un gran discutere se le sanzioni facciano più male alla Russia o all’Europa: in realtà è evidente di come il danno di gran lunga maggiore sia per i russi, ma al netto della polemica politica, questo è irrilevante. Lo è, perché il vero obiettivo delle sanzioni non è tanto l’economia russa nel suo complesso, o la speranza che il suo deterioramento possa spingere Putin a trattare; il vero obiettivo delle sanzioni è il complesso militare-industriale russo, che è effettivamente bloccato.

 

Una guerra moderna ad alta intensità non si combatte tanto con le forze disponibili all’inizio del conflitto: quelle servono ad affrontare il primo mese; il vero potenziale di una Nazione si esprime con la mobilitazione di tutte le sue risorse demografiche e industriali e si misura nel tempo.

L’Ucraina ha mobilitato, e lo ha fatto con metodo e senza panico: una Nazione oltre i 40 milioni di abitanti può in teoria mandarne a combattere quattro milioni. L’Ucraina ha un obiettivo di un milione, quindi può permettersi di scegliere i più idonei e volenterosi e di addestrarli a sufficienza. La Russia NON ha mobilitato, all’inizio per presunzione di superiorità, e poi per calcolo politico; quindi NON ha un bacino di reclutamento neppure lontanamente paragonabile a quello ucraino, e non riesce neppure a compensare le perdite subite, così il suo potenziale umano cala invece di crescere di numero e in più si deteriora in quanto a qualità per caduta di morale e di addestramento.

L’Ucraina ha alle spalle il supporto economico e industriale dell’Occidente, così ha potuto compensare in larga parte le perdite di equipaggiamento ed ha in prospettiva la possibilità di accrescere i suoi mezzi sia nel numero che nella qualità. E la Russia?

 

La Russia ha l’intero apparato militare-industriale “incriccato” dalle sanzioni: mancano pezzi fondamentali come i cuscinetti a sfere e i microchips, il personale tecnico emigra in massa, le risorse finanziarie evaporano, le scorte di magazzino si sono già esaurite... La Russia non produce più aerei o carri armati, ma solo armamenti leggeri. È ridotta ad importare droni dall’Iran e munizionamento dalla Corea del Nord, e a mettere in campo equipaggiamenti obsoleti e malandati. Numero e soprattutto qualità dei suoi mezzi da combattimento sono in caduta libera. È QUESTO il vero scopo delle sanzioni.

 

Per fare un’analogia: è come se un energumeno avesse aggredito un giovane nerd, i due fossero caduti nel fiume e adesso si stessero azzuffando sott’acqua. L’energumeno è immensamente più forte ma è anche più pesante e impigliato nei suoi abiti... Mentre il giovane nerd ha un respiratore. Il ragazzo ha tenuto duro quanto basta, e adesso mentre lui respira benissimo, all’energumeno manca l’ossigeno.

Chi vincerà?

 

 ***

 

Nella battaglia di Izyum stiamo assistendo ad un classico attacco effettuato contro un nemico male organizzato in difesa. Gli ucraini hanno effettuato un’ottima ricognizione strategica prima e tattica dopo, pianificando di conseguenza, e hanno attaccato di sorpresa. Le Unità corazzate hanno sfondato rapidamente, scavalcando le difese e proseguendo in profondità lasciandosi indietro i nemici isolati per raggiungere gli obiettivi assegnati: ponti, snodi ferroviari, depositi nemici. Laddove hanno incontrato resistenza organizzata, l’hanno travolta se possibile oppure semplicemente l’hanno evitata aggirandola.

Alle loro spalle si muovevano le Unità meccanizzate di fanteria, che procedevano a circondare e distruggere le forze nemiche rimaste isolate, e poi stabilivano dove necessario un fronte difensivo per parare eventuali contrattacchi.

Contrattacchi russi però ce ne sono stati pochissimi, e a livelli minimi, perché le riserve russe erano tutte a mille chilometri di distanza, sulla strada per Kherson.

 

L’avanzata ucraina ha come unico limite non tanto la resistenza russa, che si è disintegrata, quanto la sua capacità logistica e l’entità delle proprie riserve, che occorrono per consolidare il fronte. In sostanza non possono permettersi di avanzare troppo per non compromettere il successo ottenuto, però possono tranquillamente scegliere le proprie linee di arresto e farle corrispondere a posizioni forti del terreno, dove consolidarsi in vista dell’inverno.

Nel frattempo però, oltre a raggiungere una serie di obiettivi tattici che in sostanza precludono ai russi – anche in caso riuscissero a raggrupparsi per una nuova offensiva – ogni possibilità di attaccare Kramatorsk (che ricordiamo essere per i russi l’obiettivo fondamentale per conquistare il Donbass), gli ucraini hanno circondato un nucleo importante di forze russe a Izyum. Si tratta di una parte consistente della 1^ Armata Corazzata della Guardia, inclusa la 2^ Divisione Fucilieri Motorizzati “Tamanskaya”, che è da sempre l’unità di guardia della città di Mosca. La neutralizzazione di tale raggruppamento di forze non è un semplice successo tattico, ma ha valenza operativa e forse strategica per l’impatto che sicuramente avrà sulle operazioni future dei russi, sul loro potenziale logistico, e soprattutto sul loro morale.

 

La battaglia di Izyum si concluderà con la cattura di queste forze e con il consolidamento degli ucraini lungo nuove, solide posizioni difensive; ma intanto proseguono le operazioni offensive non solo a Kherson – dove sono volte sostanzialmente a tenere ingaggiate le riserve russe – ma anche a Lyman, nel settore nord del Donbass, poco più a est di Izyum, dove i giochi sono ancora aperti e il ciclo operativo ucraino potrebbe portare a nuovi risultati clamorosi in base all’entità delle forze disponibili: se esistesse ancora una riserva alla mano per proseguire in profondità, la via del Luhansk settentrionale sarebbe aperta...

 

Probabilmente non ci saranno molte forze disponibili e gli ucraini si assesteranno presto anche lì, ma una cosa è certa: il giovane nerd ha smesso di limitarsi a trattenere l’energumeno sott’acqua, e gli ha sferrato un pugno nello stomaco. Il pugno non basterà a stenderlo, ma potrebbe costringerlo ad aprire la bocca e ad ingoiare acqua...

 

È ancora presto per dire che effetti avrà questa sconfitta sull’orso Vladimiro, che ha ancora la sua pelle saldamente indosso. Ma di sconfitta si tratta, e non c’è modo di tenerla nascosta ad una popolazione e ad una nomenklatura che cominciano a porsi delle domande.

 

Orio Giorgio Stirpe

 

#guerrainucraina

 

#Ucraina

Giorno 199

Quoto

Giorno 200

 

Duecento giorni di guerra.

Forse possiamo cominciare a trarre qualche conclusione, almeno in via provvisoria.

La prima è la più importante: l’invasione russa dell’Ucraina è fallita.

Su questo ormai militarmente non c’è più nessun dubbio. È ancora presto per dire che la guerra è finita, perché se metà dell’esercito russo è in rotta – perché di rotta si tratta quando le Unità perdono coesione e scappano abbandonandosi dietro di tutto e senza organizzare nessuna azione di ritardo o di disturbo – l’altra metà è ancora abbastanza coesa nella parte meridionale del fronte.

Inoltre esiste la possibilità di raccogliere e raggruppare i fuggiaschi e mandarli a combattere di nuovo: occorre tempo e molta capacità di controllo, ma si può fare. Difficile che quei soldati traumatizzati dalla disfatta possano tornare a combattere all’offensiva, ma potrebbero essere impiegati in ruolo difensivo, soprattutto se per difendere la propria terra.

Le forze russe dell’OSK Sud potrebbero essere fatte esfiltrare dalla trappola di Kherson e impiegate per difendere la Crimea e ristabilire il fronte lungo il confine internazionale, e con queste forze la Russia potrebbe ostinarsi a continuare la guerra.

Ma l’invasione è fallita. In nessun caso Putin riuscirà ad ottenere anche uno solo degli ambiziosi obiettivi che aveva indicato nel suo discorso alla Nazione il 23 febbraio.

 

Cosa è successo nelle ultime, devastanti 72 ore?

È successo che l’esercito ucraino ha messo in atto una pianificazione operativa accuratamente studiata e organizzata: ha messo finalmente in campo le Unità generate e addestrate in seguito alla mobilitazione generale, ha messo a frutto gli aiuti occidentali in termini di equipaggiamenti, di ricognizione strategica e di dottrina, e ha dato fiducia ai soldati e ai Comandanti sul campo, concentrando le forze migliori nel punto più debole del nemico.

I russi erano logorati oltre misura dalle battaglie di attrito degli ultimi mesi, in cui si sono ostinati in una sterile offensiva anche dopo aver chiaramente culminato le loro capacità di attacco, assottigliando oltre misura il loro intero fronte: erano indeboliti e demoralizzati, ridotti a tenere il fronte con poche unità esauste, riservisti delusi, volontari poco addestrati e miliziani deportati a forza dal Donbass. Le poche riserve di paracadutisti nelle retrovie garantivano un minimo di reattività in caso di attacchi nemici, ma la pesante azione di fissaggio su Kherson le aveva richiamate tutte all’estremità meridionale del fronte, raggiungibile solo per “linee esterne” al grande saliente rappresentato dall’Ucraina intera.

 

L’attacco ucraino non era poi una gran cosa: quattro Brigate altamente mobili, bene equipaggiate, altamente motivate, ma sostanzialmente poco numerose; però sono state lanciate con precisione nel punto giusto. 

Il sottile fronte russo si è spezzato e le forze corazzate ucraine hanno dilagato oltre. Le riserve che avrebbero dovuto affrontarle non c’erano, e così niente ha potuto fermarle, e neppure rallentarle. Le Brigate ucraine avanzavano sul loro stesso territorio, accolte dalla loro stessa gente e agevolate dalla Resistenza che prendeva rapidamente il controllo delle strade e dei ponti. Fra gli obiettivi da raggiungere c’erano i depositi di carburante e di munizioni russi, che questa volta NON sono stati distrutti preventivamente, ma piuttosto catturati e messi a frutto per alimentare l’avanzata.

 

Con gli ucraini che cavalcavano in profondità e nel contempo chiudevano le vie di fuga catturando ponti e passaggi obbligati, le forze russe rimaste isolate si sono disintegrate. L’unità di comando – principio fondamentale della Guerra dai tempi di Sun Tzu – si è spezzata, ed è stato il “si salvi chi può”.

La differenza fra una ritirata strategica e una rotta è che nel primo caso i reparti rimangono sotto controllo e ripiegano ordinatamente proteggendosi a vicenda, organizzando azioni di retroguardia e stabilendo una linea di arresto più indietro; come l’esercito italiano a Caporetto.

Quella russa è una rotta: i reparti non ci sono più; gli ufficiali in Comando sono scappati per primi, l’equipaggiamento pesante è stato abbandonato, i depositi lasciati indietro intatti, i soldati scappano sui camion o addirittura a piedi. Non si vede una linea di arresto simile al Piave, e la fuga sembra finire solo al confine internazionale... Nella speranza che gli ucraini non decidano di attraversarla sull’onda dell’entusiasmo.

 

Un concetto fondamentale da comprendere dell’arte militare è quello della contrapposizione delle forze. Chi si difende cerca di opporre i propri punti forti ai punti forti nemici, e quelli deboli a quelli deboli: in questo modo si cerca di stabilizzare il fronte e di resistere lungo tale linea.

Chi invece ha l’iniziativa e attacca, cerca di fare il contrario: individua i punti deboli del nemico e concentra lì le sue forze per rompere il fronte e spingersi in avanti.

Con il “fissaggio” a Kherson gli ucraini hanno assunto l’iniziativa e premuto in un punto che hanno indotto i russi a rendere esageratamente forte a scapito di tutti gli altri... Così l’attacco vero è stato sferrato dalla parte opposta del fronte, nel punto più debole.

Sun Tzu sorride.

 

Strategicamente la situazione è tragica per i russi. Con la disintegrazione dell’OSK Ovest – che era responsabile della porzione settentrionale del fronte – l’esercito ucraino si trova posizionato fra l’esercito russo rimanente e il resto della Russia. Per assurdo, le unità corazzate più vicine al Cremlino sono quelle ucraine.

L’OSK Sud – il raggruppamento di forze russe che reggono la porzione meridionale del fronte, da Kherson a Donetsk – è ancora operativo, anche se si trova completamente spiazzato. Le sue unità migliori sono ingaggiate nella trappola di Kherson e avranno grossi problemi a ripiegare sulla sponda est del Dnipro; il resto delle forze schierate fra Zaporzhizhia e Donetsk è ancora estremamente sottile ed è tormentato da una Resistenza particolarmente attiva nella regione di Melitopol. In queste condizioni, l’OSK Sud può scegliere se tenere duro dove si trova e rischiare la stessa fine dell’OSK Ovest (con l’handicap aggiuntivo delle linee di rifornimento tre volte più lunghe e che passano tutte per il ponte di Kerch), oppure ripiegare in Crimea per difendere la penisola e inviare forze nel Donbass per cercare di difendere almeno la linea del 24 febbraio.

 

Nel marasma di questa situazione, emergono due aspetti fondamentali che hanno compromesso le operazioni russe: le intromissioni di Putin nella catena di Comando, che rendevano ondivaga la manovra militare sottoponendola alle esigenze politiche, e la completa inettitudine dell’Aviazione, chiaramente incapace di sostenere l’azione terrestre e poco disposta a rischiare perdite per agevolare la manovra combinata.

La rigidità del sistema russo di Comando e Controllo, che avoca tutte le decisioni al livello più alto possibile, si è dimostrata disastrosamente perdente di fronte alla dottrina occidentale sposata dagli ucraini, che delega decisioni anche operative ai Comandanti sul campo: in questo stesso momento giovani comandanti di compagnia ormai veterani guidano di iniziativa le loro unità in avanti mantenendo i giusti collegamenti con il Comando superiore (che così non perde il Controllo) e massimizzando le possibilità operative in base alla situazione del momento. Il capitano ucraino che trova intatto un ponte non si ferma aspettando l’ordine di attraversarlo, ma lo supera di slancio avvertendo i suoi superiori che è già oltre l’obiettivo assegnato, e riceve gli ordini successivi mentre è in movimento; il suo avversario russo rimane fermo aspettando che qualcuno gli dica cosa fare... Qualcuno che magari in quel momento è troppo occupato a scappare dalla sacca di Izyum.

 

Non è possibile dire oggi, a duecento giorni dall’aggressione, che la guerra sta finendo: non ancora. Ma è possibile dire che l’aggressione dell’orso Vladimiro è fallita.

La sua pelle gli ucraini se la rivenderanno più avanti... Fra un anno; o fra un mese.

 

Orio Giorgio Stirpe

 

#guerrainucraina

 

#Ucraina

Giorno 200

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14 ore fa, Granpasso ha scritto:

Infatti. Qualcuno è in grado di spiegarlo ? Sembrerebbe quasi che una buona parte dei soldati russi in zona si stia rifiutando di combattere......

Semplificherò di molto, altrimenti la cosa rischia di farsi parecchio lunga.
La controffensiva ucraina è inizialmente partita a sud, nella regione di Kherson.
La cosa ha sorpreso un pochino tutti quanti, per proporzioni, livello di organizzazione e mezzi a disposizione.
Non ci si aspettava che gli ucraini avessero ottenuto mezzi e capacità tali da proporre una manovra di tale portata.
E' opinione diffusa quindi nche quella manovra fosse pianificata da settimane, se non da mesi, probabilmente sotto aiuto e guida straniera.
L'obiettivo di tale controffensiva, così come le sue possibilità di riuscita, sono state subito divisivo tema di dibattito.
C'è chi credeva fosse un ultimo assalto disperato (molte fonte russe proponevano questa analisi) che avrebbe inevitabilmente preceduto un crollo del sistema militare ucraino.
C'è chi credeva fosse un tentativo ambizioso di respingere i russi al di là del fiume Dnepr, tagliando ponti di collegamento con la rete logistica russa e provando a cogliere di sorpresa le forze che sarebbero rimaste inevitabilmente chiusa in una zona limitata, facilmente aggredibile (io ero tra questi).
Il fronte, salvo piccoli avanzamenti di qualche km e piccoli sfondamenti in qualche settore, però, non ha dato segno di grandi risultati.
Image
Quello che certamente è riuscito agli ucraini, però, è stato distruggere tutti i ponti che attraversano il fiume, rendendo impossibili o comunque estremamente lenti rifornimenti e rinforzi, cosa che ha preoccupato parecchio (comprensibilmente) gli alti comandi russi.
Piuttosto sorprendente che l'aviazione russa, la terza se non la seconda aviazione militare al mondo, non sia riuscita a difendere dagli attacchi snodi tanto strategici del fronte.
HIMARS HAVOC! Ukraine Bombs Key Russian Supply Bridge Using US Multiple  Launch Rockets (MLRS)
A mio modesto avviso, qui si è presentata la vera svolta del fronte.
L'alto comando russo ha probabilmente pensato che gli ucraini, per ottenere una forza di pressione di tale portata, avessero concentrato i loro sforzi nella regione.
Hanno così spostato molte delle loro risorse dal fronte settentrionale a quello meridionale, temendo che un ritardo nei rifornimenti avrebbe potuto comportare l'annientamento delle forze a sud, provate e a rischio accerchiamento.
Ora, è difficile capire se questo fosse davvero il piano ucraino sin dal principio, ma gli ucraini avevano preparato e costituito un ulteriore controffensiva proprio a nord, proprio nel settore ora scoperto per soccorrere il fronte meridionale.
Di certo c'è che l'intelligence russa ha commesso un tragico errore, sottostimando enormemente le capacità ucraine.
Come si è aperta la classica finestra d'opportunità a nord, proprio mentre le forze russe percorrevano da nord a sud il paese, gli ucraini hanno attaccato in forze il settore di Kharkiv letteralmente sbaragliando le linee russe.

(Consiglio di aprire la gif per osservare la proporzione del crollo del fronte settentrionale, con l'offensiva (in azzurro) ucraina. Parliamo di soli 5 giorni di battaglia).
Alcune delle forze in soccorso a sud hanno provato a rientrare per evitare l'accerchiamento delle forze del nord, ma l'avanzata è stata rapidissima ed ha costretto i russi ad indietreggiare in molti luoghi oltre il confine russo.
Quando si è inseguiti, infatti, è praticamente impossibile riorganizzare una linea difensiva.
Lo stallo a Sud ha quindi creato le condizioni per il crollo del nord.
Col senno di poi probabilmente i russi avrebbero fatto meglio a indietreggiare ordinatamente a sud, stabilendo posizioni agilmente difendibili con forze simili a quelle già presenti in precedenza, accettando di dover lasciare una piccola porzione di territorio sul fronte meridionale, ma senza mettere in discussione la solidità del fronte nord.
La vittoria a nord ha consentito inoltre agli ucraini di controllare le principali vie di comunicazione tra il nord ed il sud del donbass, rendendo complicatissimo un agile spostamento delle truppe russe da una parta all'altra del fronte.
Ora capire cosa succederà non è facile, ma in Russia la ritirata ha avuto una risonanza enorme, anche sui media statali.
Persino nelle tv di stato si mette in discussione la leadership militare.
Alcuni esempi:

 

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7 minuti fa, Nepali Me ha scritto:


Ora capire cosa succederà non è facile, ma in Russia la ritirata ha avuto una risonanza enorme, anche sui media statali.

E' questa non è una buona notizia, perché vuol dire che stanno preparando il terreno (a livello comunicativo) alla mobilitazione generale

Anche solo il fatto che Kadyrov si permetta di dire "ora chiamo Putin e gli dico che i suoi generali sono degli incompetenti", vuol dire che fra il partito della trattativa e quello della guerra, sta prendendo piede quello della guerra

 

Se dopo l'umiliazione a Kharkiv avesse prevalso a Mosca la linea della trattativa, allora tutto sarebbe stato insabbiato per salvare la facciata, potendo ancora parlare di operazione speciale militare (una roba tipo "ci siamo ritirati da Kharkiv perché la denazificazione di quella zona è stata completata" o una roba del genere)

 

Mostrando invece il fallimento russo anche sui media statali (anche con il solito colonnello Khodaryonok, a cui va dato atto di essere sempre stato chiaro, dicendo da mesi e mesi che senza mobilitazione la guerra la perdono) è palese cosa vogliano fare

IMHO

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1 minuto fa, SuperTalismano ha scritto:

E' questa non è una buona notizia, perché vuol dire che stanno preparando il terreno (a livello comunicativo) alla mobilitazione generale

Anche solo il fatto che Kadyrov si permetta di dire "ora chiamo Putin e gli dico che i suoi generali sono degli incompetenti", vuol dire che fra il partito della trattativa e quello della guerra, sta prendendo piede quello della guerra

 

Se dopo l'umiliazione a Kharkiv avesse prevalso a Mosca la linea della trattativa, allora tutto sarebbe stato insabbiato per salvare la facciata, potendo ancora parlare di operazione speciale militare (una roba tipo "ci siamo ritirati da Kharkiv perché la denazificazione di quella zona è stata completata" o una roba del genere)

  

Mostrando invece il fallimento russo anche sui media statali (anche con il solito colonnello Khodaryonok, a cui va dato atto di essere sempre stato chiaro, dicendo da mesi e mesi che senza mobilitazione la guerra la perdono) è palese cosa vogliano fare

IMHO

Condivido i tuoi timori.
Non a caso è da inizio topic che spero venga offerta una "via d'uscita" a Putin.
Mobilitazione generale e arma tattica nucleare sono sono due locuzione che spero ogni mattina di non leggere su alcun media.
Penso sia ancora percorribile una via del dialogo. 
Non sono pochi i personaggi di spicco in Russia che dopo questa disfatta invocano la riapertura dei negoziati, Lavrov compreso.

Un altro interessante video estratto dai media russi

 

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15 ore fa, Granpasso ha scritto:

Infatti. Qualcuno è in grado di spiegarlo ? Sembrerebbe quasi che una buona parte dei soldati russi in zona si stia rifiutando di combattere......

Quanto tempo hai? In estrema sintesi, il comando e controllo russo è disastroso. A livello tattico, operativo e strategico i comandi ucraini si sono dimostrati nettamente superiore

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16 minuti fa, SuperTalismano ha scritto:

E' questa non è una buona notizia, perché vuol dire che stanno preparando il terreno (a livello comunicativo) alla mobilitazione generale

Anche solo il fatto che Kadyrov si permetta di dire "ora chiamo Putin e gli dico che i suoi generali sono degli incompetenti", vuol dire che fra il partito della trattativa e quello della guerra, sta prendendo piede quello della guerra

 

Se dopo l'umiliazione a Kharkiv avesse prevalso a Mosca la linea della trattativa, allora tutto sarebbe stato insabbiato per salvare la facciata, potendo ancora parlare di operazione speciale militare (una roba tipo "ci siamo ritirati da Kharkiv perché la denazificazione di quella zona è stata completata" o una roba del genere)

 

Mostrando invece il fallimento russo anche sui media statali (anche con il solito colonnello Khodaryonok, a cui va dato atto di essere sempre stato chiaro, dicendo da mesi e mesi che senza mobilitazione la guerra la perdono) è palese cosa vogliano fare

IMHO

La mobilitazione generale servirebbe solo ad accelerare il collasso della Federazione Russa. L'unica opzione percorribile per Putin è ritirare le truppe sui confine del 1991 finchè le forze armate esistono ancora.

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Ringrazio delle spiegazioni e condivido i timori espressi. Già da ieri pensavo tra me e me che questa controffensiva ucraina potesse non essere una buona notizia. Se in Russia dovesse prevalere il partito della guerra e venisse decisa la mobilitazione generale, il rischio che la guerra si allarghi crescerebbe a dismisura. 

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Kiev: " Mosca sospende l'invio di nuove unità in Ucraina"

"Il comando militare della Federazione russa ha sospeso l'invio di nuove e già formate unità nel territorio dell'Ucraina". Lo ha reso noto su Facebook lo Stato maggiore di Kiev, secondo quanto riporta il Guardian
 

Il Cremlino: al momento nessuna mobilitazione generale

Al momento la mobilitazione generale in Russia non è all'ordine del giorno. Lo rende noto il Cremlino, citato dalla Tass

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Il 12/9/2022 Alle 13:03, Granpasso ha scritto:

Ringrazio delle spiegazioni e condivido i timori espressi. Già da ieri pensavo tra me e me che questa controffensiva ucraina potesse non essere una buona notizia. Se in Russia dovesse prevalere il partito della guerra e venisse decisa la mobilitazione generale, il rischio che la guerra si allarghi crescerebbe a dismisura. 

E' esattamente il contrario 

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36 minuti fa, Ein ha scritto:

E' esattamente il contrario 

Invidio il tuo ottimismo e la tua fiducia. Io non ho né l'uno né l'altro.

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2 ore fa, Granpasso ha scritto:

Invidio il tuo ottimismo e la tua fiducia. Io non ho né l'uno né l'altro.

Non è ne ottimismo ne fiducia. La mia è semplice osservazione dei fatti

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La Duma russa vuole convocare il ministro della Difesa Shoigu

La Duma di Stato discuterà, lunedì 19 settembre, la proposta del partito 'Russia giusta' di chiedere al ministero della Difesa, Serghei Shoigu, di riferire a porte chiuse alla Camera sull'operazione militare speciale in Ucraina. Lo ha riferito il promotore dell'iniziativa, il leader di 'Russia giusta', Serghei Mironov. Al giornale Kommersant, il deputato ha spiegato che Shoigu "deve rispondere alle domande che ha la gente".
Il ministero della Difesa è diventato oggetto di malcontento nella Federazione, dopo che le truppe di Mosca sono state costrette a ritirarsi dalla regione di Kharkiv, sotto i colpi della controffensiva ucraina, in quella che è stata la peggior sconfitta per i russi dopo il tentativo di prendere Kiev nei primi giorni dell'invasione

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Filorussi di Kherson ufficializzano il referendum per annessione alla Russia
I filorussi della regione di Kherson, in Ucraina, hanno dichiarato di aver deciso di indire un referendum sull'adesione alla Russia, come ha affermato martedì il capo separatista della regione. Anche lo speaker del parlamento russo ha dichiarato che sosterrà la decisione dei cittadini se voteranno per l'adesione alla Russia

 

Il vice speaker della Duma: "Nella zona di Lugansk referendum sull'annessione il 23 e 27 settembre"

Il vice speaker della Duma da Mosca ha annunciato che nella zona di Lugansk il referendum sull'annessione alla Russia si terrà il 23 e 27 settembre, a quanto riferisce la Tass

 

 

Anche la Repubblica del Donetsk annuncia il referendum sull'annessione a Mosca per il 23 e il 27 settembre

Un referendum per l'annessione alla Russia sarà tenuto anche nella autoproclamata Repubblica di Donetsk dal 23 al 27 settembre. Lo annuncia il Parlamento della stessa repubblica citato da Interfax

 

Presto referendum di annessione alla Russia anche in regione Zaporizhzhia
Anche nella regione meridionale ucraina di Zaporizhzhia, oltre a quella di Kherson e di Luhansk, nei prossimi giorni si potrebbe tenere un referendum per l'adesione alla Russia. Lo scrive l'agenzia di stampa russa Ria Novosti citando il presidente del movimento «Siamo insieme alla Russia» Vladimir Rogov

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L’amministrazione Biden osserva con apprensione le mosse di Mosca: se i territori del Donbass venissero annessi, ogni attacco ucraino potrebbe rientrare nella «dottrina difensiva» della Russia che prevede anche l’uso di armi atomiche. E l’allerta del Dipartimento di Stato sta salendo di livello.

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20 minuti fa, wicked city ha scritto:

L’amministrazione Biden osserva con apprensione le mosse di Mosca: se i territori del Donbass venissero annessi, ogni attacco ucraino potrebbe rientrare nella «dottrina difensiva» della Russia che prevede anche l’uso di armi atomiche. E l’allerta del Dipartimento di Stato sta salendo di livello.

Per essere meno apprensivi potrebbero cominciare a dire a Zelensky (che verso Biden ha più di qualche debito di riconoscenza, visto che lo sta letteralmente tenendo in vita lui) di togliere da ogni suo discorso le parole "Donbass" e "Crimea"

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Posto l'ultimo numero della newsletter Policy Tensor.

 

Quoto

 

Under conditions of information dominance, it is the anomalies that can help us get a handle on objective realities. In the case of Putin’s decision to invade Ukraine, the anomalies have been piling up especially hard and fast. The first anomaly that grabbed my attention was this piece in Margarita Konaev and Polina Beliakova in Foreign Affairs. In the first paragraph, we’re told that Putin thought Ukraine’s armed forces were weak:

In 2014, when Russian forces entered the Crimean Peninsula, they faced remarkably little resistance. The Ukrainian military was weak, poorly trained, and corrupt. That was the Ukrainian military Russian President Vladimir Putin expected to encounter when he invaded the country again in February 2022.

Margarita Konaev and Polina Beliakova, Foreign Affairs, May 2022.

In the second paragraph, we learn that the Congressional Research Service reported in January that Ukraine’s army had grown from 6,000 combat-ready troops in 2014 to 145,000-150,000 troops on the eve of the invasion.

As Putin discovered, Ukraine’s military has undergone a radical transformation over the past eight years, thanks to intensive reorganization and reform efforts and billions of dollars in Western security assistance. In January 2022, the Congressional Research Service reported that the Ukrainian army had grown from about 6,000 combat-ready troops in 2014 to nearly 150,000 troops…

Margarita Konaev and Polina Beliakova, Foreign Affairs, May 2022. Emphasis mine.

The anomaly is this: if the CRS reported that Ukraine’s army had grown from six thousand troops to a hundred-and-fifty thousand, with “significantly improved its capabilities, personnel, and readiness,” in January, how could the Russians have not been informed of this development? One would have to assume that KGB was the least competent intelligence agency in the history of the world, for them to make such a glaring error. That’s simply not plausible.

Instead, we must assume that Putin had at least roughly credible estimates of Ukrainian strength on the eve of the invasion. Now, it is generally accepted among military experts that you need a three-to-one force ratio to have confidence in a successful operational offensive against a well-prepared defender. Yet — and this is the second glaring anomaly — Putin sent an invasion force no larger than 190,000, and possibly even smaller 100,000, troops.

As of Feb 4, American officials reckoned that the Russian invasion force amassed on Ukraine’s border included 97 battalion tactical groups (BTGs), each made up of 600-1,000 troops; and expected the buildup to top out at 120 BTGs. That gives us a ballpark of 60,000-120,000 troops — very far from later guesstimates of 200,000 troops being thrown around. But note that even if the latter, larger, number were accurate, that’s not much larger than the defending force; and dramatically smaller than militarily desirable. There’s no way Russian generals and Putin could expect a decisive victory with that small an invading army against committed defenders, fighting on their home turf, and with the military and economic backing of the Western powers.

The favorable force ratios, together with Ukrainian morale and Western support (especially US tactical intelligence support), go some way towards explaining the course of the war. But the basic arithmetic deepens the puzzle of the Russian attempt. Why did Putin send in such an inadequately-sized army to invade Ukraine? And why — given the poor odds that such a force would surely face — were they ordered to conquer the center of Ukrainian strength, and especially the capital city, Kyiv? What was he trying to do?

If Putin was constrained to that force size — say, because he had to hold just as many BTGs in reserve for contingencies in the Baltics, the Black Sea, the Caucasus, etc — then why did he not order his armies to focus on conquering southeastern Ukraine where the anthropological terrain was more attractive? Surely, more limited war aims were more appropriate given the scale of the forces he could field.

     

A final puzzle concerns the timing of the Putin escalation. What triggered the Russian decision to invade? Any theory of the origins of the Ukraine war must explain why Putin choose to invade Ukraine when it did. Most theories, particularly ones that focus on Putin’s desire to expand Russia’s sphere of influence, fail hard on this test. For even if we concede that expansion of Russian influence was Putin’s central war aim, that does not explain why he chose to invade when he did. After all, this was a major departure from military policy playbook he’s articulated since his speech at the Munich Conference in 2007.

In trying to piece together the puzzle of Russian military policy, I’ve been working under the assumption that the war emerged from a breakdown of Russo-Western relations on the question of the status of Ukraine.

Why did Russo-Western relations break down in 2022? We do not know what precisely happened on the Ukrainian question. The most reasonable guess is that the US rejected Russian demands and Putin supposed felt compelled to deliver on his compellence threat.

Policy Tensor, The Moscow-Berlin Line.

Put another way, my working theory of the origins of the Ukraine war posited that Putin was forced to deliver on a compellence threat after Washington rejected his demands in Ukraine. More recently, I’ve come to realize that this reference frame is not quite right. In order to understand the true origins of the Ukraine war, we must dig deeper into recent history.


In the immediate aftermath of the Biden election, the FT reported that Moscow was bracing for the incoming Democratic administration.

There is a hatred for Russia amongst [Biden’s team] that is really amazing. It’s not just rational; it’s also very emotional.

A “high-ranking Western diplomat” to the FT. Nov 9, 2020.

While concern over Russian intelligence operations was bipartisan and growing, it was especially pronounced among Democrats, who were convinced that Russian meddling was at least partly responsible for the catastrophe of the 2016 election.

Then, in the days leading up to Biden’s inauguration, US intelligence uncovered “a massive cyber-espionage attack on US government computers.” Concern over Russian dark arts had already been growing with Putin’s attempt on Alexei Navalny in August 2020. Perhaps as a signal to the incoming administration, the dissident was arrested during the transition of power in Washington.

Zelensky, who come to power in 2019, desperately wanted closer ties with Washington. Even though US-Ukrainian military ties had been growing since Putin annexed Crimea in 2014 and Trump had signed off on supplying some advanced weapons to Ukraine, the prospect of a US security guarantee still looked like a pipe dream. Even though Zelensky had reasons to hope for a more favorable treatment from the Democrats, it was far from guaranteed.

On February 3, 2021, Zelensky shut down three pro-Russian TV channels controlled by Viktor Medvedchuk, Putin’s man in Ukraine. Medvedchuk had been the backchannel between Kyiv and Moscow for many years. Zelensky signed a decree accusing Medvedchuk of financial terrorism and froze his assets. In May, he was accused of treason and placed on house arrest. This move against an oligarch close to the Kremlin —  Putin is the godfather of Medvedchuk’s youngest daughter — was seen by Moscow as a major escalation. Putin warned that Ukraine was turning into “a kind of anti-Russia.”

Zelensky’s heart must’ve fluttered a little bit when Biden called Putin a “killer” in March. The administration imposed new sanctions on Russia in April; formally blaming Russian intelligence for the cyber-espionage attack (the SolarWinds hack). Sanctioned individuals and organizations included those accused of interfering in the US election. Washington also condemned the arrest of Navalny. Earlier, US intelligence had concluded that Russian intelligence had paid the Taliban to attack US personnel in Afghanistan. Putin issued a stark warning in response to US moves: “Washington must realize that it will pay for the degradation of bilateral relations.”

As a show of force, Putin massed forces on the border. According to Kyiv, Moscow had massed some 100,000 troops on the border. The divisions were soon ordered back, however, for reasons that are not entirely clear — perhaps because Biden agreed to meet with Putin. Their meeting would take place in June. Ahead of the great power meeting, on May 6, Secretary Blinken visited Ukraine, where he declared that the US will “make sure that Ukraine can defend itself.”

But the revolution in US Ukraine policy was yet to be consummated. At this stage, the Europeans were not keen on taking a hard line against Moscow. In Germany, CDU’s candidate for German Chancellor, Laschet, pointed out that “North Rhine-Westphalia contains 1,200 companies that have traded with or invested in Russia.” Two years earlier, Macron had warned that “pushing Russia far from Europe is a profound mistake.” As late as August 22, Merkel was still declaring “Russia cannot use Nord Stream 2 pipeline as a ‘weapon’.”

Although Washington had opposed the pipeline, the US reached a truce with Germany: in exchange for Washington’s green light on Nord Stream 2, Berlin promised to impose sanctions if the pipeline “was used to threaten the energy security of American allies in the region” [emphasis mine]. The language was clearly meant to reassure Zelensky that the northern pipeline, by reducing reliance on the pipelines going through Ukraine, would not increase Russian leverage against Kyiv.

     

While the State department was finalizing the deal with the Germans, American and German intelligence uncovered yet another case of the Havana Syndrome — believed to be the handiwork of Russian intelligence — this time in Germany. This may have been the last straw that pushed the United States to finally commit to issuing a de facto security guarantee to Ukraine. In any case, something quite dramatic must have happened in August because US policy on Ukraine and Russia was completely upended in a matter of days or weeks.

To get a sense of this revolution in US Ukraine policy, note that Zelensky had long asked to visit the White House. All of a sudden, his request was approved. Zelensky was told to visit the White House almost immediately on September 1, 2021. As an analyst without access to informed insiders, I can only guess. But members of press with contacts in the administration need to find out what exactly triggered the reversal of US Ukraine policy in August. Why was Zelensky suddenly invited to the White House? The answer to that question is crucial to pinning down the origins of the Ukraine war.

What happened then was simply not understood by external observers. As late as the day before the Biden-Zelensky summit, the FT announced that “Ukraine feels the chill of Biden’s foreign policy.” In reality, the administration had already decided that Ukraine was to be fully incorporated into a tight military alliance with the United States. This is the gist of the decision relayed by Biden to Zelensky on September 1. By November, the paperwork was ready. The United States and Ukraine signed an explicit agreement that extended US security guarantees to Ukraine.

The US-Ukraine Charter on Strategic Partnership laid out the goal as Ukraine’s “full integration into European and Euro-Atlantic institutions” — the latter being a euphemism for Nato. In the Munk debate, the liberal hegemonist side had declared that there were no plans to bring Ukraine into Nato — the 2008 Bucharest declaration was just for show. They were either ill-informed or simply lying. For all intents and purposes, Ukraine had been declared a US protectorate by the Biden administration. Nato or not, US credibility was most certainly now on the line in Ukraine.

As Bill Burns stated in his autobiography, incorporating Ukraine into Washington’s security orbit had long been “the reddest of red lines” for Russia. Washington had quite deliberately and openly challenged the Kremlin. Putin’s choice at this point was to either accept this fait accompli or go to war.

Putin was now stuck between a rock and a hard place. If Russia capitulated, it could hardly be considered even a lesser great power — one unable to defend even the most vital Russian interest forcefully against Western incursion. If Russia went to war, it was sure to face a brutal war of attrition that risked irreparably harming Russian military prestige, and again threatening to kick it out of the ranks of the great powers. Given the force ratios and the expected Western response, Putin must have taken the decision to wage war extremely reluctantly. He must’ve felt he had no choice but to make one last stand. In essence, he was cornered into a Zugzwang by the Americans.

Russia immediately began preparations for war. Unlike the troop buildup in April 2021, this time it was for real. But Putin still hoped to avoid invading Ukraine. He must’ve made it clear that unless the United States agreed to Ukrainian neutrality, he would have no choice but to invade. It’s clear Washington decided to call his “bluff.”

This theory of the origins of the Ukraine war explains why he ordered his armies to attack the center of Ukrainian strength. It was the rising power of the Ukrainian armed forces that was the main objective on the assault. The Russians hoped to destroy the military instrument being built at breakneck speed with American help. In that sense, it was a classic preventive war. If so, he was too late. Ukraine’s army was already too strong for the Russians to crush.

But what were the Americans thinking? The administration — filled with traditional Blob hawks like Sullivan, Blinken and Nuland — probably saw it as a golden opportunity to bleed Russia. As I wrote on Twitter, “Washington must've been certain of a Russian invasion of Ukraine already in the late summer of 2021 [when the decision to escalate US commitments to Ukraine was made]. The most reasonable interpretation is that they deliberately crossed the reddest of red lines to force Russia to bleed in Ukraine.” The objective of new US policy was to force Russia into a costly war, one that would likely undermine Russian military prestige. And if the economic weapon, together with the proxy war, was damaging enough, it would, as Mearsheimer put it, finally kick Russia off the ranks of the great powers.

The basic idea was that, with an economy smaller than South Korea’s, Russia had no business pretending to be a great power; it must submit to Washington’s authority like other medium-sized countries. Given the balance of forces, this was not an entirely unreasonable picture. However, the administration should’ve consulted with Zoltan Pozsar. Russia’s GDP may be small. But given Russia’s position in the commodities markets, it is Russia that may have the upper hand in the Russo-Western competition in pain tolerance. Putin has already deployed his gas weapon to tremendous effect — we’ll see whether Europe can stand the pain this winter. He is also holding a number of other weapons in reserve.

Given that Russia’s entire geopolitical position is on the line in this struggle, it would be folly to expect that the Russians would not fight with all they’ve got — perhaps all the way up the escalation ladder. Well before we get to “escalate-to-deescalate,” however, Russia has plenty of other, non-nuclear, options to escalate. For one, Russia could simply stop exporting the millions barrels of oil that it currently does, in order to deliver pain to the West. That would almost certainly push the price of crude above $200 per barrel, and thereby deliver the mother of all inflationary shocks. Beyond oil and gas, Russia can also halt the flow of wheat, fertilizer, and neon (crucial to chip production).

Those who think he wouldn’t use the oil weapon, or other weapons at his disposal, simply do not understand the stakes in this conflict. The correct model for this war may be less the Winter war of 1939-1940 than the Pacific war of 1941-1945, when the United States cornered Imperial Japan into launching a desperate war. If Japanese policymakers could prosecute and impossible war against the United States for four long years, Russia too can be expected to stay in the fight — precisely because it is now fighting for its very survival as a great power.

Xi probably wanted to know why Putin hasn’t ordered a general mobilization. Indeed, Russia can probably generate a lot of military power than it has so far deployed in the struggle. We simply do not have the luxury of assuming that Russia is either incapable of fielding more armies or unwilling to do so. Simply because Russia’s entire world position is at stake in this struggle, Putin will almost certainly order a general mobilization if necessary. Ukraine and the West could still defeat Putin after Russia has committed its entire strength. But that will push him into a position where nuclear escalation will become more attractive than capitulation. Do we really want to test this hypothesis?

 

Così scrivevo il 6 aprile:

Quoto

 

A 'sto punto, mi vien da pensare che non si sia nemmeno trattato di dabbenaggine di certe frazioni dei ceti dirigenti + sciovinismo russofobo + aspirazione a più alti standard di benessere, ma, in misura preponderante e decisiva, di pura e semplice etero-direzione di parte americana.

Due parole, dunque, sulla strategia americana, che, riposando su una win-win situation (deterioramento sempre più acuto della sfera d'influenza russa e/o suo isolamento), sta brillantemente centrando tutti gli obiettivi: il pressing sull'Ucraina (rinfocolatosi col ritorno dei Dem alla Casa Bianca, ovviamente) ha infine condotto al (tanto agognato?) impegno bellico di Mosca, col bel corollario dello sperpero di risorse e la gradita possibilità di stringere in una morsa l'economia russa, al contempo allargando il fossato tra la cosiddetta "Europa" (aka poco volenterosi europei dell'ovest) e la Russia.

 

 

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Il presidente russo annuncia una «mobilitazione militare parziale» delle forze militari russe: «L’Occidente vuole tenerci sotto un ricatto nucleare: ma anche noi abbiamo quelle armi, e siamo pronti a usare ogni mezzo. Il mio non è un bluff»

Il presidente russo Vladimir Putin , in un atteso discorso televisivo, ha indicato una escalation della guerra in Ucraina, annunciato una «mobilitazione militare parziale» nel suo Paese, necessaria — a suo dire — perché l’Occidente vuole «indebolire, dividere e distruggere la Russia».

Putin ha anche detto, rivolgendosi all’Occidente: «Abbiamo molte armi per replicare» a quello che ha definito «il ricatto nucleare» dell’Occidente. «Se l’integrità territoriale del nostro Paese sarà minacciata, useremo certamente tutti i mezzi militari a nostra disposizione. Coloro che cercano di ricattarci con armi nucleari dovrebbero sapere che le abbiamo anche noi. Questo non è un bluff».

L’annuncio di Putin segna un cambio di marcia della Russia nei suoi sforzi bellici: finora Mosca aveva sempre definito quella in corso in Ucraina una «operazione militare speciale», e quella ordinata ora è la prima mobilitazione militare russa dalla Seconda guerra mondiale.

La mobilitazione parziale riguarderà fino a 300 mila riservisti (la Russia ha una riserva militare di 2 milioni di uomini).

Con la mobilitazione militare parziale, saranno richiamati in servizio i militari della riserva. «Per la difesa del nostro popolo, della sovranità della Russia e dell’integrità territoriale, appoggio la decisione del ministero Difesa e dello Stato maggiore di introdurre la mobilitazione parziale», ha detto Putin, spiegando appunto che «la leva riguarderà solo cittadini che al momento sono parte delle riserve, cioè coloro che hanno svolto il servizio militare nelle forze armate, che hanno già esperienza e formazione. Il decreto è già stato firmato» e le «iniziative» in applicazione del decreto per la mobilitazione cominceranno «da oggi».

Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, parlando in tv subito dopo Putin, ha definito «difficili», le condizioni sul campo: «Non stiamo combattendo contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente».

Il Donbass — ha annunciato poi il presidente russo, «è ormai parzialmente liberato»: ma occorre un nuovo passo, e per questo «i territori dell’Ucraina che hanno annunciato il referendum per l’adesione alla Russia hanno il sostegno» di Mosca.

L’obiettivo di Mosca in Ucraina rimane «la liberazione di tutto il Donbass», ed è un proposito «irremovibile».

I referendum, che si terranno tra il 23 e il 27 settembre, erano stati annunciati nella giornata di ieri dai leader filorussi delle zone di Luhansk, Kherson (ora sotto controllo russo), Donetsk e Zaporizhzhia (aree dove l’Ucraina sta recuperando terreno). Se il voto dovesse andare come largamente atteso, queste aree, che corrispondono a circa il 15 per cento del territorio ucraino (e a un’area vasta all’incirca quanto il Portogallo) diventerebbero, nell’ottica di Mosca, territorio russo, e dunque ogni attacco ucraino contro queste aree sarebbe considerato un attacco diretto contro il territorio di Mosca.

L’Occidente ha già chiarito che non intende riconoscere il risultato di questi referendum. Nella giornata di ieri, a esplicitare il no al riconoscimento, sono stati sia il Dipartimento di Stato americano, sia il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Mikhailo Podolyak, ha detto che le parole di Putin erano «prevedibili», e indicano come «la guerra non stia andando» secondo i piani di Mosca.

Il ministero degli Esteri britannico ha definito la dichiarazione di Putin una «preoccupante escalation»: «le minacce» del presidente russo «vanno prese seriamente perché noi non abbiamo il controllo della situazione — e non sono sicura che Putin stesso lo abbia», ha detto la ministra Gillian Keegan.

Anche il vicecancelliere tedesco Robert Habeck ha definito «una escalation» quella annunciata da Putin, parlando di «un passo pessimo, sbagliato»: «Ci consulteremo per vedere come reagire sul piano politico», ha spiegato. È chiaro che l’Ucraina dovrà continuare ad avere «pieno sostegno».

Il ministro degli Esteri cinese — con una reazione di notevole importanza — ha chiesto a «tutte le parti in causa» di avviare «un dialogo», e trovare il modo di «rispondere alle preoccupazioni di tutti, riguardo alla sicurezza».

La Borsa russa ha reagito con perdite significative al discorso (fino al -9.6 per cento, dopo aver pero l’8.8 per cento nella giornata di ieri); il rublo è sceso ai minimi da due mesi a questa parte.corriere della sera

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La metà, forse più, degli ucraini scappati dalla guerra si sono rifugiati in Russia. Scappano verso il loro invasore? 

Detto questo a Putin non interessa tutta l'Ucraina. A Putin interessa solo la cosiddetta zona Ucraina filorussa come la Crimea e il Donbass da anni martoriati dalle forze militari di Zelensky così come Israele fa con il popolo palestinese.

La cosiddetta PACE sarebbe facilmente raggiungibile ma l'Europa, sotto la guida USA (che dall'altro lato del mare se ne sta bellamente tranquilla a vederci soffrire), sta sempre più inviando armi e mercenari e sembra che stiano sul punto di inviare missili a lungo raggio per colpire anche oltre i confini ucraini arrivando in Russia.

Se così fosse Putin sarebbe costretto ad usare armi più pesanti e se considerasse le ingerenze straniere come un attacco diretto (ed oramai questo è...si finge di inviare armi ma in realtà si inviano anche truppe straniere e addestratori) potrebbe passare a colpire anche nazioni straniere ed utilizzare l'atomica.

 

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38 minuti fa, Gidan73 ha scritto:

La metà, forse più, degli ucraini scappati dalla guerra si sono rifugiati in Russia. Scappano verso il loro invasore? 

Detto questo a Putin non interessa tutta l'Ucraina. A Putin interessa solo la cosiddetta zona Ucraina filorussa come la Crimea e il Donbass da anni martoriati dalle forze militari di Zelensky così come Israele fa con il popolo palestinese.

La cosiddetta PACE sarebbe facilmente raggiungibile ma l'Europa, sotto la guida USA (che dall'altro lato del mare se ne sta bellamente tranquilla a vederci soffrire), sta sempre più inviando armi e mercenari e sembra che stiano sul punto di inviare missili a lungo raggio per colpire anche oltre i confini ucraini arrivando in Russia.

Se così fosse Putin sarebbe costretto ad usare armi più pesanti e se considerasse le ingerenze straniere come un attacco diretto (ed oramai questo è...si finge di inviare armi ma in realtà si inviano anche truppe straniere e addestratori) potrebbe passare a colpire anche nazioni straniere ed utilizzare l'atomica.

 

L'annuncio dei referendum serve come ulteriore deterrente

 

Quei territori (con referendum farsa ovviamente) entrerebbero a fare parte del territorio russo, ergo dentro la dottrina nucleare russa

 

La mossa serve a dare copertura all'esercito in difficoltà nei territori occupati dell'Ucraina, in pratica Putin punta ad uno stallo da qui all'inverno

 

L'idea dei russi (non so quanto fondata) è che gli ucraini (e gli americani) temendo una rappresaglia nucleare russa, non proseguiranno con la controffensiva (magari aprendo un altro fonte come si vocifera, visto che c'è un ammassamento di forza ucraine nell'oblast di Zaporizia)

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26 minuti fa, SuperTalismano ha scritto:

L'annuncio dei referendum serve come ulteriore deterrente

 

Quei territori (con referendum farsa ovviamente) entrerebbero a fare parte del territorio russo, ergo dentro la dottrina nucleare russa

 

La mossa serve a dare copertura all'esercito in difficoltà nei territori occupati dell'Ucraina, in pratica Putin punta ad uno stallo da qui all'inverno

 

L'idea dei russi (non so quanto fondata) è che gli ucraini (e gli americani) temendo una rappresaglia nucleare russa, non proseguiranno con la controffensiva (magari aprendo un altro fonte come si vocifera, visto che c'è un ammassamento di forza ucraine nell'oblast di Zaporizia)

Io ho una chiave di lettura che converge con la tua.

Visto l'ammassamento di forze ucraine nelle zone che citi e l'invio di ulteriore armi che si paventano anche a lungo raggio ecco che urge anticipare il referendum. Da un lato per "spaventare" l'Occidente da una possibile rappresaglia e dall'altro lato per dare modo a Putin di giustificare un intervento armato più pesante poiché, vinto il referendum, il Donbass sarebbe territorio russo a tutti gli effetti.

Cmq il referendum tanto farsa non sarebbe in quanto è risaputo che il Donbass è a netta prevalenza di ucraini filorussi e dunque l'esito del voto dovrebbe essere scontato. Più che altro è un modo per mettere agli atti una volontà popolare che era già esistente ovvero quello di volersi costituire come territorio indipendente.

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3 ore fa, wicked city ha scritto:

E vabbè allora tutto bene basta un referendum lo faranno anche in Italia per la secessione essendo il nord a maggioranza padano.

Se li bombardi allora avrebbero ragione a richiedere un referendum.(sempre se esiste una "Padania")

Lo vorrebbero fare i palestinesi ma hanno meno amici...

In alcuni confini italiani, a nord, esistono regioni dove convivono filo-italiani e filo-altre nazioni ma non è che si fanno le guerre...

Quando qualche regione italiana confinante proverà a fare richiesta di separarsi dall'Italia ecco che quello sarà il momento in cui scopriremo se i politici glielo lasceranno fare tranquillamente o se interverranno militarmente 

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