Per chi ha voglia di leggere, a me sembra interessante
Xavier Iacobelli
Elkann, un uomo solo al comando della Juve
Agnelli; Ferrero, Scanavino, Allegri, Montero; Giuntoli, Thiago Motta; Tudor; Comolli, Chiellini, Tognozzi. Dal 28 novembre 2022, fra arrivi e partenze, nomine ed esoneri , promozioni e rimozioni, sono gli undici uomini che, in panchina e dietro le scrivanie, hanno scandito il baluginoso tempo della Juve, a cominciare dal momento in cui, per volontà di John Elkann, a colpi di dimissioni in massa venne azzerato il consiglio di amministrazione presieduto dal cugino Andrea. Un tourbillon che va avanti da due anni e mezzo ed è senza precedenti nella storia ultracentenaria del club più scudettato d'Italia che, però, non vince il tricolore dal 2020, firmato Sarri. Su tutti, sopra tutti, si staglia la figura del Signor Exor, 49 anni compiuti il primo aprile scorso, più che mai un uomo solo al comando, più che mai intenzionato a rifare grande la squadra. Costi quello che costi. Citando Sandro Veronesi, maestro romanziere, appassionato tifoso costantemente immerso nella sua bianconera "consolazione esistenziale", vien da porre una domanda retorica a John: "Perché mai ti è presa questa tigna?". Risposta lapidaria: perché sono un Agnelli, la mia famiglia e la Juve sono una cosa sola da 102 anni e non posso sopportare di vederla così. Anche a prezzo di fare la rivoluzione e la controrivoluzione in dieci mesi, dopo avere approvato tre aumenti di capitale per complessivi 900 milioni di euro fra il 2019 e il 2023; pronto a dare il placet al quarto da 110 milioni, se si renderà necessario. Secondo l'ultimo aggiornamento di Forbes, Elkann possiede un patrimonio di 2,6 miliardi di dollari e occupa il posto n.38 nella graduatoria dei Paperoni. “L'importanza dei soldi deriva essenzialmente dall'essere un legame fra il presente ed il futuro", ha scritto John Maynard Keynes, autentico Pallone d'Oro della macroeconomia. Di certo, John intende esserlo per la Juve. Lo conferma l'interventismo di questi giorni, sospesi fra un presente faticosamente raddrizzato in Laguna dal rigore di Locatelli e un futuro da scrivere a mano a mano. Pur sapendo quanto il fascino della Signora non sia più irresistibile come un tempo, se in sequenza ravvicinata le hanno appena detto no sia Conte, demiurgo agognato epperò napoletanizzato dal nuovo capolavoro di De Laurentiis, sia Gasperini che lascia la Dea per andare alla Roma e con una telefonata a Comolli spegne l'ardore di chi lo smaniava alla Continassa. Intanto, nei due mesi tra la fine di marzo e la fine di maggio, John il Gelido ha presentato il conto a Thiago Motta e a Cristiano Giuntoli, divorati dalla rivoluzione che loro stessi avevano promosso. La verità, per dirla con Battiato, è che il Signor Exor sta cercando un centro di gravità permanente, sebbene le vicissitudini della squadra, costantemente sulle montagne russe, gli abbiano fatto cambiare idea sulle cose e sulla gente. Ora soffia il vento nuovo di Damien Comolli, cognome francesizzato con l'accento sulla i, come Platini, designato nuovo "Football Chief", cioè direttore generale. Cinquantadue anni, è nato in Occitania, meravigliosa regione storico-geografica e culturale che abbraccia il Sud della Francia e alcuni territori in Spagna e in Italia. Comolli ha origini varesine al pari di Marotta, il cui brusco allontanamento la Juve non rimpiangerà mai abbastanza. Il nuovo dg è stato allenatore dell’Under 16 del Monaco, capo scout dell’Arsenal, responsabile della sezione calcio del Tottenham, capo dell’area sportiva del Liverpool, ds di Saint-Étienne e Fenerbahçe, agente e poi presidente del Tolosa, club della costellazione RedBird Capital Partners, alias Gerry Cardinale, proprietario del Milan. Un rutilante curriculum, impreziosito dai colpi di mercato: Comolli portò Henry all'Arsenal, cedendolo poi al Barcellona e Modric al Tottenham, successivamente trasferito al Real realizzando vantaggiose plusvalenze. Sua anche l'operazione Suarez al Liverpool. Per dire. Accanto a Damien lavorerà un Totem bianconero della grandezza di Giorgio Chiellini, investito di nuove responsabilità nell'area tecnica. Dài e dài, Elkann si è convinto che, per ritrovare lo spirito Juve c'è bisogno di chi ha la Juve in corpo. Ragionamento apodittico, finalmente sdoganato, anche per smentire un antico proverbio in lingua occitana: "De courage la n'a fin qu'en voi, ma la paour fai pa far soqu'en vol", di coraggio ne abbiamo tanto, ma è la paura che ci blocca. Passato il terrore di rimanere fuori dall'Europa più importante, a Torino questo è il tempo di avere coraggio. Elkann ci conta. (La Domenica del 10 e lode, Tuttosport, 1 giugno 2025)
può essere...chi lo sa