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bidescu

Aldo Serena

Post in rilievo

«È un campione, ma soltanto dalla vita in su».

Gianni Agnelli aveva le idee chiare e, soprattutto, il gusto di esporle senza tante perifrasi. Naturalmente, le parole di Agnelli non volevano essere un complimento, ma neppure una critica severa. Lui, Aldo Serena, non se la prese; in fondo non aveva mai goduto di fiducia illimitata nelle squadre dove aveva militato.

Nasce a Montebelluna, in provincia di Treviso, una cittadina di 24.000 abitanti nella quale molti giovani avvertivano ancora il richiamo del calcio. Atletico, potente, molto abile nel colpo di testa, si era fatto notare fin da ragazzino per la serietà che metteva negli allenamenti. Ricorda l’allenatore Riccardo Menegon, che aveva avuto tra i giovani allievi quel ragazzo dai capelli biondissimi:

«A quel tempo giocava mediano oppure centrocampista. Lo notai perché era più alto degli altri e perché, più degli altri, prendeva il gioco sul serio. Con la testa sapeva far tutto, però era lento, pareva che le sue gambe fossero d’impiccio, ma io non mi impressionai; i ragazzini non coordinano perfettamente, specie quando crescono in fretta. A molti non piaceva, questo Serena, ma a me sì perché mi sono sempre piaciuti quelli che si buttano su ogni pallone, quelli che non mollano mai».

Aveva esordito nel 1977 nella squadra della sua città: il Montebelluna, che partecipava al campionato di serie D. In quella prima stagione ufficiale giocò 29 partite e realizzò 9 reti, sufficienti per suscitare l’attenzione di alcune grandi società; già nel 1975 stava per finire fra le giovani promesse juventine. Ricordava Tiziano Tessariol, presidente del Montebelluna:

«Il dottor Bolis, che era un osservatore della Juventus, voleva lui e suo cugino Pozzobon. Li avrebbe tenuti entrambi nel vivaio bianconero. Pozzobon ebbe un incidente di gioco molto grave che lo costrinse a smettere col calci; Aldo disse che, da solo, non ci sarebbe andato».

Poi l’Inter anticipò tutti; nella prima stagione nerazzurra disputò due partite e andò in goal una volta sola. Non deluse e non convinse, ma si accorse che doveva fare i conti con le cifre: da lui pretendevano, giustamente, i goals. Cominciò la sua vita da nomade, lo mandarono a “fare esperienza” in serie B: Como e Bari, in due stagioni, cinquantatre partite e dodici reti. Lo rivollero all’Inter, ma neppure stavolta si fermò: 21 partite, due goals, troppo poco per meritare la conferma. Passò nell’altra Milano, sponda rossonera, assai avvilita per la retrocessione in serie B. Il bilancio, quella volta, fu positivo: venti partite, otto reti.

L’Inter, eternamente incerta, ma proprietaria del cartellino, lo rivolle. Era il 1983, Serena saltò soltanto due gare ed andò otto volte a bersaglio. Ma i tecnici nerazzurri si convinsero che non poteva convivere con “Spillo” Altobelli e, così, venne lasciato in prestito al Torino. Fu una stagione indimenticabile, nella quale il giocatore, fra le altre, segnò una rete indimenticabile alla Juventus, all’ultimo secondo di un derby emozionante. Era il 18 novembre 1984. Forse, quel pomeriggio alla Juventus decisero che era proprio lui il giocatore che occorreva.

L’anno successivo, infatti, arriva alla Juventus, come contropartita tecnica per il passaggio di Trapattoni all’Inter, Serena ha vestito il bianconero per due stagioni dal 1985 al 1987, per poi ritornare alla squadra nerazzurra. Con la maglia juventina, Aldo ha totalizzato 71 presenze e 36 goals, vincendo un scudetto ed una Coppa Intercontinentale.

Ritornerà, poi, all’Inter, in tempo per vincere uno scudetto, quello dei record.

 

Così lo raccontava Caminiti.

«Serena occupa l’intera pagina con la sua figura di bomber vero. Di giocatori come lui, di atleti sani e schietti come lui, ha bisogno il calcio per la sua continuità ideale. Serena ha cambiato le più grandi squadre nazionali, le due di Milano ed il Torino prima di passare alla massima, alla squadra campione d’Europa. Chi più felice di lui ??? Il professionista vive di traslochi e mutamenti, deve tenere sempre pronta la valigia sotto il letto, almeno fin quando l’età non lo farà svincolare e scegliere da solo.

1,83 per 72 chilogrammi, Aldo è figlio di un conciatore di pelle, ex calciatore pure lui, nato dunque in una famiglia non proprio benestante, ebbe il basket come primo sport della sua vita. Giocava pivot e si esercitava sull’alto. Non aveva il fisico per fare il cestista e fatalmente scivolò sul calcio, cominciando a scoprire la sua attitudine al colpo di testa.

Un colpo di testa sbrecciante, Aldo si aiuta come può, anche Bettega, ricordate, si aiutava come poteva, sgomitava, era il primo ad attaccare, i difensori venivano sgominati. Una cosa simile succede con Aldo ed il suo colpo di testa fa il vuoto nelle difese ed atterrisce i portieri.

Ho visto esordire questo nuovo panzer nell’Inter anni fa.

Era novembre, 13 novembre 1978 una domenica uggiosa ma non troppo per le scale di “San Siro” ed il suo prato bellissimo. Una partita come tante: Inter-Lazio. C’è Altobelli e c’è Serena. Ci sono due polli nel pollaio. Serena ha diciotto anni, toccherà a lui fare gavetta. Ed Altobelli ha tutto per ottenere il bastone di maresciallo ed insomma ci tiene alla sua autonomia.

Inter-Lazio 4 a 0 ed Aldo infila il suo primo goal in A. L’unico nelle due partite giocate nella stagione della rivelazione. Perché l’Inter non se lo tiene, ma già decide di mandarlo a Como a farsi le ossa.

Si tenga presente che il calcio ha solennemente strappato Aldo ad un duro lavoro in una fabbrica senza depuratore, seguendo la strada del genitore. Benedetto pallone per tanti ragazzi. E la fortuna anche di aver visto il suo fisico d’improvviso sbocciare.

Serena è già sul lago di Garda. Gioca diciotto volte e mette a segno due goal. Non è che ne siano entusiasti. Ha questa testata ribelle, ma anche il piede è ribelle. I suoi fondamentali sono mediocri.

Bisogna che il ragazzo vada a scuola ed un po’ di profondo Sud gli farà bene. Un altro campionato in B, questa volta a Bari, Aldo va subito, con un sorrisino, un rossore, un cenno della testa umile, rifà la valigia. Che tipo è, secondo voi, Serena ???

Semplice e complicato. Egli è di posti e cieli che hanno avuto in uno scrittore l’esaltazione più naturale: Comisso. Serena è disponibile e provato a sofferenze ancestrali, egli appartiene ad una bellissima gente di persone inquiete anche quando sono quiete, il senso del destino, la caducità delle cose terrene, l’amore per la natura. Serena ha tutto questo dentro, è semplice e complicato, pronto ad ogni concessione e duro nell’illudersi; va a Bari e ce la mette tutta.

Ora ha venti anni, qualche idea se l’è fatta, comincia a capirci di più, l’ambiente pieno di calore lo scalda, 35 partite e dieci goals. Comincia a nascere un nuovo attaccante, pivot frontale, che non sta fermo ad attendere, arranca se è il caso in retrovia, piglia un sacco di botte e ne restituisce una parte, sulle parabole vola a castigare il mondo, felice, inebriato saluta i suoi goals con le braccia levate al cielo».

All’Inter, finalmente, si accorgono che il ragazzo ci sa fare, che è tempo di menarlo tra i buoi di casa, di provarlo nella maglia nerazzurra insomma. Detto fatto, il campionato 1981-82 Aldo lo gioca per l’Inter, ma i giorni dorati di Bari sono una cosa lontana, l’ambiente altolocato, le sotterranee implicite gelosie, gli interessi privati della grande squadra meneghina, non sono fatti per scioglierlo; Aldo va a giocare 21 volte ma va a goal soltanto due; troppo poche, forse e non so a quale geniaccio venga questa idea, forse a Feltrami, è proprio il caso di cederlo in prestito al Milan. Si divertano loro. 1982-83, il Milan. Ora i giochi sono fatti, ora l’uomo sta facendosi largo ed ha tra gli occhi azzurri un’espressione non più di beatitudine e d’innocenza. Ascolta musica rock per riposare, legge buoni libri. E nel Milan va molto meglio che nell’Inter, 20 partite ed otto goals. Non le gioca tutte perché non è proprio il caso visto che è in prestito.

Insomma, l’Inter si rosicchia le mani. Come è stato possibile ??? Il ragazzo deve tornare alla base. Realtà romanzesca del calcio. Ritorna all’Inter, è di proprietà nerazzurra, vi gioca quasi tutte le partite, 28, del campionato 1982-83, mette a segno ancora otto goals. Cosa è un asso, un pilastro del gioco frontale, un tardopede, un bolide, una massicciata di muscoli ??? Cosa è, un asso od un brocco ??? Non lo ha capito ancora nessuno. Non lo capirà mai nessuno.

L’Inter lo dà in prestito al Torino. È stato questo il destino di Aldo, non pochi giocatori nella storia del calcio come lui, col destino di emigranti, tipicamente veneto, una dolcezza ed una tristezza, quieti e complicati, semplici e difficili, duri nel fondo, di ghiaccio, perciò atleti completi, campioni.

La Juventus aiuterà Aldo Serena a diventare grande. Il Torino gli è servito per questo approdo coi goals bellissimi, nove, che ha fatto. Forse, finalmente, nella Juventus ne segnerà qualcuno in più, non è da escludere, io l’ho studiata la storia della Juventus e ci ho trovato tutti i fermenti ideali alla vita di un calciatore. La Juventus non è soltanto italiana, essa è internazionale come tutte le altre squadre più grandi, con in più il suo stile smagato, la sua perenne innocenza, il suo bisogno di isolamento; la Juventus è nata nell’altro secolo dal ghiribizzo di alcuni figli di papà che non ne potevano più della retorica dei loro genitori, convinti che la pacificazione, l’amor del mondo, fossero alla base di tutto. Quindi altro che faide paesane, altro che rivalità fagocitate da dipendenti in mala fede, da guastatori del costume calcistico. Il calcio ha bisogno di ingenuità a tutti i livelli e, comunque, ha bisogno di sportività a tutti i livelli. Nessun odio di parte deve essere alimentato.

Cosa farà Aldo Serena nella Juventus ??? Quanti goals metterà a segno ???

L’ho già visto all’opera con la nuova maglia, l’ho visto tra i nuovi compagni. Vi posso dire che l’operazione di trapianto è stata felicemente realizzata.

Aldo Serena così si aggiunge, col suo viso tondo ed i suoi occhi azzurri, la sua inquietudine tipica di cittadino veneto comissiano, veneti delle sue plaghe native hanno riempito i piroscafi nell’emigrazione transeoceanica, ai profili più noti della famiglia juventina, si cala nella realtà in movimentò professionale e morale della più grande squadra italiana, per partecipare alle sue nuove vittorie.

Ed io non so quale sorte futura, quale nuova emigrazione, attenda questo sano giovanotto, questo intelligente ragazzone, il cui cartellino è di proprietà di Ernesto Pellegrini. Mi auguro tuttavia che la permanenza di questo pivot del goal leggendario, i goals che segnava un Bettega, un Charles, non sia solo un passaggio alla Juventus. Perché scegliere una maglia in fondo, una e non tante, può essere il vero segreto, non commerciabile, di un campione.

 

 

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Il buon Aldo, arrivò alla Juve e vinse subito Campionato e Intercontinenatale.....ma quella era una squadra di fenomeni per davvero. :)

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