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Palermo - Juventus 1-4

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Palermo Torino, Torino e Palermo. Questa, salvo una breve parentesi a Savona, è la storia calcistica di “Beppe” Furino. Nasce, nel capoluogo siciliano, il 5 luglio del 1946:

 

«Mio padre, maresciallo di finanza, era stato trasferito da Palermo ad Avellino quando avevo appena sei mesi», racconta, «nella città irpina ho vissuto fino a tre anni. Poi la minacciosa diffusione di un’epidemia indusse mia madre, che era nata a Ustica ed apparteneva ad una famiglia fortemente radicata sull’isola, a mandarmi per qualche tempo dai suoi genitori. Nonno Peppino era stato sindaco di Ustica negli anni cinquanta e, con nonna Silvia, gestiva uno di quei negozi in cui si vende di tutto e che rappresentano il punto di riferimento dell’intera comunità. Zio Domenico invece, genio e sregolatezza della famiglia, faceva il medico fra Palermo ed Ustica. La famiglia di mio nonno era molto amata dalla gente anche perché, durante la guerra, non aveva lesinato aiuti a chi si trovava in difficoltà. L’ambiente per me, oltre che sano, era affettivamente ideale anche fuori dall’ambito familiare. E così, prima che l’italiano od il napoletano, ho imparato il dialetto siciliano, che ancora oggi esercita su di me un fascino straordinario. Dopo appena un anno sono tornato ad Avellino. Ad otto anni mi sono trasferito a Napoli ed a quindici definitivamente a Torino».

 

Furino, cresce calcisticamente nella Juventus, nei “N.A.G.C.”, la scuola calcio bianconera; il primo prestito è al Savona, dove si disimpegna come ala sinistra. Tornato a Torino, viene trasferito nella sua città natale, dove disputa il campionato 1968-69:

 

«Ero cresciuto nel settore giovanile della Juventus e venivo da un paio di campionati a Savona fra B e C; la società bianconera voleva prendere il rosanero Benetti ed io fui girato in prestito al Palermo, che era appena approdato in serie A. C’era un grande entusiasmo, il Palermo tornava nel massimo campionato dopo cinque anni. Le prime due giornate giocammo in trasferta: all’esordio a Cagliari e perdemmo 3 a 0, due goals di Riva ed uno di Boninsegna; poi a Torino contro la Juventus e portammo a casa un bel pareggio. Finalmente, arrivò il debutto allo stadio “Favorita”, ospitavamo l’Inter di Mazzola, Corso, Suarez e Jair. Lo stadio poteva tenere quarantamila spettatori ma, secondo m,e non erano meno di sessantamila. C’era un tale frastuono che non riuscivo a sentire nulla di quello che si diceva sul campo. Riuscimmo a fare 0 a 0, come la settimana precedente. La seconda emozione la provai entrando a “San Siro” dove quell’ anno pareggiammo sia contro l’Inter che contro il Milan. A fine campionato ritornai alla Juventus, dove sono rimasto tutta la carriera».

 

In quella stagione palermitana, “Beppe” disputa 27 partite e realizza un goal; torna a Torino nell’estate del 1969 e trova una Juventus completamente rivoluzionata, dopo la ferrea gestione di Heriberto Herrera e del suo “movimento”. L’allenatore è “Don” Luis Carniglia, che non farà tanta strada, tanto è vero che sarà presto sostituito da Ercole Rabitti.

 

Per uno scherzo del destino, nella prima di campionato la Juventus deve affrontare al “Comunale” il Palermo; è il 14 settembre 1969 e le due squadre, agli ordini dell’arbitro Gussoni, si schierano così:

 

Juventus: Tancredi; Salvadore e Leoncini; Morini, Castano e Furino; Favalli, Haller, Anastasi, “Bob” Vieri e Leonardi.

 

Palermo: Ferretti; Bertuolo e Pasetti (ex bianconero); Lancini, Giubertoni e Landri; Pellizzaro, Reja (l’attuale allenatore del Napoli), Troja, Bercellino Silvino (fratello di “Berceroccia”) e Ferrari.

 

La partita non ha storia; i rosanero passano in vantaggio con Troja dopo soli quattro minuti, ma la reazione bianconera è furiosa. Una doppietta di “Helmuttone” Haller ed un goal di Leonardi mettono le cose a posto; a dieci minuti dalla fine, però, ci pensa proprio lui, “Beppe” Furino a siglare la rete del definitivo 4 a 1 cominciando, nel migliore dei modi, la sua lunga e splendente carriera in bianconero.

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