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La mia infatti non è tanto una previsione, ma un auspicio... Plausibile, ma tutt'altro che certo, gli scenari aperti sono molti per l'UE ed i suoi paesi membri. Sono cambiate più cose negli ultimi 5 anni, in Europa, di quante non ne siano cambiate nei 20 precedenti. Di sicuro attraversiamo un periodo di transizione violento, a tratti imprevedibile, e questo spaventa. In momenti così c'è solo da augurarsi, a mio modesto avviso, che le grandi potenze non finiscano per essere guidate da machisti alla Putin, ma piuttosto da pragmatici alla Merkel-Macron-Draghi. Se la leadership europea resterà in mano a profili simili, ci sono buone speranza di vedere l'Europa evolversi, altrimenti preverranno pesantemente gli interessi nazionali, al punto da concludere l'esperienza UE col tempo. Che la Nato spinga, ci credo, e ha una grossa influenza. Ma i paesi europei, quando il tema è davvero grosso e compromette seriamente l'interesse nazionale, sanno anche rispondere picche. Tant'è che la Francia è persino uscita, per motivi simili, dalla Nato (per rientrarci). Tant'è che la Germania s'è rifiutata più volte di farsi coinvolgere nelle missioni militari americane, e ha stretto legami e progetti con l'oriente a costo di sanzioni sulla sua manifattura. Io, quei due che fanno una terza guerra mondiale per interesse americano, non ce li vedo. Su di noi qualche dubbio in più è legittimo averlo, ma anche noi storicamente abbiamo sempre agito di testa nostra nel momento della verità, a prescindere da trattati e consolidati rapporti di amicizia... La vediamo diversamente, diciamo, ma non tanto perché l'uno ha torto e l'altro ha ragione. Sono tutti scenari plausibili, che possono diventare probabili o improbabili al primo alito di vento. Viviamo un tempo estremamente instabile, capace di ribaltare equilibri storici nel giro di poche ore. Io confido che, tolti Putin e Biden, il resto del mondo, Cina inclusa, il pulsante rosso non lo pigerebbe mai, se non davanti ad una bomba atomica esplosa sul suo territorio. Questo porterà ad una trasformazione del mondo che conosciamo, probabilmente ad una o più guerre oltre a questa. Ma l'Italia in guerra, credo e spero di no (e qui speriamo entrambi abbia ragione io!). Certo, sentendo le parole di Putin in diretta poco fa, brutti pensieri vengono spontanei a chiunque.
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Quante scuse, non è necessario Anche io rispondo con ore di ritardo e mi ripeto spesso. L'Europa oggi non è unita, senz'altro, ma non vedo impossibile l'accordo tra le tre più grandi economie del gruppo, questo no. Questo è lo spiraglio, per me. I veri euro-entusiasti potrebbero accordarsi per costruire un'alleanza a sé stante, indipendentemente dall'UE e dai suoi organi. Il trattato di Aquisgrana potrebbe essere visto anche come una dichiarazione d'intenti proprio in questa direzione. Tranne qualche dossier "minore", Francia Germania e Italia hanno di fronte sfide simili nell'immediato futuro, con competitor e potenziali nemici sovrapponibili. Sul resto, tipo le differenze di vedute sul nord africa lo si può anche trovare volendo. Chiaro che le esigenze dei paesi scandinavi e dell'est europa siano molto diverse dalle nostre, invece, e difficilmente colmabili. Idem dicasi dei paesi neutralisti, come Finlandia e Austria, o dei paesi che ammiccano fortemente a est, come l'Ungheria. Proprio per questo è necessario superare lo strumento del veto. Francia Germania Italia, in un ipotetico asse, potrebbero sfruttare l'UE con voto di maggioranza per legare a sé sempre di più le economie dei paesi perimetrali, garantendo loro libertà in termini di politica interna. L'esigenza vera è potersi muovere senza dover chiedere il permesso a tali paesi, e sono convinto che una soluzione verrà trovata prima o poi. Non credo nell'evoluzione diretta dell'UE in USE, questo no. Ma penso che l'UE sarà uno strumento utile che creerà le basi per la creazione di un'alleanza sempre più stretta tra i principali paesi membri, i quali potrebbero formare letteralmente un UE nell'UE. Una specie di UE VIP, che di fatto costituirebbe un blocco economico-demografico-politico-culturale enorme, con un rapporto di forza con gli altri paesi membri simile a quello inglese sul vecchio commonwealth. Questo, nelle decadi, è possibile e secondo me nemmeno così improbabile. Fondamentale però è che noi si resti aggrappati a questa triade, e non si venga declassati a Polonia/Spagna della situazione. Secondo me molti degli sforzi di Draghi, in termini di parole spese in politica estera, servono anche a questo. Il posto vacante lasciato dall'UK deve essere nostro. Sul conflitto, resto maggiormente "ottimista". Non escludo possa allargarsi oltre l'Ucraina, ma escludo che noi ci si faccia incastrare oltre una certa misura. L'articolo 5 è molto più interpretabile di quanto non si voglia raccontare, e secondo me la stessa Nato non vuole metterlo alla prova. Anche perché la carta conta, sì, ma nessuno scende controvoglia in guerra contro una potenza nucleare perché suggerito da un trattato firmato decadi fa. Confido che questa cosa sia ben tenuta in considerazione da Biden e Jhonson, ma anche da Putin. Per questo deve passare forte un messaggio, da parte nostra (e non solo). Ok il sostegno all'Ucraina, ok agli strumenti difensivi, ok alla condanna forte delle azioni russe, ok alle sanzioni. Ma la terza guerra mondiale anche no. Secondo me le parole di Macron, Scholz e Draghi vanno lette anche in questo senso. Non a caso sono estremamente diverse da quelle spese da Jhonson o da altri leader di paesi russofobi. Se avverrà un'invasione reale, o un attacco missilistico di grande scala su un paese UE o Nato, la cosa potrebbe cambiare. Ma fino a che saranno coinvolte Moldavia e Ucraina, persino se usassero armi chimiche, non credo. Magari per UK e USA sarà diverso, ma non per noi. Ovviamente è un'opinione la mia, oltre che un auspicio.
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Dobbiamo sperare di mantenere dirigenze euroentusiaste e di avere, al prossimo giro, un presidente americano altrettanto euroentusiasta. Purtroppo la combo Trump-Biden, col primo che incentivava gli indipendentismi ed il secondo che vive ancora nella guerra fredda, non aiutano. Non aiuta manco Putin, che finanzia (non a caso) tutti i movimenti nazionalisti europei, vedasi Salvini e Le Pen. Io lavoro nell'industria e mi informo di difesa, di macroeconomia so poco. Ma basta vedere come funziona l'industria in Italia e sapere qualcosa di investimenti nella difesa per farsi due facili conti. Basterebbe a capire in fretta che, se la politica assecondasse quella che già è un'interconnessione spontanea, si avrebbero notevoli benefici per tutti. Restando alla difesa con un budget del 1.5/2% di quelle tre economie, si costituirebbe facilmente la forza armata migliore al mondo dopo quella americana. Parleremmo di un budget di almeno 150 miliardi annui, cioé una volta e mezza il budget cinese e quasi tre volte quello russo. Nettamente superiore a quella cinese e a quella russa, con conoscienze in ogni settore e quasi completa autonomia produttiva e tecnologica, persino in ambito nucleare. Quanto basta per sentirci seriamente al sicuro, autonomi, sereni, vivendo in uno stato ricco di risorse, opportunità, libertà civili. Figuriamoci se aderissero altre realtà come Benelux, Cecoslovacchia, etc. Non la vedo una cosa impossibile, nel lungo-lunghissimo termine.
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Dobbiamo pensare in termini temporali lunghi, ovviamente, se pensiamo ad una trasformazione della struttura politica europea. Non è detto che vedremo mai un tale progetto prendere piede seriamente, se accadrà temo saremo già piuttosto anzianetti... Ma è una trasformazione graduale che è destinata ad avvenire, anche se in maniera decisamente più moderata dai sogni utopici stile USE. Ne parlavamo settimane fa, proprio in questo topic, io e garrison. Quel che si può però obiettivamente sperare di ottenere è una specie di NATO nella NATO, se parliamo in termini di difesa, o di Commonwealth se parliamo in termini economici. La condivisione di un'organizzazione securitaria, di intelligence (in fase di costruzione), di strutture e di logistica (ad oggi sotto guida Nato), di progettazione e di produzione (ad oggi incoraggiata ma lasciata ai privati) di transito di merci e persone (già in essere), di moneta (già in essere), di titoli di stato e di deficit (in discussione), di banca centrale (già presente), etc. E' impensabile convincere ognuno dei 27 paesi, ad ogni passo. Da sole Francia, Germania e Italia potrebbero lanciare questo progetto di integrazione, senza necessariamente attendere il benestare di paesi come Ungheria ed Austria. Questi tre paesi, insieme, sarebbero la terza economia del mondo per distacco, con un pil da 9k miliardi si metterebbero in coda solo a USA e Cina. Questo mega-stato avrebbe più abitanti della Russia, e sarebbe secondo solo a Stati Uniti, Cina, India e Indonesia, giocandosela con Brasile e Pakistan. Avremmo già una lingua di partenza comune (l'inglese), confini abbondanti, e ci proporremmo come terza potenza mondiale assoluta. Ognuno mantenendo la propria lingua, la propria struttura statale, la propria bandiera. Finalmente ci sarebbe una base sufficiente a garantire una stabilità ed una rilevanza mondiale, tale da non consentire agli attuali attori della scena mondiale di muoversi impunemente senza considerare le nostre obiezioni. E' chiaro che si parla di decenni, e parliamo di un sogno. Ma se ne parla da troppo tempo ormai, e a differenza di molti anni fa, i giovani di oggi (diciamo dall'85/90 in giù) ed i leader di oggi già sarebbero favorevoli ad una federazione. Quando una cosa diventa universalmente auspicata, col tempo, facile che poi ci si muova in quella direzione davvero. Anche perché il mondo si muove in una direzione ben precisa e molto turbolenta, e nessuno degli stati europei è in grado da solo di reggere il peso delle aspettative e delle sfide in arrivo dietro l'orizzionte... Per questo spero (e credo) che non osino mai fare una * del genere.
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Ecco, questa sì che sarebbe una pessima idea per i russi. Anche se si riuscisse a mantenere il conflitto sul livello convenzionale sarebbe sconfitta certa per loro. Se c'è uno scenario, tra tutti, in cui la Nato è preparata da decenni a rispondere in modo rapido, veloce e tremendo è proprio l'invasione della Scandinavia.
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Non ce la faccio a considerare Putin un moderato, ma capisco il senso del tuo messaggio e condivido le preoccupazioni. Per me è fondamentale superare la fase putiniana della Russia in modo indolore, perché (magari sbaglio) la Russia fra un paio di decenni dovrà per forza avvicinarsi ad ovest, e non parlo di espansione territoriale ovviamente. Il gas russo finirà, l'importanza di controllare qualche km in più anche, mentre l'amicizia col dragone sarà sempre più scomoda ed invadente. Le vere minacce all'integrità russa, nel lungo periodo, non vengono certo da repubbliche baltiche o dai governi ucraini, lo sanno benissimo anche loro. La vera conquista che l'occidente può sperare di ottenere, in futuro, è una placida relazione tra Russia e Nato, in contrasto moderato del modello pericoloso e distruttivo proposto dal vero futuro nemico comune. Ma non vedo visione né coraggio, né da parte di Putin né da parte americana, leadership settantenni che guardano al mondo come se fossimo ancora nel dopoguerra, periodo che non a caso non perdono occasione di citare come esempio di status quo funzionale. Per quanto non lo si possa definire un fine stratega, l'unico leader che provò a cucire questo legame fu Bush. Sono da sempre un Europeista convinto, e per Europeista intendo proprio gli Stati Uniti d'Europa. Ma mi rendo conto si tratterebbe di un'utopia, mi accontenterei però di una sorta di Commonwealth in salsa europea continentale. Draghi ha manifestato chiaramente l'esigenza di un'Europa unita e coesa in termini di debito, difesa, energia e politica estera. Una federazione, in sostanza. Fosse per i cittadini europei, quantomeno quelli occidentali, sarebbe più che fattibile. La lingua comune, vero ostacolo del dopoguerra, non è più un problema. La religione comune ormai non è più una componente necessaria per la formazione di una nazione europea, dato che i praticanti in Europa occidentale si contano sulle dita di una mano. Le sfide e le necessità delle cittadinanze, invece, si somigliano molto. Lavoro, disoccupazione, debito, crescita, stabilità, benessere, diritti civili. Questo vuole la gente, e un USE non farebbe altro che aiutare l'ottenimento di tali obiettivi. Ma da quello che mi dicono amici ben più esperti di me, il primo vero passo sarà passare dal voto con veto attualmente in vigore al voto per maggioranza. Se non sarà più possibile porre veti il progetto europeo subirà un'accelerata esponenziale nei prossimi anni, anche perché i leader dei principali paesi europei sono sostanzialmente a favore del progetto, pur con dei distinguo non da poco. Per conto mio, lo spero, ma ci credo poco. Essendo da cellulare, ed in giornate un po' problematiche, tra trasferte estere e lavoro, mi scuso se non ti linko un articolo con l'estratto delle parole di Draghi, ma da telefono mi viene complicato. Sono convinto sia facile reperirle con Google, in ogni caso Molto interessanti.
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Talvolta, opinione personale, si sopravvaluta la capacità dei media di influenzare l'opinione pubblica. Gli italiani la guerra non la vogliono e non la vorranno fare, nemmeno se venissero bombardati mediaticamente per anni. Lo stesso lo si potrebbe dire di molti altri popoli europei, tra i quali i tedeschi. Detto questo, nemmeno i media vogliono la guerra, ne sono convinto. Soffiano sulla brace, questo sì, ma lo scoppio di un conflitto allargato non conviene a nessuno. Se si vorrà davvero andare fino in fondo, l'opinione pubblica verrà ribaltata con gli espedienti più classici, vedasi false flags. Lì sì, ci sarebbe da aver fifa. Per quanto riguarda i politici, a volte ci si dimentica che occupano un ruolo istituzionale, e che non possono mettere in discussione le fondamenta del sistema che sono chiamati a servire. Se voglio fare il presidente (o il cancelliere) di una potenza Nato membro fondatore dell'UE, l'idea di mettere in discussione o scavalcare tali strutture la devo valutare per bene. Perché è naturale che in tal caso mi si scagli contro mezzo mondo. Scholz fin qui si sta facendo schiaffeggiare mica male, sia da est che da ovest... non tutti sono la sottovalutatissima Merkel. Comunque ho trovato estremamente interessanti le parole di Mario Draghi Non mi trovi d'accordo nella sostanza, pur trovando plausibile quanto da te descritto. Parliamo di proiezioni, di opinioni, è bello e legittimo avere percezioni differenti. La sconfitta i russi non la ammetteranno mai, concordo, ma la Russia è un impero con strutture, sistemi e mentalità da impero. Putin potrebbe rivendicare come vittoria qualcosa che non lo è, per esempio limitandosi dopo 3 mesi di guerra e 20k morti ad annettere il Donbass. L'opinione pubblica, a mio modesto avviso, potrebbe persino essere l'ultimo dei problemi. La propaganda, l'assenza di informazione libera e l'idealismo di cui è stato travestito questo intervento militare potrebbero persino reggere (sottolineo il condizionale). La voglia di pace del popolo ed il rifiuto dell'umiliazione, vedasi rifiuto collettivo americano della presa di coscienza delle sconfitte in Vietnam e A-stan, potrebbero fare il resto. Quel che è certo, invece, è che Putin stesso, l'oligarchia russa, la Duma, le forze armate e tutte le struttre statali-parastatali e lobbistiche russe saprebbero perfettamente che sconfitta trattasi, a livello tattico ma soprattutto strategico. Specialmete di fronte ad un mondo che, dichiarazioni di facciata a parte, sarebbe altrettanto consapevole dell'umiliazione subita. Ne uscirebbe una Russia isolata, irrimediabilmente dipendente dalla Cina (vero nemico del futuro per la Russia, sparate a parte), impoverita, detronizzata, indebolita. Questo sì, sarebbe insostenibile. Putin, che si è costruito a tutti gli effetti lo stato intorno a sé, sarebbe messo inevitabilmente messo in discussione. Ma un dittatore non è un presidente, abdicato il dittatore abdica anche la dittatura, o quantomeno si trasforma, non c'è praticamente mai continuità direttai. Un colpo di stato militare, una rivoluzione popolare, persino la presa del potere da parte della Duma stessa. Difficile prevederlo. Ma quasi sicuramente non sarebbe un discepolo di Putin a prendere il suo posto, dovesse cadere. Uno qualsiasi di questi scenari implicherebbe la rifondazione assoluta dello stato, in modo magari meno rocambolesco del 1991, questo sì. Dopotutto questa, a livello di sistema, è la vera forza delle democrazie. Se un dittatore cade, cade il suo sistema. Lo stesso avveniva spesso con la caduta di un Re. Se cade un presidente, il tempo di organizzare i seggi elettorali e se ne trova uno nuovo. Persino se viene ammazzato, difficile scoppi una guerra civile per questo. Putin non verrà mai sostituito da un suo figlioccio, a meno che non muoia di morte naturale da Leader amato e rispettato, come accaduto ai vari dittatori cinesi o da Castro. Questo genere di scenari, secondo me, portano Putin a spingere fino in fondo affinché non si possa parlare di fallimento. Né all'estero, né tra i cittadini russi, ma soprattutto di fronte ai poteri russi. Lobby e Forze armate che stranamente, in questi ultimi tre mesi, stanno registrando un curioso picco di mortalità tra i loro leader. Questa è anche la ragione principale, secondo me, per il quale USA e UK insistono tanto nel far perdurare il conflitto. La Cina nel frattempo gongola, nel vedere finti amici e reali competitor battibecchare, ingarbugliare le loro economie e scambarsi colpi di cannone sotto forma di sanzioni, il tutto da privilegiata distanza di sicurezza. E' chiaro che finché lo status-quo sul campo resta inaccettabile per Putin, e finché farà comodo che la guerra continui per gli altri, questo renderà impossibile o quasi trovare un accordo per la pace. Più passa il tempo, più lo sforzo diventa impegnativo, più i russi saranno tentati di usare le maniere forti. E qui comincia il circolo vizioso. E' difficile capire cosa accadrà, perché nessuno ha la reale percezione della stabilità e delle energie russe. Potrebbero non reggere due mesi come potrebbero reggere anni, da quello che sappiamo. Percezione personale, visto il linguaggio diplomatico speso da Putin e Lavrov, sono già spalle al muro. E non è affatto una buona notizia. L'ideale sarebbe che Putin domani mattina cadesse dalle scale, si facesse tanto male, si ritirasse, ed al suo posto salisse un oligarca alla Abramovich. Uno che porti una ventata di liberalismo economico e sociale, abbandonando le mire imperialiste e rinsaldando il legame con l'ovest, accettando un ruolo di prima potenza regionale, abdicando dal ruolo di super potenza mondiale. Ma non credo che questo sia accettabile per i russi, cittadini inclusi, che continuano a sentirsi come un paese che deve stare al centro delgi equilibri mondiali. La decrescita non sarà mai un'opzione per loro.
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Ma speriamo. Sappiamo però che basta poco per svoltare l'opinione pubblica, pensiamo ad esempio a Pearl Harbor. La mia speranza è che, dovesse avvenire il fattaccio, venga consentita una interpretazione dell'articolo 5 piuttosto blanda.
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In realtà... no. E' materia complessa, ma va fatto un bilancio tra abitanti, aree produttive, densità abitativa, distribuzione delle popolazione sul territorio, area coperta, numero di batterie, portata dei missili, testate, etc. La Cina ad oggi è probabilmente il paese al mondo che più uscirebbe devastato da un confronto nucleare diretto. Si trasformerebbe in una sottospecie di Mongolia allargata nel giro di poche ore.
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Mettiamola così, do per scontato che siano non-interventiste. Il mio timore è che il ruolo che esse potrebbero assumere sarà molto poco rilevante...
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Buongiorno a tutti. Concordo con @lou 65. Salvo avvenimenti stravolgenti entro il 09 Maggio, è facile prevedere che il conflitto assuma nuova dimensione e nuovo vigore. Continuo ad essere estremamente preoccupato per la Moldavia, che come discutevamo già diverse settimane fa, corre un rischio enorme. Le notizie che giungono dalla Transnistria non sono affatto incoraggianti in questo senso. L'unica buona notizia di questi tremendi due mesi, ad oggi, è che la Bielorussa sia riuscita ad astenersi da un intervento diretto. La cosa è, per certi versi, sorprendente. Non è detto duri, Putin potrebbe pretendere con successo il suo intervento se si rivelasse necessario. Le cattive notizie, ahinoi, molte di più. L'Ucraina resiste, ma il prezzo in termini di vite umane è ormai altissimo. Civili, militari e paramilitari, da ambo i lati. I danni infrastrutturali subiti dal paese, a prescindere dall'esito del conflitto, avranno una ricaduta devastante sulla loro economia per decenni e decenni. Se il conflitto dovesse perdure con tale asprezza non so cosa resterà dell'Ucraina, che già prima di questa guerra era un cantiere aperto. Altra pessima notizia il reiterato atteggiamento aizzatore di Commonwealth e USA. Che nutrissero interesse specifico nell'inasprirsi del conflitto lo si era capito sin dalle prime battute, ne parlavamo anche qui. Si sperava però che tale interesse si sarebbe fermato davanti al rischio di un conflitto allargato. Non pare purtroppo essere così e questa, tra tutte, è probabilmente la notizia peggiore in assoluto. Il completo disinteresse americano per gli interessi europei dà ulteriormente dimostrazione di quale sia la natura del rapporto che intercorre tra paesi europei della Nato e Stati Uniti. Prendere nota per il futuro. E' altrettanto evidente, ma questo lo si sapeva già, che una sconfitta per i russi sia oramai inammissibile. Si sono esposti troppo a livello politico, militare, finanziario, economico, produttivo. Non esiste via di ritorno, non esiste ritirata, né composta né scomposta. Esisterebbe solo una sconfitta umiliante, sulla quale le potenze occidentali infierirebbero sbriciolando lo stato russo stesso. Ben consci di questo rischio, i russi saranno disposti all'utilizzo di qualunque mezzo pur di risultare vincitori. La russofobia e l'isolamento della Russia dal sistema occidentale è spronato e spinto proprio da quei paesi che la Russia, quantomeno a parole, si prefiggeva di riavvicinare o di de-occidentalizzare. Ampiamente prevedibile sin dal principio, ma se l'occidentalizzazione dell'Oriente Europeo ha portato all'irritazione russa, questa nuova ondata atlantista non farà altro che accendere ulteriormente gli animi. Polonia e Romania non torneranno mai più paesi neutrali o filo-russi, così come le Repubbliche Baltiche. Non dopo quanto accaduto in Ucraina, è impensabile. Prevedibile e comprensibile, dunque, che paesi come Finlandia e Svezia, pur se ben armati, ora vogliano entrare nella Nato. Tale candidatura, e conseguente apertura americana alla loro candidatura, rischia di essere la causa dello scoppio di un conflitto su scala decisamente maggiore. Desolante l'impotenza deli stati europei, pur membri della Nato, pur ricchi e discretamente armati. Non solo l'Italia, ma persino Francia e Germania hanno ormai un ruolo del tutto marginale in questi accadimenti, per quanto si sforzino di far sembrare l'opposto. Quello che deve terrorizzare noi europei è la nostra totale impotenza di fronte ad un rischio così grande. Non contiamo nulla, non influenziamo la descalation tanto quanto l'escalation, ma ne subiermo enormemente le conseguenze. Ultimo ma non ultimo, il crescente livello di tensioni nel Pacifico, che a volte dimentichiamo essere anche mare russo, non viene certo incontro ai tentativi, sempre più disperati, di un dialogo costruttivo tra le parti. La speranza è che si prenda tempo, senza voler accelerare uno schema provocatorio che, per miscalculation o follia di qualcuno, possa portare al disastro. Due immagini interessanti raccolte questa settimana, sul web, che mi va di condividere. Questa ci riguarda da vicino, e dovrebbe rappresentare l'attuale situazione navale (sommergibili esclusi...) nel Mediterraneo. Questa, invece, è un'utile Gif che mostra l'evoluzione del conflitto. Dal fallito tentativo di far capitolare Kiev, alla ritirata settentrionale fino alla presa di Mariupol.
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Appena saprai condividi, taggami pure, sono assolutamente interessato. Sul resto concordo. La disparità tra le due forze rimane, ma dopo quasi due mesi possiamo dirlo. Le perdite russe sono enormi, in termini di immagine, mezzi, economici, per non parlare delle vite umane. La paura di tutti, come dici tu, ma come sostengono anche molti analisti atlantici, è che i russi possano essere esasperati da queste perdite. L'affondamento dell'incrociatore a livello simbolico vuol dire moltissimo. Non dobbiamo sottovalutare l'orgoglio nazionalista che caratterizza da sempre gli imperi. Presto saranno necessarie vittorie nette ed inequivocabili per i russi, questo a prescindere dai mezzi usati. Di settimana in settimana abbiamo visto quanto in là si stiano già spingendo, rispetto ai primi 20 giorni di guerra. Speriamo bene.
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Nemmeno io, e non sarei nemmeno sicuro che siano stati usati solo TB2... Ma anche avessero sacrificato decine di droni resterebbe una vittoria formidabile per gli ucraini, ed una sconfitta umiliante per i russi. I droni comunque, persino come bersagli volanti, si stanno dimostrando un vero game changer anche nei conflitti simmetrici tra potenze, persino negli scontri navali. Rendiamoci conto che con una singola batteria di missili e qualche drone dal peso di una Fiat Panda anni '90 sono bastati per colare a picco un'ammiraglia della marina russa da 10.000 tonnellate e 500 uomini di equipaggio.
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Interessante rappresentazione grafica dell'accaduto. Soprattutto per i meno avvezzi a questo genere di argomenti. Ovviamente ricostruzione da verificare, ma la trovo piuttosto plausibile.
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Proprio qui, qualche settimana fa, si era parlato della folle esposizione di assetti navali di prim'ordine a pochi km dalle coste ucraine. La perdita del Moskva ha dell'incredibile. Essendo nave ammiraglia è plausibile immaginare fosse centro nevralgico delle manovre (non solo navali) russe. Un colpo durissimo per i russi, da ogni punto di vista.
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Me ne ha parlato un amico in EI... Mi fido. 4-4-3 sarebbe il desiderio di EI, ma poi bisogna fare i conti col bilancio. Realisticamente non si andrà oltre le 10 brigate, quindi facile ai vada per un 4-3-3 o un 4-4-2, con 2/3 pesanti, 3/4 medie e 4 leggere. Vediamo come andrà il programma AICS, credo ci dirà molto...
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No, senz'altro. Fa comunque comodo conservare almeno un paio di brigate pesanti per una lunga serie di ragioni, compresa quella più banale, cioè il mantenimento della capacità. Una volta dismesse non è facile ricostituirle, qualora servissero. Senza contare che proprio nelle missioni di "peace-keeping", vere o presunte, spesso la presenza di qualche carro può fare la differenza, vedasi la battaglia del pastificio in Somalia. I cingoli sono sempre i cingoli, ed i carri armati gira che ti rigira sono un fattore in certo scenari. L'esercito, nei suoi piani, vorrebbe 3 brigate pesanti da quel che so, il che significherebbe qualcosa come 2/300 carri. Parliamo del futuro prossimo, non del domani, credo che per ora si speri quantomeno di gestire due brigate su Ariete, aggiornandolo per quanto si può, per tirare avanti il più possibile. Qualcuno qualche tempo fa mi aveva parlato di 256 carri, in futuro, come requisito. Le brigate l'EI vorrebbe distribuirle in 3 pesanti, 4 medie e 4 leggere (o specialistiche, come le anfibie e le aviotrasportate). Mi sembrano numeri del tutto ragionevoli. Su Marina e aeronautica nulla da aggiungere. Fortunatamente in quei campi stiamo facendo scelte giuste e commisurate, con ampissimi ritorni industriali ed occupazionali, specialmente in Marina. Manca ancora, pesantemente, una capacità radaristica e di monitoraggio di alto livello, oltre che missilistica antiaerea ed antinave, ma più di qualcosa si sta muovendo in questo senso, fortunatamente. Camm-Er, Teseo 2, G.550, P-72, C-27J, satelliti e droni vari sono lì a testimoniarlo. Notare, tutte acquisizioni da aziende nazionali o con accordi G2G.
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E' da qualche giorno che volevo scrivere del "riarmo italiano", che segue nelle intenzioni quello tedesco. In termini assoluti, secondo IlSole24Ore, il 2% del Pil significherebbe una spesa di circa 35-38 miliardi di euro annui. 26 miliardi sono stati quelli spesi nell'ultimo esercizio, corrispondenti a circa all'1.6% del nostro Pil. E' importante riportare il valore assoluto oltre che quello in percentuale, viste le sensibili variazioni di Pil (in positivo ed in negativo) degli ultimi anni. Le spese militari, già prima delle crisi ucraina, erano già in crescita costante. Basti pensare che nel 2019, quindi giusto un paio di anni fa, spendevamo circa l'1.4%. Per dare un termine di paragone col nostro passato, nel 1981, nel 1991 e nel 2001 abbiamo speso tra il 2.0 ed il 2.1% del Pil per la difesa. Fondamentalmente l'obiettivo sarebbe quello di tornare a spendere quanto si spendeva fino a 10-15 anni fa. Cioé tornando a quando, complice la crisi finanziaria, molti governi europei (giustamente) hanno attinto preziose risorse tagliando i programmi di difesa nazionali. Da qui, secondo me, possiamo capire che il 2% del Pil non è una cifra spaventosa, ma anzi, una cifra comparabile ai livelli pre crisi. C'è da dire poi che l'Italia, per struttura e per esposizione geografica e geopolitica è "costretta" a spendere un pochino di più rispetto ad altri paesi europei. Perché? Partiamo da come è strutturata in Italia la spesa per la difesa. Cosa è incluso nella spesa per la Difesa. Ognuno nello scontrino della difesa ci piazza un pochino quello che gli pare. L'Italia, per abitudine, è probabilmente il paese occidentale che ci infila più cose, forse anche per sovrastimare il proprio budget di difesa. Ad esempio, dei 26 miliardi di euro anni spesi lo scorso anno, ben 8 miliardi, cioé il 30% della spesa complessiva nel bilancio difesa, è costituito dall'Arma dei Carabinieri. Arma dei Carabinieri che, tra l'altro, include pure la Guardia Forestale. Quindi sì, persino gli elicotteri verdi da soccorso alpino, i guardiacaccia, gli alcol test del sabato sera e le volanti di pattuglia dei CC rientrano nelle spese della difesa. Già basta questo per capire che i numeri in sé, se non si capisce esattamente di cosa si sta parlando, non danno grandi indicazioni sulla reale proporzione della spesa. Cosa si vuol finanziare con questo aumento. Aggiungere aumentare di 10-15 miliardi annui entro un biennio, e continuare a farlo, resta un impegno non indifferente. Andrà sicuramente capito come vorranno investire questi denari, prima di tutto, ad oggi di ufficiale c'è poco. Una grossa fetta servirà probabilmente a finanziare i programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi e strutture, spesso bloccati dalla cronica mancanza di fondi. Particolarmente afflitto da queste mancanze di fondi è l'Esercito, che più di tutti ha patito la difficile transizione dalla leva obbligatoria e dalla guerra fredda (con strutture e personale sovradimensionato), non potendo nemmeno contare su strumenti come le leggi navali che consentono ad altre forze armate maggiori investimenti. Per intenderci, ad oggi è stimato che l'EI abbia meno di 100 carri armati in grado di muoversi, comunque spaventosamente obsoleti. Una buona parte di questi fondi, oltre che per riassestare la funzionalità di caserme, basi e mezzi, verrà spesa per costituire una difesa informatica seria. Ad oggi lo stato, le amministrazioni locali e le grandi imprese italiane sono fondamentalmente indifese rispetto ai quotidiani attacchi che subiamo. Questo mi sembra particolarmente importante, dato che molti dei paesi strategicamente avversi al nostro investono risorse ingenti proprio in questo tipo di attacchi. Aggiungiamoci che si vuole sicuramente investire molto in ricerca spaziale, settore dal ritorno economico enorme e non propriamente bellico per un paese, come il nostro, di certo non può montare testate nucleari o non convenzionali su missili balistici travestiti da razzi per astronauti. Perché l'Italia deve spendere tanto, rispetto ad altri paesi, nella propria difesa. L'Italia non ha la fortuna geografica della Francia, della Germania, della Svizzera, dell'Austria, del Belgio, dell'Olanda. I paesi mitteleuropei condividono confini terrestri con paesi alleati, nel peggiore dei casi neutrali e praticamente disarmati, e confini marini che ben li distanziano da qualsiasi minaccia concreta, sempre ammesso che abbiano confini marini (così da risparmiarsi le spese per la Marina, ad esempio). Noi abbiamo un confine marino sottilissimo che ci separa, per poche centinaia se non decine di km, da Slovenia, Bosnia, Albania, Croazia, Kosovo, Montenegro. Non esattamente paesi che promettono stabilità nei prossimi decenni. Questo a Est. A Sud siamo a due passi dal Nord Africa, come solo la Spagna ed il Portogallo sono in tutto occidente. Ma confiniamo con paesi dilaniati da guerre civili e a rischio di radicalizzazione islamica continua. Tunisia e Libia sono a poche decine di km dalle nostre isole, ed oltre a minacce militari (già avvenute nei decenni scorsi) concrete, costituiscono un bacino di controversie internazionali e di flussi migratori che non possono essere né ignorati né subiti passivamente, tanto più che paesi rivali come Turchia e Russia stanno cercando di assumerne il controllo proprio in funzione anti-occidentale. Se poi allarghiamo l'orizzonte ai pesi dove l'Italia ha investito, ed investe tutt'oggi, in termini politi ed economici, la situazione non migliora. Libano ed Egitto, per citarne due, ma potremmo parlare anche di Corno d'Africa, delle (sciagurate) missioni in A-Stan e Iraq, e dei difficilissimi rapporti con una sempre più imperialista Turchia e dei pessimi rapporti con la Russia. Tutte queste sfide ci costringono ad essere un paese con una importante estroflessione marina, per dissuadere se non difendere le nostre rotte commerciali e i nostri rifornimenti energetici. Ci costringono ad essere un paese impegnato in prima linea nella Nato, con quel che ne consegue. In termini politici, di missioni, di basi, di uomini, di mezzi. Ci costringono ad essere un paese con una forza aerea reale, seppur non votata all'assalto com'era negli anni '80. Ma quantomeno sufficiente a monitorare in autonomia il proprio spazio aereo, a saperlo difendere da minacce verosimili. Ci costringe ad essere informati h24 sui mari, sulle rotte commerciali, sulle flotte, sui flussi migratori, sulle emergenze umanitarie, sulle crisi di governo dei paesi limitrofi. Per via diplomatica, via economica, via politica, via aerea, via marittima, via spaziale persino. L'unica cosa che dobbiamo fare non è tanto discutere su quanto si spende, ma sul come, per quali fini, per farci cosa. Qui la risposta è squisitamente politica, non mi ci addentro. Mi limito solo a dire che è evidente che però queste spese vadano fatte in un'ottica di ritorno industriale, tecnologico, occupazionale e di indotto il più possibile interno al suolo nazionale, cosa che devo dire si sta facendo già da anni con buoni-ottimi risultati.
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L'errore che fanno in molti è quello di mettere in correlazione la propaganda con la libertà di parola. Sono due cose molto, molto diverse. La propaganda c'è ovunque, la libertà di opposizione no.
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Dici di no? Lungi da me farmi passare per esperto di esplosivi, non lo sono. Devo dire però che da quelle foto mi pare molto simile al Fosforo usato da russi e americani in Siria e Iraq.
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Il fosforo bianco, ad oggi, non è considerato arma chimica. Non può essere considerato un'arma non convenzionale. Il suo utilizzo credo sia consentito solo come arma anti-materiale, come illuminatore e come generatore di cortine fumogene, in modo paragonabile a molti ordigni incendiari. Tecnicamente è vietato utilizzarlo contro persone, in particolari civili. Discutibile, me ne rendo conto.
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Sembrerebbero entrambe due classe Ropucha...
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Una classe Alligator (nella foto) pare sia esplosa ed affondata nel porto di Berdyansk. Si tratta di navi militari russe da sbarco da 3/4.000 tonnellate. Coinvolto nel disastro ci sarebbe anche un'altra nave, una classe Ropucha (nella foto qui sotto). Secondo alcune fonti sarebbe coinvolta anche una terza nave. Ancora da ricostruire la dinamica dell'incidente/attacco.
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Anche ottenessero la vittoria militare, e sono nelle condizioni di ottenerla, dubito ne sarà valsa la pena. Comunque vada ho la sensazione che qualsiasi scenario futuro all'orizzonte veda una Russia indebolita da questo conflitto, per un motivo o per l'altro.
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Ti sei spiegato eccome, altroché. Questa sarà la guerra più studiata dagli analisti per molti anni a venire proprio per questo.
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