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Prima di questo conflitto avrei potuto essere parzialmente d'accordo. Ora come ora, vista la situazione, l'allineamento mi pare già avvenuto onestamente. Salvo qualche eccezionae in Europa gli schieramenti mi sembrano chiari e ben definiti.
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Quale bivio vedi? Chiedo, mi hai incuriosito.
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Dalle fonti che ho trovato io, sì, circa 100k uomini. Intesi anche riservisti e gente arruolabile nel giro di poche settimane, s'intende. Poi ci sarebbe da capire in che condizioni sono le truppe, da quel che so io sono in condizioni a dir poco precarie. Non ho più terminato la seconda parte del mio intervento, a causa di un ricovero ospedaliero e conseguente intervento chirurgico subito lunedì. Niente di grave, comunque! Avrei proprio affrontato lo scenario da te ipotizzato, non ne ho avuto le forze sinceramente. In ogni caso gli avvenimenti dell'ultima settimana sono da seguire con attenzione, magari più in là spiegherò meglio le mie ansie sull'intervento polacco.
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Nell'attesa di capire come stia andando l'offensiva ucraina nei dintorni di Kherson, vorrei condividere con voi una una riflessione. Prima di postare, però, mi piacerebbe avere l'opinione di @SuperTalismano, @lou 65 e @Dale_Cooper. Perdonatemi il tag se poco gradito. Il topic s'è un pochino spento rispetto ai furori iniziali. Il conflitto rimane di profondo interesse e sarei molto interessato a ricominciare a discuterne con voi, se vi va. Oltre che con altri utenti, ovviamente. Il calo di interesse generale sulla vicenda credo ci consenta di tornare a discuterne in toni civili senza scivolare in isterismi e accuse francamente antipatici. Tornando a noi. Dimostrazione di quanto la guerra, la politica e la diplomazia si muovano in territori grigi, mai bianchi o neri. Di quanto sia necessario non fossilizzarsi su limiti invalicabili, principi inossidabili e moralismi integerrimi, scarsinandosi dall'inevitabile emotività che certi eventi portano ad esprimere con comprensibile, ma distraente, pathos. Riflettevo con qualche conoscente ben più esperto di me in materia, è inevitabile porsi una domanda. Qual è lo scenario più probabile di espansione del conflitto oltre i confini ucraini? Si è fatto un gran parlare, sui media più disparati, di scenari più o meno verosimili, spesso con toni apocalittici. L'enclave di Kaliningrad, le tensioni in Kosovo, i timori in Georgia, la rinata russofobia baltica, persino di Iran, Siria, Israele... senza contare Taiwan. Più di tutti questi scenari, però, personalmente sono più preoccupato da Bielorussia e Polonia. E garantisco, non sono l'unico. Proverò a spiegare in breve perché. Partirei dalla Bielorussia I motivi per i quali la Bielorussia possa entrare nel conflitto sono facilmente ravvisabili. Innanzitutto la Bielorussia è a tutti gli effetti uno stato satellite russo, possiamo semplicisticamente definirlo come tale. Governato da vent'anni da una democratura putiniana militarista capitanata da Lukashenko, è probabilmente lo stato al mondo più intimamente interconnesso con Mosca. Probabilmente anche molto più di quanto Lukashenko non vorrebbe. Non solo a livello politico e militare, ma anche e soprattutto a livello culturale, linguistico e religioso, oltre che energetico ed economico e militare. Un paese dall'identità fragile, ma di cruciale importanza a livello strategico, sia economico che militare, a livello continentale. Morfologia. Condivide confini estesi con ben tre paesi della Nato (Polonia, Lituania e Lettonia), oltre che con l'Ucraina. Confini difficilmente difendibili e particolarmente esposti da entrambe le parti, causa sostanziale assenza di reali ostacoli naturali. Un paese diviso da una dorsale collinare che come picco ha monti di poco più di 300m s.l.m., caratterizzando per centinaia di kmq da acquitrini, sabbia, fango. Confini molto estesi: 141km con la Lettonia, 502km con la Lituania, 407km con la Polonia, 891km con l'Ucraina e ben 959km con la Russia. Confini molto caldi, storicamente, e che hanno reso la Russia Bianca un paese dall'identità fragile, oltre che terra di grandi battaglie. Confini non solo fragili morfologicamente, come detto, ma anche per le pericolose vicinanze con capitali estere. Vilnius, capitale lituana, dista poche decine di km dal confine bielorusso, meno di 150km stradali da Minsk. La stessa Kiev non è lontanissima dal confine bielorusso, ed abbiamo visto quanto questo sia stato impattante nella prima fase del conflitto. Ancora più cruciale la distanza dall'enclave di Kaliningrad, poche decine di km, sogno proibito di Mosca è creare il famigerato corridoio per svincolare dallo stato di exclave Kalinigrad. Un paese dall'identità fragile, nonostante gli sforzi delgoverno nazionalista. Paese fondamentalmente ortodosso, con minoranze religiose statiscamente insignificanti. Un paese che promuove il bielorusso come lingua ufficiale, ma che ha come lingua più parlata il russo, tanto da doverla riconoscere sua malgrado seconda lingua ufficiale. Le minoranze polacche e ucraine sono tuttosommato contenute, quasi totalmente concentrate sui confini. Parliamo fondamentalmente di un paese già pronto sotto ogni punto di vista ad un'assimilazione totale con la federazione russa, persino più di molte regioni ucraine di cui si parla molto. Ciò nonostante, la fragilità dei suoi confini a livello morfologico ed etnico resta, e rimane un potenziale punto di permeabilità e debolezza. Il governo di Lukashenko negli anni ha provato ad affermare l'indipendenza Bielorussa da quella Russa nel modo più forte possibile, promuovendo la cultura, la lingua e le tradizione bielorusse su quelle russe, al punto da arrivare spesso anche allo scontro diplomatico con Putin stesso. Questa tensione la possiamo ravvisare anche dal poco entusiasmo della popolazione verso il conflitto ucraino, nonostante non manchino affatto le simpatie verso il popolo russo in generale. Le promesse di Lukashenko alla popolazione sul mancato intervento Bielorusso, per certi versi, già lo dimostrano. Così come il goffo tentativo del leader bielorusso di porsi come mediatore tra le parti nella prima fase del conflitto. Ce lo ricordiamo tutti, credo, l'immagine qui postata fece il giro del mondo pochi mesi fa. Insomma, anche la Bielorussia soffre delle endemiche incertezze dei paesi figli del 1991, come Ucraina e Janukovic sanno benissimo. Terra di passaggio per gasdotti, oleodotti e flussi migratori Limes lo mostra benissimo nella cartina riportata qui sopraPaese attraversatto da arterie di gasdotti e oleodotti collegati direttamente al cuore pulsante dell'industria europea. Non solo. La Bielorussia, sotto guida russa, sta sfruttando da tempo i flussi migratori come strumento lowcost di pressione e ricatto verso i paesi occidentali dell'area, specialmente sul confine polacco. Anche queste immagini, mesi fa, fecero il giro del mondo. Un paese in tensione costante con l'occidente. E' difficile capire se davvero la Bielorussia abbia desiderato fino in fondo il continuo degrado delle relazioni coi paesi occidentali, limitrofi o meno. E' sicuro che a Mosca questo isolamente dall'ovest piaccia molto, visti i timori costanti verso l'occidentalizzazione dei paesi ex-urss. Gli episodi che hanno spinto negli ultimi anni all'allontanemento dell'ovest a stento si contanto, ma possiamo senz'altro ricordare la crisi migratoria (già citata), le aspre e continue accuse di essere un regime totalitario da parte di istituzioni nazionali e sovranazionali, sanzioni economiche e la chiusura dello spazio aereo europeo ai vettori bielorussi, a seguito del dirottamento di un volo RyanAir lo scorso anno. Questo senza riconsiderare rivendicazioni storiche e tensioni secolari coi vicni Lituani e Polacchi, che non andrò ad approfondire. Un paese militarista e pesantemente armato Ben oltre le proprie intime esigenze di autodifesa. E' l'avamposto russo più a ovest d'Europae insieme a Kalinigrad. Altra caratteristica tipica dei paesi nati dall'URSS nel '91. Molti degli armamenti stanziati in Bielorussia alla fine della guerra fredda, lì sono rimasti. La Bielorussia, nonostante sia un paese demograficamente paragonabile alla Lombardia, ha un esercito con personale attivo superiore ai 100 mila uomini, un grande bacino di riservisti, la leva militare obbligatoria ancora vigente, centinaia di tank e mezzi corazzati di epoca sovietica, batterie di missili balistici, cannoni, caccia e chi più ne ha più ne metta. Niente che sia annoverabile come moderno, ma in Ucraina abbiamo rivisto in azioni molti armamenti (anche occidentali) degli anni '70 svolgere un ruolo di prima linea, ed in un conflitto dove le scorte di mezzi e munizioni potrebbero rivelarsi decisivi anche un'armata con la ruggine potrebbe stuzzicare gli appetiti di qualcuno. Come potrebbe fare comodo aprire alle spalle del nemico ucraino un nuovo fronte di quasi 900km, a due passi da Kiev stessa. Non solo. Il paese è anche avamposto russo, ospitando sul suo stesso territorio innumerevoli basi russe, anche di enorme importanza. Ricordiamoci che è dalla Bielorussia che la Federazione Russa comunica coi suoi sommergibili nucleari nel balitco, è da lì che monitora lo spazio aereo della Nato nella regione, ed è da lì che partirebbe lo sfondamento per aprirsi una strada verso Kaliningrado (a nord) e a Kievi (a sud). Nonostante la popolazione abbia mostrato malumori evidenti all'idea di un intervento diretto nel conflitto, con tanto di manifestazioni pubbliche in tal senso, non è detto che le pressioni russe non abbiano la meglio ad un certo punto. Le esercitazioni continue coi russi, gli attacchi russi che partono direttamente dal territorio russo così come la catena logistica russa che si snoda attraverso le infrastrutture bielorusse rischiano di esporre la bielorussa stessa ad attacchi ucraini nell'immediato futuro, in modo più consistente e voluto di quanto pare sia già sporadicamente accaduto fin'ora. Queste in sostanza (in versione estremamente contratta) le ragioni che espongono a mio parere la Bielorussia ad un coinvolgimento diretto nel conflitto, probabilmente contro la volontà della propria governance. Governance nazionalista e antiliberale quanto si vuole, ma sicuramente consapevole di giocarsi la sopravvivenza stessa dello stato oltre che del proprio governo, in un gioco delle nazioni decisamente più grande della Bielorussia stessa. P.s. per comodità la parte 2 sulla Polonia la posterò con altro messaggio, più tardi.
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Dopo giorni dall'inizio della controffensiva, il silenzio ucraino e russo ha di fatto privato di informazioni i principali media occidentali. Difficile capire come stia evolvendo questa offensiva. Ad oggi la situazione dovrebbe essere circa questa.
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Gli ucraini stanno provando a sfondare nell'area di Kherson. E' la prima grande offensiva meccanizzata da parte ucraina in questo conflitto, che fino ad ora si era limitata ad azioni sporadiche al limite della guerriglia. Difficile stimare reali obiettivi tattici (Riconquista? Alleggerimento? Assalto disperato?), reali possibilità di riuscita e portata dell'attacco. Nella notte i bombardamenti sono stati molto pesanti.
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Non sono un esperto di Bielorussia, tutt'altro. Ma per capire le dinamiche delle politiche di Minsk bisogna sempre considerare la natura del rapporto tra Lukashenko e Putin. Lukashenko non è un amico di Putin, è piuttosto un sottomesso, sotto perenne ricatto. Un burattino, potremmo dire. Fintanto che la Bielorussia manterrà la sua amicizia con Mosca Putin difenderà Lukashenko chiedendo in cambio pieno allineamento. In questo momento, però, gli interessi di Minsk e di Mosca mi sembrano diamentralmente opposti. Non è detto però che non siano le azioni russe a far entrare controvoglia la Bielorussia nel conflitto. Spero e credo non succederà, ma il timore c'è.
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L'intervento bielorusso nel conflitto, evidentemente spinto da Putin, è lo scenario di allargamento del conflitto ad oggi più probabile e che temo da tempo. Molto più dei chiacchieratissimi scenari apocalittici che vedono le repubbliche baltiche in scontro diretto con Mosca. La Bielorussia nel conflitto darebbe tutt'altra dimensione alla vicenda Ucraina. Sdoganerebbe il tabù dell'intervento diretto di uno stato terzo, con uomini e truppe, sul territorio ucraino. Farebbe cadere definitivamente la maschera dell'"operazione speciale", anche dal lato orientale del mondo. Costringerebbe un paese poverissimo come quello bielorusso ad un conflitto frontale con un paese col quale condivide un confine terrestre rilevante, esponendolo a ritorsioni dirette sul suo territorio. Verrebbe insomma messa in discussione l'esistenza dello stato bielorusso stesso. Consentirbbe un pretesto formidabile a paesi interventisti facenti parte del blocco occidentale, i quali potrebbero agire su propria iniziativa anche senza il mandato ONU o NATO.
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Salvo sorprese lo scenario pare questo. Oramai entrambe le parti puntano ad una guerra di logoramento, sperando di costringere alla resa l'altro prima di finire le energie. I russi scavano i fondi di magazzino, gli ucriani svuotano quelli della Nato. I russi ci tagliano gli idrocarburi, noi li "embarghiamo". Difficile fare stime su chi finirà per primo le forze. Molto dipenderà dalla volontà e dall'impegno ecnomico e militare dei paesi coinvolti indirettamente nel conflitto. Penso non sia necessario citare quali.
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Ecco, questi sì che sono missili balistici...
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Lanciatori MLRS come l'M270 e HIMARS non sono armi di taglio strategico, comunque. (Nella prima immagine M270, cingolato con 12 salve di razzi, ed il suo derivato ruotato HIMARS, con 6 razzi) Parliamo di artiglierie lanciarazzi, più che lanciamissili, già ampiamente diffuse nel teatro ucraino negli equivalenti russi. Capisco che scriviere "lanciamissili a lungo raggio" faccia molto crisi missilistica Cubana, ma parliamo di cose molto diverse. Dubito che la loro presenza sul campo implichi un'escaletion, essendo già stati inviati in massa sistemi come M109L, Ceasar e similari. In ambito tecnico, così come in quello comunicativo, le parole sono estremamente importanti. Nel caso specifico parliamo di batterie di artiglieria, non parliamo di missili balistici. In questo conflitto di razzi del genere ne sono stati sparati già a centinaia, se non a migliaia, soprattutto dai russi. Poi, che gli USA abbiano fornito tali armamenti ponendo la condizione di non utilizzarli sul territorio russo, è plausibile. E oserei dire, persino auspicabile.
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Ciao caro, Perdonami se ti quoto parzialmente, non voglio rendere i tuoi post uno spezzatino, ma è per confrontarci in modo chiaro punto su punto. E' corretto fare dei distinugo, hai fatto bene, ed hai ragione. Diciamo che gli aiuti furono fondamentali per mantenere in un assetto funzionale quel che c'era, più la solita inondazione di manpads, unico vero assetto tattico di valenza quasi strategica. Ma vediamola così, fino a quel momento non si erano visti aiuti così eclatanti, non rispetto al solito. Niente di diverso da quanto fatto molte volte dagli stessi russi in altri teatri, con inondazioni di Ak47, Rpg e munzioni. Fondamentali per mantenere un esercito capace di combattere per settimane, ma non sufficienti a rovesciare l'esito di un conflitto in pochi mesi. Però erano aiuti che potevamo dare come minimo per scontati, ed anche se i russi si sono dimostrati sorpresi, sono convinto che se li aspettassero fin dal principio. Ora gli aiuti hanno assunto un tenore ben diverso, da parte di tutti e non solo da parte anglosassone. Carri armati, howitzer, sistemi radar, etc. etc. E non si parla più, soltanto, di avanzi di magazzino/garage. Questo aspetto sì, è nuovo, senza precedenti negli ultimi decenni, e questo penso sia credibile pensare che i russi non se lo aspettassero. Pineamente d'accordo. Per "rinforzato" intendo un governo che, da un regime civile si trasforma in marziale. Perché quello che doveva essere un accerchiamento utile a sbriciolare il governo, a mettere pressione sulla capitale e a porsi in una posizione di estremo vantaggio in fase di trattative, era probabilmente un bluff. Le forze ucraine, forse complice l'intelligence atlantica, lo hanno ben inteso, ed hanno respinto le forze di accerchiamento senza nemmeno troppa fatica. Bluff che non solo è stato scoperto, ma che ha consentito al governo ucraino di ottenere quella forza quasi autocratica che le serviva, legittimandosi agli occhi del mondo e del suo popolo. E' un errore che è costato tante, tante vite. Mi sono fatto un'idea, ma la tua è una domanda ben posta. Io credo che i rifornimenti arrivino trasportati da occidentali in modo esplicito, e sospetto anzi, che comunichino i trasporti agli stessi russi. Fossi polacco, per intenderci, manderei proprio un telegramma a Mosca ad ogni camion in partenza. Con tanto di targa del mezzo, descrizione, tragitto ed orari pianificati. Della serie: non puoi colpirmi scambiandomi per un mezzo ucraino. Se colpisci con un missile un camion polacco, che si muove su un territorio internazionalmente riconosciuto col consenso del governo vigente altrettanto conosciuto, di fatto mi dichiari guerra. Se invece bombardi il magazzino ucraino dove finiranno queste armi la cosa si fa diversa. Allo stesso modo, sulle stesse reti si muovono inoltre gli aiuti umanitari, medici, i profughi e le rappresentazioni dipolomatiche. Insomma, credo che siano letteralmente intoccabili. Crimea e Donbass, verosimilmente, non saranno mai più ucraine. In questo senso no, non bastano gli aiuti, nemmeno quelli attualmente elargiti con enorme generosità. Ma potrebbero consentire all'Ucraina di arrestare quella che, nella seconda fase, pare un'avanzata potenzialmente senza limiti di sviluppo, come dici tu. Anch'io in questo topic ipotizzai un'area "rossa" potenzialmente credibile per l'invasione russa. Feci una cartina strampalata con Paint, colorata in rosso, definendo le aree potenzialmente interessanti. Di fatto seguiva il fiume Dniepr e prevedeva l'unificazione del Donbass e della Transnistria a mezzo di una mezzaluna costiera, collegando a queste anche la Crimea. Mettiamo che arrivino in Transnistria, che occupino le coste, l'est. Uno scenario catastrofico, ma ormai verosimile. Militarmente non manca molto a rendere questo obiettivi assai fattibile. Esattamente come da te detto, anche dinanzi ad una vittoria del genere, dubito si fermerebbero a quel punto. Con buona pace degli Orsiniani che garantivano che dopo il Donbass si sarebbero fermati... Per questo gli unici strumenti validi a fermare questa invasione sono i rifornimenti militari da una parte, e le sanzioni. Cose che costeranno molto anche a noi, senza dubbio alcuno. Ma non rimane molto altro da fare, e non è affatto detto che non funzioni. Le capacità di resistenza dell'avanzata russa le conoscono solo i russi. Potrebbero resistere a questi ritmi per mesi, o magari collasseranno settimana prossima. Questo, senza alcun dubbio, ahinoi. Il coinvolgimento della Moldavia potrebbe essere il primo vero evento scatenante di un allargamento del conflitto. Anche questo era ampiamente prevedibile dal principio. Sarà anche molto difficilmente difendibile quella porzione di paese, e lì veramente si giocherebbe col fuoco. Se arriveremo vicini all'estensione del conflitto, potremmo veder entrare in scena le prime operazioni militari su iniziativa occidentale. Dato che in Moldavia scoppierebbe una guerra civile... Come minimo mi aspetterei i caschi blu. Un occhio di riguardo lo dedicherei anche a quanto potrà accadere in Serbia, se si dovessero sentire protetti nel perseguire i propri interessi con la Bosnia. Il capitolo secondo del conflitto degli anni '90 è in fase di preparazione da vent'anni. La mancata realizzazione dell'arsenale nucleare comune europeo fu un'enorme occasione persa. Il documentario mi è piaciuto, ha aggiunto diverse informazioni e disarrugginito molte altre Potremmo riassumerla così. Noi l'avremmo voluta, ma i nostri alleati ci hanno sempre preferito senza.
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Essì, viviamo in una posizione privilegiata da sempre, ma questo aspetto è anche una maledizione. Fossimo una potenza sarebbe un plus, perché potremmo trasformare in un vantaggio competitivo la nostra posizione. Essendo invece storicamente fragili, siamo mira di interessi e meccanismi più grandi di noi, rendendoci difficile lo smarcamento dai contrasti e dai conflitti d'interesse del continente. Quel che succede a Roma, interesserà sempre a tutti. A Berlino, a Parigi, a Londra. Ma anche a Washington, a Mosca, a Pechino. E persino a Gerusalemme, a Teheran, ad Ankara, a Tripoli, etc. A volte verrebbe da pensare che per noi, guardando la storia, la nostra posizione sia stata più una condanna che una risorsa, nel complesso. No, ma questo senz'altro. Se ne dibatterà per anni di questi temi, ma a sensazione secondo me nella prima parte del conflitto gli aiuti militari hanno svolto una differenza relativamente modesta. Gli aiuti hanno fatto un'enorme differenza, invece, dalla 3°/4° settimana in poi (secondo me). L'ho letto, il tuo pensiero, per questo spendo volentieri tempo nel discuterne con te! Io ad oggi questo conflitto lo divido in due fasi, e siamo vicini alla terza fase, di difficile lettura al momento. 1° fase - difesa a oltranza ucraina, blitzkrieg russa (reistenza vs operazione speciale) Obiettivo ucraino: Tenere in vita lo stato e le reti con l'ovest. Fattore fondamentale: guadagnare tempo. Qui gli aiuti militari in Ucraina già cominciavano ad arrivare, ma per la maggior parte essi erano costituiti da materiale di dubbia qualità e di scarso impatto strategico (in sintesi, materiale di base come munizioni, viveri, giubbotti, elmetti, qualche mitra, qualche granata, poco più). Spesso materiale preso dalle riserve degli eserciti occidentali, roba del dopoguerra, sicuramente con almeno 30 anni sul groppone. Quanto bastava per riaccendere i motori alla macchina bellica ucraina, che fino ad una manciata di anni fa avremmo definito in molti "ingolfata". Fondamentale qui il lavoro diplomatico e mediatico, impressionante per efficacia, volume e risonanza. Obiettivo russo: Isolare l'Ucraina dall'Ovest. Fattore fondamentale: la velocità. Per ottenere questi risultati era fondamentale accerchiare Kiev (rendere impossibile la fuga ai leader ucraini, col tempo far rovesciare il governo e sfruttare l'imminente presa della città come importante moneta di scambio sui tavoli diplomatici), coinvolgere il più possibile la Bielorussia (per impedire che lei stessa si trasformasse in una via di fuga per gli ucraini), tagliare le principali arterie terrestri di comunicazione con l'ovest, proteggere quelle con l'est, ottenere l'appoggio della popolazione dell'est per garantire maggiore velocità nell'invasione, porre un blocco navale sulle coste ucraine, stabilire una no-fly-zone, occupare tutti i principali aeroporti del paese, distruggere la difesa aerea ucraina ed occupare le centrali energetiche. Fondamentale sarebbe stata la velocità. Per questo a mio modo di vedere si è ricorso alla presa tramite eliassalto degli aeroporti, si è avanzato velocemente in tutte le direzioni senza tentare gli assalti alle città, evitando inizialmente la guerriglia casa per casa. Questa prima fase del conflitto, conclusasi col ritiro da Kiev e dal nord del paese, si è conclusa con un completo fiasco russo, ed una vittoria strategica piena per gli ucraini. Perché? Perché l governo di Kiev non solo non è scappato dal paese, ma non è nemmeno caduto, ed anzi, si è rinforzato. Perché la popolazione dell'est, eccezion fatta per la Crimea già occupata, è stata meno collaborativa del previsto (poca resistenza, ma anche poso supporto). Perché gli approvvigionamenti, soprattutto via terra, hanno continuato ininterrottamente ad arrivare in Ucraina da ovest, aumentando anzi notevolmente di volume e portata (da qualche munizione si è passati a missili di ultima generazione). Perché le sanzioni occidentali, ed il supporto dell'intelligence, ha reso molto costoso ottenere risultati apprezzabili sul campo, rendendo decisamente più lenta del previsto l'avanzata russa. Perché le linee di approvvigionamento russe, avendo fallito la difesa delle infrastrutture conquistate su territorio ucraino, ed avendo persino subito perdite sul mare, si sono rivelate molto più fragili e dal braccio corto di quanto ci si aspettasse, comportando una carestia di rifornimenti che ha letteralmente lasciato a secco centinaia di unità, specialmente quelle più avanzate. Perché gli eliassalti alle strutture strategiche, pur avendo funzionanto in un primo momento, si sono dimostrati inutili non avendo poi ricevuto per tempo rinforzi, rendendo vana ogni conquista dietro le linee nemiche. Perché le perdite russe, nel complesso, sono state importanti e pure d'impatto (vedasi le perdite della marina russa, impensabili ad inizio conflitto). Da qui, la seconda fase. La Russia è messa spalle al muro dalla comunità internazionale, soffre economicamente e politicamente la situazione. Ha bisogno di vittorie significative. L'Ucraina ha tenuto botta, ma le perdite sono numerose oltre che insostenibili, serve un aiuto diretto dell'occidente per ribaltare le sorti del conflitto. I negoziati servono alla riorganizzazione delle parti, oltre che come cassa di risonanza e strumento propagandistico di entrambe le parti. Enrtambi rivendicano gli sforzi di pace ed accusano di sordità la contrparte. 2° fase - guerra aperta (riconquista e occidentalizzazione vs annessione e assimilazione) Obiettivo ucraino: Liberazione ed occidentalizzazione. Fattore fondamentale: coinvolgimento dell'ovest Liberare le campagne, le periferie, i villaggi, le centrali, gli aeroporti, le ferrovie del nord e dell'ovest. Mantenere in vita le aerterie di comunicazione con l'ovest, coinvolgere sempre di più la Nato nel conflitto, esponendoli a livello dipolmatico, religioso, tecnico, finanziario. Nel contempo massimizzare gli sforzi militari nel prendere ulteriore tempo, confidando nelle sanzioni occidentali sempre più severe, nella russofobia dell'est e nelle vittorie ottenute nella prima fase. Mettere, in sostanza, i russi nelle condizioni di non poter sostenere il conflitto, obbligandoli a rimettersi dinanzi ad un tavolo da una posizione di difficoltà. Crimea sicuramente sacrificabile, Donbass russo da ridurre ai minimi termini. Fondamentale proteggere ad ogni costo le grandi città portuali del paese, Mariupol ed Odessa devono rimanere parte integrante del territorio ucraino. Obiettivo russo: stanare la resistenza ucraina, preparare l'annessione dell'est. Fattore fondamentale: resistere alle pressioni estere. Rimuovendo le premure fin lì riservate ai civili, che non si sono dimostrati collaborativi quanto sperato, la presa delle città diventa imperativo strategico. Il nord non è più interessante, segue la ritirata. Lo diventa molto di più la stabilizzazione dell'est del paese, che va annesso ed assimilato e quindi "denazificato", in ottica di adesione alla federazione, come fatto con la Crimea. Vanno quindi estirpate con ogni mezzo tutte le potenziali minaccie su quei territori, passando dall'eliminazione fisica della resistenza e dei dissidenti. Vanno occupate le principali città marittime del paese, a costo di affrontare un conflitto casa per casa, con migliaia di morti civili. Vanno messe in sicurezza le coste, per isolare marittimamente l'Ucraina e per garantire i rifornimenti navali russi, messi in discussione dagli attacchi costiere alla flotta. Utile risorsa per l'ottenimento dell'obiettivo: il coinvolgimento della Transnistria nel conflitto. Mariupol ed Odessa diventano, nell'ottica russa, un obiettivo di annichilimento e sottomissione imprescindibile. La comunità internazionale va tenuta a bada con ogni mezzo, minaccia (verbale) nucleare inclusa, fino al raggiungimento di tali obiettivi. In questa fase più pragmatica, secondo me vicina alla conclusione, la Russia si trova sul campo in una situazione di apparente vantaggio. L'Ucraina incassa il successo, c'è da dirlo, nella liberazione definitiva di Kiev, tanto da permettersi il lusso di riattivare i voli diplomatici dai paesi occidentali alla capitale. Il conflitto si è fondamentalmente spostato geograficamente e si è tramutato in un conflitto più convenzionale, diretto, meno ardito ma più sanguinoso. Nessuno crede più in una soluzione rapida, né a Est né a Ovest, ed ormai nessuno crede più nella futura integrità del paese, come ammesso dallo stesso Zelensky. L'Ucraina comincia ad incassare i primi no da ovest, riguado a sanzioni e coinvolgimento, mentre la Russia comincia a soffrire il prolungamento della situazione e la completa degenerazione dei rapporti coi paesi occidentali. Credo di sì, l'iter dovrebbe essere quello, ma non ne sono pienamente sicuro. E' comunque complicato pensare di incassare l'unanimità in un momento come questo. Questo stasera me lo guardo proprio volentieri, ti ringrazio
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Unilaterale sicuramente no, ma è sicuramente stato di interesse anche per molti paesi europei (praticamente tutti, eccetto la Francia). Tant'è che paesi come Polonia e Repubbliche Baltiche ne chiedono ancora ed ancora. E' uno scudo comodo, che permette di risparmiare risorse enormi, di divincolarsi politicamente dalle spese militari e di rendersi ancora più inattaccabili. Poi è chiaro, se gli Stati Uniti ce li lasciano, hanno i loro interessi, ma la cosa fin qui è stata di reciproco interesse. E' stato drammaticamente sottovalutata la volontà di resistere dell'Ucraina, decisiva soprattutto nelle fasi iniziali, quando si è stati ad un passo dalla caduta di Kiev. Questa ha spinto gli alleati a sostenerla, perché in molti hanno cominciato a credere seriamente che l'invasione fosse contenibile. Da lì, la storia delle ultime settimane. Con Putin che, gonfiando il petto, non sa più come cercare di frenare gli aiuti occidentali e le sanzioni, con Zelensky che in occidente è in lista per la beatificazione, con tutti i paesi occidentali che si sono schierati a favore di Kiev tanto da mettere sul tavolo l'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Putin sta perdendo su tutta la linea, ad oggi, a livello politico-finanziario-militare. Ma il disastro è partito dal militare, col fallimento del primo assalto, e quello è per il 90% merito esclusivo ucraino. Ora sì, la differenza la stanno facendo gli aiuti Nato, ma nelle prime fasi è corretto registrare una resistenza ucraina impressionante per veemenza ed efficacia. Grande rimpianto, per entrambi i fallimenti. Credo che oramai sia comunque troppo tardi davvero.
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E questo dimostra, essendo necessaria l'unanimità dei membri Nato per ratificare un nuovo ingresso, quanto sia stato strumentalizzato l'ipotetico imminente ingresso dell'Ucraina nell'alleanza. Ingresso che non solo non era imminente, ma che nemmeno era un dossier sui tavoli occidentali al momento dell'invasione.
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Un Norvegese che parla contro gli interessi del suo stesso popolo, prossimo uscente dalla presidenza, dovrebbe quantomeno chiedere l'opinione dei paesi membri della Nato prima di parlare in nome loro e compromettere il negoziato.
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La mia infatti non è tanto una previsione, ma un auspicio... Plausibile, ma tutt'altro che certo, gli scenari aperti sono molti per l'UE ed i suoi paesi membri. Sono cambiate più cose negli ultimi 5 anni, in Europa, di quante non ne siano cambiate nei 20 precedenti. Di sicuro attraversiamo un periodo di transizione violento, a tratti imprevedibile, e questo spaventa. In momenti così c'è solo da augurarsi, a mio modesto avviso, che le grandi potenze non finiscano per essere guidate da machisti alla Putin, ma piuttosto da pragmatici alla Merkel-Macron-Draghi. Se la leadership europea resterà in mano a profili simili, ci sono buone speranza di vedere l'Europa evolversi, altrimenti preverranno pesantemente gli interessi nazionali, al punto da concludere l'esperienza UE col tempo. Che la Nato spinga, ci credo, e ha una grossa influenza. Ma i paesi europei, quando il tema è davvero grosso e compromette seriamente l'interesse nazionale, sanno anche rispondere picche. Tant'è che la Francia è persino uscita, per motivi simili, dalla Nato (per rientrarci). Tant'è che la Germania s'è rifiutata più volte di farsi coinvolgere nelle missioni militari americane, e ha stretto legami e progetti con l'oriente a costo di sanzioni sulla sua manifattura. Io, quei due che fanno una terza guerra mondiale per interesse americano, non ce li vedo. Su di noi qualche dubbio in più è legittimo averlo, ma anche noi storicamente abbiamo sempre agito di testa nostra nel momento della verità, a prescindere da trattati e consolidati rapporti di amicizia... La vediamo diversamente, diciamo, ma non tanto perché l'uno ha torto e l'altro ha ragione. Sono tutti scenari plausibili, che possono diventare probabili o improbabili al primo alito di vento. Viviamo un tempo estremamente instabile, capace di ribaltare equilibri storici nel giro di poche ore. Io confido che, tolti Putin e Biden, il resto del mondo, Cina inclusa, il pulsante rosso non lo pigerebbe mai, se non davanti ad una bomba atomica esplosa sul suo territorio. Questo porterà ad una trasformazione del mondo che conosciamo, probabilmente ad una o più guerre oltre a questa. Ma l'Italia in guerra, credo e spero di no (e qui speriamo entrambi abbia ragione io!). Certo, sentendo le parole di Putin in diretta poco fa, brutti pensieri vengono spontanei a chiunque.
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Quante scuse, non è necessario Anche io rispondo con ore di ritardo e mi ripeto spesso. L'Europa oggi non è unita, senz'altro, ma non vedo impossibile l'accordo tra le tre più grandi economie del gruppo, questo no. Questo è lo spiraglio, per me. I veri euro-entusiasti potrebbero accordarsi per costruire un'alleanza a sé stante, indipendentemente dall'UE e dai suoi organi. Il trattato di Aquisgrana potrebbe essere visto anche come una dichiarazione d'intenti proprio in questa direzione. Tranne qualche dossier "minore", Francia Germania e Italia hanno di fronte sfide simili nell'immediato futuro, con competitor e potenziali nemici sovrapponibili. Sul resto, tipo le differenze di vedute sul nord africa lo si può anche trovare volendo. Chiaro che le esigenze dei paesi scandinavi e dell'est europa siano molto diverse dalle nostre, invece, e difficilmente colmabili. Idem dicasi dei paesi neutralisti, come Finlandia e Austria, o dei paesi che ammiccano fortemente a est, come l'Ungheria. Proprio per questo è necessario superare lo strumento del veto. Francia Germania Italia, in un ipotetico asse, potrebbero sfruttare l'UE con voto di maggioranza per legare a sé sempre di più le economie dei paesi perimetrali, garantendo loro libertà in termini di politica interna. L'esigenza vera è potersi muovere senza dover chiedere il permesso a tali paesi, e sono convinto che una soluzione verrà trovata prima o poi. Non credo nell'evoluzione diretta dell'UE in USE, questo no. Ma penso che l'UE sarà uno strumento utile che creerà le basi per la creazione di un'alleanza sempre più stretta tra i principali paesi membri, i quali potrebbero formare letteralmente un UE nell'UE. Una specie di UE VIP, che di fatto costituirebbe un blocco economico-demografico-politico-culturale enorme, con un rapporto di forza con gli altri paesi membri simile a quello inglese sul vecchio commonwealth. Questo, nelle decadi, è possibile e secondo me nemmeno così improbabile. Fondamentale però è che noi si resti aggrappati a questa triade, e non si venga declassati a Polonia/Spagna della situazione. Secondo me molti degli sforzi di Draghi, in termini di parole spese in politica estera, servono anche a questo. Il posto vacante lasciato dall'UK deve essere nostro. Sul conflitto, resto maggiormente "ottimista". Non escludo possa allargarsi oltre l'Ucraina, ma escludo che noi ci si faccia incastrare oltre una certa misura. L'articolo 5 è molto più interpretabile di quanto non si voglia raccontare, e secondo me la stessa Nato non vuole metterlo alla prova. Anche perché la carta conta, sì, ma nessuno scende controvoglia in guerra contro una potenza nucleare perché suggerito da un trattato firmato decadi fa. Confido che questa cosa sia ben tenuta in considerazione da Biden e Jhonson, ma anche da Putin. Per questo deve passare forte un messaggio, da parte nostra (e non solo). Ok il sostegno all'Ucraina, ok agli strumenti difensivi, ok alla condanna forte delle azioni russe, ok alle sanzioni. Ma la terza guerra mondiale anche no. Secondo me le parole di Macron, Scholz e Draghi vanno lette anche in questo senso. Non a caso sono estremamente diverse da quelle spese da Jhonson o da altri leader di paesi russofobi. Se avverrà un'invasione reale, o un attacco missilistico di grande scala su un paese UE o Nato, la cosa potrebbe cambiare. Ma fino a che saranno coinvolte Moldavia e Ucraina, persino se usassero armi chimiche, non credo. Magari per UK e USA sarà diverso, ma non per noi. Ovviamente è un'opinione la mia, oltre che un auspicio.
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Dobbiamo sperare di mantenere dirigenze euroentusiaste e di avere, al prossimo giro, un presidente americano altrettanto euroentusiasta. Purtroppo la combo Trump-Biden, col primo che incentivava gli indipendentismi ed il secondo che vive ancora nella guerra fredda, non aiutano. Non aiuta manco Putin, che finanzia (non a caso) tutti i movimenti nazionalisti europei, vedasi Salvini e Le Pen. Io lavoro nell'industria e mi informo di difesa, di macroeconomia so poco. Ma basta vedere come funziona l'industria in Italia e sapere qualcosa di investimenti nella difesa per farsi due facili conti. Basterebbe a capire in fretta che, se la politica assecondasse quella che già è un'interconnessione spontanea, si avrebbero notevoli benefici per tutti. Restando alla difesa con un budget del 1.5/2% di quelle tre economie, si costituirebbe facilmente la forza armata migliore al mondo dopo quella americana. Parleremmo di un budget di almeno 150 miliardi annui, cioé una volta e mezza il budget cinese e quasi tre volte quello russo. Nettamente superiore a quella cinese e a quella russa, con conoscienze in ogni settore e quasi completa autonomia produttiva e tecnologica, persino in ambito nucleare. Quanto basta per sentirci seriamente al sicuro, autonomi, sereni, vivendo in uno stato ricco di risorse, opportunità, libertà civili. Figuriamoci se aderissero altre realtà come Benelux, Cecoslovacchia, etc. Non la vedo una cosa impossibile, nel lungo-lunghissimo termine.
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Dobbiamo pensare in termini temporali lunghi, ovviamente, se pensiamo ad una trasformazione della struttura politica europea. Non è detto che vedremo mai un tale progetto prendere piede seriamente, se accadrà temo saremo già piuttosto anzianetti... Ma è una trasformazione graduale che è destinata ad avvenire, anche se in maniera decisamente più moderata dai sogni utopici stile USE. Ne parlavamo settimane fa, proprio in questo topic, io e garrison. Quel che si può però obiettivamente sperare di ottenere è una specie di NATO nella NATO, se parliamo in termini di difesa, o di Commonwealth se parliamo in termini economici. La condivisione di un'organizzazione securitaria, di intelligence (in fase di costruzione), di strutture e di logistica (ad oggi sotto guida Nato), di progettazione e di produzione (ad oggi incoraggiata ma lasciata ai privati) di transito di merci e persone (già in essere), di moneta (già in essere), di titoli di stato e di deficit (in discussione), di banca centrale (già presente), etc. E' impensabile convincere ognuno dei 27 paesi, ad ogni passo. Da sole Francia, Germania e Italia potrebbero lanciare questo progetto di integrazione, senza necessariamente attendere il benestare di paesi come Ungheria ed Austria. Questi tre paesi, insieme, sarebbero la terza economia del mondo per distacco, con un pil da 9k miliardi si metterebbero in coda solo a USA e Cina. Questo mega-stato avrebbe più abitanti della Russia, e sarebbe secondo solo a Stati Uniti, Cina, India e Indonesia, giocandosela con Brasile e Pakistan. Avremmo già una lingua di partenza comune (l'inglese), confini abbondanti, e ci proporremmo come terza potenza mondiale assoluta. Ognuno mantenendo la propria lingua, la propria struttura statale, la propria bandiera. Finalmente ci sarebbe una base sufficiente a garantire una stabilità ed una rilevanza mondiale, tale da non consentire agli attuali attori della scena mondiale di muoversi impunemente senza considerare le nostre obiezioni. E' chiaro che si parla di decenni, e parliamo di un sogno. Ma se ne parla da troppo tempo ormai, e a differenza di molti anni fa, i giovani di oggi (diciamo dall'85/90 in giù) ed i leader di oggi già sarebbero favorevoli ad una federazione. Quando una cosa diventa universalmente auspicata, col tempo, facile che poi ci si muova in quella direzione davvero. Anche perché il mondo si muove in una direzione ben precisa e molto turbolenta, e nessuno degli stati europei è in grado da solo di reggere il peso delle aspettative e delle sfide in arrivo dietro l'orizzionte... Per questo spero (e credo) che non osino mai fare una * del genere.
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Ecco, questa sì che sarebbe una pessima idea per i russi. Anche se si riuscisse a mantenere il conflitto sul livello convenzionale sarebbe sconfitta certa per loro. Se c'è uno scenario, tra tutti, in cui la Nato è preparata da decenni a rispondere in modo rapido, veloce e tremendo è proprio l'invasione della Scandinavia.
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Non ce la faccio a considerare Putin un moderato, ma capisco il senso del tuo messaggio e condivido le preoccupazioni. Per me è fondamentale superare la fase putiniana della Russia in modo indolore, perché (magari sbaglio) la Russia fra un paio di decenni dovrà per forza avvicinarsi ad ovest, e non parlo di espansione territoriale ovviamente. Il gas russo finirà, l'importanza di controllare qualche km in più anche, mentre l'amicizia col dragone sarà sempre più scomoda ed invadente. Le vere minacce all'integrità russa, nel lungo periodo, non vengono certo da repubbliche baltiche o dai governi ucraini, lo sanno benissimo anche loro. La vera conquista che l'occidente può sperare di ottenere, in futuro, è una placida relazione tra Russia e Nato, in contrasto moderato del modello pericoloso e distruttivo proposto dal vero futuro nemico comune. Ma non vedo visione né coraggio, né da parte di Putin né da parte americana, leadership settantenni che guardano al mondo come se fossimo ancora nel dopoguerra, periodo che non a caso non perdono occasione di citare come esempio di status quo funzionale. Per quanto non lo si possa definire un fine stratega, l'unico leader che provò a cucire questo legame fu Bush. Sono da sempre un Europeista convinto, e per Europeista intendo proprio gli Stati Uniti d'Europa. Ma mi rendo conto si tratterebbe di un'utopia, mi accontenterei però di una sorta di Commonwealth in salsa europea continentale. Draghi ha manifestato chiaramente l'esigenza di un'Europa unita e coesa in termini di debito, difesa, energia e politica estera. Una federazione, in sostanza. Fosse per i cittadini europei, quantomeno quelli occidentali, sarebbe più che fattibile. La lingua comune, vero ostacolo del dopoguerra, non è più un problema. La religione comune ormai non è più una componente necessaria per la formazione di una nazione europea, dato che i praticanti in Europa occidentale si contano sulle dita di una mano. Le sfide e le necessità delle cittadinanze, invece, si somigliano molto. Lavoro, disoccupazione, debito, crescita, stabilità, benessere, diritti civili. Questo vuole la gente, e un USE non farebbe altro che aiutare l'ottenimento di tali obiettivi. Ma da quello che mi dicono amici ben più esperti di me, il primo vero passo sarà passare dal voto con veto attualmente in vigore al voto per maggioranza. Se non sarà più possibile porre veti il progetto europeo subirà un'accelerata esponenziale nei prossimi anni, anche perché i leader dei principali paesi europei sono sostanzialmente a favore del progetto, pur con dei distinguo non da poco. Per conto mio, lo spero, ma ci credo poco. Essendo da cellulare, ed in giornate un po' problematiche, tra trasferte estere e lavoro, mi scuso se non ti linko un articolo con l'estratto delle parole di Draghi, ma da telefono mi viene complicato. Sono convinto sia facile reperirle con Google, in ogni caso Molto interessanti.
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Talvolta, opinione personale, si sopravvaluta la capacità dei media di influenzare l'opinione pubblica. Gli italiani la guerra non la vogliono e non la vorranno fare, nemmeno se venissero bombardati mediaticamente per anni. Lo stesso lo si potrebbe dire di molti altri popoli europei, tra i quali i tedeschi. Detto questo, nemmeno i media vogliono la guerra, ne sono convinto. Soffiano sulla brace, questo sì, ma lo scoppio di un conflitto allargato non conviene a nessuno. Se si vorrà davvero andare fino in fondo, l'opinione pubblica verrà ribaltata con gli espedienti più classici, vedasi false flags. Lì sì, ci sarebbe da aver fifa. Per quanto riguarda i politici, a volte ci si dimentica che occupano un ruolo istituzionale, e che non possono mettere in discussione le fondamenta del sistema che sono chiamati a servire. Se voglio fare il presidente (o il cancelliere) di una potenza Nato membro fondatore dell'UE, l'idea di mettere in discussione o scavalcare tali strutture la devo valutare per bene. Perché è naturale che in tal caso mi si scagli contro mezzo mondo. Scholz fin qui si sta facendo schiaffeggiare mica male, sia da est che da ovest... non tutti sono la sottovalutatissima Merkel. Comunque ho trovato estremamente interessanti le parole di Mario Draghi Non mi trovi d'accordo nella sostanza, pur trovando plausibile quanto da te descritto. Parliamo di proiezioni, di opinioni, è bello e legittimo avere percezioni differenti. La sconfitta i russi non la ammetteranno mai, concordo, ma la Russia è un impero con strutture, sistemi e mentalità da impero. Putin potrebbe rivendicare come vittoria qualcosa che non lo è, per esempio limitandosi dopo 3 mesi di guerra e 20k morti ad annettere il Donbass. L'opinione pubblica, a mio modesto avviso, potrebbe persino essere l'ultimo dei problemi. La propaganda, l'assenza di informazione libera e l'idealismo di cui è stato travestito questo intervento militare potrebbero persino reggere (sottolineo il condizionale). La voglia di pace del popolo ed il rifiuto dell'umiliazione, vedasi rifiuto collettivo americano della presa di coscienza delle sconfitte in Vietnam e A-stan, potrebbero fare il resto. Quel che è certo, invece, è che Putin stesso, l'oligarchia russa, la Duma, le forze armate e tutte le struttre statali-parastatali e lobbistiche russe saprebbero perfettamente che sconfitta trattasi, a livello tattico ma soprattutto strategico. Specialmete di fronte ad un mondo che, dichiarazioni di facciata a parte, sarebbe altrettanto consapevole dell'umiliazione subita. Ne uscirebbe una Russia isolata, irrimediabilmente dipendente dalla Cina (vero nemico del futuro per la Russia, sparate a parte), impoverita, detronizzata, indebolita. Questo sì, sarebbe insostenibile. Putin, che si è costruito a tutti gli effetti lo stato intorno a sé, sarebbe messo inevitabilmente messo in discussione. Ma un dittatore non è un presidente, abdicato il dittatore abdica anche la dittatura, o quantomeno si trasforma, non c'è praticamente mai continuità direttai. Un colpo di stato militare, una rivoluzione popolare, persino la presa del potere da parte della Duma stessa. Difficile prevederlo. Ma quasi sicuramente non sarebbe un discepolo di Putin a prendere il suo posto, dovesse cadere. Uno qualsiasi di questi scenari implicherebbe la rifondazione assoluta dello stato, in modo magari meno rocambolesco del 1991, questo sì. Dopotutto questa, a livello di sistema, è la vera forza delle democrazie. Se un dittatore cade, cade il suo sistema. Lo stesso avveniva spesso con la caduta di un Re. Se cade un presidente, il tempo di organizzare i seggi elettorali e se ne trova uno nuovo. Persino se viene ammazzato, difficile scoppi una guerra civile per questo. Putin non verrà mai sostituito da un suo figlioccio, a meno che non muoia di morte naturale da Leader amato e rispettato, come accaduto ai vari dittatori cinesi o da Castro. Questo genere di scenari, secondo me, portano Putin a spingere fino in fondo affinché non si possa parlare di fallimento. Né all'estero, né tra i cittadini russi, ma soprattutto di fronte ai poteri russi. Lobby e Forze armate che stranamente, in questi ultimi tre mesi, stanno registrando un curioso picco di mortalità tra i loro leader. Questa è anche la ragione principale, secondo me, per il quale USA e UK insistono tanto nel far perdurare il conflitto. La Cina nel frattempo gongola, nel vedere finti amici e reali competitor battibecchare, ingarbugliare le loro economie e scambarsi colpi di cannone sotto forma di sanzioni, il tutto da privilegiata distanza di sicurezza. E' chiaro che finché lo status-quo sul campo resta inaccettabile per Putin, e finché farà comodo che la guerra continui per gli altri, questo renderà impossibile o quasi trovare un accordo per la pace. Più passa il tempo, più lo sforzo diventa impegnativo, più i russi saranno tentati di usare le maniere forti. E qui comincia il circolo vizioso. E' difficile capire cosa accadrà, perché nessuno ha la reale percezione della stabilità e delle energie russe. Potrebbero non reggere due mesi come potrebbero reggere anni, da quello che sappiamo. Percezione personale, visto il linguaggio diplomatico speso da Putin e Lavrov, sono già spalle al muro. E non è affatto una buona notizia. L'ideale sarebbe che Putin domani mattina cadesse dalle scale, si facesse tanto male, si ritirasse, ed al suo posto salisse un oligarca alla Abramovich. Uno che porti una ventata di liberalismo economico e sociale, abbandonando le mire imperialiste e rinsaldando il legame con l'ovest, accettando un ruolo di prima potenza regionale, abdicando dal ruolo di super potenza mondiale. Ma non credo che questo sia accettabile per i russi, cittadini inclusi, che continuano a sentirsi come un paese che deve stare al centro delgi equilibri mondiali. La decrescita non sarà mai un'opzione per loro.
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Ma speriamo. Sappiamo però che basta poco per svoltare l'opinione pubblica, pensiamo ad esempio a Pearl Harbor. La mia speranza è che, dovesse avvenire il fattaccio, venga consentita una interpretazione dell'articolo 5 piuttosto blanda.
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In realtà... no. E' materia complessa, ma va fatto un bilancio tra abitanti, aree produttive, densità abitativa, distribuzione delle popolazione sul territorio, area coperta, numero di batterie, portata dei missili, testate, etc. La Cina ad oggi è probabilmente il paese al mondo che più uscirebbe devastato da un confronto nucleare diretto. Si trasformerebbe in una sottospecie di Mongolia allargata nel giro di poche ore.
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