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Mettiamola così, do per scontato che siano non-interventiste. Il mio timore è che il ruolo che esse potrebbero assumere sarà molto poco rilevante...
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Buongiorno a tutti. Concordo con @lou 65. Salvo avvenimenti stravolgenti entro il 09 Maggio, è facile prevedere che il conflitto assuma nuova dimensione e nuovo vigore. Continuo ad essere estremamente preoccupato per la Moldavia, che come discutevamo già diverse settimane fa, corre un rischio enorme. Le notizie che giungono dalla Transnistria non sono affatto incoraggianti in questo senso. L'unica buona notizia di questi tremendi due mesi, ad oggi, è che la Bielorussa sia riuscita ad astenersi da un intervento diretto. La cosa è, per certi versi, sorprendente. Non è detto duri, Putin potrebbe pretendere con successo il suo intervento se si rivelasse necessario. Le cattive notizie, ahinoi, molte di più. L'Ucraina resiste, ma il prezzo in termini di vite umane è ormai altissimo. Civili, militari e paramilitari, da ambo i lati. I danni infrastrutturali subiti dal paese, a prescindere dall'esito del conflitto, avranno una ricaduta devastante sulla loro economia per decenni e decenni. Se il conflitto dovesse perdure con tale asprezza non so cosa resterà dell'Ucraina, che già prima di questa guerra era un cantiere aperto. Altra pessima notizia il reiterato atteggiamento aizzatore di Commonwealth e USA. Che nutrissero interesse specifico nell'inasprirsi del conflitto lo si era capito sin dalle prime battute, ne parlavamo anche qui. Si sperava però che tale interesse si sarebbe fermato davanti al rischio di un conflitto allargato. Non pare purtroppo essere così e questa, tra tutte, è probabilmente la notizia peggiore in assoluto. Il completo disinteresse americano per gli interessi europei dà ulteriormente dimostrazione di quale sia la natura del rapporto che intercorre tra paesi europei della Nato e Stati Uniti. Prendere nota per il futuro. E' altrettanto evidente, ma questo lo si sapeva già, che una sconfitta per i russi sia oramai inammissibile. Si sono esposti troppo a livello politico, militare, finanziario, economico, produttivo. Non esiste via di ritorno, non esiste ritirata, né composta né scomposta. Esisterebbe solo una sconfitta umiliante, sulla quale le potenze occidentali infierirebbero sbriciolando lo stato russo stesso. Ben consci di questo rischio, i russi saranno disposti all'utilizzo di qualunque mezzo pur di risultare vincitori. La russofobia e l'isolamento della Russia dal sistema occidentale è spronato e spinto proprio da quei paesi che la Russia, quantomeno a parole, si prefiggeva di riavvicinare o di de-occidentalizzare. Ampiamente prevedibile sin dal principio, ma se l'occidentalizzazione dell'Oriente Europeo ha portato all'irritazione russa, questa nuova ondata atlantista non farà altro che accendere ulteriormente gli animi. Polonia e Romania non torneranno mai più paesi neutrali o filo-russi, così come le Repubbliche Baltiche. Non dopo quanto accaduto in Ucraina, è impensabile. Prevedibile e comprensibile, dunque, che paesi come Finlandia e Svezia, pur se ben armati, ora vogliano entrare nella Nato. Tale candidatura, e conseguente apertura americana alla loro candidatura, rischia di essere la causa dello scoppio di un conflitto su scala decisamente maggiore. Desolante l'impotenza deli stati europei, pur membri della Nato, pur ricchi e discretamente armati. Non solo l'Italia, ma persino Francia e Germania hanno ormai un ruolo del tutto marginale in questi accadimenti, per quanto si sforzino di far sembrare l'opposto. Quello che deve terrorizzare noi europei è la nostra totale impotenza di fronte ad un rischio così grande. Non contiamo nulla, non influenziamo la descalation tanto quanto l'escalation, ma ne subiermo enormemente le conseguenze. Ultimo ma non ultimo, il crescente livello di tensioni nel Pacifico, che a volte dimentichiamo essere anche mare russo, non viene certo incontro ai tentativi, sempre più disperati, di un dialogo costruttivo tra le parti. La speranza è che si prenda tempo, senza voler accelerare uno schema provocatorio che, per miscalculation o follia di qualcuno, possa portare al disastro. Due immagini interessanti raccolte questa settimana, sul web, che mi va di condividere. Questa ci riguarda da vicino, e dovrebbe rappresentare l'attuale situazione navale (sommergibili esclusi...) nel Mediterraneo. Questa, invece, è un'utile Gif che mostra l'evoluzione del conflitto. Dal fallito tentativo di far capitolare Kiev, alla ritirata settentrionale fino alla presa di Mariupol.
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Appena saprai condividi, taggami pure, sono assolutamente interessato. Sul resto concordo. La disparità tra le due forze rimane, ma dopo quasi due mesi possiamo dirlo. Le perdite russe sono enormi, in termini di immagine, mezzi, economici, per non parlare delle vite umane. La paura di tutti, come dici tu, ma come sostengono anche molti analisti atlantici, è che i russi possano essere esasperati da queste perdite. L'affondamento dell'incrociatore a livello simbolico vuol dire moltissimo. Non dobbiamo sottovalutare l'orgoglio nazionalista che caratterizza da sempre gli imperi. Presto saranno necessarie vittorie nette ed inequivocabili per i russi, questo a prescindere dai mezzi usati. Di settimana in settimana abbiamo visto quanto in là si stiano già spingendo, rispetto ai primi 20 giorni di guerra. Speriamo bene.
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Nemmeno io, e non sarei nemmeno sicuro che siano stati usati solo TB2... Ma anche avessero sacrificato decine di droni resterebbe una vittoria formidabile per gli ucraini, ed una sconfitta umiliante per i russi. I droni comunque, persino come bersagli volanti, si stanno dimostrando un vero game changer anche nei conflitti simmetrici tra potenze, persino negli scontri navali. Rendiamoci conto che con una singola batteria di missili e qualche drone dal peso di una Fiat Panda anni '90 sono bastati per colare a picco un'ammiraglia della marina russa da 10.000 tonnellate e 500 uomini di equipaggio.
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Interessante rappresentazione grafica dell'accaduto. Soprattutto per i meno avvezzi a questo genere di argomenti. Ovviamente ricostruzione da verificare, ma la trovo piuttosto plausibile.
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Proprio qui, qualche settimana fa, si era parlato della folle esposizione di assetti navali di prim'ordine a pochi km dalle coste ucraine. La perdita del Moskva ha dell'incredibile. Essendo nave ammiraglia è plausibile immaginare fosse centro nevralgico delle manovre (non solo navali) russe. Un colpo durissimo per i russi, da ogni punto di vista.
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Me ne ha parlato un amico in EI... Mi fido. 4-4-3 sarebbe il desiderio di EI, ma poi bisogna fare i conti col bilancio. Realisticamente non si andrà oltre le 10 brigate, quindi facile ai vada per un 4-3-3 o un 4-4-2, con 2/3 pesanti, 3/4 medie e 4 leggere. Vediamo come andrà il programma AICS, credo ci dirà molto...
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No, senz'altro. Fa comunque comodo conservare almeno un paio di brigate pesanti per una lunga serie di ragioni, compresa quella più banale, cioè il mantenimento della capacità. Una volta dismesse non è facile ricostituirle, qualora servissero. Senza contare che proprio nelle missioni di "peace-keeping", vere o presunte, spesso la presenza di qualche carro può fare la differenza, vedasi la battaglia del pastificio in Somalia. I cingoli sono sempre i cingoli, ed i carri armati gira che ti rigira sono un fattore in certo scenari. L'esercito, nei suoi piani, vorrebbe 3 brigate pesanti da quel che so, il che significherebbe qualcosa come 2/300 carri. Parliamo del futuro prossimo, non del domani, credo che per ora si speri quantomeno di gestire due brigate su Ariete, aggiornandolo per quanto si può, per tirare avanti il più possibile. Qualcuno qualche tempo fa mi aveva parlato di 256 carri, in futuro, come requisito. Le brigate l'EI vorrebbe distribuirle in 3 pesanti, 4 medie e 4 leggere (o specialistiche, come le anfibie e le aviotrasportate). Mi sembrano numeri del tutto ragionevoli. Su Marina e aeronautica nulla da aggiungere. Fortunatamente in quei campi stiamo facendo scelte giuste e commisurate, con ampissimi ritorni industriali ed occupazionali, specialmente in Marina. Manca ancora, pesantemente, una capacità radaristica e di monitoraggio di alto livello, oltre che missilistica antiaerea ed antinave, ma più di qualcosa si sta muovendo in questo senso, fortunatamente. Camm-Er, Teseo 2, G.550, P-72, C-27J, satelliti e droni vari sono lì a testimoniarlo. Notare, tutte acquisizioni da aziende nazionali o con accordi G2G.
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E' da qualche giorno che volevo scrivere del "riarmo italiano", che segue nelle intenzioni quello tedesco. In termini assoluti, secondo IlSole24Ore, il 2% del Pil significherebbe una spesa di circa 35-38 miliardi di euro annui. 26 miliardi sono stati quelli spesi nell'ultimo esercizio, corrispondenti a circa all'1.6% del nostro Pil. E' importante riportare il valore assoluto oltre che quello in percentuale, viste le sensibili variazioni di Pil (in positivo ed in negativo) degli ultimi anni. Le spese militari, già prima delle crisi ucraina, erano già in crescita costante. Basti pensare che nel 2019, quindi giusto un paio di anni fa, spendevamo circa l'1.4%. Per dare un termine di paragone col nostro passato, nel 1981, nel 1991 e nel 2001 abbiamo speso tra il 2.0 ed il 2.1% del Pil per la difesa. Fondamentalmente l'obiettivo sarebbe quello di tornare a spendere quanto si spendeva fino a 10-15 anni fa. Cioé tornando a quando, complice la crisi finanziaria, molti governi europei (giustamente) hanno attinto preziose risorse tagliando i programmi di difesa nazionali. Da qui, secondo me, possiamo capire che il 2% del Pil non è una cifra spaventosa, ma anzi, una cifra comparabile ai livelli pre crisi. C'è da dire poi che l'Italia, per struttura e per esposizione geografica e geopolitica è "costretta" a spendere un pochino di più rispetto ad altri paesi europei. Perché? Partiamo da come è strutturata in Italia la spesa per la difesa. Cosa è incluso nella spesa per la Difesa. Ognuno nello scontrino della difesa ci piazza un pochino quello che gli pare. L'Italia, per abitudine, è probabilmente il paese occidentale che ci infila più cose, forse anche per sovrastimare il proprio budget di difesa. Ad esempio, dei 26 miliardi di euro anni spesi lo scorso anno, ben 8 miliardi, cioé il 30% della spesa complessiva nel bilancio difesa, è costituito dall'Arma dei Carabinieri. Arma dei Carabinieri che, tra l'altro, include pure la Guardia Forestale. Quindi sì, persino gli elicotteri verdi da soccorso alpino, i guardiacaccia, gli alcol test del sabato sera e le volanti di pattuglia dei CC rientrano nelle spese della difesa. Già basta questo per capire che i numeri in sé, se non si capisce esattamente di cosa si sta parlando, non danno grandi indicazioni sulla reale proporzione della spesa. Cosa si vuol finanziare con questo aumento. Aggiungere aumentare di 10-15 miliardi annui entro un biennio, e continuare a farlo, resta un impegno non indifferente. Andrà sicuramente capito come vorranno investire questi denari, prima di tutto, ad oggi di ufficiale c'è poco. Una grossa fetta servirà probabilmente a finanziare i programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi e strutture, spesso bloccati dalla cronica mancanza di fondi. Particolarmente afflitto da queste mancanze di fondi è l'Esercito, che più di tutti ha patito la difficile transizione dalla leva obbligatoria e dalla guerra fredda (con strutture e personale sovradimensionato), non potendo nemmeno contare su strumenti come le leggi navali che consentono ad altre forze armate maggiori investimenti. Per intenderci, ad oggi è stimato che l'EI abbia meno di 100 carri armati in grado di muoversi, comunque spaventosamente obsoleti. Una buona parte di questi fondi, oltre che per riassestare la funzionalità di caserme, basi e mezzi, verrà spesa per costituire una difesa informatica seria. Ad oggi lo stato, le amministrazioni locali e le grandi imprese italiane sono fondamentalmente indifese rispetto ai quotidiani attacchi che subiamo. Questo mi sembra particolarmente importante, dato che molti dei paesi strategicamente avversi al nostro investono risorse ingenti proprio in questo tipo di attacchi. Aggiungiamoci che si vuole sicuramente investire molto in ricerca spaziale, settore dal ritorno economico enorme e non propriamente bellico per un paese, come il nostro, di certo non può montare testate nucleari o non convenzionali su missili balistici travestiti da razzi per astronauti. Perché l'Italia deve spendere tanto, rispetto ad altri paesi, nella propria difesa. L'Italia non ha la fortuna geografica della Francia, della Germania, della Svizzera, dell'Austria, del Belgio, dell'Olanda. I paesi mitteleuropei condividono confini terrestri con paesi alleati, nel peggiore dei casi neutrali e praticamente disarmati, e confini marini che ben li distanziano da qualsiasi minaccia concreta, sempre ammesso che abbiano confini marini (così da risparmiarsi le spese per la Marina, ad esempio). Noi abbiamo un confine marino sottilissimo che ci separa, per poche centinaia se non decine di km, da Slovenia, Bosnia, Albania, Croazia, Kosovo, Montenegro. Non esattamente paesi che promettono stabilità nei prossimi decenni. Questo a Est. A Sud siamo a due passi dal Nord Africa, come solo la Spagna ed il Portogallo sono in tutto occidente. Ma confiniamo con paesi dilaniati da guerre civili e a rischio di radicalizzazione islamica continua. Tunisia e Libia sono a poche decine di km dalle nostre isole, ed oltre a minacce militari (già avvenute nei decenni scorsi) concrete, costituiscono un bacino di controversie internazionali e di flussi migratori che non possono essere né ignorati né subiti passivamente, tanto più che paesi rivali come Turchia e Russia stanno cercando di assumerne il controllo proprio in funzione anti-occidentale. Se poi allarghiamo l'orizzonte ai pesi dove l'Italia ha investito, ed investe tutt'oggi, in termini politi ed economici, la situazione non migliora. Libano ed Egitto, per citarne due, ma potremmo parlare anche di Corno d'Africa, delle (sciagurate) missioni in A-Stan e Iraq, e dei difficilissimi rapporti con una sempre più imperialista Turchia e dei pessimi rapporti con la Russia. Tutte queste sfide ci costringono ad essere un paese con una importante estroflessione marina, per dissuadere se non difendere le nostre rotte commerciali e i nostri rifornimenti energetici. Ci costringono ad essere un paese impegnato in prima linea nella Nato, con quel che ne consegue. In termini politici, di missioni, di basi, di uomini, di mezzi. Ci costringono ad essere un paese con una forza aerea reale, seppur non votata all'assalto com'era negli anni '80. Ma quantomeno sufficiente a monitorare in autonomia il proprio spazio aereo, a saperlo difendere da minacce verosimili. Ci costringe ad essere informati h24 sui mari, sulle rotte commerciali, sulle flotte, sui flussi migratori, sulle emergenze umanitarie, sulle crisi di governo dei paesi limitrofi. Per via diplomatica, via economica, via politica, via aerea, via marittima, via spaziale persino. L'unica cosa che dobbiamo fare non è tanto discutere su quanto si spende, ma sul come, per quali fini, per farci cosa. Qui la risposta è squisitamente politica, non mi ci addentro. Mi limito solo a dire che è evidente che però queste spese vadano fatte in un'ottica di ritorno industriale, tecnologico, occupazionale e di indotto il più possibile interno al suolo nazionale, cosa che devo dire si sta facendo già da anni con buoni-ottimi risultati.
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L'errore che fanno in molti è quello di mettere in correlazione la propaganda con la libertà di parola. Sono due cose molto, molto diverse. La propaganda c'è ovunque, la libertà di opposizione no.
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Dici di no? Lungi da me farmi passare per esperto di esplosivi, non lo sono. Devo dire però che da quelle foto mi pare molto simile al Fosforo usato da russi e americani in Siria e Iraq.
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Il fosforo bianco, ad oggi, non è considerato arma chimica. Non può essere considerato un'arma non convenzionale. Il suo utilizzo credo sia consentito solo come arma anti-materiale, come illuminatore e come generatore di cortine fumogene, in modo paragonabile a molti ordigni incendiari. Tecnicamente è vietato utilizzarlo contro persone, in particolari civili. Discutibile, me ne rendo conto.
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Sembrerebbero entrambe due classe Ropucha...
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Una classe Alligator (nella foto) pare sia esplosa ed affondata nel porto di Berdyansk. Si tratta di navi militari russe da sbarco da 3/4.000 tonnellate. Coinvolto nel disastro ci sarebbe anche un'altra nave, una classe Ropucha (nella foto qui sotto). Secondo alcune fonti sarebbe coinvolta anche una terza nave. Ancora da ricostruire la dinamica dell'incidente/attacco.
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Anche ottenessero la vittoria militare, e sono nelle condizioni di ottenerla, dubito ne sarà valsa la pena. Comunque vada ho la sensazione che qualsiasi scenario futuro all'orizzonte veda una Russia indebolita da questo conflitto, per un motivo o per l'altro.
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Ti sei spiegato eccome, altroché. Questa sarà la guerra più studiata dagli analisti per molti anni a venire proprio per questo.
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Numero del tutto verosimile anche secondo me.
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E' quasi finito il primo mese di conflitto. Cercherò di farlo nel modo più diretto possibile, nascondendo l'angoscia e la pena dietro a numeri che mai dovrebbero limitarsi ad essere tali. Purtroppo, però, i primi bilanci vanno fatti. Parliamo di vittime russe. Le fonti qui divergono, ma nemmeno di molto. Mi limiterò per ora alle vittime russe, il cui conteggio è paradossalmente più accessibile di quello ucraino. Il nostro Capo di Stato Maggiore ha parlato di 15.000 perdite tra le forze russe, fin qui. Non è chiaro se per perdite si intendano solo i decessi, se vengano inclusi i dispersi o addirittura i prigionieri. Sulla Komsomolskaya Pravda, quindi da fonte russa diretta, si parlava di 9.861 vittime già qualche giorno fa (notizia poi rimossa). In quel caso si parlava di decessi. E' quindi attendibile pensare che le vittime russe abbiano ormai tragicamente superato quota 10.000. Sono tanti, davvero tanti. Nella più ottimistica delle ipotesi, 1.000 morti ogni tre giorni. Nella peggiore, 500 morti al giorno. Un altro dato impressionante è quello relativo ai feriti. Premessa, contare i feriti è questione difficilmente stimabile. C'è chi conta anche contusioni e piccoli traumi, c'è chi include nel conteggio praticamente solo i ricoverati o i feriti gravi. Sempre da Komsomolskaya Pravda si è saputo che i feriti dovrebbero essere 16.153. Anche questa notizia è stata rimossa. Per dovere di cronaca, la stessa fonte russa dichiara che la pagina era stata hakerata, e che i numeri riportati fossero fake. Tornando ai numeri, fossero confermati, significherebbe un rapporto di 1 morto ogni 1.6 feriti. Un dato davvero impressionante, in negativo. Porto dei dati a paragone di quelli sopra riportati. Vittime americane in Afghanistan. 2.325 decessi, circa 20.000 feriti. 1 morto ogni 3 giorni, un decesso ogni 9 feriti. Considerazioni, prudenza alla mano, se ne possono trarre. La prima, la più scontata. Le perdite russe sono davvero notevoli. Parliamo di un conflitto simmetrico in piena regola, con un rateo di vittime nell'ordine delle migliaia a settimana. Non è paragonabile al Donbass, non è paragonabile all'A-stan, all'Iraq, o ad altri conflitti occidentali o russi degli ultimi 30 anni. E' un ritmo francamente insostenibile, persino per le enormi risorse russe. E' un ritmo di perdite persino superiore a quello registrato dagli americani in Vietnam. Di questo passo raggiungerebbero le vittime americane in Vietnam entro settembre, se non prima. Ciò testimonia che la resistenza ucraina è tutt'altro che simbolica. La seconda considerazione la voglio fare sui feriti, qualcosa francamente non torna nei numeri dichiarati da Komsomolskaya Pravda. Come anticipato, il numero di feriti è incredibilmente influenzato dal contesto tattico, ambientale, dalla natura del conflitto, dalle tecniche e dalle armi dell'avversario. Ma molto dipende anche dalla logistica, dalla qualità degli aiuti, dal controllo dello spazio aereo, dalla presenza diffusa di medici e dalla presenza di ospedali da campo. 1 decesso ogni 1.6 feriti è una media altissima, superiore persino alle medie terribili che si osservavano nella prima guerra mondiale. Persino in Vietnam, zona di difficilissima operatività, in un clima inclemente, in un conflitto sanguinosissimo, gli americani hanno registrato un decesso ogni 5 feriti. Ciò potrebbe indiciare che: 1) Il numero dei feriti è inverosimile, falso, il numero reale dovrebbe essere decisamente superiore, non dichiarato per evidenti ragioni. Se il rapporto deceduti/feriti fosse simile nelle proporzioni a quello americano in vietnam (cioé il più pesante del dopoguerra insieme alla guerra di Corea per gli USA), partendo dai 10/15.000 soldati deceduti, parleremmo come minimo di 50/75.000 feriti, in luogo dei 16.000 riportati. 2) Il numero dei feriti è reale, magari parzialmente sottostimato, ma verosimile. Visti i comprovati problemi logistici, l'altissimo numero di vittime e di mezzi perduti, il difficile controllo dello spazio aereo e la miscalculation generale sugli sviluppi del conflitto, l'assistenza medico sanitaria potrebbe essere stata precaria o quasi del tutto assente. Ora che i numeri li ho messi, due considerazioni più umane. Ci vuole del coraggio a definire questa tragedia "un'operazione militare speciale". Muore un russo ogni 4 minuti, almeno. Da un mese. Spero che i russi un giorno non troppo lontano avranno occasione di chiedere conto al signor Putin di questo enorme sacrificio di sangue, nascosto oltre che preteso.
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Sulla questione mediatica, sociale, comunicativa, sul cambio di valori e di percezione del mondo, sull'economicismo, l'individualismo, il post storicismo e se vogliamo anche la diffusione del laicismo e dell'ateismo ci sarebbe da parlare per ore e ore, la questione meriterebbe un topic a parte. Così come sui problemi interni americani, sui movimenti metoo, blacklivesmatter, su QAnon, sulle milizie, sulla cancel culture. Sicuramente l'influenza americana sulle culture occidentali è stata enorme, enorme. Ma, forse sbaglio io, credo che l'Europa (media a parte, soprattutto quelli americani come Fb e Sky) stia segnalando una specie di reazione allergica a queste tematiche ed un allontanamento al mondo America da quello Europa, quantomeno negli ultimi anni. Giusto o sbagliato che sia, eh, è una mia impressione. Secondo me la prossima generazione di europei, i millennials per intenderci, sarà estremamente diversa dai '70-'80. Non sono cresciuti negli anni 80-90, nemmeno nei primi 00. Parlando con un giovane allievo MM AMI, qualche mese fa, me ne sono subito reso conto. Non era ancora nato l'11/11/200, è nato dopo l'inizio della guerra in A-Stan, la Jugoslavia e l'URSS esistono solo nei libri di storia, non ha Facebook, non ha mai guardato i Simpson, non conosce Pamela Anderson, non ha visto la Lira, non ricorda il governo Monti e la crisi finanziaria, era troppo piccolo. Per loro, neo-adulti, il mondo è fatto da un occidente in crisi finanziaria da sempre, da un'America tesa e a tratti trasandata, iniqua e frastagliata, hanno poca attrazione verso i nazionalismi, sono estremamente individualisti, pensano che la Cina sia una super potenza e di Russia non avevano mai sentito parlare fino ad un mese fa. E' difficile prevedere tra 15-30 anni, quando saranno loro la dirigenza d'Europa, come affronteranno e percepiranno certe dinamiche. Con quali presupposti ideologici, con quali riferimenti culturali, rifacendosi a chissà quali esempi umani e storici. Per quanto riguarda le istituzioni e gli apparati, sicuramente è così. Sono centri di interesse, a volte legittimi e a volte meno, perseguiti nei modi e coi mezzi a disposizione, legittimamente o meno. Le vite ucraine, in questo senso, sono un problema strettamente ucraino, che non lede alcun interesse delle altre parti. Fa male, ma è evidente. Il mondo è quello che è, fa abbastanza schifo, sì. Un saluto
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Articolo 5 Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali. Articolo 6 Agli effetti dell'art. 5, per attacco armato contro una o più delle parti si intende un attacco armato: contro il territorio di una di esse in Europa o nell'America settentrionale, contro i Dipartimenti francesi d'Algeria (NB: decaduto), contro il territorio della Turchia o contro le isole poste sotto la giurisdizione di una delle parti nella regione dell'Atlanlico settentrionale a nord del Tropico del *; contro le forze, le navi o gli aeromobili di una delle parti, che si trovino su questi territori o in qualsiasi altra regione d'Europa nella quale, alla data di entrata in vigore del presente Trattato, siano stazionate forze di occupazione di una delle parti, o che si trovino nel Mare Mediterraneo o nella regione dell'Atlanlico settentrionale a nord del Tropico del *, o al di sopra di essi.
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Mi permetto di cogliere l'occasione, quotando il tuo messaggio, di mettere in discussione una certa percezione della volontà dell'allargamento della Nato. Sembra sempre che l'allargamento della Nato sia avvenuto su assoluta ed esclusivo interesse americano, ma sono abbastanza sicuro non sia proprio così. Noi europei occidentali condividiamo una narrazione della guerra fredda che europei orientali, russi, americani e inglesi non hanno. Riassumendo e banalizzando il tutto, mi verrebbe da dire che le percezioni delle masse sono circa le seguenti: Per noi europei occidentali è stata uno scontro tra imperi che si sono spartiti letteralmente la carcassa Europa, spaccandola in due, tracciando la linea in base a chi è arrivato per primo durante la "liberazione". Scontro che è proseguito poi fuori dai confini europei, terminando col collasso dell'URSS. Questo tipo di lettura ci ha lasciato in eredità un fatalismo (è sempre colpa di americani o russi, raramente nostra) e di pacifismo come valore fondante assoluto. Non a caso da noi la guerra fredda si dice sia "finita", ma nessuno afferma che la si sia effettivamente vinta. Abbiamo avuto la "fortuna" di finire sotto l'impero migliore, vedendo com'è finito chi stava dall'altra parte. In ogni caso, siamo spesso tutti molto contenti che sia finita. Finendo la guerra fredda, per noi, è semplicemente finita la storia, le guerre vere non esistono e non hanno senso, possono avvenire solo a mano di pazzi, ignoranti e in paesi del terzo mondo, paesi dove non è arrivato l'"illuminismo" europeo, paesi ancora incastrati nel 900, paesi che vivono nei libri di storia e non nel presente. Per questo in paesi come il nostro si parla di post-storicismo. Citazione chiave che esprime chiaramente il concetto è stata quella di Angela Merkel, che descrive le metodologie di Putin così: "applica metedologie dell'ottocento al ventunesimo secolo". Per gli europei orientali la guerra fredda invece è stata come passare da un dominio terribile (nazista) ad un altro (sovietico). La povertà, la miseria, la cancellazione spesso cruenta della propria cultura ha spesso instillato una russofobia dilagante, la quale spesso ha generato nella più atroce delle ironie movimenti nazionalisti degni degli anni 30, spesso di ultra destra ultra conservatori. L'est Europa negli anni 90-00 letteralmente vive, nella propria percezione, il proprio "risorgimento", e realmente crede di avere il compito di risvegliare lo spirito cristiano europeista ormai smarrito dagli europei occidentali. Loro, a differenza nostra, sentono che oggi si sta facendo la storia, e loro si sentono al centro di questo processo. Citando il leader polacco Morawiecki: "È qui, nella Kiev dilaniata dalla guerra, che si fa la storia. È qui che la libertà combatte contro il mondo della tirannia. È qui che il futuro di tutti noi è in bilico. L'UE sostiene UA, che può contare sull'aiuto dei suoi amici: oggi abbiamo portato questo messaggio a Kiev". Per gli americani e gli inglesi le guerre mondiali e la guerra fredda sono praticamente un unico infinito scontro, con nemici alternati. Scntro necessario per salvare i nemici dell'Europa e dell'America, detentori del modello liberale capitalista, l'unico modello giusto legittimato all'esistenza, quasi fosse una missione divina laica, tipico punto di vista imperialista. In questo senso la Russia, già dai tempi dello Zar, è percepita come una dittatura persino peggiore di quella nazista, e sono da sempre disposti a tutto per impedire la sua diffusione, tutelando a loro modo di vedere noi ed il resto del mondo a suon di miliardi di dollari e migliaia di vite americane. Questo tipo di lettura ha portato ad una demonizzazione della Russia (la famosa russofobia) e ad un senso di irriconoscenza nei confronti dei paesi europei che si sono dimostrati poco entusiasti verso il modo di vedere il mondo americanista, subendo sempre le "fascinazioni" e le "tentazioni" orientaliste. Non è un caso che gli americani vedano la situazione di oggi come un "ve l'avevamo detto". La missione, per loro, continua. Per i russi, la sconfitta della guerra fredda è stato un enorme crimine perpetrato dall'occidente con la connivenza di un'amministrazione corrotta e traditrice, che non si è limitata soltanto a vincere la guerra, ma ha voluta stravincerla, pretendendo persino più di quanto ottenuto dal crollo dell'URSS, venendo meno alle famose promesse. Dopo la grande vittoria patriottica (la seconda guerra mondiale, per i russi), la Russia ha riconquistato lo status di superpotenza che non le può più essere negato. Come disse Putin anni fa, "al mondo non succede nulla senza che siano d'accordo Mosca, Pechino, Washington e Bruxelles". La caduta del muro in questo senso è vista come una vera e propria umiliazione, che ha tolto a decine di milioni di russi la cittadinanza, conferendogliene una nuova, strappandoli alla madre patria. Emblematico che, se da noi Gorbaciov viene descritto quasi come un eroe, da loro è percepito come il peggior leader russo della storia. Putin è da decenni che soffia sulle ceneri dell'orgoglio ferito russo, e ha trovato terreno molto fertile fino ad oggi. Questi riassunti banalizzanti, e che suonano un po' stereotipati, li ho messi così per rendere l'idea, senza voler ridicolizzare nessuno di questi e dovendo semplificare all'estremo. C'è un fondo di verità in ognuna di queste versioni, che ovviamente va distorcendo le responsabilità delle parti secondo convenzienza, nessuna è ridicola o falsa in sé, ma sono tutte funzionali al percorso di quelle aree di mondo di questi ultimi decenni. Quello che sta succedendo ora, secondo me, dovrebbe invitare i popoli europei a riconsiderare le proprie percezioni, perché andrà sicuramente a spostare gli equilibri che credevamo ormai consolidati. Sarà difficile continuare a pensare che il "secolo terribile" si sia portato via con sé le guerre. Non esiste garanzia alcuna che l'Europa verrà risparmiata dai conflitti per status, per il semplice fatto che nessuno le vuole più. Se la Jugoslavia è lontana nel tempo, e la Georgia nello spazio, ora con l'Ucraina in fiamme continuare a vivere in questa bolla non è più possibile. Nel mondo reale, chi non disponde di forti deterrenti o non gode di protezione, presto o tardi finisce nelle mire imperialiste di qualcuno. Europeo, occidentale, democratico o meno, non fa alcuna differenza purtroppo, soprattutto in questo secolo dove le superpotenze non sono geograficamente europee e non è detto abbiano particolare riguardo verso l'Europa. La Nato è uno strumetno creato appositamente per mantenere un controllo militare e politico dell'Europa occidentale. Sicuramente. "To keep the Soviet Union out, the Americans in, and the Germans down". Nonostante ciò è innegabile che l'alleanza ci abbia fatto percepire sempre protetti, avendo patito esclusivamente minacce di tipo interno, o terroristico, per un lunghissimo periodo storico, nonostante non ci si sia mai impegnati seriamente delle minacce esterne per decenni. Proprio questo senso di protezione e inattaccabilità, però, oltre che ad un continuo e progressivo ridimensionamento degli strumenti difensivi, può averci spinto ad incentivare lo spostamento ad est delle frontiere europee e della Nato stessa. Forse i più giovani (come me) non se ne rendono davvero conto, ma chi la guerra fredda l'ha vissuta per anni, o ha prestato servizio militare in quegli anni, sa benissimo che eravamo noi il territorio di confine, eravamo noi gli avamposti. Non la Romania, la Lettonia, La Polonia. Noi. Non c'erano veri e propri paesi cuscinetto nel mezzo a proteggere l'Europa occidentale da un'invasione, a Berlino la lingua di terra che separava un blocco dall'altro era di pochi metri. Tutto questo per dire che l'interesse primario nell'espansione della Nato non è stato soltanto americano, ma anzi, soprattutto nostro. Nostro, per spostare la cortina di ferro il più lontano possibile dai nostri confini. Rendiamoci conto che nel 1989 il confine era Trieste. Oggi è Tallin. Oggi nessun italiano teme che una colonna di carri armati di 60km entri dalla Jugoslavia, o dall'Austria, attraversano le valli alpine. Così come non lo teme nessun tedesco, nessun danese. Questo enorme vantaggio strategico, però, è avvenuto esponendo altri al posto nostro. Smettiamo di raccontarci la storiella che la cosa non ci faccia parecchio comodo. Smettiamo di indicare come responsabile unico di questa espansione l'avdità imperialista americana. Non è così. Germania, Italia, Francia, Turchia e tanti altri paesi non hanno il potere e la forza delle superpotenze. Sicuramente. Ciò non impedisce loro di tutelare i propri interessi, anzi, basta non pestare i piedi allo Zio Tom. E' fiabesco inoltre pensare che lo facciano con mezzi diversi, se non nella portata e nelle capacità, da quelli americani. Finanziamo primavere arabe, partiti stranieri, dittature, missioni di peace keeping senza consenso dei governi locali. Facciamo affari con dittature, vendiamo loro armi, compriamo da loro petrolio, diamo loro visibilità e legittimazione. Lo facciamo spesso anche in pieno contrasto di altri membri dell'alleanza, basta dare un'occhiata al nord-africa per renderesene conto. Personalmente direi che sarebbe ora che ci si rendesse conto che l'Italia, l'UE, la Nato, i paesi e le strutture sovranazionali altro non sono che centri d'interesse, si muovono nelle loro potenzialità e convenienze per raggiungere i propri obiettivi, calpestando senza recalcitranza alcuna quelli altrui. Se non si perseguono i propri interessi in autonomia non lo fa nessuno al posto proprio (l'Ucraina lo sta imparando ad un prezzo altissimo). Tutti gli aiuti che riceverà richiederanno una contropartita pesante, un giorno, dovesse vincere la guerra. Ovviamente fa schifo, ma così va il mondo, così andiamo anche noi.
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Qualche spunto di riflessione delle ultime 24h. Quanto avvenuto a Mariupol è terribile e manifesta tristemente l'inasprimento del conflitto. L'Ucraina continua a richiedere la "no-fly-zone umanitaria" e l'adesione all'articolo 5 Nato, pur accettando a malincuore di non poter formalmente entrare nella Nato. Biden dà del criminale di guerra a Putin e manda in Ucraina 8000 manpads, 7000 armi da fuoco, 25000 giubbotti, altrettanti elmetti, 20 milioni di munizioni. Non sono state 24h particolarmente costruttive per il dialogo, temo.
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La Marina ha più mezzi che uomini, e per i compiti che la politica le affida ha pochi mezzi. Vige la regola dei "due cappelli", per citare l'ammiraglio. L'EI invece si trova una marea di ufficiali e sottoufficiali di scarsissima formazione che hanno fatto carriera più per anzianità che per meriti e capacità, parliamo di uomini entrati ai tempi della firma. Costano una sfraccata di soldi e non si sa letteralmente che diamine fargli fare da mattina a sera. Allo stesso tempo c'è una penuria preoccupante di personale di truppa (si spera sia la volta buona per riformare il sistema VFP1+4, magari con un 3+3, come si vocifera da qualche annetto...). Parlando con un capitano dell'AMI e con un caporale di EI, tra i naturali sfottò, uno andò particolarmente a segno. "Noi facciamo pilotare elicotteri a sottoufficiali col diploma, voi fate fare portineria a ufficiali con la licenza media". Lo conosco da vicino il mondo degli arruolamenti, capisco la necessità di far ruotare le truppe volontarie, ma obiettivamente tra ritardi, liste d'attesa infinite, requisiti, tipi di test da affrontare, qualità della vita da VFP e retribuzione, siamo veramente messi male male male. L'EI poi è messa maluccio anche a livello di brigate pesanti, di mezzi. Non ha mai fondi per aggiornare i propri mezzi e per mantenerli operativi ad un livello accettabile. Vedasi la brutta fine che stanno facendo Ariete e Dardo. EI ha davvero tanti problemi. L'AMI probabilmente è quella che se la passa meglio delle tre, nonostante l'orribile incidente di oggi pomeriggio.
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Chiaro, ho portato un estremo. All'epoca comunque era norma spendere il 6-7 fino a oltre il 10 punti percuentuali di Pil, siamo fortunamente lontani da quel periodo e da quel mondo. Per tornare all'oggi, chi le guerre le fa (o le prepara) spende comunque molto di più, sia in senso relativo che assoluto. Le due più grandi economie del mondo puntano a spendere rispettivamente il 5% ed il 7% dei propri pil in difesa. Queste sì, sono percentuali impressionanti. Già oggi la Francia spende regolarmente più del 2% del proprio Pil in difesa, e com'è facile constatare questo non crea alcuna tensione nel continente. L'Italia, come ad esempio Spagna e Germania sta al momento abbondantemente sotto l'1.5%, ed è persino arrivata a spendere meno dell'1% dopo la crisi.
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Discorso lungo e so già che mi attirerò le incomprensioni di alcuni. Per come la vedo io, senza evocare imperialismi da prima metà del 900, il 2% del PIL di un paese non è uno scandalo spenderlo in difesa. Anzi, potrebbe essere facilmente considerata una spesa se non contenuta, quantomeno ragionevole. Voglio dire, spendiamo il 6-8% in sanità, il 15-20% in pensioni e il (miserrimo) 4-5% in istruzione, per fare un paragone. Visto così sono convinto che il 2% nella difesa fa già meno impressione. (Sui dati sono andato circa a memoria, se ho commesso errori mi farebbe piacere essere corretto). Teniamo conto che nella voce difesa ci si infila un po' di tutto. In quella voce non sono incluse solamente le spese di Esercito, Marina ed Aeronautica, che nel complesso spendono il più del 50% del loro budget in stipendi di militari in servizio dai tempi della Naia. Ma anche molti, se non tutti, i costi relativi al mantenimento dell'Arma dei Carabinieri, del fu Corpo Forestale dello Stato, della ricerca aerospaziale, della ristrutturazione di porti ed altre infrastrutture, etc. Se ben spesi potremmo trovarci anche quei mezzi di ricerca, salvataggio e soccorso che tante volte avremmo voluto vedere impiegati nelle calamità sul territorio nazionale. Il 2% in realtà è una spesa semplicemente adeguata, se ben sfruttata, per consentire il mantenimento minimo delle capacità di autodifesa di uno stato ricco come il nostro. Teniamo poi presente che la stragrande maggioranza delle spese sostenute, oltre che nel personale (quindi in stipendi), viene spesa su suolo italiano per la produzione ed il mantenimento di strutture e mezzi, creando un indotto notevole a livello industriale e di ricerca. Il 2% io spero lo si raggiunga, o quasi, nel giro di pochi anni. E lo avevo scritto, tral'altro, proprio qualche decina di pagina fa in questo topic. Spero venga investito bene, con intelligenza, pacatezza, capendo i reali obiettivi e bisogni del paese. Negli anni 90-00 abbiamo passato un periodo nefasto in questo senso, sperperando molte delle poche risorse pubbliche messe a bilancio. Devo dire che gli ultimi anni però la governance militare in Italia ha fatto un notevole salto di qualità, mostrando visione strategica e una buona simbiosi con le industrie nazionali. Per quanto riguarda la politica estera, invece, credo che un aumento della spesa pubblica cambierà relativamente poco. Il 2%, fortunatamente, non permettere di costruire certo un esercito coloniale stile anni '30, così come non permetterebbe affatto di pensare che qualcuno possa pensare con così poche risorse di scatenare una guerra in Europa. Lo dico per tranquillizzare i timorosi. Permette senza dubbio di rimettere la benzina nei carri, di sostituire le scatole di munizioni scadute, di assumere senza precariato personale competente, di sostituire mezzi che volano sopra le proprie teste negli anni 60, di togliere la ruggine dagli scafi, etc.
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