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Dalia91

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  1. Hai perfettamente ragione, perchè non c’è alcuna “necessità tattica” oggettiva di giocare con i quinti, e la persistenza di Tudor su questa strada appare sempre più una scelta ideologica, non funzionale alla rosa. Classico allenatore di "sistema" che prova ad adattare i calciatori ai suoi principi e che cerca il controllo tramite struttura, non tramite il gioco. Nel 4-3-3 o nel 4-2-3-1, la squadra dovrebbe saper gestire il pallone e creare superiorità posizionale, cosa che la Juve di Tudor non sa (o non prova) a fare. Nel 3-5-2/3-4-2-1/5-3-2 ecc, invece, il controllo è quasi “meccanico”: posizione rigida, duelli a uomo, compattezza verticale. Un calcio che oserei definire più fisico che cognitivo, e Tudor si fida più della corsa e dell’intensità che della tecnica. In pratica: non chiede di costruire, ma di reggere botta. Per chi ancora non lo avesse capito, Igor difende il suo calcio, non la sua squadra.
  2. Tanto più che proprio in una squadra “media”, l’allenatore è il fattore moltiplicativo o il freno a mano. Se hai idee chiare, principi codificati e una proposta proattiva, puoi far rendere un gruppo normale più del suo valore. La squadra non cresce, non sembra imparare nulla di nuovo da una partita all’altra, e mantiene sempre lo stesso tipo di difficoltà nel creare gioco, qualunque sia l’avversario. Questo è un segnale inequivocabile che il livello dell’allenatore è inferiore alla qualità complessiva della rosa.
  3. Davom. Lo seguo, come con altri, ma quasi mai ne condivido le analisi. Nella fattispecie devo darti ragione, perchè Davom, come tanti analisti “a metà strada” tra tattica e comunicazione, a volte cade in una forma di doppio binario:😏 da un lato, evidenzia le potenzialità tecnico-tattiche (“arriviamo bene ai 20 metri, squadra che potrebbe fare di più”), dall’altro, assolve l’allenatore con il mantra del “questi siamo, non si può pretendere altro”. Il problema è che le due affermazioni non stanno insieme: se la squadra ha i mezzi ma non li esprime, il nodo è motivazionale o strategico, e dunque allenatore-dipendente; se invece davvero non ha i mezzi, allora è inutile parlare di “fiducia” o “blocco psicologico”: si tratta semplicemente di limiti qualitativi. Non si può, nello stesso discorso, dire che i giocatori “potrebbero ma non credono in se stessi” e contemporaneamente che “Tudor ha ragione a dire che questi siamo”. È un modo elegante per non prendere posizione, quindi sì, un po’ * come dici tu.🤣 Ma consentimi di aggiungere che sul piano tattico noto un pò di confusione, perchè molti confondono il sintomo con la causa. Quando si dice “la squadra non rischia la giocata”, spesso non è una questione di coraggio individuale, ma di contesto tattico che non favorisce il rischio: se giochi con baricentro basso, se hai poca densità tra le linee, se gli esterni a tutta fascia sono adattamenti discutibili e devono coprire 60 metri, se i tuoi attaccanti sono isolati, allora anche volendo, il giocatore non può rischiare molto, perché non ha sostegno o linee di passaggio corte. Quindi non è solo “paura”: è meccanica di squadra. Ed è qui che Tudor ha responsabilità diretta: il suo approccio “reattivo” di base impoverisce sistematicamente la produzione offensiva, e quindi l’autostima collettiva. Tu hai centrato il nodo: o Tudor ha ragione e la squadra non ha qualità, oppure (come tutto lascia intendere) la squadra ha qualità medio-buonissime ma gioca sotto tono per un messaggio tecnico e psicologico errato. Personalmente, propendo per la seconda ipotesi: la Juve ha difetti evidenti, ma non è così limitata da giustificare xG da 0.6 costanti, né la rinuncia sistematica al dominio territoriale. Ciò che manca è una cornice di fiducia e intenzione offensiva, e quella la dà solo l’allenatore, con le scelte di baricentro, uomini e mentalità.
  4. 👍Mettere David e Openda insieme, con Yildiz alle spalle, sarebbe interessante se la squadra tenesse il pallone e riuscisse a consolidare il possesso per far salire il blocco (così David avrebbe senso); ma allo stesso tempo lascerebbe spazio in ampiezza o dietro per valorizzare Openda. In teoria, David potrebbe fare da boa per appoggi e scarichi corti, Yildiz da connettore tra le linee e Openda da terminale dinamico. L’idea è logica, stuzzicante e meriterebbe di essere provata, ma solo in un contesto strutturato. La Juventus, ad oggi, temo non riuscirebbe a trarre giovamento da nessun esperimento perchè è totalmente priva di consolidati principi di gioco.
  5. 😡Devo dire che l’analisi di Fabio è fin troppo indulgente perchè la prestazione della Juventus, al Bernabeu è stata preoccupante sotto ogni aspetto; tecnico, tattico e mentale. Struttura difensiva illusoria e parlare di “buona compattezza” sarebbe fuorviante. Il blocco basso di Tudor è apparso più come una rinuncia che come un piano strategico. Subire 28 tiri e 2.69 xG nonostante una difesa posizionale così bassa non indica solidità, ma incapacità di controllare gli spazi e di uscire dalla pressione. La squadra si è limitata a reagire, mai a leggere preventivamente lo sviluppo del gioco. Ma poi, nessuna costruzione riconoscibile: Il dato dei 0.59 xG non è casuale eh. La Juventus non ha un’identità offensiva: la manovra è piatta, prevedibile, senza linee di passaggio tra i reparti. L’idea di “transizione” è in realtà una copertura teorica per l’assenza di un piano palla. Ogni uscita è affidata a lanci verticali casuali verso Vlahović, completamente isolato, sempre costretto ad abbassarsi troppo per giocarla. Non mi hanno convinta nemmeno le scelte di formazione. L’esclusione di Locatelli, David e Openda non è un segnale di equilibrio, ma di confusione. Tudor continua a ruotare sistemi e uomini senza costruire automatismi né valorizzare i giocatori acquistati per dare qualità e ritmo alla squadra. Il 3-5-2 scelto è un compromesso difensivo che annulla qualunque possibilità di sviluppo moderno del gioco. E poi i segnali psicologici negativi: L’atteggiamento remissivo, la mancanza di coraggio e la totale assenza di pressione alta sono sintomi di una squadra sfiduciata e incapace di imporsi. Anche dopo lo svantaggio, la reazione è stata episodica, più frutto dell’inerzia del match che di un cambio strutturale credibile. Per me non c’è alcun motivo per trarre ottimismo da questa sconfitta. La Juventus non è “in costruzione”: è in piena involuzione tecnica. Il gioco di Tudor è tatticamente rigido, povero di principi offensivi e privo di sviluppo collettivo. Contro il Real Madrid la squadra non ha mostrato né qualità né idee: solo sopravvivenza. 🤮
  6. Che dire, hai perfettamente ragione a spostare il discorso dal “dove” si difende al “come” si difende, perché il livello di campo (alto o basso) è una conseguenza dell’organizzazione collettiva, non una scelta isolata. Però, nel caso della Juventus di Tudor, il problema è che non funziona né l’uno né l’altro aspetto.🤔 Le distanze sono spesso troppo ampie, soprattutto tra centrocampo e difesa: i centrocampisti escono tardi o in modo disordinato, la linea difensiva resta bassa per paura della profondità, e così si crea una “terra di nessuno” dove gli avversari ricevono tra le linee senza pressione. Questo produce due effetti: la squadra non aggredisce mai compatta e, quando prova a risalire, perde equilibrio e subisce transizioni in campo aperto, proprio quelle che hai notato. Non c’è una struttura coordinata. Le uscite individuali ( McKennie che si alza, Thuram che accompagna) non trovano coperture dietro. In un pressing organizzato serve sincronia: quando uno esce, il resto del blocco deve accorciare. La Juventus di oggi esce “a strappi”, con tempi diversi e reparti slegati, così l’avversario trova facilmente il modo di eludere la pressione e attaccare lo spazio alle spalle. Vs il Como lo abbiamo visto spesso. Per quanto riguarda la linea difensiva e il concetto di “basso”..beh difendere bassi non è un male in sé, se c’è densità, aggressività e capacità di risalire in modo ordinato. Il problema è che la Juve non difende “bassa”, difende “passiva”: non accompagna, non accorcia, non guida il pressing in modo coordinato. Quindi il blocco si abbassa sempre di più e perde il controllo del campo. Te hai colto il punto giusto: non è questione di “schierarsi più alti o più bassi”, ma di compattezza e principi di pressione. Al momento, la Juve non ha ancora un sistema di relazioni chiaro, né per riconoscere i trigger di pressing, né per gestire i corridoi centrali in non possesso. Per questo sembra sempre in ritardo, e subisce ripartenze anche partendo da posizione bassa.
  7. Dalia91

    Real Madrid - Juventus 1-0, commenti post partita

    A me la Juve non stava dispiacendo, poi è iniziata la partita e....
  8. Dalia91

    Real Madrid - Juventus 1-0, commenti post partita

    Mi ha ricordato il grandissimo Giuffrida🤣
  9. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    Openda di precisione
  10. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    Locatelli di giustezza
  11. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    Menomale dai, entra Kostic
  12. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    Mio padre dice che nemmeno la Juventus di Marino Magrin gli toccava così tanto lo stomaco
  13. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    Uno dei Real più scarsi di sempre, ma noi ...
  14. Dalia91

    [Live] Real Madrid - Juventus 1-0

    È molto più semplice che facciano loro il secondo gol
  15. Dalia91

    Il pre-partita di VecchiaSignora: Real Madrid -Juventus

    Sono d' accordo con Tudor perchè il sistema è neutro: sono gli uomini e le idee che lo rendono efficace o sterile. Diciamo che conta come impalcatura, ma il vero calcio vive nei principi, nella mentalità, e nel coraggio dell’allenatore di far convivere i giocatori forti, ed è in questo che si perde il buon Igor. Sticazzi come li schieri, ma la formazione è già na roba inguardabile.🤮
  16. Si, ma io non mi riferivo alle tempistiche o alla logistica del mercato. Il mio discorso era di natura diversa: riguardava la coerenza e la responsabilità personale di un allenatore, non le circostanze pratiche. Se davvero un tecnico crede in un progetto e vuole essere credibile agli occhi dei giocatori, della società e dei tifosi, deve porsi con chiarezza prima, non dopo. Può anche accettare dei compromessi, succede a tutti, ma se poi il progetto cambia radicalmente e non lo rappresenta più, allora il gesto coerente è farsi da parte, non restare e poi prendere le distanze in corso d' opera. Non sto dicendo che Tudor dovesse dimettersi il giorno dopo il mercato; sto dicendo che, nel momento in cui ha accettato di restare, ha anche implicitamente condiviso le scelte della società. E a quel punto, se i risultati non arrivano, non può spostare la responsabilità altrove. Non è una questione di tattica o di mercato: è una questione di credibilità umana e professionale. Mi servono due quinti e un centrocampista forte e tu mi prendi un terzino e 27 alternative a Vlahovic? Me ne vado! Soprattutto perchè eri stato avvisato a giugno. Oppure se decido di restare, abbandono le mie convinzioni e, soprattutto, non cerco alibi. E lui non sta facendo nessuna delle due.
  17. Quando Igor Tudor è stato convocato in sede per discutere della sua permanenza alla Juventus, avrebbe dovuto presentarsi con un’impostazione chiara e professionale: delineare innanzitutto la propria valutazione dell’organico a disposizione, illustrare gli obiettivi tecnico-tattici che intendeva realizzare e, soprattutto, indicare con precisione i profili funzionali necessari per raggiungerli. A quel punto, avrebbe dovuto porre una condizione altrettanto netta: “Avete la mia piena fiducia, ma se al termine del mercato non dovessi ritrovare in rosa i profili richiesti, procederemo con una risoluzione consensuale del contratto, con relativa buonuscita per il sottoscritto. Prendere o lasciare.” Invece, Tudor ha accettato in toto la squadra che la società gli ha messo a disposizione, avallando di fatto le scelte della dirigenza. Oggi, però, attraverso una serie di dichiarazioni ambigue e allusioni più o meno velate, sembra voler prendere le distanze da un progetto tecnico che lui stesso ha implicitamente condiviso. Un atteggiamento che appare più finalizzato a salvaguardare la propria immagine agli occhi di tifosi e media, piuttosto che ad assumersi fino in fondo la responsabilità del lavoro svolto sul campo. Tudor mi sembra più preoccupato di tutelare se stesso che di difendere la propria idea di calcio o la propria dignità. Ha accettato compromessi, restando in panchina anche quando la società ha palesemente ignorato il suo progetto, e poi ,a risultati deludenti, si sta affrettando a prendere le distanze. Il problema è che, così facendo, perde credibilità: perché se davvero non condividi un progetto, lo lasci. Punto. Il fatto è che il calcio moderno, con i suoi contratti milionari e la continua esposizione mediatica, ha reso quasi “normale” vivere di alibi e di rendita, più che di responsabilità. E da qui nasce proprio quella sensazione che molti tifosi come me percepiscono così bene: quella che li fa sembrare parassiti del sistema, figure che si aggrappano al posto più per convenienza che per convinzione. E da un ex bianconero non me lo aspettavo. Perchè prima del professionista viene l' uomo.
  18. Il silenzio della società e le sue stilettate in conferenza ci dicono chiaramente che a metà ottobre si è già agli alibi e al "si salvi chi può"
  19. Purtroppo la rosa è asimmetrica e “ibrida", perchè di fatto questa Juve non è costruita per nessun modulo preciso. È una rosa da transizione tra due cicli: ha difensori da difesa bassa (Gatti, Rugani, Kalulu), centrocampisti verticali ma non pensanti, e punte molto diverse tra loro che impongono registri tattici opposti. Perciò ogni sistema “puro” (3-4-2-1, 4-3-3, 4-1-4-1) finisce per sacrificare metà squadra. Io non dico che il lavoro per Tudor sia facile, ma lui lo ha ulteriormente complicato e dopo diversi mesi sembra ancora lontano da un valido compromesso tecnico/tattico.
  20. "Locatelli in ritardo, postura sbagliata, Chico che perde palloni" Tutto corretto, ma chiediamoci perché questi errori si ripetono sistematicamente. Quando la squadra è lunga, i reparti slegati e la copertura preventiva inesistente, non è più un errore individuale, diventa un effetto di sistema. Locatelli “fermo” non è (solo) un problema di concentrazione, ma il sintomo di un piano collettivo che non lo protegge: Nessuno accorcia su Paz. Le distanze tra linee sono di 25-30 metri. Lui è solo in una terra di mezzo, e quando prova a scalare è sempre “fuori tempo”. L’allenatore, in queste situazioni, non è innocente, anzi. Se la squadra ha posture e distanze sbagliate sempre uguali, vuol dire che l’esercitazione quotidiana, cioè il modo in cui si prepara la fase difensiva, non funziona. Non basta urlare “stringi!” o “copri!” dalla panchina, servono automatismi. Quanto a Chico, sì, 8 palloni persi sono una colpa sua, ma anche lì il contesto pesa. Gli errori episodici sono colpa dei singoli, ma la ripetitività degli stessi errori è responsabilità del tecnico.
  21. Ai tempi di Platini e Maradona l' allenatore era soprattutto un gestore e motivatore. I sistemi erano più rigidi, i ruoli più definiti, e i giocatori si adattavano. Il talento individuale poteva emergere anche nonostante l’allenatore, perchè bastava una struttura chiara, due, tre principi base e qualità tecnica. Gli schemi contavano, ma il peso specifico del singolo campione era spesso sufficiente per “rompere” il piano avversario. Ora il gioco è sistemico: pressing organizzato, distanze di 15-20 metri, meccanismi di uscita palla precisi, rotazioni automatizzate. Ogni dettaglio , dove ricevi, come ruota la catena, dove attacca il quinto, chi fa la copertura preventiva è determinante. Qui l’allenatore diventa un ingegnere del tempo e dello spazio: decide le altezze di pressione, struttura la costruzione, definisce i “trigger” di movimento, e crea contesti funzionali per ogni giocatore. Quando questo manca (come alla Juve oggi), l’intera squadra perde senso collettivo e i singoli sembrano peggiorare.
  22. Mi rifiuto di credere che nel 2025 possano esistere tifosi convinti del fatto che il tecnico conti poco. Oggi l’allenatore non è più solo un selezionatore o un motivatore. È un progettista di comportamenti collettivi. E quando il progetto è sbagliato, anche i buoni giocatori smettono di sembrare tali. Quando leggo:" eh ma cosa può farci l' allenatore se i calciatori non sanno stoppare un pallone?" beh mi sanguinano gli occhi...
  23. Non è fanatismo: è una lettura funzionale alle sue caratteristiche. Leao può giocare punta perché attacca la profondità; Yildiz rende meglio partendo largo perché crea e rifinisce. Due interpretazioni diverse dello stesso ruolo nominale. Certo che può essere accentrato, ma con quali risultati? 👍Nel calcio moderno, l’efficacia di un giocatore dipende dal concetto di zone di comfort funzionali, cioè le aree di campo dove può ricevere palla, girarsi e agire in modo proattivo. Alla Juve di Tudor oggi mancano proprio queste: il sistema non crea “zone di ricezione pulite”, quindi tutti i giocatori agiscono in condizioni di svantaggio posizionale. Quando un sistema non ti accompagna, come accadeva con Del Neri, anche i migliori sembrano limitati. Il talento non scompare: viene semplicemente isolato.
  24. Approfitto del tema sollevato dal tuo intervento per dire la mia su Yildiz: che per caratteristiche “nude”, possa essere impiegato anche da seconda punta, è un fatto, tuttavia, per me, il punto centrale è cosa rende Yildiz realmente efficace oggi, e le evidenze di campo; heatmap, posizione media, tipo di palloni giocati e rendimento, mostrano che funziona meglio come esterno moderno a piede invertito e non come seconda punta pura. Vero, con Allegri, Yildiz agiva formalmente da seconda punta, ma riceveva palla molto defilato sulla sinistra, quasi da mezz’ala avanzata; toccava molti palloni lontano dalla porta, costretto a venire incontro per ricevere e dipendeva troppo dal partner d’attacco per avere spazi, con risultati poco interessanti. Poche ricezioni in area, poca profondità, molto lavoro spalle alla porta. La sua qualità tecnica emergeva, ma senza tradursi in pericolosità costante. Infatti, in quel ruolo, i suoi Expected Goals e Key Passes erano inferiori rispetto a quando ha libertà di muoversi più largo. C' è da dire che le heatmap e i posizionamenti medi (Juve vs Turchia) mostrano che con la Turchia riceve più alto, spesso fronte alla porta e con campo da attaccare. Quindi non è una seconda punta “alla Dybala” (che gioca tra le linee), ma un esterno associativo che parte da sinistra per accentrarsi, come fa un piede invertito. Gli serve campo davanti, non compagni troppo vicini. Hai perfettamente ragione nel dire che non è un esterno classico da fascia, non è un’ala “di corsia” che sta larga o che deve fare copertura difensiva. Ma l’esterno moderno (quello che è oggi Yildiz) non è quello: parte largo, ma per poi stringere dentro; non è chiamato a coprire fino al fondo, ma a difendere di posizione, come fanno KKvaratskhelia e altri..ma deve avere un terzino dietro che gli garantisca ampiezza (cosa che nella Juve attuale manca). Quando lo costringi a fare la seconda punta, gli togli la zona di ricezione naturale, quella dove può creare superiorità numerica col primo tocco e poi concludere o rifinire. Certo, il 4-4-2 è sempre stato visto come il sistema più semplice per costruire e mantenere equilibrio, ma negli passati, perchè il 4-4-2 moderno, quello fluido, non “a blocco” , vive sulle rotazioni tra esterno, mezzala e seconda punta; meccanismi di gioco tutt’altro che immediati da trovare. Per me Yldiz non è penalizzato dal modulo, ma dalla mancanza di un sistema coerente che gli permetta di muoversi nei suoi corridoi preferiti.
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