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juventino milanese

30 anni dalla scomparsa di Ayrton

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Buongiorno a tutte ed a tutti. 

Il 1° maggio 1994 moriva uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1, per molti forse il migliore.
Non ero un suo tifoso, come tanti altri tifavo Ferrari, la rivalità con il francese Alain Prost caratterizzò molto quegli anni, ma gli riconoscevo una superiorità indubbia.


Personalmente, tra le altre cose, ricordo una capacità straordinaria nel saper frapporre tra sé ed il diretto inseguitore un "doppiato", superandolo poco prima della parte mista del circuito, facendo in modo che quest'ultimo facesse da "tappo" e quindi sottraendo preziosi decimi di secondo a chi cercava di avvicinarsi.


Ma non era certo solo questo il suo più grande talento:

3 volte Campione del Mondo

41 Gran Premi vinti

80 volte sul podio

65 volte in pole position 

 

Ma i numeri non dicono tutto: insuperabile nella guida sotto la pioggia, fortissimo nei circuiti cittadini (detiene ancora adesso il record di vittorie a Monte Carlo), eccezionale nella messa a punto del veicolo e nella scelta degli pneumatici.

 

Il 1° maggio 1994 si correva il Gran Premio di San Marino, autodromo di Imola.
Quel pomeriggio io e altri amici ci stavamo recando con il pullman allo stadio (uno dei tanti Juventus Club che all'epoca percorrevano, come un serpentone unico, la Milano - Torino); la partita per la cronaca era contro l'Udinese e vincemmo 1-0 con gol del compianto Gianluca Vialli. 


Ricordo lo sgomento e la preoccupazione nel vedere su quei piccoli televisori l'incidente alla curva del Tamburello, ed il pilota immobile a parte un lieve movimento del capo.


Non ricordo nulla della partita, ma ho ben impresso  nella memoria il pensiero che quel giorno sarebbe mancato una Leggenda dello Sport (la dichiarazione ufficiale venne fatta poco prima delle 19).


Quel weekend a Imola fu tragico, ci fu anche la morte il giorno prima del pilota austriaco Ratzenberger, e numerosi incidenti caratterizzarono tutto il fine settimana. 


Qui di seguito riporto una ricostruzione, fonte Wikipedia:
La competizione è nota per essere stata uno degli eventi di Formula 1 con più incidenti dall'esito grave o mortale: nell'arco dei tre giorni di gara vi persero infatti la vita i piloti Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, mentre Rubens Barrichello rimase ferito, così come (pur con esito meno grave) alcuni meccanici e vari spettatori, coinvolti passivamente in ulteriori incidenti verificatisi durante la corsa.


 Venerdì

La sequenza di gravi incidenti che segnò il weekend ebbe inizio già nelle prove libere del venerdì: durante la sessione la Jordan di Rubens Barrichello, a causa del cedimento della sospensione posteriore sinistra e della velocità troppo elevata, uscì di traiettoria alla Variante Bassa, passò di traverso sul cordolo esterno e decollò, superando le gomme di bordopista e impattando contro le reti di protezione. L'auto quindi rimbalzò all'indietro, si cappottò un paio di volte e infine si fermò ribaltata nella via di fuga.
Essendo manifesta la gravità della situazione, le prove vennero subito interrotte onde consentire di prestare i soccorsi. Barrichello venne estratto esanime dall’abitacolo e rianimato sul posto dai sanitari: ripresi i sensi, venne trasportato al centro medico e in seguito all'ospedale, ove venne stabilizzato e medicato (avendo riportato una frattura al setto nasale, tagli alla bocca, un braccio rotto, una costola incrinata ed una leggera amnesia). Pur non potendo prendere parte al resto dell'evento, già la mattina del sabato si ripresentò nel paddock.


 Sabato

Il secondo incidente avvenne durante le prove ufficiali di sabato 30 aprile: Roland Ratzenberger era impegnato in un giro lanciato nel tentativo di abbassare il suo tempo di qualificazione. Giunta nel rettilineo all'uscita della curva Tamburello, la Simtek del pilota austriaco subì la rottura dell'ala anteriore: il brusco calo di deportanza e l’elevata velocità (314,9 km/h) la resero ingovernabile, mandandola a sbattere contro il muro esterno della successiva svolta, intitolata a Gilles Villeneuve. Nel forte impatto la cella di sopravvivenza dell'abitacolo resse abbastanza bene, ma la decelerazione fu tale da far perdere immediatamente conoscenza al pilota, provocandogli una frattura della base cranica. Anche stavolta la gravità della situazione fu subito manifesta: mentre il relitto della vettura (rimbalzato contro il muretto) continuava ad andare in testacoda per poi fermarsi in mezzo alla curva Tosa (successiva alla Villeneuve), si vide distintamente la testa del pilota oscillare mollemente, appoggiata ai bordi dell'abitacolo.
L'allarme fu ancora una volta immediato e fu esposta la bandiera rossa: in due minuti i medici di pista, diretti dal dottor Sid Watkins, si accostarono alla Simtek, trovando Ratzenberger privo di sensi e con copiosa perdita di sangue dalla bocca e dal naso.
I sanitari intervennero su di lui dapprima nell’abitacolo, dopodiché lo estrassero e lo distesero a terra, tentando di rianimarlo. Dopo essere riusciti quantomeno a farlo uscire dall’arresto cardiaco, lo caricarono su un’ambulanza e quindi sull’elicottero del 118 Emilia-Romagna, che lo trasportò al pronto soccorso dell'Ospedale Maggiore di Bologna; a causa del grave trauma subito il pilota austriaco morì sette minuti dopo l'arrivo all'ospedale.

La ricostruzione più credibile dell’incidente indicò come causa scatenante un danno all’alettone anteriore della Simtek, riportato durante il giro di lancio a causa di un probabile passaggio scomposto su un cordolo. Tale rottura non venne ravvisata né dal pilota né dal muretto, ma allorché Ratzenberger affrontò il rettilineo del Tamburello, il forte carico aerodinamico dell’alta velocità andò a spezzare definitivamente la superficie alare. A conforto di tale teoria vi furono le registrazioni delle telecamere Rai puntate su quel tratto di pista, una delle quali, poco dopo il passaggio della Simtek numero 32, riprese un oggetto di colore violaceo (visivamente compatibile con la forma del flap frontale) volare in mezzo al tracciato.
Secondo le leggi italiane l'autodromo sarebbe dovuto andare immediatamente sotto sequestro a causa dell'incidente mortale, per consentire al pubblico ministero competente di effettuare i rilievi. Essendo però i medici riusciti a riattivare il cuore di Ratzenberger, il successivo decesso avvenne al di fuori del circuito e non comportò la sospensione del programma di gara.
Era dal 1986 che un pilota di Formula 1 non moriva “sul lavoro” (l’ultimo era stato De Angelis nel corso di un test privato) e ancor più tempo era passato dall’ultimo accadimento luttuoso nel corso di un evento ufficiale (l’incidente di Riccardo Paletti al Gran Premio del Canada 1982). L'ambiente della Formula 1 ne risultò immediatamente traumatizzato: allorché le prove vennero fatte ripartire, Ayrton Senna e tutti i piloti della Benetton e della Sauber decisero di non effettuare altri giri (...) 

 

Domenica 

Il terzo grave incidente del weekend si verificò già alla partenza della gara: allo scattare del semaforo verde la Benetton di JJ Lehto, quinta in griglia, ebbe un problema tecnico e spense il motore, rimanendo ferma sulla piazzola. Le macchine che la seguivano scartarono bruscamente sui lati per evitarla, ma Pedro Lamy, partito dalle retrovie, si avvide dell'ostacolo solo all'ultimo momento: l'elevata velocità e la presenza di altre monoposto al suo fianco resero inevitabile il violento impatto, con la Lotus che letteralmente sfondò il retrotreno della Benetton, andando poi alla deriva per un centinaio di metri e fermandosi allo sbocco della pit-lane. Entrambi i piloti non riportarono conseguenze (salvo alcuni indolenzimenti), ma i detriti persi dalle auto coinvolte volarono in tutte le direzioni; alcuni di essi scavalcarono le recinzioni e finirono sulle tribune ferendo nove spettatori, dei quali uno, colpito da una gomma, rimase qualche giorno in coma.
Poiché il rettilineo dei box si era riempito di detriti, la direzione di gara ordinò l'ingresso in pista della safety car (condotta dal pilota Max Angelelli), per rallentare i concorrenti e dare modo ai commissari di ripulire il tracciato e spostare i relitti delle auto incidentate.
(...)
Una volta pulita la pista la gara riprese: Senna aveva mantenuto il comando e subito segnò un buon tempo cronometrato (risulterà essere il terzo crono più veloce della gara), inseguito a breve distanza da Schumacher.
Nel corso del settimo giro, alle ore 14:17, la Williams del brasiliano approcciò normalmente la svolta del Tamburello a una velocità di circa 310 km/h. In questo frangente il piantone dello sterzo (modificato frettolosamente dai meccanici su istruzioni dello stesso Senna prima della gara) cedette alle sollecitazioni e la vettura divenne ingovernabile. Senna, accortosi di non riuscire a curvare e di stare andando dritto, frenò bruscamente fino a ridurre la velocità a 211 km/h, ma la via di fuga era troppo stretta: nel giro di 2 secondi la Wiliams impattò con un angolo di circa 22 gradi contro il muretto a bordo pista. La grande energia cinetica fece rimbalzare la macchina all'indietro verso la pista: essa toccò di traverso la striscia d'erba che separava il tracciato dalla via di fuga e ritornò verso l'esterno, per poi arrestarsi una cinquantina di metri più avanti. Nella carambola una sospensione dell'auto si spezzò con ancora attaccata la gomma e colpì Senna alla testa, provocandogli un grave trauma cranico: il braccio scheggiato della sospensione penetrò nel casco attraverso la visiera, ferendo gravemente il pilota nel lobo frontale destro, poco sopra l'occhio. Resasi conto dell'immobilità del pilota nel relitto della macchina (salvo alcuni lievi spostamenti del capo probabilmente dovuti alle lesioni a livello cerebrale), la direzione di gara espose la bandiera rossa e chiamò i soccorsi.
Nel giro di due minuti i medici guidati dal dottor Sid Watkins intervennero presso la vettura. Le condizioni di Senna erano palesemente gravissime: il pilota era esanime e la testa era mollemente appoggiata al bordo laterale dell'abitacolo. I sanitari sfilarono il casco al pilota tagliando la cinghia di ritenuta, constatando che il brasiliano era in stato di gasping: oltre alla ferita sopra l'occhio destro manifestava una fuoriuscita di sangue dal naso e dalla bocca e non reagiva ad alcun tipo di sollecitazione. Lo estrassero dalla vettura e lo stesero a terra per stabilizzarlo: anzitutto si provvide a tenergli aperte le vie respiratorie con la praticazione di una tracheotomia d'urgenza, a tamponare l'emorragia e a trasfondergli del materiale ematico.
Watkins, appurata l'estrema gravità della situazione (a posteriori dichiarò di aver avuto "la percezione che il suo spirito lo stesse abbandonando in quell'istante", dopo aver osservato un improvviso rilassamento del corpo del pilota), chiese l'intervento dell'elisoccorso, che in modo del tutto inedito per la storia della Formula 1 fu fatto atterrare direttamente in pista, presso il sito dell'incidente.
In quei momenti concitati qualcuno autorizzò erroneamente il rientro in pista di Érik Comas, che non era ripartito insieme agli altri all'uscita della safety car, ma era rimasto fermo a lungo nei box per riparare l'alettone posteriore rovinato da una toccata. Il francese della Larrousse, ignaro della situazione, arrivò al Tamburello a discreta velocità, evitando per poco di investire i mezzi di soccorso. Incredulo per la situazione creatasi, egli uscì dalla vettura per sincerarsi dello stato del collega ferito (che peraltro qualche tempo prima l'aveva a sua volta soccorso a seguito di un incidente in gara). Quindi, prima che la direzione di gara lo squalificasse per il grave pericolo causato, decise sua sponte di ritirarsi dalla gara.
Alle ore 15:00 Senna venne caricato a bordo dell'elicottero, che decollò dalla pista alla volta dell'Ospedale Maggiore di Bologna: al seguito del pilota si imbarcarono il dottor Watkins e il primo assistente Giovanni Gordini, medico anestesista. Durante il volo gli fu trasfuso altro sangue, per un totale di 4,5 litri.
(...)


A gara conclusa tutte le attenzioni si concentrarono sulle condizioni di salute di Ayrton Senna, che era nel frattempo giunto all'ospedale di Bologna. L'équipe del reparto di rianimazione guidata dal primario dottoressa Maria Teresa Fiandri (che aveva raggiunto il nosocomio subito dopo aver visto l’incidente in televisione) esaminò sommariamente il pilota, constatando che l’unica ferita visibile era quella già citata sopra l’occhio destro (larga tre o quattro centimetri), oltre a un complessivo gonfiore del viso (altrimenti disteso e sereno), mentre il resto delle membra appariva illeso. Allorché tuttavia lo spostarono dalla barella si accorsero che essa era piena di sangue, in quantità giudicata sproporzionata rispetto alle lesioni visibili.
La squadra medica provvide subito a trattare l'insufficienza cardiaca e respiratoria in cui versava Senna, fino a quasi stabilizzare polso e respirazione; di tale situazione venne dato conto in due bollettini medici che vennero letti dinnanzi alla folla di giornalisti che si era raccolta presso il reparto di rianimazione, mentre la gara era ancora in corso.
In seconda istanza, dopo un consulto con il dottor Gordini (che fin da subito dichiarò nulle le speranze di arrivare a buon fine), il pilota fu sottoposto a TAC ed elettroencefalogramma, che rivelarono tutta la gravità dei traumi subiti e l’assenza di attività cerebrale. Tutto ciò non era tuttavia sufficiente, ai sensi delle leggi italiane in vigore, a dichiarare la morte, che nelle normative era intesa come cessazione dell'attività cardio-respiratoria.
Alle ore 18:15 Leonardo, fratello del pilota (che aveva raggiunto l’ospedale insieme all’addetta stampa Betise Assumpcao), chiamò un prete affinché amministrasse ad Ayrton l'estrema unzione: a stretto giro la dottoressa Fiandri li raggiunse ed espose loro il risultato degli esami, avvertendoli dell’irreversibilità dello stato comatoso, per poi dare analoga infausta prognosi anche agli operatori mediatici.
Allorché alle 18:37 subentrò un nuovo arresto cardiocircolatorio, l'equipe medica decise di non insistere ulteriormente: tre minuti dopo la stessa dottoressa Fiandri si presentò nella sala stampa improvvisata al 12º piano dell’Ospedale Maggiore, annunciando ai giornalisti ivi convenuti il decesso di Senna.
Nel referto l'ora effettiva della morte venne tuttavia indicata alle 14:17, momento dell'impatto con il muretto, sebbene il suo cuore abbia cessato di battere alle 18:40, a significare come ogni tentativo di salvataggio fosse stato vano.

I funerali di Stato di Senna, ebbero luogo il 5 maggio 1994 a San Paolo in Brasile, alla presenza di tantissimi rappresentanti del mondo delle corse. Il 7 maggio, invece, ebbero luogo a Salisburgo, in Austria, i funerali di Roland Ratzenberger, alla presenza del presidente della FIA, Max Mosley.
L'incidente di Senna resterà l'ultimo con conseguenze mortali in una competizione di Formula 1 fino al Gran Premio del Giappone 2014, segnato dal grave incidente occorso al francese Jules Bianchi, poi deceduto il 17 luglio 2015 dopo più di 9 mesi di coma.

 

Concludo inserendo un brano di Lucio Dalla 

 

Buon primo maggio 

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