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Caso stipendi: la Juve dovrà pagare 9,7 milioni di euro a Ronaldo. Riconosciuto il concorso di colpa di CR7. La società: "Pronti a tutelare i nostri diritti"

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PROFESSIONE ACCORDICCHIO

 



“Se l'acqua è poca, la papera non galleggia” - (vecchio proverbio napoletano)


Mentre John Elkann cerca di difendersi dagli affondi processuali, molto efficaci, della madre Margherita, non mancano altre nuove e mirabolanti avventure frutto del suo operato in altri ambiti.

Tanto per cominciare, di recente, in una lettera agli azionisti, ha rinnovato al mondo intero il piano per la Juventus, ossia "Anno zero"; niente investimenti, niente vera programmazione imprenditoriale per la rinascita del club. Anzi, il suddetto ha citato anche come scusa a supporto del suo piano di ridimensionamento programmato, la Uefa e i suoi parametri economici stringenti entro cui muoversi. Parametri che, come tutti sanno, valgono solo per alcuni club, perché in Europa in primis vale la regola dei "figli e figliastri". Ma la nuova era della Juve, ossia quella del post Agnelli, ha come dogma assoluto quello di difendersi nelle sedi opportune senza arroganza, e patteggiando tutto senza freni. Colpe reali, colpe inventate, colpe da provare, o altro, non fa nessunissima differenza. La Juve è "figliastra" per eccellenza.

Ergo, Ceferin ha ottenuto tutto quello che voleva senza nessuna opposizione reale, ed è nuovamente palese, dalle parole di Elkann, che la Uefa ha condizionato con prepotenza il futuro prossimo al ribasso del club.
Il futuro è nelle mani di Giuntoli, tocca a lui fare i miracoli, ma non troppi e non grandi, per non dare fastidio agli amici dell'Ingegnere.

Nell'ambito dell'editoria, ossia gruppo GEDI, non solo Elkann ha venduto moltissime testate locali e non, ma ha anche parlato dell'etica riguardante la libertà di informazione delle testate rispetto a chi le possiede (La Stampa e Repubblica). A molti osservatori queste bellissime e civilissime parole, visto il clima di tensioni e malumori generalizzati che vivono da tempo le due redazioni in questione, sono sembrate un misto tra una fenomenale sarcastica presa in giro e una strepitosa barzelletta.

Dopodiché in questi giorni si è svolta la curiosa vicenda della nuova Alfa Romeo denominata "Milano", che a causa delle recenti polemiche con l'attuale governo e con una bella fetta di opinione pubblica, rispetto alla fuga dall'Italia del gruppo, ha dovuto cambiare nome in "Junior". In tanti hanno osservato infatti che il nome non rispecchiava più la realtà, ossia l'identità del gruppo che la produce, in quanto tutto ora avviene all'estero (proprietà, indirizzo, amministrazione, gestione e produzione). Falso problema evidentemente, perché la Ferrari "California" non veniva prodotta in California, l'Alfa Romeo "Stelvio" non viene prodotta sul passo dello Stelvio, la Ford "Gran Torino" non veniva prodotta a Torino, e via così. In fondo per qualunque auto, di qualunque gruppo, un nome vale l'altro. Si tratta più che altro di un esercizio di stile.
Ma anche qui, per paura dell'opinione pubblica e dei potenziali consumatori influenzabili dalle polemiche, si è proceduto immediatamente a cambiare nome. L'importante è vendere, i principi non interessano, giusti o sbagliati che siano. Meglio un veloce auto-patteggiamento.

Nonostante il mondo industriale e commerciale sia in costante evoluzione in tutti i settori e in tutto il mondo, in tanti non perdonano la fuga dall'Italia del gruppo che ha usufruito nel tempo di molti aiuti di stato, e vedono come una "furbata" vera e propria quella di cercare ancora di costruire nell'immaginario collettivo un legame delle auto del gruppo all'Italia. Una sorta di legame artificioso e di facciata, volutamente nostalgico, per sfruttare l'onda lunga dello storico Made in Italy. Spot della nuova Lancia Ypsilon girato a Torino (fabbricata in Spagna), il nome "Milano" della nuova Alfa Romeo per celebrare la città di nascita del marchio, il nome della nuova Fiat "Topolino" in onore della storica autovettura torinese nata tra le due grandi guerre (oggi elettrica e realizzata in Marocco), ecc.

Ma, al di là delle legittime e diverse opinioni che ognuno di noi può avere, le vicende di questo periodo sono esemplificative, ancora una volta, degli intenti e dello spirito di chi possiede la Juventus e ne programma le sorti.
Risulta chiaro ormai che l'intera gestione del gruppo segue delle logiche di pragmatismo freddo e amorale, privo di orgoglio, di radici storiche, e di costrutto. Le valutazioni si fanno esclusivamente in funzione del portafoglio, della convenienza del momento guardando su tutti i tavoli contemporaneamente, e le parole dette sono solo fumo negli occhi, ossia concetti di circostanza. Si tratta della classica polvere messa sotto il tappeto.
In caso di problematiche improvvise si patteggia, si trova un accordo, in modo quasi seriale. Non a caso, l'unico ambito in cui non si patteggia e dove ci si difende con le unghie e con i denti, è la causa ereditaria. Chissà come mai...

Per tutto il resto, non ci sono tabù, l'acqua è poca, la papera non galleggia, ma nel gruppo olandese si trova sempre qualcuno che volentieri patteggia.
Considerando che la Juve nel lungo treno delle tante aziende del gruppo è il vagone più piccolo e sta ultimo in coda, per non rimanere delusi aspettiamoci sempre il peggio.

Perché? Perché è sbagliato proprio l'approccio, la filosofia di queste scelte. Anche nelle difficoltà, come diceva il filosofo inglese Thomas Hobbes, “i patti senza la spada sono solo parole e non hanno la forza di difendere nessuno”.

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l'acquisto di Rinaldo è stato un flop, metteteci tutte le scuse che volete ma il risultato è sempre e solo quello

 

vedo che per i giudici il concetto di conflitto di interessi non esiste...mi sembra giusto considerando il nostro paese e come sta andando 

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