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Portatore di Luce

La Proprietà della Juventus F.C.

Post in rilievo

Da oltre 10 anni non scrivo su questo forum. In questa occasione voglio ribadire quanto allora sostenevo, aggiornando ed attualizzando alcune di quelle riflessioni. L’esposizione sarà terribilmente lunga. Solo in pochi leggeranno, e molti mi inviteranno più o meno garbatamente ad evitare di scrivere per un ulteriore decennio, ma ne sarà valsa comunque la pena. Sento che è mio dovere di tifoso. L’unica piccola cosa che posso fare per il club che amo.

 

La Juventus, nacque nel 1897 e divenne di proprietà Agnelli nel 1923. Degli oltre 70 trofei ufficiali vinti, solo uno precedette tale acquisizione, e questo rende l’idea del ruolo svolto da tale famiglia nella costruzione del mito di questo club. Nonostante le numerose vittorie dei successivi 70 anni del XX secolo, molto di ciò che è oggi storia di questo club sarebbe stato perfettibile. Molto di ciò che concerne la filosofia sportiva, la politica gestionale, la gestione dell’immagine, la programmazione e l’innovazione sarebbe stato enormemente migliorabile anche investendo le medesime risorse, se vi fosse stata sufficiente lungimiranza e se la visione strategica non fosse stata ancorata a canoni di matrice industriale (specie piemontese) tipici del secolo scorso che, in buona fede, si ritenevano erroneamente premianti in un ambito come quello calcistico, il quale sarebbe gradualmente evoluto in un ibrido tra sport, spettacolo e politica.

 

Ciò nonostante, e malgrado la scarsa legittimazione oltre confine della dimensione nazionale quale conseguenza dei suddetti errori storici, la Juventus arrivò alla seconda metà degli anni ’90 come un club in ottima posizione e con ottime prospettive nel panorama calcistico internazionale.

Le poche vittorie oltre confine, il fatto che queste fossero state non sempre convincenti, e la loro concentrazione nel precedente ventennio, il tutto amplificato dall’impietoso confronto con i risultati del Milan Berlusconiano (addirittura amplificato dai media dell’epoca), non costituivano un limite insormontabile alle possibilità del club di ritagliarsi una dimensione da protagonista nel calcio che conta.

Ai nastri di partenza dell’accesissima competizione sportiva e gestionale, che, con l’avvento del terzo millennio, sarebbe iniziata tra i club delle maggiori leghe per la supremazia calcistica, la Juventus poteva vantare su un seguito importante, risorse non troppo dissimili dai competitor, la possibilità e la capacità di attingere campioni sia dal bacino nazionale che estero, e un settore tecnico le cui conoscenze, per quanto sempre arretrate di almeno un paio di decenni rispetto alle caratteristiche del calcio contemporaneo, era costituito da persone non completamente aliene alle dinamiche del calcio che conta, ovvero quello europeo.

 

In questo periodo avrebbe dovuto avvenire una evoluzione da parte del club, la quale lo proiettasse verso l’era moderna del calcio capovolgendo completamente il paradigma con riferimento all’arcaica e miope visione sportiva che avevano impedito alla società di ottenere, ai massimi livelli, successi e consensi proporzionali a quelli conseguiti tra le mura domestiche. Contemporaneamente, il club, avrebbe dovuto e potuto rafforzare quelli che erano stati i suoi punti di forza nei decenni precedenti.

Una condotta virtuosa sotto questi aspetti, accompagnata da una gestione audace, appassionata e innovativa, avrebbe potuto e dovuto dare origine a quello che, per palmares e prestigio sarebbe stato il club italiano di riferimento nel mondo.

 

Tutto ciò, purtroppo, non successe, e con l’inizio del nuovo millennio fu chiaro che gli errori storici si sarebbero ripetuti, la frequenza dei successi internazionali sarebbe rimasta con tutta probabilità gravemente insufficiente, e difficilmente la Juventus avrebbe potuto disporre nuovamente di una delle formazioni più forti al mondo come avvenuto, a periodi alterni, nei due decenni precedenti.

Tuttavia, in pochi all’epoca avrebbero potuto immaginare che gli anni successivi sarebbero stati caratterizzati dalla peggior disgrazia di cui la storia di questo club abbia memoria: la figura di John Elkann quale proprietario della società.

 

Da allora, a causa di costui, la Juventus come tutti noi la immaginiamo sulla base della sua storia più remota e del mito che essa ha rappresentato grazie al suo nome ed al consenso popolare, ha ormai da quasi trent’anni abdicato definitivamente dal suo ruolo nel panorama del calcio mondiale.

Nulla di positivo, futuribile e virtuoso è stato posto in essere ne perseguito, con l’eccezione di alcune scelte compiute durante il decennio di successi nazionali, le quali, accertatamente intraprese in contrapposizione alla volontà del proprietario, se coltivate e difese con coerenza avrebbero potuto rimediare ad alcuni degli errori del passato e proiettare il club verso una dimensione più europea.

Quella per cui siamo costretti a spendere le nostre preziose emozioni imposte dall’amore per i colori (soltanto quelli, non certo per la società in quanto tale) è solo un’accozzaglia di soggetti dalla bassa statura morale ed intellettuale, prive di competenza sportiva, di ambizione, di orgoglio e dignità, diretta emanazione della proprietà.

 

Tutto ha origine da una vergognosa proprietà che limita le ambizioni, spegne i sogni di chi la ama, contiene ogni entusiasmo ed aspirazione, sopprime ogni slancio, soffoca ogni elevazione personale, sminuisce il talento, mortifica il valore dell’abilità individuale e della ricerca dell’eccellenza; essa contestualmente incentiva la normalità, loda l’ordinario, magnifica la mediocrità, esalta la supremazia della quantità sulla qualità, del lavoro e del sacrificio sull’attitudine, della continuità sull’eccellenza; ed ancora umilia il senso estetico e la bellezza artistica proponendo un inesistente antagonismo con la sostanza, promuove il pragmatismo, la marginalità dell’essere convincenti, l’inessenzialità del riconoscimento, l’autoreferenzialità delle opinioni, il disprezzo del gusto per l’immagine e l’emozione. Una proprietà ogni gesto della quale si traduce in una mancanza di rispetto verso i tifosi, più o meno evidente che sia.

Questa gente impone rigore e contenimento del rischio aziendale oltre le reali necessità di equilibrio finanziario al solo scopo di contenere le perdite reali e potenziali in pieno accordo con la nullità dell’intraprendenza imprenditoriale che essi professano e che è per loro un dogma imprescindibile in tutte quelle attività in cui il fine ultimo non sia il guadagno. Nulla sposta circa la valutazione delle intenzioni di costoro il fatto che, per garantire la sopravvivenza del club, essi siano comunque costretti a ripianare ingenti e frequenti perdite originate dalla loro stessa miopia, incompetenza e pressapochismo.

La loro linea di pensiero si riflette sull’estrazione e sulla volontà dei dirigenti scelti, totalmente incapaci anche solo di pensare all’eccellenza sportiva, ed a cascata su tutti i dipendenti. Ciò costituisce gli elementi strutturali della filosofia che da anni permea ogni singolo aspetto della nostra sfortunata società: dal mercato calciatori e allenatori alla gestione delle partite e degli uomini; dal rapporto con i tifosi a quello con i media. Ogni singola scelta e comportamento è frutto di questo equivoco di fondo, di questa sperequazione tra ciò che “noi” (e tutti, avversari compresi) riteniamo la Juve debba essere e quello che “loro” pensano debba essere; tra ciò che noi pensiamo animi le loro azioni e quello che in realtà è il vero motore di queste ultime; tra ciò che noi sogniamo e ciò che loro progettano ed attuano.

 

La Juventus degli ultimi 25 anni è una nobile decaduta che sopravvive ancora nella memoria dei suoi sostenitori grazie al ricordo delle sue gesta storiche e che è in mano ad un ammasso di venditori di fumo, manipolatori di coscienze, smidollati, opportunisti, professionisti dell’omissione, manovrati da una delle figure peggiori che l’Italia abbia mai avuto la sfortuna di annoverare tra i suoi più celebri rappresentanti, a sua volta al vertice di uno dei gruppi industriali costituiti dalle personalità più ciniche, fredde, indifferenti a qualsiasi emozione, che mente umana possa concepire. La combinazione di indifferenza, cieca volontà di percorrere una strada esiziale per il club, ed incapacità di scegliere quali fantocci con cui condurre la sua ottusa linea gestionale persone anche solo minimamente in grado di portare a termine lo sconcio compito loro imposto senza coprire di vergogna l’immagine del club dentro e fuori dal campo, è qualcosa di inconcepibile.

 

Sono persone vuote, finte, costruite nel loro proporsi alla gente, e totalmente prive della minima empatia verso gli appassionati di questo sport. Persone prive di valori, irrispettose verso la gente e legate solo al denaro. Ai piani più alti abbiamo affaristi senza scrupoli che hanno fatto dell’inganno alle persone più ingenue ed appassionate uno stile di comportamento, inculcando nelle loro menti l’idea che il dissenso sia infedeltà ai colori, l’idea che la mediocrità sia sostanza, che il lavoro ed il sacrificio siano la discriminante del successo, che la quantità possa compensare l’assenza di qualità, che la competizione sportiva sia intrattenimento. Per loro i tifosi sono degli sciocchi portatori di gonfio portafoglio facilmente manovrabili attraverso la divulgazione di false speranze, di immagini di impegno e di rigore, di slogan preconfezionati al fine di stimolare il senso di appartenenza, salvo poi distruggere sottobanco ogni bagliore di grandezza che lo storico club al quale si professano fedeli ma del quali sono i veri nemici, riesce, contro ogni loro intenzione e sforzo, a manifestare.

 

Io credo che gran parte dei tifosi che vedono qualcosa di luminoso in tutto quello che è la Juventus al di là dei suoi splendidi colori, delle sue gesta storiche e del suo magnifico seguito di appassionati, siano vittime di questo immenso, clamoroso inganno, perpetrato da tempo ai danni di tutti noi.

Sento dire che la proprietà abbia le migliori intenzioni, che la dirigenza operi bene e comunque in buona fede, che alcuni tra i nostri giocatori siano tra i primi al mondo, che le nostre scelte sono lungimiranti, e che ci attende un futuro radioso. Io mi chiedo cosa e dove guardi chi vede le cose in questo modo (non per colpa sua, s’intende).

Se si guarda verso Torino si vedrà un proprietario che se potesse ci cancellerebbe dal calcio pur di condurre i propri interessi senza disturbi; un proprietario che ci impone di “sopravvivere” così da ricavarne, nelle sue intenzioni, la minor perdita finanziaria (salvo registrarne comunque una immensa, ma conseguita coprendosi e coprendoci di vergogna anziché di gloria), e fa in modo di donarci l'entusiasmo strettamente necessario a garantire l’esistenza nel tempo di una base di tifo che possa sostenere economicamente la società almeno nella infima e misera dimensione che egli ha stabilito per essa. Ovviamente il soggetto si guarda bene dal dichiarare o anche solo riconoscere pubblicamente la dimensione sportiva recente di questo club, lasciando spazio alla fantasia dei tifosi abbagliati dall’immagine storica dello stesso, ottenendo un risultato che va addirittura oltre le sue più rosee aspettative a giudicare dal livello di convincimento di alcuni che la Juventus operi per entrare stabilmente nel novero dei club più importanti al mondo. Non è così; non lo è affatto e non lo sarà mai finché costui esisterà.

Guardando ancora più attentamente, si potrà anche scorgere il coacervo di mediocrità, inettitudine, qualunquismo, demagogia, retorica, falsità, che permea in misura differente e con diverse gradazioni di responsabilità, ogni alto dirigente di questa società.

Si vedrà inoltre una squadra sempre e costantemente inadeguata ai grandi palcoscenici, non per colpa dei protagonisti sul campo, ma per colpa o per dolo da parte di chi è deputato a prendere decisioni con effetti diretti od indiretti in ambito tecnico. Una squadra ritenuta da noi grande sulla base di assunti sbagliati, che ci portano più o meno consciamente a sovrastimare il livello simbolico (oltre che tecnico) delle competizioni nazionali (nelle quali, peraltro, al momento, stiamo facendo comunque molto male), immaginando per il futuro prossimo fantasiosi salti di qualità nell’ambito di competizioni laddove è solo l’eccellenza a primeggiare. Una squadra frutto dell’azione di normalizzazione in atto da anni, interpretata da alcuni come eccellente sulla base di quell’odiosa autoreferenzialità che ci è stata purtroppo inoculata a piccole dosi da questi illusionisti nel corso degli anni, come strumento di autodifesa verso le critiche per il fatto di non essere quasi mai convincenti.

L’ipotetico osservatore vedrà inoltre un mare di iniziative che solo all’apparenza sono nella direzione del raggiungimento dell’eccellenza, ma che in realtà sono frutto della volontà di rendere ciclicamente la società in grado di sopportare economicamente gli imprevisti della “mediocrità stabile” (buona frequenza di successi nazionali e della presenza internazionale). Sono il risultato della volontà di conseguire quell’autosufficienza che, in presenza della periodica mancanza di introiti diretti ed indiretti derivanti dai risultati sportivi, limiti la necessità di intervento da parte della proprietà consentendo comunque alla squadra di “galleggiare” in maniera accettabile per la maggior parte dei tifosi. Tali iniziative non sono né del tipo, né dell’entità necessaria a spostare il livello della nostra competitività laddove tutti vorremmo accadesse.

 

Se mai dovessimo vincere nuovamente la massima competizione europea e scrollarci di dosso (almeno temporaneamente) l’infinita vergogna sportiva degli ultimi trent’anni (quella extra-sportiva purtroppo rimarrà anche in quel caso), sarà per la coincidenza favorevole di numerose variabili, nessuna delle quali modificata in senso virtuoso da un intervento intenzionale della nostra società. Sarà piuttosto l’agire di singoli uomini, che per carisma, astuzia ed intelligenza, riescano a sfuggire agli effetti sportivi delle rigide maglie dell’austerità e del pragmatismo imposti dalla proprietà, a regalarci in un futuro che ad oggi appare lontanissimo (ma speriamo sia inaspettatamente vicino), una nuova riserva di dignità e credibilità da spendere nei confronti dell’opinione pubblica durante i successivi anni, nei quali torneremo verosimilmente nell'anonimato in cui ci troviamo ora fino al momento della definitiva liberazione dal male che ci affligge.


Il mio auspicio, dopo l’ennesima umiliazione agli occhi del mondo, è che tutti coloro i quali sono disgustati dai soggetti che siedono nella stanza dei bottoni, si ricordino delle immense sofferenze, della vergogna e delle umiliazioni sportive ed extra-sportive cui questa gente ci sottopone ininterrottamente da anni anche quando capiterà temporaneamente di primeggiare entro i confini nazionali. Sono gli stessi manovratori occulti dei nostri sogni a sperare nel repentino ritorno a questa competitività locale per dare nuova linfa alle proprie menzogne, e lo fanno ovviamente sulla base di semplici considerazioni statistiche. Non bisogna dar loro modo di far credere alla gente più ingenua ed intellettualmente indifesa che quando ciò accadrà, sarà stato frutto di volontà di eccellere, bensì ricordare sempre i mali che ci affliggono, per sperare in una soluzione strutturale al problema.

Io sogno che il tifoso juventino non sia appagato dall'effimera luce che talvolta, qualcuno (forse non propriamente disinteressato) sembra portare sulla Juventus degli Elkann, bensì non smetta mai di contestare e di pretendere per la Juventus una proprietà che la ami.

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Mmm... "umiliazione agli occhi del mondo"? 

Noi avevamo quasi tutte riserve, pensa invece a chi ha perso una finale Champions, con il risultato più umiliante di sempre, con i titolari in campo e veniva definito dai giornali "ingiocabile".

Non scrivevi da 10 anni e si vede, amico mio... 

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17 minuti fa, Portatore di Luce ha scritto:

scrollarci di dosso (almeno temporaneamente) l’infinita vergogna sportiva degli ultimi trent’anni 

non capisco come un tifoso possa pensare certe cose della sua squadra 

 

spero tu stia trollando

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Cioè tutto questo papiro per dire essenzialmente che Elkann è il male e deve vendere la Juve? Poi sminuire e calpestare i successi che la Juve ha ottenuto negli ultimi 30 anni anche no. Topic ad alto rischio flame. Chiudo

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