Non so se qualcuno di voi lo ricorda (credo per motivi anagrafici il gentilissimo utente Stefano, sperando di non aver commesso una gaffe) ma Franzo Grande Stevens era legato ad uno degli eventi più drammatici nel periodo del terrorismo.
Durante il processo ai capi delle Brigate Rosse del 1976, gli imputati si proclamarono "combattenti prigionieri" dello Stato italiano e non criminali, per cui negarono valore giuridico alla corte di giustizia che li stava processando.
In base a ciò, non solo rifiutarono i difensori di ufficio ma minacciarono di morte gli avvocati che avessero accettato di difenderli d'ufficio in quanto, dal loro punto di vista, "collaborazionisti" dello Stato italiano.
Molti avvocati, temendo per la loro vita, ricusarono la nomina: Franzo Grande Stevens fu nominato dal Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Torino per difendere (se non ricordo male) Renato Curcio. Stevens cercò di salvare la legalità presentando il suo ruolo come quello di garante della correttezza procedurale pur non godendo della fiducia personale del suo assistito, ciò che i Romani avrebbero definito "amicus Curiae".
Possono sembrare oggi cavilli di giurisprudenza ma chi ricorda quegli anni sa bene che la situazione era davvero drammatica: i legali dovevano cercare di tutelare i diritti dell'imputato ma anche di difendere la propria vita personale.
Ne fece le spese, tragicamente, il Presidente dell'Ordine degli Avvocati Fulvio Croce, colpito a morte da un affiliato delle Brigate Rosse.