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[Video] Michel Platini: "Juve da scudetto? vediamo a fine campionato.

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MILANO, 15 novembre 2011 - «Oh, Marco, ciao! Complimenti, che bella Irlanda. Dimmi tutto! Ah, vuoi il numero di Zibì? Ma certo, eccolo, 335…: chiamami sempre quando ti serve un hotel in Polonia o altrove, sai che il presidente Uefa è qui per questo». Impossibile per Michel Platini fare a meno della battuta: al telefonino con l’amico Tardelli, in Gazzetta per ricevere il premio «Facchetti - Il Bello del calcio» 2011. Platini è così: la formula per salvare il calcio malato e restituirlo ai valori originari — quelli che piacciono ai bambini, quelli oltre il business —passa anche dal sorriso perché «non dimenticate che è un gioco». Anche se a volte non sembra.

Perché il fair play finanziario?
«Oggi, 2011, un mondo in crisi, in cui tutti stringono la cinghia: com’è possibile che le squadre abbiano deficit così alti? Non dobbiamo spendere più soldi di quelli che incassiamo: semplice, no? Il calcio europeo perde 1,4 miliardi all'anno. 1,4! A un certo punto c'è stato un *, io, che ha detto: è ora di smetterla».

Non tutti i club sono d’accordo. Qualche tifoso si lamenta: così la mia squadra non comprerà più campioni...
«Gli italiani sono stati i primi a dire: facciamo qualcosa. Ho parlato con Galliani, con Moratti, anche con il vostro primo ministro… fino a ieri. Una volta che erano tutti d’accordo, dai club ai politici, si doveva fare: è toccato a me».

Non sarà facile.
«Lo so, ma vogliamo dire basta a quello che succede nella finanza del calcio. Non vogliamo distruggere nessun club. Sappiamo che gli incassi sono diversi perché le leggi nazionali sono diverse — c’è chi può vendere alcolici allo stadio, chi no, tutte cose del genere — ma l’Uefa può intervenire sulle spese. Altrimenti...».

Cosa?
«Tanti club spariranno. Falliranno. Le banche non possono continuare a prestare soldi a milionari quando la gente muore di fame. Dobbiamo essere un esempio. Il fair play ha un valore etico».

La strada potrebbe complicarsi se un club — come il Sion per altri motivi — decidesse di andare in tribunale contro una sanzione del fair play.
«Sono sempre stato un attaccante ma oggi devo giocare in difesa... mah, sarà contento Trapattoni. Dobbiamo essere protetti: se un giorno escludiamo una società dalla Champions perché non rispetta il fair play finanziario, e questa va in tribunale, è un bel guaio. Ne stiamo discutendo con la Commissione Ue. Non possiamo uccidere l’Uefa, o la Fifa, con una richiesta danni. Il Papa non può, andremo altrove».

A proposito di papi: Blatter non è un sostenitore della sua proposta degli arbitri di porta.
«Perché non è un’idea sua».

Diventerà una regola?
«Non so. Per me è una buona idea. Il calcio dev’essere umano, non tecnologico. Gli arbitri vanno aiutati quando sbagliano. Dopo 40 anni che sto nel calcio, ho pensato che un arbitro non basta: i due assistenti dietro le porte possono aiutarlo. Poi, spesso, il rigore è questione di interpretazione».

A luglio 2012 deciderà l’International Board.
«In Champions non abbiamo mai avuto problemi: l’esperimento sta andando bene. Collina, il designatore Uefa, mi ha detto che gli arbitri apprezzano molto l’aiuto dei due assistenti. Oggi la gente pensa che la giustizia venga dalla tv: non è così. Un tocco normale può sembrare un fallo grave. Io che ho giocato lo so».

Tecnologia niente? Neanche sul gol fantasma?
«Gli arbitri di porta esistevano negli anni 20 in Spagna. Se uno a due metri dalla porta non vede se il pallone è entrato, dovremo dargli gli occhiali».

Negli anni 20 allenava una sua vecchia conoscenza: Trapattoni. A 70 e passa anni s’è qualificato per l’Europeo con l’Irlanda: incredibile?
«Ma Trapattoni è sempre giovane, si sente giovane. È un grande personaggio, un grande allenatore. Dove va ha sempre successo. Non possiamo discuterlo: lui sa».

Anche quando le chiedeva di tornare indietro a difendere?
«No, qui non sapeva».

Con Trapattoni lei ha vinto tre Palloni d’oro di fila: record che salvo cataclismi, Messi eguaglierà.
«E supererà. Ho fatto del mio meglio mai tempi sono cambiati: lui è arrivato a 13 anni al Barça, io soltanto a 27 nella Juve. Avessi cominciato a 17 anni, forse... ma mio nonno è partito per la Francia. Non posso mica andare in tribunale per questo».

Le piace la nuova Italia di Prandelli? Visto che risultati?
«Per forza».

Beh, non era poi così scontato.
«È stato cinque anni con me alla Juve. O forse io sono stato cinque anni con lui... Bell’uomo, bell’allenatore, bel personaggio. Aveva fatto bene già nella Fiorentina. L’Italia sta tornando squadra, c’è gente che segna e Buffon è di nuovo in gran condizione».

Forse in difesa...
«Se hai chi fa gol e il portiere, hai tutto».

E la sua Francia?
«Sta facendo meglio. Peggio non poteva. Da presidente Uefa, importa solo che un’europea nel 2014 vada a battere i brasiliani in casa loro».

Paradosso: negli ultimi dieci Mondiali l’Europa ha avuto 30 semifinaliste su 40. Manelle fasi finali ha soltanto 13 qualificate su 32...
«La prossima volta fate "bello del calcio" Blatter e lo chiedete a lui. Certo, più vinciamo e meno posti abbiamo».

Chi vince la Champions? Non dica che è il presidente Uefa e non può sbilanciarsi...
«Ma lo dico: sono il presidente Uefa».

Per consegnarla alla sua Juve servirà forse un terzo mandato da presidente...
«Due bastano. Nel 2015 vedremo».

Questo sembra l’anno buono per la Juve.
«Non so, però la Juve ha una buona squadra e un bellissimo stadio. Sì, potrebbe essere l'anno buono, vedremo se in campo sarà migliore delle altre».

Intanto l’Uefa ha respinto l’esposto Juve su Calciopoli.
«È arrivato all'Uefa ed è stato rimandato. Non è una questione Uefa, ma nazionale».

Oggi (ieri, ndr) la Juve ha fatto ricorso al Tar per la sentenza di Calciopolì, con richiesta danni.
«Non so tutto di tutto, ho dei limiti. Da presidente Uefa non mi immischio in queste cose».

Che cosa pensa dell’addio di Del Piero?
«Quasi nessun calciatore vuole smettere, maognuno deve decidere il suo momento, Certo sarebbe un peccato se Del Piero, una bandiera della Juve, andasse via. Comunque è un problema che devono affrontare insieme lui e la società. Certo, se uno si sente ancora bene...».

Crisi dell’Italia nelle coppe ed eventuale separazione dei ranking di Champions ed Euroleague: che ne pensa?
«Io niente, ma l’Esecutivo Uefa ha respinto subito la proposta. Quindi niente da fare».

Manca al calcio di oggi la sua capacità di non prendersi sul serio?
«Si dimentica troppo spesso che il calcio, prima di tutto, è un gioco. Ai bambini che s’innamorano del pallone non importano i soldi, gli affari e il resto: importa il gioco. A quello dobbiamo tornare».

E c’è una nuova tremenda minaccia: le scommesse.
«Davvero. Una cosa tremenda. Più del razzismo e della violenza che sono fuori dal calcio. Per scommettere su una partita devi avere dei complici: o giocatori o l’arbitro. E non è neanche giusto poter scommettere a partita in corso su un angolo, un’ammonizione. Mase gli Stati non fanno le leggi...».

C’è il doping nel calcio?
«Non credo. O meglio: magari un giocatore prende qualcosa, chi può dirlo, ma non c’è doping organizzato dalle squadre. Nessuno sport ha tanti controlli come il calcio».

Fonte: GdS (articolo a firma di Fabio Licari)
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