In realtà la legge in questione (L. n. 91 del 1981) non vieta lo sport professionistico femminile: una cosa del genere sarebbe semplicemente assurda prima ancora che radicalmente incostituzionale.
Questa legge fa qualcosa di diverso: demanda alle singole federazioni, in ottemperanza ai regolamenti del Coni, il potere di riconoscere un settore di attività specificamente regolato in forma professionistica. Solo alcune federazioni lo hanno fatto (il calcio, ovviamente, è una di queste) ma limitatamente al settore maschile.
Quindi, se, come dice Mameo, la Figc domani deliberasse la nascita di una lega professionistica femminile, slegata dalla LND, farebbe cosa perfettamente lecita e rispettosa della legge 91/1981, la quale verrebbe automaticamente ad applicarsi anche alle calciatrici.
Serve solo la volontà politica.
Sinceramente non so quanto questa volontà esista davvero (al di là delle chiacchiere di circostanza): il professionismo farebbe lievitare di molto i costi, un tasto dolente per molti presidenti.
Resta la discriminazione indegna di un paese civile.
Se la Figc non si svegliasse, si potrebbe forzare la situazione con un ricorso alla Corte di Giustizia europea: insomma, qualche calciatrice italiana potrebbe anche decidere di imitare quel che fece (per ragioni diverse) circa vent'anni fa un certo Jean-Marc Bosman.