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cornioletum

Linari: "Un gol per la mia compagna"

Post in rilievo

Lunga intervista di Raisport alla centrale azzurra e dell'Atletico. (GdS)

 

Elena Linari si racconta. Con coraggio e sincerità, senza timore di affrontare argomenti delicati. Il difensore centrale della Nazionale e dell'Atletico Madrid ha concesso un'intervista a Raisport per "Dribbling", in onda domani su Raidue alle 14. La 25enne fiorentina parla apertamente della propria omosessualità. "I veri problemi della vita sono altri - dice -. C'è gente che soffre e noi ci lamentiamo perché un figlio è omosessuale? Abbiamo sbagliato tutto. Quello che ha fatto qualche giorno fa la Nazionale maschile andando al "Bambin Gesù" è un'immagine potentissima, mi auguro che anche alla nostra squadra venga data questa possibilità. Per attirare l'attenzione sul calcio femminile bisogna parlare della sua omosessualità? È un paradosso. Bisogna dire che una ragazza sta con un'altra ragazza per attirare l'attenzione della gente? Abbiamo davvero sbagliato tutto".

La compagna
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Elena ha una compagna che vive in Italia, alla quale - dice rispondendo a precisa domanda - spera di poter presto dedicare un gol: "Sinceramente non so quando accadrà, spero presto, anche se il gol ancora mi manca". La Linari non si sottrae alle domande più frequenti in tema di omosessualità: "Quando si ha un figlio la cosa più importante è che sia felice. Se è felice con una relazione omosessuale non vedo il problema - riflette -. È ovvio, ci potranno essere delle difficoltà, ma nella vita in generale le difficoltà ci sono".

La nonna
—  

In famiglia, Elena ha trovato il sostegno che cercava: "È stato toccante quello che mi ha detto mia nonna quando lo ha saputo. Era contenta e piangendo mi ha detto 'ho tanta paura per te, perché non siete tutelate'. Io ho pianto, ma di gioia, perché a pronunciare queste parole è stata una nonna, una persona di 80 anni".

Pregiudizi
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Essere gay in Italia o in Spagna non è la stessa cosa: "Nella mia vita privata faccio quello che voglio. Ci sono tanti calciatori che si coprono con un'altra relazione, così come qualsiasi altro sportivo per evitare i famosi pregiudizi, e in Italia non siamo pronti - chiude -. Ma poi diciamolo, non è che nel calcio femminile fioccano le omosessuali, proprio no, omosessuali ci sono nel calcio maschile, negli altri sport e nella vita quotidiana. E comunque qui a Madrid non ho nessun problema, anzi. In Italia sono io la prima ad aver paura di affrontare l'argomento perché non so la gente come potrebbe reagire. Ho paura del giudizio della gente".

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Dopo aver letto questo l'unica considerazione che mi sento di fare è che ancora una volta le donne si fanno meno problemi degli uomini per certe cose. E' vero che Elena Linari stessa dice che in Italia sarebbe più diffciile che in Spagna, ma una volta che ti sei dichiarata lo sanno sia in Spagna che in Italia. E allora dove sta il problema?  Forse nella quantità di persone con cervello limitato che popola una nazione piuttosto che un'altra? :)

 

Comunque è commovente la reazione della nonna, che a ottant'anni si dimostra più intelligente e aperta di tanti minus habens.

 

Chiaramente, alle compagne di squadra o ai club non importa assolutamente dell'orientamento sessuale delle proprie tesserate. A loro importa che giochino bene, punto. Il timore sta nell'eventuale linciaggio sociale di haters & Co. Fortunatamente, nell'ambito femminile, il rischio sembra ridotto. Mi sembra di ricordare che tempo fa anche Manuela Giugliano, tramite IG abbia reso pubblica la sua relazione con una compagna. E non mi sembra ci siano state levate di scudi o altro.

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Io penso che per una certa generazione di calciatrici l'omosessualità sia una bandiera, adesso credo che tra le ragazzine dei settori giovanili la percentuale sia molto diminuita.

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Il 20/10/2019 Alle 15:36, Ju Solo ha scritto:

Credo che l'omosessualità nello sport non sia un problema così come non lo dovrebbe essere in qualsiasi altro posto.

Nei fatti lo è ancora. Il calcio (maschile) in particolare ha il bruttissimo precedente di Fashanu, e diverse dichiarazioni da parte di addetti ai lavori (ricordo in particolare Moggi, Cassano e Belloli) rendono l'idea che l'ambiente è tutto meno che libero da pregiudizi in materia. Non un caso che i coming out siano rarissimi, e in genere, arrivati a carriera finita, come nel caso di Hitlzsperger.

 

Il calcio femminile, per fortuna, è oggettivamente più tollerante, vuoi anche la diffusione della concezione delle "quattro lesbiche" del succitato Belloli, ma che per una calciatrice sia più semplice dichiarare e vivere apertamente la propria omosessualità, è un dato di fatto. E ben venga questo, magari la crescente visibilità del calcio femminile può fare qualcosa per contribuire alla normalizzazione di qualcosa che dovrebbe essere normale in partenza.

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10 ore fa, Brus ha scritto:

Nei fatti lo è ancora. Il calcio (maschile) in particolare ha il bruttissimo precedente di Fashanu, e diverse dichiarazioni da parte di addetti ai lavori (ricordo in particolare Moggi, Cassano e Belloli) rendono l'idea che l'ambiente è tutto meno che libero da pregiudizi in materia. Non un caso che i coming out siano rarissimi, e in genere, arrivati a carriera finita, come nel caso di Hitlzsperger.

 

Il calcio femminile, per fortuna, è oggettivamente più tollerante, vuoi anche la diffusione della concezione delle "quattro lesbiche" del succitato Belloli, ma che per una calciatrice sia più semplice dichiarare e vivere apertamente la propria omosessualità, è un dato di fatto. E ben venga questo, magari la crescente visibilità del calcio femminile può fare qualcosa per contribuire alla normalizzazione di qualcosa che dovrebbe essere normale in partenza.

Si, l'argomento non è semplice, molti la fanno facile (come me in effetti). Dire che qualcosa dovrebbe essere normale quando non ne sei dentro e la vivi direttamente. Mi ricordo un film parecchio vecchio, degli anni '80 probabilmente. Si intitolava "Soul Man" se ricordo bene, era un filmetto che parlava di un ragazzo bianco di buona famiglia che veniva scavalcato nella classifica per una borsa di studio per Harvard perché non di colore (almeno un posto era riservato a loro). Per farla breve, prese degli abbronzanti e si finse nero. Alla fine, dopo una serie di situazioni divertenti, si fece scoprire e quando il Preside gli disse: "Adesso sa cosa vuole dire essere nero", lui rispose: " No, non lo so, io potevo sempre cambiare se volevo". Dunque l'argomento non è semplice, negli spogliatoi c'è il tollerante, lo spiritoso, lo spaventato e fuori è pure peggio sefz 

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