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Report - Analista finanziario rivela: "A Londra tutti sapevano dei ricavi farlocchi dell'Inter. Anche Figc e Covisoc avevano documento. Agli Zhang ritirato passaporto"
Juventus_addicted ha risposto a Uchy Discussione Serie A e Campionati Esteri
Molto sommariamente, un piccolo riassunto della puntata di Report di ieri sera, giusto per chi se la fosse persa. Ancora una volta, un pugno nello stomaco per chi crede nella legalità e nella correttezza. L’ennesima dimostrazione che in questo Paese non esistono più regole, né morale, né onestà. Parte della puntata si è concentrata sulla vicenda della vendita dello stadio di San Siro, che già di per sé è un’assurdità. Parliamo di una struttura con oltre 70 anni di storia, che dovrebbe essere tutelata come bene architettonico e culturale, non svenduta come un vecchio capannone. Sono emerse presunte irregolarità legate a un’operazione che appare come una semplice vendita diretta a Inter e Milan, senza alcuna gara pubblica. Inoltre, è stato sollevato un potenziale conflitto di interessi: il Politecnico, che insieme alla Bocconi ha stimato in 197 milioni il valore corretto dell’impianto, in passato ha collaborato come advisor proprio con Inter e Milan per il progetto del nuovo stadio. Il sindaco Sala è stato messo alle strette quando si è parlato della possibilità di mantenere San Siro in piedi per ospitare eventi e concerti. A sbugiardarlo ci ha pensato Claudio Trotta, promoter musicale, che ha mostrato dati chiari: i ricavi estivi per il Comune di Milano dall’affitto dello stadio per concerti sono superiori a quelli ricevutii da Milan e Inter durante tutto l’anno. Altro che stadio in perdita. E poi il terreno: stimato in 800 euro al metro quadro. Una cifra ridicola, da insulto all’intelligenza di chiunque viva a Milano. Un vero regalo fatto a chi dovrebbe invece rendere conto di debiti per oltre un miliardo di euro. Lo ha ricordato anche l’ottimo Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia: in un paese serio, operazioni di questo tipo sarebbero vietate fino al saldo dei debiti. Insomma, amici bianconeri… viene solo la nausea. E intanto noi siamo sempre quelli "da punire". Che schifo. -
I 70 anni di Michel Platini
Juventus_addicted ha risposto a Roger Keith Barret Discussione Juventus forum
Grazie Michel per aver contribuito a rendere la mia adolescenza un tempo indimenticabile. Buon Compleanno. Per i più giovani: Tratto da "storiedicalcio": Dalle strade di Joeuf ai tre sandwich di Boniperti lungo la «vie en rose» di Nancy e Saint Etienne, i «coups francs», un cane più bravo di Zoff, il nonno piemontese, la cugina di Novara SAINT ETIENNE. In principio, nella vita di Michel Platini, «Le platine» come dicono i francesi, «il platino», c’è un cane. Poi c’è la saracinesca di un garage. E quindi, c’è un palo della linea telegrafica Nancy-Metz. «Il cane si chiamava Fufi ed era il cane di mia cugina Stefanina che sta in Italia», ricorda Michel. Passeggiamo sulla «pelouse» dello stadio «Geoffroy Guichard», che è il campo di calcio di Saint Etienne, tettoie in lamiera, seggiolini multicolori, la ciminiera fumante di una fabbrica di bottiglie da un lato. Vetri e bottiglie, e il carbone, sono la ricchezza di Saint Etienne. «Fufi è stato il mio primo portiere». Michel è di buon’umore. «E la saracinesca del garage vicino alla casa in cui abitavo, a Joeuf, è stata la mia prima porta di calcio». Ha buoni e simpatici ricordi, Michel, e la mattina a Saint Etienne è piena di sole. «Il palo del telegrafo, poi, mi serviva per prendere la mira. Naturalmente, sto parlando di tiri col pallone. E di quando avevo sette anni». JOEUF E IL NONNO Joeuf, cinquanta chilometri da Nancy, è un paese di minatori, case grigie, strade bitumate, e alla Rue Saint-Exupery, numero sette, un giorno di giugno nasce Michel, è l’anno 1955. «Mio nonno era italiano, piemontese di un posto di collina vicino Novara, faceva il muratore e venne a cercar fortuna in Francia. Vennero lui, due fratelli e due sorelle, e si sistemarono a Joeuf. Mio nonno si chiamava Francesco ed era veramente un grand’uomo. A Joeuf è nato mio padre e sono nato io, ed è nata mia sorella Martina. Questo è stato l’inizio». Michel racconta con un certo gusto. Dei Platini solo nonno Francesco ebbe la forza di restare a Joeuf. Gli altri suoi fratelli tornarono sotto il cielo più benevolo delle colline novaresi. Mettendo su mattoni, Francesco Platini (ancora senza accento sulla «i») fa un gruzzolo di vecchi, benedetti franchi e si compra un bar. E’ «le Café des Sports» di Joeuf. «Mio nonno era patito di calcio, non poteva comprare che quel caffè, il bar degli sportivi di Joeuf» UN «GAMIN» «Nella mia vita c’è stato subito il pallone. Mio padre è un vero intenditore di calcio. Sarebbe diventato un grande giocatore – dice il figlio. – Giocava a centrocampo, milieu de terrain, ma volle rimanere un amateur, un dilettante del calcio. Finì col fare l’allenatore nel tempo libero. Quando smisi di centrare il palo del telegrafo ed ebbi undici anni e firmai il primo cartellino per il Jovicienne di Joeuf, lui è stato il mio maestro. Se sbagliavo uno stop, mi faceva fare venti giri di campo. Era meglio tirare il pallone a Fufi il cane». A proposito di Fufi, un giornale parigino ha scritto che «il grande portiere italiano Dino Zoff avrebbe fatto bene a conoscere Fufi, il cane dei Platini, perchè Fufi era capace di prendere quei palloni che Zoff non è riuscito a prendere». Dunque, Platini. Nato col pallone, un disastro a scuola. È un vero «gamin», un monello. C’è un abate Pieron di un collegio di Briey che se lo ricorda ancora. E un monsieur Deremble, direttore del collegio, ha dichiarato a un giornale di Nancy, nel coro dei commenti alla partenza di Michel Platini «pour l’Italia», che star dietro allo scolaro Platini «era una faccenda scioccante». «Beh, insomma, non stavo fermo un minuto», dice Michel. INSUFFICIENZA CARDIACA La verità è che Michel Platini era un discolo. La sua giovane insegnante di inglese e l’autista dell’autobus sul quale Michele saliva per andare a scuola, un certo Parachini, ne sapevano qualcosa. Parachini però era un duro. E se Michel sull’autobus esagerava, Parachini frenava brusco e diceva a Michel di scendere. Più volte il «petit Platini» si fece a piedi da casa a scuola, sei chilometri. Quasi Gian Burrasca. Agli insegnanti che lo rimproveravano, lui replicava: «Vous verrez quand je serai champion». È stato di parola. «A quattordici anni – mi racconta Michel – vado a Parigi, finale del concorso per i migliori giovani calciatori di Francia. Allo stadio di Colombes c’era un vento cane. Non riuscii a toccare e a giocare un solo pallone buono. Mi offrirono un biglietto per andare sulla Senna in battello e uno per andare a vedere la Torre Eiffel. Gli altri ragazzi rimasero allo stadio a giocare al calcio, a me consigliarono di fare il turista». Era il maggio del 1969. Non andò meglio a Metz. «Diciassette anni, andai a fare un provino. Visite mediche. Mi misero davanti ad uno spirometro. Un tipo mi dà un tubo e mi dice: soffiaci dentro. Soffiai, ma cautamente. Il tipo mi dice: soffia più forte. Io riprovo. Quello fa: ancora più forte. Non so come, forse l’emozione, io soffiai forte e persi i sensi. Mi dissero che l’ago rivelatore aveva segnato tre litri d’aria, che era una capacità polmonare fiacca e mi liquidarono con una bella sentenza: insuffisance cardiaque». NANCY, LA SUA CITTÀ E, poi, Nancy. Comincia la «vie en rose» per Michel Platini. Egli è un giovane promettente calciatore che ha soltanto una palese incomprensione con gli spirometri. Bocciato a Metz, lo richiedono il Sochaux e il Sedan, persino il Charleroi dal Belgio. Ma Aldo Platini ha amici a Nancy, per esempio Hervé Collot, ex «capitano» della squadra lorenese. È un buon passepartout. Michel è del Nancy. Metz, la squadra di Nestor Combin, non è più una nostalgia. «E a Nancy conosco Claude Cuny». Sembra uno qualunque. Invece, Cuny è il presidente del Nancy e, quel che più conta, è l’uomo che inventa per Michel le famose quattro sagome azzurre di plastica con le quali il figlio del professore di matematica e intenditore di calcio Aldo Platini perfeziona il suo «coup frane», il suo calcio di punizione, quello che il cane Fufi riusciva a parare e che risulta essere una «chance» di famiglia perché già il calcio di punizione di Aldo Platini, il padre, era una grossa cosa. Quando parla dei suoi anni a Nancy, Michel Platini fa gli occhi dolci e la voce sentimentale. «Nancy est ma ville et elle le resterà encore après le football. I’y reviendrai, c’est sur». La neve a Nancy, le inferriate rosse di Nancy, la Place Stanislas di Nancy, il pubblico dello stadio «Marcel Picot» di Nancy, gli amici, Olivier Rouyer «la freccia del Nancy» e Francisco «Paco» Rubio, e la pizzeria «Capri». Che tempi, a Nancy! UN NANO Una delle cose più buffe che mi ha raccontato Platini è quando per guardare nonno Francesco e i suoi fratelli doveva «alzare gli occhi parecchio». «Loro erano dei giganti ed erano buoni per giocare a basket-ball, ma io proprio non crescevo mai, e in casa mi chiamavano “le nain”. Je devais toujours lever la tire pour les regarder. Ma per fortuna, un anno, venni su di colpo di dieci centimetri». Indubbiamente, deve essere stato uno dei migliori anni di Platini. Ma, poi, questo Platini «nanin» (oggi un metro e 78) era ugualmente un fenomeno sportivo. Dai ricordi del padre: «A dodici anni lo metto in un kavak sulle onde lunghe dell’Atlantico in Bretagna, a Perros Guirec, bella stagione balneare. Comme par enchantement, il trouve immédiatement le style du spécialiste». Alla pallavolo, alla pallamano, al basket, al tennis Michel Platini di primo acchito ha sempre lo stile dello specialista. Diciamo che, in ogni sport dove c’è una palla, Michel non è mai in difficoltà. E sulle piste ghiacciate del pattinaggio? Anche là, un fenomeno. Aldo Platini non si entusiasma facilmente per il figlio: dice le cose come stanno. E quando dalla barca lo buttò per la prima volta in mare? «Un poisson dans l’eau!», un pesce. Ecco che cos’è Platini. Sulla spiaggia di Perros Guirec, nella dolce Bretagna, Michel palleggia a piedi nudi come i brasiliani. E’ uno degli esercizi in cui lo allenava particolarmente il padre. Non hanno prodotto caviglie infrangibili: quella sinistra di Michel ha fatto due volte trac (è scritto nella «sèrie noir» degli infortuni, sei, di Platini). TREMARELLA Da giocatore professionista il nostro Michel debutta a Nancy un giorno di maggio, contro il Nimes. Gli danno la maglia numero undici, Kuzowski il titolare è infortunato, e gli dicono di stare avanti. Stagione 1972, Michel ha 17 anni. «Quel trac!», dice. Che tremarella! Per venti minuti non tocca palla. «Non vedevo niente, mi si era appannata la vista. Per me fu un giorno di nebbia. Eppure c’era un gran sole». Passata l’emozione del debutto (Platini si diventa dopo), Michel fa due gol nelle successive due partite, contro il Sedan e contro il Lyon. Le cose si mettono bene, la tremarella non ci sarà più. Comincia «la leggenda». Devono però saperne poco a Bastia, dove notoriamente vive gente cattiva, perché, là, la leggenda-Platini viene presa a sputi e a insulti. Qualche fischio ci sarà a Saint Etienne anche dopo che Platini è diventato un idolo da queste parti, ma – si sa – anche gli idoli vengono fischiati qualche volta. Mentre con la maglia verde – «Les verts» – del Saint Etienne vola verso una finale europea, sfonda anche in nazionale, chiamatovi da Hidalgo, e «France Football» lo definisce «la locomotiva che conduce i francesi ai mondiali». Con Hidalgo ha un piccolo scontro di opinioni: quello vuole farlo giocare centravanti, Michel si sente un «milieu de terrain», un centrocampista. Vince Michel, il match è chiuso. «Sono pazzo di gol – mi dice Platini – ma non sono un centravanti. Io parto da lontano, mi inserisco. Ho sempre ammirato i registi. Da ragazzino, i miei idoli erano Rivera e Mazzola. Poi, ho ammirato Guillou. E ci ho giocato insieme, con soddisfazione». NAPOLI Il giorno che gioca a Fuorigrotta con la nazionale, prima dei «mondiali» in Argentina, Michel Platini aggira Zoff con due dei suoi «coups francs», punizioni, e scopre nel tiepido pomeriggio napoletano di febbraio che cos’è il tifo in Italia. Egli però ha modo di dichiarare: «Sono francese e mi sento tale. Stimo l’Italia, ma io non sono italiano». Ora, dopo aver firmato per la Juventus, rifiutando una eccitante contemporanea offerta del Paris Saint Germain, Michele Platini corregge il tiro e declama: «Parigi è Parigi, ma la Juve è la Juve». D’altra parte, suo nonno non era piemontese? E la cugina Stefanina non vive ad Agrate Conturbia, su una collina a trenta chilometri da Novara, e non lo chiama forse «Michelino», «il mio cugino Michelino, francese sì, ma il nonno era di qua»? Lascia la Francia perché il calcio francese non gli dice più nulla. L’ho visto intervenire molto regalmente la sera dell’ultima giornata di campionato qui, a Saint Etienne, quando tutti «les verts» correvano come matti e segnavano gol a gettoni nel vago-sognato-impossibile-inutile tentativo di sorpasso al Monaco per il titolo e lui, Michel Platini, toccava di grazia ma senza scomporsi essendo proprio di un altro pianeta, non un postino del pallone, ma un artista. Nel dramma della serata per un titolo già perduto, segna due gol da re e un terzo pallone mette dentro la gruviera del portiere di Metz Ettori (mai nome glorioso è stato tanto mortificato: nove gol nella sera di Saint Etienne) con un delicato colpettino di mano, annullato, da gran giocoliere del Circo di Mosca. MICHELINO E PABLITO Certo, sarà una bella coppia quella di «Michelino» e «Pablito» per una Juve di tutte stelle. Saint Etienne non ha fatto cose folli per l’ultima partita di Platini con la maglia biancoverde, e c’erano solo 17 mila spettatori sotto le tettoie in lamiera del «Geoffry Guichard» la sera degli ultimi due gol di Michel. Mi ha spiegato Gerard Simonian, chef du sport de «La Tribune» mangiando una pizza napoletana al ristorante di Mario D’Angelo, siciliano trapiantato qui da venticinque anni, amico di tutti i giocatori del Saint Etienne: «Il fatto è che nel Saint Etienne ci sono, oggi, un sacco di casini e nessuno ha voglia di organizzare feste, neanche per uno che si chiama Platini». Però Mario D’Angelo, «chez Mario», che ne sa una più del diavolo, mi confida: «Non c’è più grande entusiasmo per il Saint Etienne. Questa non è una grande squadra. Io mi ricordo quella di Larqué, di Bathenay, di Synaeghel. E, qui, una sola festa si è fatta: per Piazza l’argentino. Una favola era quell’uomo, veniva a giocare a bocce sul marciapiede del ristorante, e tiravamo le tre di notte, giocandoci la birra. Poi, era sempre il migliore in campo». La festa a Platini si farà in settembre: la Juve verrà a giocare in amichevole e mostrerà Michel in maglia bianconera per i rimpianti e i sospiri dei «platinois» di questo delizioso posto della Lorena neanche sporcato dal gran carbone che produce. TESTA A TESTA C’è un infortunio nel vostro futuro. Sembrò lo slogan di Platini fra gli anni ’72 e ’76. Due volte gli saltò la caviglia sinistra; una volta si ruppe una mano e una volta un braccio; gli hanno tirato fuori, inutile e fastidioso, un menisco. Ma storica è rimasta la grande capocciata con Tresor, un kappaò spettacolare, lo stadio ammutolito. «Mi hanno chiesto spesso dei miei infortuni – mi dice Platini – Ma non preoccupatevi, in Italia. Sono solido. Dopo l’operazione al menisco, guarii in diciannove giorni. Le mie ossa non si sbriciolano». Pessimista, invece, è Johnny Rep, l’olandese che gioca nel Saint Etienne e che mi chiede di Krol, e poi fa: «Non sarà facile per Platini da voi, con i difensori che avete». Ho chiesto a Platini, che nell’ultimo campionato francese ha segnato ventidue gol in trentotto partite, quante ne segnerà in Italia in trenta. Mi ha detto: «Dieci gol sicuri. E vengo a rendere un po’ più offensivo il gioco italiano». IL PASTORE TEDESCO Viene in Italia, e alla Juventus, convinto che non c’è posto migliore per giocare al calcio. «Siete unici, nel football create un ambiente pazzesco», ha dichiarato a un giornalista torinese. Lascia una villa con giardino e altalene per le sue bambine, Laurent di tre anni e Marina di 16 mesi, nel quartiere residenziale che è L’Etrat di Saint Etienne, ma la Juve gliene ha trovata una altrettanto confortevole sulla collina di Torino, press’a poco dove abita Tardelli. A Torino verrà con la bellissima moglie Christele, capelli biondi, bocca irresistibile e origini bergamasche, il padre (monsieur Bigoni, costruttore edile) ha grossi affari e una gran villa bianca a Plombières-les-Bains, piscina e campo da tennis. Verrà con le due figlie e con Mitty, il pastore tedesco che dovrà tenere lontano i fotografi («ne ho orrore») dalla sua privacy. Verrà per concedere interviste a pagamento e per conservare gli sponsor da mezzo miliardo l’anno: un succo di frutta, scarpe per bambini, calze sportive, maglie da gioco. Con la Juve ha un contratto per due anni. Potranno diventare tre, poi Michel potrebbe finire negli Stati Uniti («ci vanno tutti, si vedono bei posti, si guadagnano dollari»). GLI HOBBY Non ne ha uno, non va neanche al cinema, preferisce la televisione. Ama la poesia? Lamartine? Ha risposto sinceramente: «Lamartine e io siamo due cose diverse». E Jacques Laffite? «Non mi interesso molto di automobilismo. Mi piace il rugby». I giocatori che ammira di più sono due. «Beckenbauer e Cruijff». Poi aggiunge: «E Gerd Muller, perché sapeva fare dei gran gol». È a favore della pena di morte ed è per la parità fra uomo e donna. I giornalisti? «Bons. Ma sono troppo appiccicosi». Paragonato spesso a Raymond Kopa, ecco quello che ne pensa Albert Batteux uno dei più prestigiosi allenatori di Francia: «Platini fa più gol, è altruista, Kopa non mollava una palla che era una, ma Platini è meno rapido ed ha meno temperamento». Pare che Michel sia un solitario. «Solo all’apparenza», corregge. Trentaquattro partite in nazionale, venti gol. «In Italia si gioca solo alla domenica, avrò più tempo per la mia famiglia. E avrò sempre tempo per la nazionale francese. Je suis fier de la servir». Le vacanze che preferisce: Brasile, Martinica, Thailandia. Il giocatore che gli è più antipatico? Il nizzardo Huck che gli disse una volta «ma chi ti credi di essere», Michel disse di essere Platini, poi lo giocò sei volte facendo quattro reti e due passaggi-gol. Gli avversari coi quali non l’ha mai spuntata facilmente? Laposte del Paris Saint Germain e Kabyle del Nimes. LA CUGINA DI NOVARA Bernard Persia di «Foot 2» è partito alla scoperta dei parenti italiani di Platini e ha trovato una cugina ad Agrate Conturbia, in Piemonte: Stefanina, con suo marito Piero Santi. Sono loro che hanno tirato fuori la storia del cane Fufi. Quand’era piccolo, Michel Platini partiva dalla Francia con la famiglia e andava a far le vacanze da Stefanina. La cugina ricorda: «Aveva un caratterino. Non gli andava mai di perdere. Giocavamo a carte e, se era lui a perdere, non voleva proprio starci». La cugina, che non aveva più notizie di Michel, un giorno lo vide in una trasmissione di una tv privata. Fu un gran colpo. Era diventato il miglior calciatore di Francia. Ha detto Stefanina, tanto per stabilire che quella di Michel è una faccia italiana: «Ha le stesse fossette, la stessa fronte, lo stesso sorriso, lo stesso naso dei Platini». E, giustamente, non ha accettato l’ultima «i». Un poster di Michel fa bella mostra nella casa della cugina a Conturbia. Ma il paese, ora, pretende che Michel vada sulla collina in carne e ossa. Loro, poi, andranno a vederlo giocare nella Juve. IL VIAGGIO IN ITALIA Quando è partito per firmare per la Juventus, Platini ha preso in contropiede tutti i giornalisti. Non se ne sarebbe saputo niente se non avesse funzionato il «telefono rosso» di Europe 1, la più popolare emittente radiofonica francese. I particolari me li racconta Eugène Saccomano, amico di Platini e voce notissima di Europe 1. «Il telefono rosso è un numero particolare della nostra emittente che tutti possono chiamare per darci la migliore informazione della settimana. Quella che poi utilizziamo viene premiata con cinquecento franchi. Bene, venerdì squilla il telefono rosso e una voce ci dice: Platini sta partendo per l’Italia, chiamo dall’aeroporto di Lyon. L’informatore, per il quale sono pronti i cinquecento franchi, è ancora anonimo. Ma solo un tecnico dell’aeroporto di Lyon poteva darci una soffiata del genere, uno cioè al corrente dei piani di volo predisposti dallo scalo di Lyon. Così noi di Europe 1 siamo stati gli unici a sapere del viaggio di Platini a Torino a bordo di un petit Cessna quattro posti. Quando abbiamo rilanciato la notizia in Italia, nessuno voleva crederci. Per convincere un giornale di Milano, poiché nel frattempo avevamo raggiunto telefonicamente Platini a Torino nello studio di Boniperti, abbiamo dovuto fare ascoltare la registrazione delle voci di Platini e di Boniperti. Il giornalista milanese che non voleva crederci mi è sembrato addirittura addolorato perché continuava a dire: impossibile, impossibile, Platini è dell’Inter». Sul viaggio segreto di Michel a Torino e sul suo ingaggio da parte della Juve la Francia conosce ormai tutti i dettagli che sono stati rivelati in esclusiva da «Paris Match» in un servizio di 318 righe, con una foto di Platini nella rilassante vasca da bagnomassaggi dello stadio di Saint Etienne, e il titolo «Le sette ore che hanno cambiato la mia vita». Di queste sette ore, tre sono state durissime. «Sono state le tre ore di discussione con Boniperti», mi ha confermato Platini ammirato dallo stile del presidente juventino ma anche scosso dalla sua abile fermezza. UNA PARKER TUTTA D’ORO I dettagli che più hanno impressionato i lettori di «Paris Match» sono i seguenti: 1) appena il giorno prima del «voyage en Italie» di Platini, quattro molto simpatici dirigenti dell’Arsenal, incontratisi col campione francese in un albergo di Saint Etienne, erano rimasti con la convinzione di avere le stesse chances della Juve, fifty-fifty; 2) il Paris Saint Germain non ha ancora capito, avendo offerto quasi il doppio della Juve (ma annunciava una colletta tra i suoi tifosi), perché Platini abbia preferito l’Italia; 3) Michel Platini è volato in Italia con Bernard Genestar, suo consigliere di affari, che sedeva accanto a lui sul Cessna a quattro posti, e con Philippe Piat, consigliere dei giocatori professionisti francesi, che invece sedeva dietro; 4) mentre l’aereo atterrava all’aeroporto di Caselle, la testa di Platini era vuota, egli non aveva preso alcuna decisione però pensava a nonno Francesco e guardando il cielo azzurro di Torino prometteva al nonno di «diventare una vedette nel suo paese»; 5) all’aeroporto di Caselle c’era la limousine grigia di monsieur Agnelli, la limousine era blindata, Boniperti era alla guida e lo chaffeur sedeva dietro; 6) lo chaffeur era armato; 7) alla fine di una discussione a sei – Michel Platini, Genestar, Piat, Boniperti, Giuliano d.s. della Juve e un avvocato italiano amico di Genestar – Michel si aspettava una colazione con vitello tonnato, o una scaloppe all’albese, e una bottiglia di barolo, gli venivano offerti invece due sandwichs (e un terzo riusciva a soffiarlo a Boniperti); 😎 al colmo del deludente spuntino, Michel Platini si è sentito chiedere da Boniperti se preferiva un succo di frutta al naturale o un succo di frutta con la soda; 9) Michel Platini ha replicato con trasporto: «Non, président, champagne!», ed è giunta una bottiglia di Asti; 10) Boniperti gli ha detto: Adesso che siete dei nostri, dovete tagliarvi i capelli» e Michel Platini.con un «coup frane» di lingua ha chiesto: «Avete forse paura che mi possano cadere?» ; 11 ) Michel Platini ha sottoscritto il contratto che lo lega alla Juve per due anni con una «Parker» d’oro prestatagli da Bernard Genestar; 12) il ritorno è stato tranquillo, mentre all’andata Michel, attardandosi a bere un caffè, aveva costretto il pilota del Cessna a cambiare il piano di volo. UNA COCA Il viaggio-lampo di Michel Platini si è concluso con una Coca Cola offertagli dalla moglie Christèle al suo ritorno a casa. Lui ha detto: «On a gagné!». Lei si è compiaciuta e poi ha azionato il videoregistratore assistendo con Michel al film «La guerra dei bottoni». Anche questo ha scritto «Paris Match». Alla Juve, in tanti anni, è arrivata tanta gente: Luisito Monti con i suoi 92 chili, Mumo Orsi con la più bella brillantina nei capelli, Renato Cesarini col violino e la sua celebre «zona», Felice Borel col soprannome di Farfallino, Omar Sivori col suo fantastico piede mancino. Ora c’è Michel Platini con l’accento sulla «i» ma proprio con le fossette, la fronte, il sorriso e il naso dei Platini che non hanno mai avuto la «i» accentata, sono nati sulle colline novaresi e gli piaceva il calcio. Ma questo, a Saint Etienne e nella Lorena, non risulta. Qui, Michel ha una tipica faccia francese che andrebbe benissimo sull’etichetta di uno champagne «très brut». -
Acerbi a muso duro con un tifoso del PSG: "Non mi piace essere preso per il c**o, sono matto e ti sfondo di botte"
Juventus_addicted ha risposto a Stino91 Discussione Serie A e Campionati Esteri
impossibile sia accaduto. Lui è una brava persona, mica come Juan Jesus che lo ha irriso per il colore della pelle. ps: non mi stupirei qualcuno prima o poi sfondi lui, di legnate- 194 risposte
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Ufficiale, Gattuso è il nuovo CT della Nazionale: "Spero di essere all'altezza di questo sogno. L'obiettivo è ricreare una famiglia e portare l'Italia ai mondiali"
Juventus_addicted ha risposto a Tudor Discussione Serie A e Campionati Esteri
si nun curriti, vi ‘mpijju l’nduja ‘ndo culu! -
Report - Analista finanziario rivela: "A Londra tutti sapevano dei ricavi farlocchi dell'Inter. Anche Figc e Covisoc avevano documento. Agli Zhang ritirato passaporto"
Juventus_addicted ha risposto a Uchy Discussione Serie A e Campionati Esteri
Quindi: si indebitano di nuovo per coprire un debito vecchio. Un classico gioco delle tre carte, ma con l’applauso generale di alcuni media, il silenzio di altri. Perché questa manovra adesso? Perché da febbraio 2026 quel bond avrebbe avuto un impatto negativo sugli indici finanziari per l’iscrizione alla Serie A 2026/27. E proprio in quella stagione entra in funzione un nuovo organismo di controllo, che sostituirà quei nullafacenti di Covisoc. Si dice sarà più indipendente, più severo. Noi incrociamo le dita… ma non ci illudiamo. Perché quando si tratta dell’inter, la storia è sempre la stessa: Proprietà cinese (Suning) evaporata, passaggi societari ambigui, indebitamento costante, eppure mai una penalizzazione, mai una domanda scomoda, mai un titolo in prima pagina che metta in discussione la loro “gestione”. L'inchiesta di Report come se non fosse mai esistita. Nel 2006 bastò qualche telefonata per distruggere la Juve. Con la vicenda plusvalenze e la manovra stipendi cercarono pure "la carta che non doveva esistere". Da sempre l’inter fa acrobazie finanziarie e nessuno si scandalizza. Due pesi, due misure. Sempre. E intanto continuano a competere sul campo senza rispettare davvero le stesse regole di tutti gli altri. Vedremo nel 2026 se il vento cambierà. O se continueranno a galleggiare… sulle coperture degli altri. Non mi illudo. Sono schifato -
Ricambio ed Appartenenza Juventina
Juventus_addicted ha risposto a Anastasi65 Discussione Juventus forum
Condivido pienamente il pensiero dell'autore del topic; anch'io vivo lo stesso smarrimento. Ho solo qualche anno in meno di te, e ricordo bene quando il binomio Juventus/Agnelli rappresentava per noi tifosi un simbolo di classe, eccellenza, leadership. Anche nei periodi senza vittorie, ci dava comunque un senso di appartenenza, una comunione di intenti tra società, proprietà e tifosi. Abbiamo affrontato Calciopoli, una ferita profonda che ha oltraggiato il nostro amore per la Juve. Non sapevamo quando e come saremmo tornati a vincere. Fu Andrea Agnelli a ridarci quelle emozioni. Ricordo ancora con un misto di commozione, ammirazione e orgoglio le sue parole all'inaugurazione del nuovo stadio: “Benvenuti a casa. Siamo decine di milioni nel mondo, milioni in Italia e centinaia di migliaia in questa città. Sappiamo gioire, soffrire, stringere i denti, noi siamo la gente della Juve. Siamo gente che si riconosce, che sa accettare i risultati ottenuti su un campo verde come questo, con linee che non mentono perché il campo dice sempre la verità” . Oggi, dopo la sua rimozione con metodi che sembrano più da golpe che da normale transizione societaria, quell' accettare i risultati del campo verde è decisamente più difficile, specie considerando che altre realtà sembrano intoccabili, pur avendo anch'esse i loro scheletri nell'armadio; ed inoltre sembra difficile che all'orizzonte emerga una figura carismatica e capace. E questo è un altro motivo di frustrazione: la Juve è una realtà mondiale, ben superiore per appeal e introiti alle contendenti italiane. Dovrebbe sopravvivere a tutto e tutti, mantenendo un elevato standard qualitativo indipendentemente dalle persone che la guidano, così come fanno le squadre europee di pari lignaggio. Perché dobbiamo invece attraversare periodi di così modesto valore? È solo un ciclo che si apre e si chiude? Sarò anche un complottista, ma il mio timore è che la Juventus sia diventata merce di scambio per altri accordi che nulla hanno a che fare con il calcio. E questo vorrebbe dire che, se un giorno dovessimo tornare a vincere, dovrei avere dubbi sulla liceità anche delle nostre vittorie. Un grande conflitto interno, quindi. Per questo dico sempre che andrebbe scoperchiato tutto il marciume di questo bellissimo sport; solo così, nel mio caso almeno, potrei tornare al romanticismo di quei meravigliosi anni in cui il calcio era sport e sana competizione. Un saluto, viva la Juve! -
(Cds) "Per la panchina della Juventus occhio a Bruno Genesio del Lilla, a Torino seguono anche gli sviluppi del rapporto Simone Inzaghi-Inter"
Juventus_addicted ha risposto a Vs News Discussione Juventus forum
La Juve che prende Genesio, il protagonista della canzone di Van De Sfroos: un po’ tütt puèta, spazzèn, astronauta e magütt, in cerca di senso tra curtèll in una man e nell’oltra un màzz de fiuur. Dopo Motta che pareva un boomerang ciùcch , arriva Genesio col suo nome da personaggio uscito da una poesia comasca e la faccia da uomo che "cun qualsiasi vestii, suta … sun biùtt…" La Juve, in fondo, è una trottùla mata sempre in gir senza sosta, tra rivoluzioni e ritorni, zìngher e sciuur del calcio italiano. E Genesio, nel suo piccolo, pare uno di quei personaggi da sacòcia cun scià el paradisi insèma al rusètt, sperando che sappia più di fiuur che di curtèll. Ma occhio: a Torino vogliono i benìì, non solo el surìis. Che dire? Se arriva Genesio, si parte per un’altra stagione cumè el mercurio nel termometro: su e giù, tra fortuna e scarogna. Sperando almeno che se el diàvul el pìca el ciàpa la mira. -
29 maggio 1985 - 29 maggio 2025: 40 anni dalla strage dell'Heysel, 40 anni senza i nostri 39 angeli!
Juventus_addicted ha risposto a Leevancleef Discussione Juventus forum
Heysel, 29 maggio 1985 – Il giorno che non possiamo e non dobbiamo dimenticare Oggi, come ogni anno, il 29 maggio torna a farsi sentire. Non è una data come le altre per noi juventini. È una cicatrice profonda, un dolore muto che il tempo non è riuscito a cancellare. È il giorno in cui il calcio smise di essere solo passione e divenne tragedia. È il giorno in cui 39 vite furono spezzate all’Heysel di Bruxelles. Rocco Acerra (28) Bruno Balli (50) Alfons Bos (35) Giancarlo Bruschera (35) Andrea Casula (10) Giovanni Casula (43) Nino Cerullo (24) Willy Chielens (41) Giuseppina Conti (17) Dirk Daeneckx (27) Dionisio Fabbro (51) Jaques François (45) Eugenio Gagliano (35) Francesco Galli (24) Giancarlo Gonnelli (45) Alberto Guarini (21) Giovacchino Landini (49) Roberto Lorentini (31) Barbara Lusci (58) Franco Martelli (22) Loris Messore (28) Gianni Mastroiaco (20) Sergio Bastino Mazzino (37) Luciano Rocco Papaluca (37) Luigi Pidone (31) Benito Pistolato (50) Patrick Radcliffe (38) Domenico Ragazzi (44) Antonio Ragnanese (29) Claude Robert (30) Mario Ronchi (42) Domenico Russo (26) Tarcisio Salvi (49) Gianfranco Sarto (46) Amedeo Giuseppe Spolaore (54) Mario Spanu (41) Tarcisio Venturin (23) Jean Michel Walla (32) Claudio Zavaroni (28) A ognuno di loro è stata strappata la vita, i sogni, gli abbracci, il futuro. Alle loro famiglie è stata lasciata solo l’assenza, un vuoto che non si colma. Quella sera del 1985, io ero adolescente, davanti alla tivù. E quando Platini segnò, esultai. Come un ragazzo, ingenuamente, troppo preso dalla partita e senza capire appieno l’abisso che avevo davanti agli occhi. Mio padre, talmente scosso da ciò che aveva visto, non disse nulla. Non ebbe nemmeno la forza di rimproverarmi. Spense il televisore alla fine della partita. In quel gesto muto c’era tutto: il rispetto, il dolore, l’inadeguatezza delle parole. Perché quella Coppa, anche se alzata, non potrà mai pesare quanto le vite perdute. Non potrà mai brillare più del ricordo delle 39 vittime. E noi, oggi, abbiamo un solo dovere: ricordarle. Sempre. E c’è un’altra cosa che dobbiamo dire con forza. A chi, ancora oggi, infanga la memoria delle vittime dell’Heysel con cori ignobili, con insulti vigliacchi e con l’odio cieco del tifo più becero: vergognatevi. Quelle 39 persone non erano un “numero”, non erano “nemici”. Erano uomini, donne, ragazzi, bambini. Erano esseri umani. Erano tifosi, come lo siete voi. E chi si prende gioco della morte non solo mostra di non avere rispetto per la Juventus, ma di non avere rispetto per la vita stessa. Ogni volta che diciamo “Fino alla Fine”, sappiamo che quelle parole portano dentro anche loro. Le nostre 39 stelle. La nostra memoria, il nostro lutto, il nostro impegno a non dimenticare. Che il vostro ricordo sia eterno. Che la vostra assenza pesi più dell’oro. Che la Juventus non dimentichi mai chi ha perso tutto per amore dei suoi colori. 🖤🤍 Per sempre con voi.- 138 risposte
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40° Anniversario della strage dello Stadio Heysel: Eventi a cui partecipare
Juventus_addicted ha risposto a andreasv Discussione Juventus forum
@andreasv Buongiorno, mi rivolgo a te in quanto membro del team di VecchiaSignora. Domani ricorre l’anniversario della tragedia, un momento sempre molto delicato per tutti noi. Credo sarebbe significativo che foste voi ad aprire un topic dedicato, così da raccogliere in modo ordinato i pensieri e i ricordi di chi vorrà lasciare un contributo, evitando che si disperdano tra i vari messaggi. Avete già pensato a qualche iniziativa o gesto collettivo per commemorare insieme?- 74 risposte
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- jofc bassano del grappa
- comitato reggio emilia
- (e 5 ancora)
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Inchiesta Ultras, Inter e Milan patteggiano: 1 turno di squalifica a Inzaghi e Calhanoglu. Calabria invece non patteggia e sarà ascoltato nei prossimi giorni da Chinè
Juventus_addicted ha risposto a Sylar 87 Discussione Serie A e Campionati Esteri
Per chi non ha la pazienza di leggere tutto il malloppone, un piccolo riassunto: L’inchiesta giornalistica andata in onda su Rai3 il 19 maggio ha svelato inquietanti legami tra dirigenti dell’Inter, in particolare Javier Zanetti, e ambienti malavitosi legati alla Curva Nord, tra cui Antonio Bellocco e Davide Scarfone, coinvolti in reati gravissimi (estorsioni, usura, minacce). Le intercettazioni e le testimonianze confermano un rapporto confidenziale, altro che “un solo incontro fuori dal ristorante”. Eppure, la giustizia sportiva ha chiuso tutto con un ridicolo patteggiamento: 14.500 euro per Zanetti, 70.000 per l’Inter, zero per Marotta. Una farsa. La Procura Federale, insieme agli altri organi competenti, ha dato l’ok a sanzioni simboliche, ignorando il clamoroso disvalore dei fatti e la portata dell’indagine. Gli stessi organi che nel 2017 avevano massacrato la Juventus per rapporti con gli ultras ben meno gravi, oggi tacciono e si nascondono dietro un garantismo a corrente alternata. A me, ogni volta, sale il crimine. Ma come si fa a parlare ancora di calcio giocato? E, a tal proposito, che fa la proprietà bianconera? Silenzio assoluto. Non una presa di posizione, non una richiesta di equità. È solo codardia o c’è complicità? Elkann & Co. dove sono?. I tifosi juventini, ancora una volta, vengono trattati come sudditi da spremere solo quando c’è da vendere magliette. Se non si alza la voce ora, quando? Questo è un attacco alla credibilità dello sport. E il silenzio della Juventus è un tradimento. -
Espulsioni a favore, ormai una rarità per la Juventus
Juventus_addicted ha risposto a Bob Kelso Discussione Juventus forum
Grazie per le statistiche. Eppure, secondo la vulgata popolare, siamo sempre noi quelli sistematicamente favoriti dagli arbitri. Ho voluto vederci chiaro, stilando una mia statistica personale sui rigori assegnati alle sei squadre che hanno vinto lo Scudetto dal 1994-95 fino alla scorsa stagione. Non solo ho considerato la quantità complessiva, ma anche quanti di quei rigori sono risultati decisivi per ottenere punti e in quali circostanze sono stati concessi (a punteggio di parità o in svantaggio). Ebbene, i dati parlano chiaro: NON SOLO le accuse risultano ridicole e infondate, MA i numeri raccontano una storia molto diversa. Una storia che, guarda caso, nessuno si prende la briga di raccontare. Curioso notare come, in tutte le medie, il Milan ci preceda. Che l’Inter sia inferiore solo nei rigori concessi quando siamo noi a vincere il campionato. E che persino le romane vantino quasi sempre medie superiori alla nostra. La narrazione popolare, però, continua a descrivere una Juventus "favorita". Perché, si sa, quando un marchio d’infamia viene appiccicato, è difficile toglierlo. Personalmente trovo ormai insopportabile essere ancora accusati. Viviamo in un’epoca in cui i dati sono accessibili a tutti: la vera battaglia andava (e va) combattuta contro chi da sempre controlla la narrazione. "Io sono un'autorità su come far pensare la gente." (Cit. Quarto Potere) -
Del Piero diventa allenatore: "Da oggi potete anche chiamarmi Mister..."
Juventus_addicted ha risposto a Sylar 87 Discussione Juventus forum
Metà del forum lo vorrebbe presidente, lui intanto si diploma allenatore: in tempi di austerity, Del Piero potrebbe fare tutto — presidente, mister, team manager, magazziniere… e già che c'è, rimettersi la 10 e battere le punizioni, ché almeno da fermo qualcuno la mette ancora sotto l'incrocio. Alla Juve dei plenipotenziari, Alex sarebbe il candidato perfetto: manca solo che apra anche lo Juventus Store nel tempo libero. -
Roma, suggestione Klopp ma l'agente e lo stesso allenatore tedesco smentiscono
Juventus_addicted ha risposto a Sylar 87 Discussione Serie A e Campionati Esteri
Jürgen Klopp, sì, proprio quel Klopp, il santone del gegenpressing, l’apostolo del carisma col cappellino, ha detto “sì” alla Roma? Applausi, trombette, caroselli preventivi e panini con la porchetta. La notizia ha mandato in tilt più gente qua dentro che nei social giallorossi. Ma fermiamoci un attimo, che qui serve una riflessione seria. Klopp è un signor allenatore, mica lo neghiamo. A Liverpool ha vinto tutto: Premier, Champions, FA Cup, Community Shield e, probabilmente, pure il torneo di briscola del Merseyside. Ma sapete dopo quanto? Dopo quattro anni di costruzione, sacrifici, mercato mirato e fiducia cieca da parte del club. Quattro anni. Non quattro giornate, quattro anni. A Roma, dopo quattro partite storte, ti aspettano all’uscita di Trigoria con l’olio bollente e la lista dei sostituti. Klopp è uno che lavora sul lungo periodo, che ha bisogno di tempo per costruire, sbagliare, riprovare. A Roma, dopo due pareggi e una sconfitta in casa col Frosinone, parte la contestazione “perché con Spalletti si giocava meglio”. I Friedkin potranno anche avere pazienza, ma l’ambiente? I tifosi? La stampa che ogni lunedì mattina sforna editoriali sulla “crisi giallorossa”? E poi diciamolo: Klopp è un tipo passionale, ma pure lui ha i suoi limiti. Non so voi, ma io me lo immagino già alla conferenza post-partita dopo un derby perso: occhiaie, barba incolta, e un “This is too much for me” o un "'gna faccio" detto in mezzo a una nube di sarcasmo e rimpianti. Ma sapete qual è la parte migliore? Che in tutto questo, noi juventini possiamo sederci comodi, popcorn alla mano, e goderci lo spettacolo. Perché mentre loro sognano il Liverpool de Trastevere, noi – pur con le nostre magagne – sappiamo bene che certi processi richiedono stabilità. E la stabilità, a Roma, è una leggenda metropolitana, come la metro C o il fair play finanziario rispettato. Insomma, nel caso auguri a Klopp. Ne avrà bisogno. Perché vincere a Liverpool è difficile. Ma vincere a Roma, e restarci più di due stagioni senza uscirne pazzo, è roba da supereroi. E neanche la Marvel è pronta per questo film. Forza Juve, sempre. E che il prossimo “Klopp day” arrivi tra… diciamo, 18 mesi. Giusto in tempo per l’ennesimo “nuovo progetto tecnico”. -
[Topic Unico] Serie B 2024/2025
Juventus_addicted ha risposto a Montero non fa prigionieri Discussione Serie A e Campionati Esteri
La notizia è la disparità di trattamento, chi è sacrificabile e chi non lo è, chi è una piccola realtà e chi regala "emozioni". Comunque, ecco una ricostruzione.Fonte: repubblica.it Serie B, Brescia verso il -4 per mancati pagamenti: la Samp adesso può salvarsi La procura federale, ricevuti gli atti dalla Covisoc, ha riscontrato delle irregolarità nel bilancio presentato il 28 febbraio dal club di Cellino. Sospeso il play-out di lunedì tra i ciociari e la Salernitana in attesa della sentenza di primo grado del processo sportivo, attesa in 12-15 giorni ROMA – Il fondo della classifica di serie B rischia di essere riscritto. Il Brescia potrebbe essere penalizzato di 4 punti per illecito amministrativo. La procura federale ha chiuso in queste ore l’indagine e tra i 12-15 giorni si arriverà al processo sportivo di primo grado. La serie B ha immediatamente sospeso il play-out in programma lunedì: se accertate le irregolarità la classifica finale del campionato sarebbe da riscrivere. Il Brescia retrocederebbe quindi direttamente in serie C. Ma la vera notizia è che la Sampdoria, oggi retrocessa in serie C, si troverebbe a giocare i play-out con la Salernitana, mentre il Frosinone sarebbe salvo. Tutto è iniziato il 28 febbraio, quando la Covisoc – la commissione che verifica la regolarità dei conti delle società professionistiche – ha inviato una pec all’Agenzia delle Entrate per verificare i crediti di imposta iscritti dal Brescia nella relazione di bilancio per estinguere debiti fiscali e previdenziali della società. Venerdì scorso, a distanza di due mesi e mezzo, è arrivata la risposta: quelle dichiarazioni, secondo le Entrate, non sarebbero veritiere. Quindi, per la Covisoc, il club di Cellino non avrebbe assolto all’obbligo di versare le ritenute Irpef e e i contributi Inps relativi alle mensilità di novembre, dicembre, gennaio e febbraio, entro il termine del 17 febbraio scorso, per quasi un milione e mezzo (1.439.676 euro). Immediatamente dunque la Covisoc ha inviato gli atti alla procura federale che, in 24 ore, li ha analizzati e ha disposto la chiusura indagini, contestando la slealtà sportiva, la violazione dell’articolo 31 (illecito amministrativo) per la dichiarazione falsa e dell’articolo 33 (infrazioni sugli emolumenti)_ il Brescia quindi potrebbe essere penalizzato di 4 punti. Ora il procuratore Giuseppe Chinè invierà gli atti alle difese per le memorie e entro 12-15 giorni si dovrebbe arrivare al processo sportivo di primo grado. Il problema è la regolarità del campionato: la serie B ha subito sospeso il play-out in programma lunedì tra Frosinone e Salernitana. L’idea è quella di disputarlo solo dopo il processo di primo grado. -
Moratti, botta e risposta: l'intervista surreale che non avete mai letto, visto e ascoltato...
Juventus_addicted ha risposto a Sylar 87 Discussione Juventus forum
Amici, vi porto indietro nel tempo, a cavallo tra il '90 e il '91. Era inverno, ero in attesa della chiamata per il militare e, nell’attesa, lavoravo in un negozio in centro a Milano. Lavoro in nero, sottopagato, sfruttato… ma quei quattro spiccioli mi davano l’illusione di non essere totalmente a carico di mamma e papà. All’epoca ero un giovanotto carino (giuro!), educato, rispettoso, di quelli che oggi verrebbero scambiati per uno scout vegano. Per questo quello che sto per raccontarvi non mi provocò il legittimo istinto di tirare un diretto al naso a qualcuno. Ma avrei dovuto. Era sera, quasi orario di chiusura. Io e la collega – che ai miei occhi di ventenne era "anziana" (aveva 30 anni), ma era anche una gran gnocca – stavamo sistemando il negozio. Difetto? Sì, grave: interista sfegatata. Ma uno a vent’anni certe cose le tollera... soprattutto se sono in minigonna. Entra un cliente. Eleganza d’altri tempi, cappotto che sembrava uscito da un film di Visconti. Ma la faccia… mamma mia. Uno di quei visi talmente brutti da provocare, più che schifo, una certa tenerezza. Un contrasto grottesco, surreale. E mentre pensavo “ma dove l’ho già vista sta faccia?”, sento la collega tutta pimpante: “Buonasera, Dottor Moratti!” Ah, ecco. Il quadro si completa. Quattro chiacchiere, lui cortese, la gnocca lo coccola verbalmente. Poi lei spara: “Quand’è che compra l’Inter?” Non ricordo cosa rispose – il mio interesse per l’argomento era pari a quello per il curling nordcoreano – ma poi lei rincara: “Il mio collega non è molto interessato, lui è juventino!” Ragazzi, ve lo giuro: in un attimo il Dottor Jekyll si trasforma in Mr Hyde. La faccia, già penalizzata dalla genetica, si contorse in una smorfia d’odio puro. Il tono gentile si fece acidulo, passivo-aggressivo, quasi minaccioso. Da “cliente signore” a “tifoso invasato in curva”. Io zitto. Lì per lì non dissi niente, ma quella trasformazione mi rimase impressa. A cena raccontai tutto a mio padre, gobbo DOC. Mi disse: “Quel rancore lì se lo portano da bambini. Sono cresciuti odiando la Juve e gli Agnelli. Tutto ciò che loro non saranno mai.” Oggi, dopo anni, lavoro in tutt’altro ambito, ho qualche capello grigio in più (quei pochi rimasti) e molta pazienza in meno. E sì, lo ammetto: sono diventato un livoroso. Farsopoli mi ha rubato la grazia. E confesso che, quando il suddetto soggetto tirerà le cuoia, un pensierino al negozio lo farò: entrerò, saluterò con educazione e, da perfetto juventino, chiuderò il cerchio con classe. Forza Juve, sempre. E per i Moratti di turno… compassione. Nient’altro -
14 Maggio 2000 - 14 Maggio 2025: L'Acqua di Perugia, peccato però che non fu "Acqua Santa" ma bensì "Acqua Marcia"
Juventus_addicted ha risposto a 29 MAGGIO 1985 Discussione Juventus forum
Qualche giorno fa ho aperto una discussione chiedendomi, con un po’ di amaro in bocca, se questi cinque anni di digiuno tricolore fossero il tramonto definitivo di una gloriosa dinastia... oppure, più romanticamente, l'alba di una nuova rinascita. Concludevo dicendo che, al di là dei risultati, una cosa non possiamo accettare: farci mettere i piedi in testa, soprattutto fuori dal campo. Perché è evidente che certe “attenzioni” a noi riservate, quando toccano altre società, spariscono come neve al sole. Non mi fanno paura gli anni senza vittorie, i momenti bui che anch'io ricordo, quelli li abbiamo già superati in passato a testa alta. Quello che mi preoccupa è vedere un proprietario che fa colazione con i potenti della Terra e poi si fa bullizzare — sì, bullizzare — da personaggi come Chiné o Gravina, con il silenzio complice di chi dovrebbe difenderci. I signori che hai mostrato nella foto, quelli che ci hanno insegnato cosa significhino onore e stile, non avrebbero mai permesso che la nostra Juve fosse usata come merce di scambio per giochi di palazzo. E a proposito di stile Juve, lasciatemi ricordare un episodio che mi è rimasto impresso. Era nei minuti finali della partita oggetto di questa discussione, non stavamo creando granché, ma ci stavamo provando con tutto il cuore. Pessotto, il nostro Gianluca, recupera una palla a metà campo: rimessa laterale per noi, pensai, dai, battiamola in fretta! E invece no. Lui si avvicina all’arbitro (quella figura mefistofelica...), e gli dice: “L’ultimo tocco è mio.” Rimessa al Perugia. Avevo trent'anni e avrei voluto urlare, ma in quell’istante capii: quella era la Juventus. Superiore agli altri, anche nella sconfitta. Fiera. Pulita. Diversa. Oggi i tempi sono cambiati. Non voglio giocatori isterici o violenti, sia chiaro, ma serve qualcuno — là fuori, nelle stanze dove si decide — che sappia farsi rispettare. Non solo una figura forte, ma una guida. Perché una cosa è certa: se lo stile è eterno, la rassegnazione non è roba da juventini. Con la consueta stima, buona serata a te ed a tutti voi -
14 Maggio 2000 - 14 Maggio 2025: L'Acqua di Perugia, peccato però che non fu "Acqua Santa" ma bensì "Acqua Marcia"
Juventus_addicted ha risposto a 29 MAGGIO 1985 Discussione Juventus forum
Mi sa che sarebbe stata diversa solo la sua (di Ancelotti): vista la nostra maledizione in Champions, non avrebbe vinto nulla nemmeno lui. In fondo a lui è andata bene. Stefano @29 MAGGIO 1985, amico caro, certo che rivangare certe disgrazie in questo momento storico è come tenere la testa sott'acqua a chi sta affogando. TU QUOQUE... -
Juventus 2024/25: il grande inganno dell'anno zero
Juventus_addicted ha risposto a Dale_Cooper Discussione Juventus forum
C'hanno fatto l'inganno della cadrega. E noi: "mmh, buona questa cadrega". Un solo responsabile: JE, il gran visir di tutti i mali -
Popolo juventino, svegliati!!!
Juventus_addicted ha risposto a ArturoFC93 Discussione Juventus forum
Da quando c'è l'algido lungagnone dal cognome straniero, le blatte nerazzurre hanno portato a casa 7 scudetti (1 in segreteria) e quest'anno non è ancora finita. Come contorno 6 coppe Italia e 6 supercoppe italiane. Fuori dai confini, una Champions (e ho il vomito a pensare cosa potrebbe succedere a fine mese) ed un mondiale per Club. Non mi si venga a dire che con la Juventus ha vinto di più, perché quando vincevamo noi al timone c'era Andrea Agnelli, le decisioni (giuste o sbagliate) non le prendeva quel mollaccione invertebrato. È pura statistica: Elkann ha fatto vincere l'Inter più di Moratti, in coppia e da solo. -
È difficile, ma proviamo a cambiare prospettiva?
Juventus_addicted ha risposto a Minor threat Discussione Juventus forum
Quindici anni fa eravamo ancora nel pieno post farsa. Non sapevamo se e come saremmo tornati vincenti. Adesso siamo nella stessa situazione, con l'aggravante che nel frattempo ci hanno azzoppato una seconda volta con un'altra farsa clamorosa (anche i nostri prodi ci hanno messo del loro, hai ragione). Ma, almeno in Italia, quelle che tu hai citato come squadre virtuose (o quasi) ne hanno combinate anche di peggio. Ti stimo tantissimo per l'ottimismo, io vedrò buio fino a quando quel pennellone dal cognome straniero, erede di un potere immenso senza averne le capacità di gestione, non pretenderà parità di trattamento per tutte. buona giornata -
Vlahovic: "Il goal più bello con la maglia della Juve? In finale di Coppa Italia. Un onore far parte di questo club"
Juventus_addicted ha risposto a Vs News Discussione Juventus forum
Domandone proprio, queste. Noi siamo incazzati e preoccupati, vogliamo sentire dichiarazioni che ci facciano riconciliare con questa società di peracottari. -
Cinque anni di digiuno dallo Scudetto. Rassegnazione o rinascita?
Juventus_addicted ha aggiunto una discussione in Juventus forum
Non che ce ne fosse bisogno, ma da oggi è ufficiale: anche la matematica ha messo il suo timbro. La Juventus chiude il quinto campionato consecutivo senza scudetto. Un periodo lungo, quasi un’era geologica, per chi – come noi – è abituato a festeggiare titoli come fossero compleanni. Sì, lo sappiamo: ci sono squadre che aspettano da decenni… ma non siamo "altre squadre". Siamo la Juventus. La squadra più vincente del calcio italiano. E cinque anni senza tricolore, per noi, fanno rumore. Tanto rumore. Dal 1945, la Juventus ha disputato 79 degli 80 campionati di Serie A, vincendo ben 31 scudetti, che corrispondono al 39,24% delle edizioni del campionato, circa due su cinque, un dato che testimonia una costanza impressionante di successi. La striscia interrotta: quando la Juve rallenta (ma non si ferma mai) Nella nostra storia ci sono state altre "pause di riflessione". Dal dopoguerra ad oggi, ci è già capitato di passare cinque o più stagioni a bocca asciutta: Dal '52 al '58 Dal '61 al '67 Dal '86 al '95 E poi di nuovo dal 2006 al 2012 (sì, lo sappiamo… per qualcuno è dal 2003, ma noi sappiamo bene com’è andata). Eppure, ogni volta, la Juve è tornata. Più forte, più affamata, più vincente. Perché la nostra non è solo una squadra: è una mentalità. Una macchina da guerra costruita per vincere. E quando si inceppa, la si ripara. Non si rottama. Non solo tecnica, è questione di testa (e di poltrone) Oggi il vero rebus non è il modulo, né l’attacco che fatica. Il problema è più profondo: c'è una società da ricostruire. Una guida forte da ritrovare. Una visione da ritrovare. Andrea Agnelli, pur con tutti i suoi errori, aveva dato un'identità e un’idea di futuro. Oggi sembriamo in balia delle onde. Dentro e fuori dal terreno di gioco. E mentre noi ci facciamo processare ogni 3x2, altrove si chiudono gli occhi. Ma la Juve non può continuare a farsi mettere all’angolo. Serve una società che alzi la voce e difenda la squadra con la stessa rabbia e determinazione che chiediamo ai nostri difensori in campo. Continuare così significa regalare agli altri il diritto di trattarci da bersaglio comodo, col rischio concreto di affossare per sempre l’idea di un calcio italiano equo. E a quel punto, il messaggio è chiaro: siamo sotto scacco. E adesso? Si riparte. Come sempre. La domanda è solo una: siamo pronti a ripartire davvero? Lo siamo noi tifosi, che non molliamo mai, neanche quando la Juve gioca da… vabbè, avete capito. Ma lo è la società? Lo è la proprietà? Si ha davvero voglia di riportare la Juve dove merita? Perché qui non basta “tenere botta”. Noi vogliamo vincere. E vincere non è un’opzione, è un dovere morale. Noi siamo la Juventus L'ora di ricominciare è adesso. Il futuro non ci fa paura: ci aspetta FORZA JUVE. SEMPRE. Buona serata a tutti voi- 394 risposte
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È la vita ragazzi. Ci sono persone che nascono con la camicia, altre che devono soffrire. L'unica cosa certa è che anche quelli che nascono con la camicia, vedi Capello e Ancelotti, quando arrivano alla Juve perdono il_loro_fottuto_culo ed in Champions fanno cag... Depressione
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Claudio Gentile alla Gazzetta: "Per la Juve troppi errori sul mercato. L'allenatore per il prossimo anno? Conte spiegherebbe meglio di tutti il valore della maglia bianconera"
Juventus_addicted ha risposto a Vs News Discussione Juventus forum
Il marchio di fabbrica è sempre stata la mentalità vincente, che andava oltre le singole partite. Quella mentalità, però, oggi sembra mancare, con una squadra che non riesce a rispondere alla pressione nelle sfide più difficili e che fatica a trovare la forza per superare le difficoltà. Per questo, non avendo giocatori con quelle caratteristiche, occorre qualcuno che sappia cosa vuol dire avere quel carattere che ha sempre contraddistinto la Juventus, quella rabbia sportiva che traspariva in ogni contrasto e in ogni rincorsa. E che la inculchi nelle giovani leve e le imponga ai più anzianotti. Che sia Tudor o sia Conte, l'auspicio è quello di vedere giocatori cercare di "sbranare" gli avversari. Il discorso sul mercato e quindi sulla società è ahimè ben più grave, ed è quello che dovrebbe essere risolto il prima possibile -
Buongiorno a tutte ed a tutti. Il 1° maggio 1994 moriva uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1, per molti forse il migliore. Non ero un suo tifoso, come tanti altri tifavo Ferrari, la rivalità con il francese Alain Prost caratterizzò molto quegli anni, ma gli riconoscevo una superiorità indubbia. Personalmente, tra le altre cose, ricordo una capacità straordinaria nel saper frapporre tra sé ed il diretto inseguitore un "doppiato", superandolo poco prima della parte mista del circuito, facendo in modo che quest'ultimo facesse da "tappo" e quindi sottraendo preziosi decimi di secondo a chi cercava di avvicinarsi. Ma non era certo solo questo il suo più grande talento: 3 volte Campione del Mondo 41 Gran Premi vinti 80 volte sul podio 65 volte in pole position Ma i numeri non dicono tutto: insuperabile nella guida sotto la pioggia, fortissimo nei circuiti cittadini (detiene ancora adesso il record di vittorie a Monte Carlo), eccezionale nella messa a punto del veicolo e nella scelta degli pneumatici. Il 1° maggio 1994 si correva il Gran Premio di San Marino, autodromo di Imola. Quel pomeriggio io e altri amici ci stavamo recando con il pullman allo stadio (uno dei tanti Juventus Club che all'epoca percorrevano, come un serpentone unico, la Milano - Torino); la partita per la cronaca era contro l'Udinese e vincemmo 1-0 con gol del compianto Gianluca Vialli. Ricordo lo sgomento e la preoccupazione nel vedere su quei piccoli televisori l'incidente alla curva del Tamburello, ed il pilota immobile a parte un lieve movimento del capo. Non ricordo nulla della partita, ma ho ben impresso nella memoria il pensiero che quel giorno sarebbe mancato una Leggenda dello Sport (la dichiarazione ufficiale venne fatta poco prima delle 19). Quel weekend a Imola fu tragico, ci fu anche la morte il giorno prima del pilota austriaco Ratzenberger, e numerosi incidenti caratterizzarono tutto il fine settimana. Qui di seguito riporto una ricostruzione, fonte Wikipedia: La competizione è nota per essere stata uno degli eventi di Formula 1 con più incidenti dall'esito grave o mortale: nell'arco dei tre giorni di gara vi persero infatti la vita i piloti Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, mentre Rubens Barrichello rimase ferito, così come (pur con esito meno grave) alcuni meccanici e vari spettatori, coinvolti passivamente in ulteriori incidenti verificatisi durante la corsa. Venerdì La sequenza di gravi incidenti che segnò il weekend ebbe inizio già nelle prove libere del venerdì: durante la sessione la Jordan di Rubens Barrichello, a causa del cedimento della sospensione posteriore sinistra e della velocità troppo elevata, uscì di traiettoria alla Variante Bassa, passò di traverso sul cordolo esterno e decollò, superando le gomme di bordopista e impattando contro le reti di protezione. L'auto quindi rimbalzò all'indietro, si cappottò un paio di volte e infine si fermò ribaltata nella via di fuga. Essendo manifesta la gravità della situazione, le prove vennero subito interrotte onde consentire di prestare i soccorsi. Barrichello venne estratto esanime dall’abitacolo e rianimato sul posto dai sanitari: ripresi i sensi, venne trasportato al centro medico e in seguito all'ospedale, ove venne stabilizzato e medicato (avendo riportato una frattura al setto nasale, tagli alla bocca, un braccio rotto, una costola incrinata ed una leggera amnesia). Pur non potendo prendere parte al resto dell'evento, già la mattina del sabato si ripresentò nel paddock. Sabato Il secondo incidente avvenne durante le prove ufficiali di sabato 30 aprile: Roland Ratzenberger era impegnato in un giro lanciato nel tentativo di abbassare il suo tempo di qualificazione. Giunta nel rettilineo all'uscita della curva Tamburello, la Simtek del pilota austriaco subì la rottura dell'ala anteriore: il brusco calo di deportanza e l’elevata velocità (314,9 km/h) la resero ingovernabile, mandandola a sbattere contro il muro esterno della successiva svolta, intitolata a Gilles Villeneuve. Nel forte impatto la cella di sopravvivenza dell'abitacolo resse abbastanza bene, ma la decelerazione fu tale da far perdere immediatamente conoscenza al pilota, provocandogli una frattura della base cranica. Anche stavolta la gravità della situazione fu subito manifesta: mentre il relitto della vettura (rimbalzato contro il muretto) continuava ad andare in testacoda per poi fermarsi in mezzo alla curva Tosa (successiva alla Villeneuve), si vide distintamente la testa del pilota oscillare mollemente, appoggiata ai bordi dell'abitacolo. L'allarme fu ancora una volta immediato e fu esposta la bandiera rossa: in due minuti i medici di pista, diretti dal dottor Sid Watkins, si accostarono alla Simtek, trovando Ratzenberger privo di sensi e con copiosa perdita di sangue dalla bocca e dal naso. I sanitari intervennero su di lui dapprima nell’abitacolo, dopodiché lo estrassero e lo distesero a terra, tentando di rianimarlo. Dopo essere riusciti quantomeno a farlo uscire dall’arresto cardiaco, lo caricarono su un’ambulanza e quindi sull’elicottero del 118 Emilia-Romagna, che lo trasportò al pronto soccorso dell'Ospedale Maggiore di Bologna; a causa del grave trauma subito il pilota austriaco morì sette minuti dopo l'arrivo all'ospedale. La ricostruzione più credibile dell’incidente indicò come causa scatenante un danno all’alettone anteriore della Simtek, riportato durante il giro di lancio a causa di un probabile passaggio scomposto su un cordolo. Tale rottura non venne ravvisata né dal pilota né dal muretto, ma allorché Ratzenberger affrontò il rettilineo del Tamburello, il forte carico aerodinamico dell’alta velocità andò a spezzare definitivamente la superficie alare. A conforto di tale teoria vi furono le registrazioni delle telecamere Rai puntate su quel tratto di pista, una delle quali, poco dopo il passaggio della Simtek numero 32, riprese un oggetto di colore violaceo (visivamente compatibile con la forma del flap frontale) volare in mezzo al tracciato. Secondo le leggi italiane l'autodromo sarebbe dovuto andare immediatamente sotto sequestro a causa dell'incidente mortale, per consentire al pubblico ministero competente di effettuare i rilievi. Essendo però i medici riusciti a riattivare il cuore di Ratzenberger, il successivo decesso avvenne al di fuori del circuito e non comportò la sospensione del programma di gara. Era dal 1986 che un pilota di Formula 1 non moriva “sul lavoro” (l’ultimo era stato De Angelis nel corso di un test privato) e ancor più tempo era passato dall’ultimo accadimento luttuoso nel corso di un evento ufficiale (l’incidente di Riccardo Paletti al Gran Premio del Canada 1982). L'ambiente della Formula 1 ne risultò immediatamente traumatizzato: allorché le prove vennero fatte ripartire, Ayrton Senna e tutti i piloti della Benetton e della Sauber decisero di non effettuare altri giri (...) Domenica Il terzo grave incidente del weekend si verificò già alla partenza della gara: allo scattare del semaforo verde la Benetton di JJ Lehto, quinta in griglia, ebbe un problema tecnico e spense il motore, rimanendo ferma sulla piazzola. Le macchine che la seguivano scartarono bruscamente sui lati per evitarla, ma Pedro Lamy, partito dalle retrovie, si avvide dell'ostacolo solo all'ultimo momento: l'elevata velocità e la presenza di altre monoposto al suo fianco resero inevitabile il violento impatto, con la Lotus che letteralmente sfondò il retrotreno della Benetton, andando poi alla deriva per un centinaio di metri e fermandosi allo sbocco della pit-lane. Entrambi i piloti non riportarono conseguenze (salvo alcuni indolenzimenti), ma i detriti persi dalle auto coinvolte volarono in tutte le direzioni; alcuni di essi scavalcarono le recinzioni e finirono sulle tribune ferendo nove spettatori, dei quali uno, colpito da una gomma, rimase qualche giorno in coma. Poiché il rettilineo dei box si era riempito di detriti, la direzione di gara ordinò l'ingresso in pista della safety car (condotta dal pilota Max Angelelli), per rallentare i concorrenti e dare modo ai commissari di ripulire il tracciato e spostare i relitti delle auto incidentate. (...) Una volta pulita la pista la gara riprese: Senna aveva mantenuto il comando e subito segnò un buon tempo cronometrato (risulterà essere il terzo crono più veloce della gara), inseguito a breve distanza da Schumacher. Nel corso del settimo giro, alle ore 14:17, la Williams del brasiliano approcciò normalmente la svolta del Tamburello a una velocità di circa 310 km/h. In questo frangente il piantone dello sterzo (modificato frettolosamente dai meccanici su istruzioni dello stesso Senna prima della gara) cedette alle sollecitazioni e la vettura divenne ingovernabile. Senna, accortosi di non riuscire a curvare e di stare andando dritto, frenò bruscamente fino a ridurre la velocità a 211 km/h, ma la via di fuga era troppo stretta: nel giro di 2 secondi la Wiliams impattò con un angolo di circa 22 gradi contro il muretto a bordo pista. La grande energia cinetica fece rimbalzare la macchina all'indietro verso la pista: essa toccò di traverso la striscia d'erba che separava il tracciato dalla via di fuga e ritornò verso l'esterno, per poi arrestarsi una cinquantina di metri più avanti. Nella carambola una sospensione dell'auto si spezzò con ancora attaccata la gomma e colpì Senna alla testa, provocandogli un grave trauma cranico: il braccio scheggiato della sospensione penetrò nel casco attraverso la visiera, ferendo gravemente il pilota nel lobo frontale destro, poco sopra l'occhio. Resasi conto dell'immobilità del pilota nel relitto della macchina (salvo alcuni lievi spostamenti del capo probabilmente dovuti alle lesioni a livello cerebrale), la direzione di gara espose la bandiera rossa e chiamò i soccorsi. Nel giro di due minuti i medici guidati dal dottor Sid Watkins intervennero presso la vettura. Le condizioni di Senna erano palesemente gravissime: il pilota era esanime e la testa era mollemente appoggiata al bordo laterale dell'abitacolo. I sanitari sfilarono il casco al pilota tagliando la cinghia di ritenuta, constatando che il brasiliano era in stato di gasping: oltre alla ferita sopra l'occhio destro manifestava una fuoriuscita di sangue dal naso e dalla bocca e non reagiva ad alcun tipo di sollecitazione. Lo estrassero dalla vettura e lo stesero a terra per stabilizzarlo: anzitutto si provvide a tenergli aperte le vie respiratorie con la praticazione di una tracheotomia d'urgenza, a tamponare l'emorragia e a trasfondergli del materiale ematico. Watkins, appurata l'estrema gravità della situazione (a posteriori dichiarò di aver avuto "la percezione che il suo spirito lo stesse abbandonando in quell'istante", dopo aver osservato un improvviso rilassamento del corpo del pilota), chiese l'intervento dell'elisoccorso, che in modo del tutto inedito per la storia della Formula 1 fu fatto atterrare direttamente in pista, presso il sito dell'incidente. In quei momenti concitati qualcuno autorizzò erroneamente il rientro in pista di Érik Comas, che non era ripartito insieme agli altri all'uscita della safety car, ma era rimasto fermo a lungo nei box per riparare l'alettone posteriore rovinato da una toccata. Il francese della Larrousse, ignaro della situazione, arrivò al Tamburello a discreta velocità, evitando per poco di investire i mezzi di soccorso. Incredulo per la situazione creatasi, egli uscì dalla vettura per sincerarsi dello stato del collega ferito (che peraltro qualche tempo prima l'aveva a sua volta soccorso a seguito di un incidente in gara). Quindi, prima che la direzione di gara lo squalificasse per il grave pericolo causato, decise sua sponte di ritirarsi dalla gara. Alle ore 15:00 Senna venne caricato a bordo dell'elicottero, che decollò dalla pista alla volta dell'Ospedale Maggiore di Bologna: al seguito del pilota si imbarcarono il dottor Watkins e il primo assistente Giovanni Gordini, medico anestesista. Durante il volo gli fu trasfuso altro sangue, per un totale di 4,5 litri. (...) A gara conclusa tutte le attenzioni si concentrarono sulle condizioni di salute di Ayrton Senna, che era nel frattempo giunto all'ospedale di Bologna. L'équipe del reparto di rianimazione guidata dal primario dottoressa Maria Teresa Fiandri (che aveva raggiunto il nosocomio subito dopo aver visto l’incidente in televisione) esaminò sommariamente il pilota, constatando che l’unica ferita visibile era quella già citata sopra l’occhio destro (larga tre o quattro centimetri), oltre a un complessivo gonfiore del viso (altrimenti disteso e sereno), mentre il resto delle membra appariva illeso. Allorché tuttavia lo spostarono dalla barella si accorsero che essa era piena di sangue, in quantità giudicata sproporzionata rispetto alle lesioni visibili. La squadra medica provvide subito a trattare l'insufficienza cardiaca e respiratoria in cui versava Senna, fino a quasi stabilizzare polso e respirazione; di tale situazione venne dato conto in due bollettini medici che vennero letti dinnanzi alla folla di giornalisti che si era raccolta presso il reparto di rianimazione, mentre la gara era ancora in corso. In seconda istanza, dopo un consulto con il dottor Gordini (che fin da subito dichiarò nulle le speranze di arrivare a buon fine), il pilota fu sottoposto a TAC ed elettroencefalogramma, che rivelarono tutta la gravità dei traumi subiti e l’assenza di attività cerebrale. Tutto ciò non era tuttavia sufficiente, ai sensi delle leggi italiane in vigore, a dichiarare la morte, che nelle normative era intesa come cessazione dell'attività cardio-respiratoria. Alle ore 18:15 Leonardo, fratello del pilota (che aveva raggiunto l’ospedale insieme all’addetta stampa Betise Assumpcao), chiamò un prete affinché amministrasse ad Ayrton l'estrema unzione: a stretto giro la dottoressa Fiandri li raggiunse ed espose loro il risultato degli esami, avvertendoli dell’irreversibilità dello stato comatoso, per poi dare analoga infausta prognosi anche agli operatori mediatici. Allorché alle 18:37 subentrò un nuovo arresto cardiocircolatorio, l'equipe medica decise di non insistere ulteriormente: tre minuti dopo la stessa dottoressa Fiandri si presentò nella sala stampa improvvisata al 12º piano dell’Ospedale Maggiore, annunciando ai giornalisti ivi convenuti il decesso di Senna. Nel referto l'ora effettiva della morte venne tuttavia indicata alle 14:17, momento dell'impatto con il muretto, sebbene il suo cuore abbia cessato di battere alle 18:40, a significare come ogni tentativo di salvataggio fosse stato vano. I funerali di Stato di Senna, ebbero luogo il 5 maggio 1994 a San Paolo in Brasile, alla presenza di tantissimi rappresentanti del mondo delle corse. Il 7 maggio, invece, ebbero luogo a Salisburgo, in Austria, i funerali di Roland Ratzenberger, alla presenza del presidente della FIA, Max Mosley. L'incidente di Senna resterà l'ultimo con conseguenze mortali in una competizione di Formula 1 fino al Gran Premio del Giappone 2014, segnato dal grave incidente occorso al francese Jules Bianchi, poi deceduto il 17 luglio 2015 dopo più di 9 mesi di coma. Concludo inserendo un brano di Lucio Dalla Buon primo maggio
