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Ci vorrà tempo, probabilmente. Oggi entrambe le parti sono troppo agitate, tra l'ebrezza della riconquista ucraina e l'umiliazione subita sul campo dai russi sembra impossibile poter imporre un alt. Il rischio è che la situazione non si risani proprio, ma che vada semplicemente de-intensificandosi negli anni similarmente a come accaduto sul confine Pakistano-Indiano, Azero-Armeno, Israelo-palestinese, etc. Ora tutti sono troppo concentrati su come posizionarsi in vista dell'autunno, quando per questioni ambientali rallenteranno le avanzate terrestri da entrambe le parti. Questo inverno russi e ucraini avranno tempo e modo per prepararsi sulla prossima primavera, forse in quella fase ci sarà maggior spazio per la diplomazia.
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Permettemi, ma non è con questi assolutismi e col benaltrismo che si può parlare di certe cose. La Russia non vorrebbe fare stragi di civili? Quindi le fa per caso, le capita, ma lo fa apposta in sostanza. Tipo Groznyj? Dici che la pace si raggiunge concedendo Crimea e Donbass ai russi, semplice semplice. Eppure marciavano su Kiev, puntavano Odessa, hanno bloccato mezzo mar Nero. Mi dispiace fartelo notare, ma temo siate rimasti tu e Orsini a credere a questa fantomatica soluzione semplice semplice. Zelensky, se facesse tutto quello che tu descrivi, non farebbe niente di diverso da quello che fa Putin da 20 anni a questa parte. A meno che non si vogliano negare i giornalisti uccisi in Russia e persino in Europa, gli improbabili incidenti occorsi ai suoi oppositori, le stragi in cecenia ed altre chicche che ci ha regalato lo zarino. Poi è chiaro, dev'esser pazzo Zelensky a pensare di rinunciare alle trattative dopo mesi di infruttuosi dialoghi. Dopo che i russi hanno provato ad ucciderlo, dopo che hanno provato a prendere Kiev, dopo che hanno reso una farsa i trattati di pace (chiedendo una resa incondizionata e di scegliere un esecutivo a loro discrezione, altro che Donbass), dopo che hanno promesso che non avrebbero mai e poi mai attaccato fino a poche ore prima dell'attacco, dopo che hanno invaso il suo paese con le bandiere sovietiche al vento, dopo le recenti stragi di civili, le bombe termobariche e dopo la farsa del referendum, ciliegina sulla torta. Ma sicuramente se un russofono come Zelensky tanto si batte contro i russi è per pura russofobia. Uno che è nato russofono e ha come russo la sua prima lingua, tanto da renderlo oggetto di satira per il suo pessimo ucraino, proprio in quel paese di cui è diventato presidente. Sì, è uno di quelli che secondo la logica del "parla russo, allora è russo", dovrebbe essere russo e russofilo nel midollo. Caso vuole sia pure ebreo, giusto per avvalorare ulteriormente il ritratto di un nazista. Ma ehi, il referendum, l'autodeterminazione dei popoli. Quella che vale sempre a seconda dei casi, per esempio non varrebbe certo in Siberia o in Cecenia, come non varrebbe mai a Taiwan, a Hong Kong o nello Xinjiang, ma sono sicuro che per quelle situazioni il diritto internazionale torni improvvisamente prioritario sulle volontà dei popoli. Sbaglio? Poi certo, la partita in realtà è tra USA e Russia, l'Ucraina mica c'entra, c'ha messo giusto il campo ed il pallone, qualche decina di migliaia di morti, niente più. C'ha messo il fantoccio Zelensky, dai, almeno questo concediamoglielo. Certo, ci fosse stato un presidente vero, non un burattino, una "persona per bene" direbbe qualcuno. Uno come Porosenko immagino, uno che tanto piaceva al liberatore di popoli oppressi. Non c'entrano nemmeno Cina, Turchia, Germania e UK in tutto questo, il solo Putin le cita o minaccia per semplice galanteria, per farle sentire importanti, poverine. Non hanno alcun peso sulla questione, sono solo paesi fantoccio. Burattini, come dici tu. La chiosa finale sul campo di battaglia di una guerra nucleare, poi, consentimelo. Un capolavoro. In caso di terza guerra mondiale con 6000 testate nucleari volanti, manco una coinvolgerebbe il territorio americano. No no. SSBN sotto i ghiacci antartici, migliata di ICBM sparsi sul territorio più vasto del mondo, il più grande arsenale di armi nucleari sul pianete i russi lo hanno prodotto e mantenuto a suon di miliardi solo per usarlo contro di noi, e non contro gli americani, perché noi siamo i FESSI. Dai, su. Non avere in simpatia gli americani è un conto, e nemmeno io ne nutro. Si può criticare l'imperialismo americano, anzi si deve, così come quello britannico, ed è giusto preoccuparsi anche di Oriente e non solo di Occidente. Per esempio io idealmente vorrei un'Europa smarcata e autonoma, impermeabile alle ingerenze estere di qualsivoglia natura, capace di guardarsi a Oriente e a Occidente (come nell'amata aquila bicipite slava). Io che ho amato e lavorato un po' ovunque in Cina ed in Russia, e mai negli Stati Uniti. Tutte queste premesse però non bisogna far si che alleggeriscano di un solo grammo le oggettive responsabilità della leadership russa. Preoccupiamoci di pace, dunque. Ma la pace è un qualcosa che senza giustizia è destinata a durare molto, molto poco. La retorica sulla pace di stampo orsiniano che hai fatto evidentemente tua mi ricorda molto quella di Chamberlain. Entrambe persone di cultura, tutt'altro che ignoranti, fermamente convinte che trovare una soluzione di compromesso potesse allora (e possa oggi) placare gli appetiti di una potenza imperialista in fase espansiva. Le analogie sono davvero molte, quasi impressionanti, se riusciamo nello sforzo di sostituire gli Stati Uniti con l'Inghilterra (facile) e la Russia con la Germania (un po' meno facile). Da un lato un impero capitalista, liberale, potente ma che ha superato il suo apice storico, imboccando da poco tempo la discesa verso il ridimensionamento. Un paese che non può che essere garante e partecipe di qualsiasi evento del continente, ergo anche delle guerre tra Germania nazista e vicini. Dall'altro un paese uscito sconfitto, distrutto ed umiliato dal conflitto precedente. Un paese che ha visto il suo territorio ridursi ai minimi termini, la sua economica dissanguata, le sue genti sparse in paesi giovani con confini più che discutibili. Un paese che ha trovato in un ex militare di quel paese sconfitto, un fulgido esempio di voglia di rinascita, se non di rivincita, forse addirittura di vendetta. Un paese che ha promesso la riunificazione del suo popolo sotto un'unica bandiera, avvertendo i paesi vicini di non intervenire. Le analogie mi sembrano parecchie. Come finì è storia, la conosciamo tutti. Chamberlain, dopo aver concesso ai tedeschi i territori richiesti ed ottenuto la promessa di pace, tornò col trattato firmato a Londra, accolto da ovazione, svontolandolo in faccia a chi chiedeva un intervento a difesa di quei paesi, e di quei confini (tra tutti, spiccava quel fenomeno di Churchill). Come andò a finire ce lo ricordiamo tutti, purtroppo.
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La tensione effettivamente c'è tutta, questa volta. Non mi sorprenderebbe se il tabù venisse rotto per gradi. La Russia potrebbe pur pensare di mostrare il muscolo atomico senza usarlo sull'Ucraina, come serio avvertimento. Magari in mare, o nei numerosi siti a disposizione delle federazione. Magari mascherandolo da test di prova dei suoi famigerrimi missili ipersonici.
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Può darsi, ed in un certo senso lo speriamo tutti. Ma quel che mi pare evidente è che gli interessi di Russia e Cina stiano diventano sempre meno convergenti. Questa guerra sta mettendo a rischio lo status quo dell'economia globale, innanzitutto, già questo basta di per sé ad irritare Pechino. Sta allontanando non solo Mosca, ma anche la Cina stessa dalle economie e dalle diplomazie occidentali. I miliardi spesi in occidente negli ultimi decenni, tra porti (come Amburgo e Trieste) e progetti epocali (come la Via della Seta) sono ora messi in discussione dalla polarizzazione dello scontro. Senza contare le enormi risorse che il governo aveva investito proprio sulle infrastrutture ucraine, completamente bruciati dalla guerra iniziata da Putin. Se ora i russi legittimano pure un referendum sull'indipendenza del Donbas, sposando la linea dell'autodeterminazione dei popoli anche contro l'opinione della comunità internazionale, apre un precedente pericolosissimo per Taiwan. Putin ad oggi vuole i cinesi come partner economici, ma pare non aver alcuna accortezza nel non calpestarne gli interessi all'estero. No, proprio per nulla. E potrebbe essere il tipo di ritorsione che, se messo sul tavolo dagli americani, potrebbe convincere i cinesi a prendere definitivamente le distanze dal governo russo sulla questione ucraina.
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Il referendum sarà un boomerang che i russi pagheranno per decenni. A XiJinping è mancato un battito dopo questa trovata di Putin.
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Condivido i tuoi timori. Non a caso è da inizio topic che spero venga offerta una "via d'uscita" a Putin. Mobilitazione generale e arma tattica nucleare sono sono due locuzione che spero ogni mattina di non leggere su alcun media. Penso sia ancora percorribile una via del dialogo. Non sono pochi i personaggi di spicco in Russia che dopo questa disfatta invocano la riapertura dei negoziati, Lavrov compreso. Un altro interessante video estratto dai media russi
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Semplificherò di molto, altrimenti la cosa rischia di farsi parecchio lunga. La controffensiva ucraina è inizialmente partita a sud, nella regione di Kherson. La cosa ha sorpreso un pochino tutti quanti, per proporzioni, livello di organizzazione e mezzi a disposizione. Non ci si aspettava che gli ucraini avessero ottenuto mezzi e capacità tali da proporre una manovra di tale portata. E' opinione diffusa quindi nche quella manovra fosse pianificata da settimane, se non da mesi, probabilmente sotto aiuto e guida straniera. L'obiettivo di tale controffensiva, così come le sue possibilità di riuscita, sono state subito divisivo tema di dibattito. C'è chi credeva fosse un ultimo assalto disperato (molte fonte russe proponevano questa analisi) che avrebbe inevitabilmente preceduto un crollo del sistema militare ucraino. C'è chi credeva fosse un tentativo ambizioso di respingere i russi al di là del fiume Dnepr, tagliando ponti di collegamento con la rete logistica russa e provando a cogliere di sorpresa le forze che sarebbero rimaste inevitabilmente chiusa in una zona limitata, facilmente aggredibile (io ero tra questi). Il fronte, salvo piccoli avanzamenti di qualche km e piccoli sfondamenti in qualche settore, però, non ha dato segno di grandi risultati. Quello che certamente è riuscito agli ucraini, però, è stato distruggere tutti i ponti che attraversano il fiume, rendendo impossibili o comunque estremamente lenti rifornimenti e rinforzi, cosa che ha preoccupato parecchio (comprensibilmente) gli alti comandi russi. Piuttosto sorprendente che l'aviazione russa, la terza se non la seconda aviazione militare al mondo, non sia riuscita a difendere dagli attacchi snodi tanto strategici del fronte. A mio modesto avviso, qui si è presentata la vera svolta del fronte. L'alto comando russo ha probabilmente pensato che gli ucraini, per ottenere una forza di pressione di tale portata, avessero concentrato i loro sforzi nella regione. Hanno così spostato molte delle loro risorse dal fronte settentrionale a quello meridionale, temendo che un ritardo nei rifornimenti avrebbe potuto comportare l'annientamento delle forze a sud, provate e a rischio accerchiamento. Ora, è difficile capire se questo fosse davvero il piano ucraino sin dal principio, ma gli ucraini avevano preparato e costituito un ulteriore controffensiva proprio a nord, proprio nel settore ora scoperto per soccorrere il fronte meridionale. Di certo c'è che l'intelligence russa ha commesso un tragico errore, sottostimando enormemente le capacità ucraine. Come si è aperta la classica finestra d'opportunità a nord, proprio mentre le forze russe percorrevano da nord a sud il paese, gli ucraini hanno attaccato in forze il settore di Kharkiv letteralmente sbaragliando le linee russe. (Consiglio di aprire la gif per osservare la proporzione del crollo del fronte settentrionale, con l'offensiva (in azzurro) ucraina. Parliamo di soli 5 giorni di battaglia). Alcune delle forze in soccorso a sud hanno provato a rientrare per evitare l'accerchiamento delle forze del nord, ma l'avanzata è stata rapidissima ed ha costretto i russi ad indietreggiare in molti luoghi oltre il confine russo. Quando si è inseguiti, infatti, è praticamente impossibile riorganizzare una linea difensiva. Lo stallo a Sud ha quindi creato le condizioni per il crollo del nord. Col senno di poi probabilmente i russi avrebbero fatto meglio a indietreggiare ordinatamente a sud, stabilendo posizioni agilmente difendibili con forze simili a quelle già presenti in precedenza, accettando di dover lasciare una piccola porzione di territorio sul fronte meridionale, ma senza mettere in discussione la solidità del fronte nord. La vittoria a nord ha consentito inoltre agli ucraini di controllare le principali vie di comunicazione tra il nord ed il sud del donbass, rendendo complicatissimo un agile spostamento delle truppe russe da una parta all'altra del fronte. Ora capire cosa succederà non è facile, ma in Russia la ritirata ha avuto una risonanza enorme, anche sui media statali. Persino nelle tv di stato si mette in discussione la leadership militare. Alcuni esempi:
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Quel che sta succedendo sul fronte nord orientale ha quasi dell'incredibile.
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E' sicuramente uno scenario inquietante. Senza dubbio. Ciò nonostante sono convinto che in Polonia, oggi, l'opinione pubblica e gli apparati siano già convinti che presto o tardi si verrà alle mani. Coi russi, coi bielorussi, questo è da vedere. Sicuramente è un paese profondamente russofobo, con il militarismo nel sangue, ho avuto modo di vederlo coi miei occhi quest'inverno. Un paese che si ritiene omogeneo, solido, compatto, portatore di una missione storica ed etica nel cuore dell'Europa. Molti polacchi oggi si sentono come l'ultimo baluardo dell'identità occidentale e cristiana. E' un paese che non solo teme l'inevitabile, ma è un paese che si sta concretamente attivando per gestirlo, con ogni mezzo, da anni. A mio modesto parere, senza voler aprire un altro topic, lo stanno facendo anche molto bene. Non quest'anno, magari. Sono processi che spesso richiedono diversi anni. Ma di questo passo presto o tardi si riterranno pronti ad agire di loro iniziativa, magari con benestare americano e senza approvazione europea, visti anche i rapporti e le relazioni bilaterali ufficiali e non intercorrenti con l'Ucraina. La protezione Nato potrebbe pure non attivarsi qualora i polacchi intervenissero su territorio straniero (Ucraina? Bielorussia) di loro iniziativa, e riuscissero a contenere in quell'area l'eventuale scontro con l'avversario. Potrebbero chiedere il permesso a Zelensky di entrare su suolo Ucraino, per porsi come garanti protettori di aree civili e corridori umanitari, rendendo la penetrabilità del paese decisamente più complicata ai russi e permettendo agli stessi polacchi di gestire i flussi migratori tanto temuti. EDIT: @SuperTalismano mi aveva anticipato, intendevo proprio questo
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Prima di questo conflitto avrei potuto essere parzialmente d'accordo. Ora come ora, vista la situazione, l'allineamento mi pare già avvenuto onestamente. Salvo qualche eccezionae in Europa gli schieramenti mi sembrano chiari e ben definiti.
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Quale bivio vedi? Chiedo, mi hai incuriosito.
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Dalle fonti che ho trovato io, sì, circa 100k uomini. Intesi anche riservisti e gente arruolabile nel giro di poche settimane, s'intende. Poi ci sarebbe da capire in che condizioni sono le truppe, da quel che so io sono in condizioni a dir poco precarie. Non ho più terminato la seconda parte del mio intervento, a causa di un ricovero ospedaliero e conseguente intervento chirurgico subito lunedì. Niente di grave, comunque! Avrei proprio affrontato lo scenario da te ipotizzato, non ne ho avuto le forze sinceramente. In ogni caso gli avvenimenti dell'ultima settimana sono da seguire con attenzione, magari più in là spiegherò meglio le mie ansie sull'intervento polacco.
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Nell'attesa di capire come stia andando l'offensiva ucraina nei dintorni di Kherson, vorrei condividere con voi una una riflessione. Prima di postare, però, mi piacerebbe avere l'opinione di @SuperTalismano, @lou 65 e @Dale_Cooper. Perdonatemi il tag se poco gradito. Il topic s'è un pochino spento rispetto ai furori iniziali. Il conflitto rimane di profondo interesse e sarei molto interessato a ricominciare a discuterne con voi, se vi va. Oltre che con altri utenti, ovviamente. Il calo di interesse generale sulla vicenda credo ci consenta di tornare a discuterne in toni civili senza scivolare in isterismi e accuse francamente antipatici. Tornando a noi. Dimostrazione di quanto la guerra, la politica e la diplomazia si muovano in territori grigi, mai bianchi o neri. Di quanto sia necessario non fossilizzarsi su limiti invalicabili, principi inossidabili e moralismi integerrimi, scarsinandosi dall'inevitabile emotività che certi eventi portano ad esprimere con comprensibile, ma distraente, pathos. Riflettevo con qualche conoscente ben più esperto di me in materia, è inevitabile porsi una domanda. Qual è lo scenario più probabile di espansione del conflitto oltre i confini ucraini? Si è fatto un gran parlare, sui media più disparati, di scenari più o meno verosimili, spesso con toni apocalittici. L'enclave di Kaliningrad, le tensioni in Kosovo, i timori in Georgia, la rinata russofobia baltica, persino di Iran, Siria, Israele... senza contare Taiwan. Più di tutti questi scenari, però, personalmente sono più preoccupato da Bielorussia e Polonia. E garantisco, non sono l'unico. Proverò a spiegare in breve perché. Partirei dalla Bielorussia I motivi per i quali la Bielorussia possa entrare nel conflitto sono facilmente ravvisabili. Innanzitutto la Bielorussia è a tutti gli effetti uno stato satellite russo, possiamo semplicisticamente definirlo come tale. Governato da vent'anni da una democratura putiniana militarista capitanata da Lukashenko, è probabilmente lo stato al mondo più intimamente interconnesso con Mosca. Probabilmente anche molto più di quanto Lukashenko non vorrebbe. Non solo a livello politico e militare, ma anche e soprattutto a livello culturale, linguistico e religioso, oltre che energetico ed economico e militare. Un paese dall'identità fragile, ma di cruciale importanza a livello strategico, sia economico che militare, a livello continentale. Morfologia. Condivide confini estesi con ben tre paesi della Nato (Polonia, Lituania e Lettonia), oltre che con l'Ucraina. Confini difficilmente difendibili e particolarmente esposti da entrambe le parti, causa sostanziale assenza di reali ostacoli naturali. Un paese diviso da una dorsale collinare che come picco ha monti di poco più di 300m s.l.m., caratterizzando per centinaia di kmq da acquitrini, sabbia, fango. Confini molto estesi: 141km con la Lettonia, 502km con la Lituania, 407km con la Polonia, 891km con l'Ucraina e ben 959km con la Russia. Confini molto caldi, storicamente, e che hanno reso la Russia Bianca un paese dall'identità fragile, oltre che terra di grandi battaglie. Confini non solo fragili morfologicamente, come detto, ma anche per le pericolose vicinanze con capitali estere. Vilnius, capitale lituana, dista poche decine di km dal confine bielorusso, meno di 150km stradali da Minsk. La stessa Kiev non è lontanissima dal confine bielorusso, ed abbiamo visto quanto questo sia stato impattante nella prima fase del conflitto. Ancora più cruciale la distanza dall'enclave di Kaliningrad, poche decine di km, sogno proibito di Mosca è creare il famigerato corridoio per svincolare dallo stato di exclave Kalinigrad. Un paese dall'identità fragile, nonostante gli sforzi delgoverno nazionalista. Paese fondamentalmente ortodosso, con minoranze religiose statiscamente insignificanti. Un paese che promuove il bielorusso come lingua ufficiale, ma che ha come lingua più parlata il russo, tanto da doverla riconoscere sua malgrado seconda lingua ufficiale. Le minoranze polacche e ucraine sono tuttosommato contenute, quasi totalmente concentrate sui confini. Parliamo fondamentalmente di un paese già pronto sotto ogni punto di vista ad un'assimilazione totale con la federazione russa, persino più di molte regioni ucraine di cui si parla molto. Ciò nonostante, la fragilità dei suoi confini a livello morfologico ed etnico resta, e rimane un potenziale punto di permeabilità e debolezza. Il governo di Lukashenko negli anni ha provato ad affermare l'indipendenza Bielorussa da quella Russa nel modo più forte possibile, promuovendo la cultura, la lingua e le tradizione bielorusse su quelle russe, al punto da arrivare spesso anche allo scontro diplomatico con Putin stesso. Questa tensione la possiamo ravvisare anche dal poco entusiasmo della popolazione verso il conflitto ucraino, nonostante non manchino affatto le simpatie verso il popolo russo in generale. Le promesse di Lukashenko alla popolazione sul mancato intervento Bielorusso, per certi versi, già lo dimostrano. Così come il goffo tentativo del leader bielorusso di porsi come mediatore tra le parti nella prima fase del conflitto. Ce lo ricordiamo tutti, credo, l'immagine qui postata fece il giro del mondo pochi mesi fa. Insomma, anche la Bielorussia soffre delle endemiche incertezze dei paesi figli del 1991, come Ucraina e Janukovic sanno benissimo. Terra di passaggio per gasdotti, oleodotti e flussi migratori Limes lo mostra benissimo nella cartina riportata qui sopraPaese attraversatto da arterie di gasdotti e oleodotti collegati direttamente al cuore pulsante dell'industria europea. Non solo. La Bielorussia, sotto guida russa, sta sfruttando da tempo i flussi migratori come strumento lowcost di pressione e ricatto verso i paesi occidentali dell'area, specialmente sul confine polacco. Anche queste immagini, mesi fa, fecero il giro del mondo. Un paese in tensione costante con l'occidente. E' difficile capire se davvero la Bielorussia abbia desiderato fino in fondo il continuo degrado delle relazioni coi paesi occidentali, limitrofi o meno. E' sicuro che a Mosca questo isolamente dall'ovest piaccia molto, visti i timori costanti verso l'occidentalizzazione dei paesi ex-urss. Gli episodi che hanno spinto negli ultimi anni all'allontanemento dell'ovest a stento si contanto, ma possiamo senz'altro ricordare la crisi migratoria (già citata), le aspre e continue accuse di essere un regime totalitario da parte di istituzioni nazionali e sovranazionali, sanzioni economiche e la chiusura dello spazio aereo europeo ai vettori bielorussi, a seguito del dirottamento di un volo RyanAir lo scorso anno. Questo senza riconsiderare rivendicazioni storiche e tensioni secolari coi vicni Lituani e Polacchi, che non andrò ad approfondire. Un paese militarista e pesantemente armato Ben oltre le proprie intime esigenze di autodifesa. E' l'avamposto russo più a ovest d'Europae insieme a Kalinigrad. Altra caratteristica tipica dei paesi nati dall'URSS nel '91. Molti degli armamenti stanziati in Bielorussia alla fine della guerra fredda, lì sono rimasti. La Bielorussia, nonostante sia un paese demograficamente paragonabile alla Lombardia, ha un esercito con personale attivo superiore ai 100 mila uomini, un grande bacino di riservisti, la leva militare obbligatoria ancora vigente, centinaia di tank e mezzi corazzati di epoca sovietica, batterie di missili balistici, cannoni, caccia e chi più ne ha più ne metta. Niente che sia annoverabile come moderno, ma in Ucraina abbiamo rivisto in azioni molti armamenti (anche occidentali) degli anni '70 svolgere un ruolo di prima linea, ed in un conflitto dove le scorte di mezzi e munizioni potrebbero rivelarsi decisivi anche un'armata con la ruggine potrebbe stuzzicare gli appetiti di qualcuno. Come potrebbe fare comodo aprire alle spalle del nemico ucraino un nuovo fronte di quasi 900km, a due passi da Kiev stessa. Non solo. Il paese è anche avamposto russo, ospitando sul suo stesso territorio innumerevoli basi russe, anche di enorme importanza. Ricordiamoci che è dalla Bielorussia che la Federazione Russa comunica coi suoi sommergibili nucleari nel balitco, è da lì che monitora lo spazio aereo della Nato nella regione, ed è da lì che partirebbe lo sfondamento per aprirsi una strada verso Kaliningrado (a nord) e a Kievi (a sud). Nonostante la popolazione abbia mostrato malumori evidenti all'idea di un intervento diretto nel conflitto, con tanto di manifestazioni pubbliche in tal senso, non è detto che le pressioni russe non abbiano la meglio ad un certo punto. Le esercitazioni continue coi russi, gli attacchi russi che partono direttamente dal territorio russo così come la catena logistica russa che si snoda attraverso le infrastrutture bielorusse rischiano di esporre la bielorussa stessa ad attacchi ucraini nell'immediato futuro, in modo più consistente e voluto di quanto pare sia già sporadicamente accaduto fin'ora. Queste in sostanza (in versione estremamente contratta) le ragioni che espongono a mio parere la Bielorussia ad un coinvolgimento diretto nel conflitto, probabilmente contro la volontà della propria governance. Governance nazionalista e antiliberale quanto si vuole, ma sicuramente consapevole di giocarsi la sopravvivenza stessa dello stato oltre che del proprio governo, in un gioco delle nazioni decisamente più grande della Bielorussia stessa. P.s. per comodità la parte 2 sulla Polonia la posterò con altro messaggio, più tardi.
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Dopo giorni dall'inizio della controffensiva, il silenzio ucraino e russo ha di fatto privato di informazioni i principali media occidentali. Difficile capire come stia evolvendo questa offensiva. Ad oggi la situazione dovrebbe essere circa questa.
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Gli ucraini stanno provando a sfondare nell'area di Kherson. E' la prima grande offensiva meccanizzata da parte ucraina in questo conflitto, che fino ad ora si era limitata ad azioni sporadiche al limite della guerriglia. Difficile stimare reali obiettivi tattici (Riconquista? Alleggerimento? Assalto disperato?), reali possibilità di riuscita e portata dell'attacco. Nella notte i bombardamenti sono stati molto pesanti.
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Non sono un esperto di Bielorussia, tutt'altro. Ma per capire le dinamiche delle politiche di Minsk bisogna sempre considerare la natura del rapporto tra Lukashenko e Putin. Lukashenko non è un amico di Putin, è piuttosto un sottomesso, sotto perenne ricatto. Un burattino, potremmo dire. Fintanto che la Bielorussia manterrà la sua amicizia con Mosca Putin difenderà Lukashenko chiedendo in cambio pieno allineamento. In questo momento, però, gli interessi di Minsk e di Mosca mi sembrano diamentralmente opposti. Non è detto però che non siano le azioni russe a far entrare controvoglia la Bielorussia nel conflitto. Spero e credo non succederà, ma il timore c'è.
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L'intervento bielorusso nel conflitto, evidentemente spinto da Putin, è lo scenario di allargamento del conflitto ad oggi più probabile e che temo da tempo. Molto più dei chiacchieratissimi scenari apocalittici che vedono le repubbliche baltiche in scontro diretto con Mosca. La Bielorussia nel conflitto darebbe tutt'altra dimensione alla vicenda Ucraina. Sdoganerebbe il tabù dell'intervento diretto di uno stato terzo, con uomini e truppe, sul territorio ucraino. Farebbe cadere definitivamente la maschera dell'"operazione speciale", anche dal lato orientale del mondo. Costringerebbe un paese poverissimo come quello bielorusso ad un conflitto frontale con un paese col quale condivide un confine terrestre rilevante, esponendolo a ritorsioni dirette sul suo territorio. Verrebbe insomma messa in discussione l'esistenza dello stato bielorusso stesso. Consentirbbe un pretesto formidabile a paesi interventisti facenti parte del blocco occidentale, i quali potrebbero agire su propria iniziativa anche senza il mandato ONU o NATO.
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Salvo sorprese lo scenario pare questo. Oramai entrambe le parti puntano ad una guerra di logoramento, sperando di costringere alla resa l'altro prima di finire le energie. I russi scavano i fondi di magazzino, gli ucriani svuotano quelli della Nato. I russi ci tagliano gli idrocarburi, noi li "embarghiamo". Difficile fare stime su chi finirà per primo le forze. Molto dipenderà dalla volontà e dall'impegno ecnomico e militare dei paesi coinvolti indirettamente nel conflitto. Penso non sia necessario citare quali.
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Ecco, questi sì che sono missili balistici...
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Lanciatori MLRS come l'M270 e HIMARS non sono armi di taglio strategico, comunque. (Nella prima immagine M270, cingolato con 12 salve di razzi, ed il suo derivato ruotato HIMARS, con 6 razzi) Parliamo di artiglierie lanciarazzi, più che lanciamissili, già ampiamente diffuse nel teatro ucraino negli equivalenti russi. Capisco che scriviere "lanciamissili a lungo raggio" faccia molto crisi missilistica Cubana, ma parliamo di cose molto diverse. Dubito che la loro presenza sul campo implichi un'escaletion, essendo già stati inviati in massa sistemi come M109L, Ceasar e similari. In ambito tecnico, così come in quello comunicativo, le parole sono estremamente importanti. Nel caso specifico parliamo di batterie di artiglieria, non parliamo di missili balistici. In questo conflitto di razzi del genere ne sono stati sparati già a centinaia, se non a migliaia, soprattutto dai russi. Poi, che gli USA abbiano fornito tali armamenti ponendo la condizione di non utilizzarli sul territorio russo, è plausibile. E oserei dire, persino auspicabile.
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Ciao caro, Perdonami se ti quoto parzialmente, non voglio rendere i tuoi post uno spezzatino, ma è per confrontarci in modo chiaro punto su punto. E' corretto fare dei distinugo, hai fatto bene, ed hai ragione. Diciamo che gli aiuti furono fondamentali per mantenere in un assetto funzionale quel che c'era, più la solita inondazione di manpads, unico vero assetto tattico di valenza quasi strategica. Ma vediamola così, fino a quel momento non si erano visti aiuti così eclatanti, non rispetto al solito. Niente di diverso da quanto fatto molte volte dagli stessi russi in altri teatri, con inondazioni di Ak47, Rpg e munzioni. Fondamentali per mantenere un esercito capace di combattere per settimane, ma non sufficienti a rovesciare l'esito di un conflitto in pochi mesi. Però erano aiuti che potevamo dare come minimo per scontati, ed anche se i russi si sono dimostrati sorpresi, sono convinto che se li aspettassero fin dal principio. Ora gli aiuti hanno assunto un tenore ben diverso, da parte di tutti e non solo da parte anglosassone. Carri armati, howitzer, sistemi radar, etc. etc. E non si parla più, soltanto, di avanzi di magazzino/garage. Questo aspetto sì, è nuovo, senza precedenti negli ultimi decenni, e questo penso sia credibile pensare che i russi non se lo aspettassero. Pineamente d'accordo. Per "rinforzato" intendo un governo che, da un regime civile si trasforma in marziale. Perché quello che doveva essere un accerchiamento utile a sbriciolare il governo, a mettere pressione sulla capitale e a porsi in una posizione di estremo vantaggio in fase di trattative, era probabilmente un bluff. Le forze ucraine, forse complice l'intelligence atlantica, lo hanno ben inteso, ed hanno respinto le forze di accerchiamento senza nemmeno troppa fatica. Bluff che non solo è stato scoperto, ma che ha consentito al governo ucraino di ottenere quella forza quasi autocratica che le serviva, legittimandosi agli occhi del mondo e del suo popolo. E' un errore che è costato tante, tante vite. Mi sono fatto un'idea, ma la tua è una domanda ben posta. Io credo che i rifornimenti arrivino trasportati da occidentali in modo esplicito, e sospetto anzi, che comunichino i trasporti agli stessi russi. Fossi polacco, per intenderci, manderei proprio un telegramma a Mosca ad ogni camion in partenza. Con tanto di targa del mezzo, descrizione, tragitto ed orari pianificati. Della serie: non puoi colpirmi scambiandomi per un mezzo ucraino. Se colpisci con un missile un camion polacco, che si muove su un territorio internazionalmente riconosciuto col consenso del governo vigente altrettanto conosciuto, di fatto mi dichiari guerra. Se invece bombardi il magazzino ucraino dove finiranno queste armi la cosa si fa diversa. Allo stesso modo, sulle stesse reti si muovono inoltre gli aiuti umanitari, medici, i profughi e le rappresentazioni dipolomatiche. Insomma, credo che siano letteralmente intoccabili. Crimea e Donbass, verosimilmente, non saranno mai più ucraine. In questo senso no, non bastano gli aiuti, nemmeno quelli attualmente elargiti con enorme generosità. Ma potrebbero consentire all'Ucraina di arrestare quella che, nella seconda fase, pare un'avanzata potenzialmente senza limiti di sviluppo, come dici tu. Anch'io in questo topic ipotizzai un'area "rossa" potenzialmente credibile per l'invasione russa. Feci una cartina strampalata con Paint, colorata in rosso, definendo le aree potenzialmente interessanti. Di fatto seguiva il fiume Dniepr e prevedeva l'unificazione del Donbass e della Transnistria a mezzo di una mezzaluna costiera, collegando a queste anche la Crimea. Mettiamo che arrivino in Transnistria, che occupino le coste, l'est. Uno scenario catastrofico, ma ormai verosimile. Militarmente non manca molto a rendere questo obiettivi assai fattibile. Esattamente come da te detto, anche dinanzi ad una vittoria del genere, dubito si fermerebbero a quel punto. Con buona pace degli Orsiniani che garantivano che dopo il Donbass si sarebbero fermati... Per questo gli unici strumenti validi a fermare questa invasione sono i rifornimenti militari da una parte, e le sanzioni. Cose che costeranno molto anche a noi, senza dubbio alcuno. Ma non rimane molto altro da fare, e non è affatto detto che non funzioni. Le capacità di resistenza dell'avanzata russa le conoscono solo i russi. Potrebbero resistere a questi ritmi per mesi, o magari collasseranno settimana prossima. Questo, senza alcun dubbio, ahinoi. Il coinvolgimento della Moldavia potrebbe essere il primo vero evento scatenante di un allargamento del conflitto. Anche questo era ampiamente prevedibile dal principio. Sarà anche molto difficilmente difendibile quella porzione di paese, e lì veramente si giocherebbe col fuoco. Se arriveremo vicini all'estensione del conflitto, potremmo veder entrare in scena le prime operazioni militari su iniziativa occidentale. Dato che in Moldavia scoppierebbe una guerra civile... Come minimo mi aspetterei i caschi blu. Un occhio di riguardo lo dedicherei anche a quanto potrà accadere in Serbia, se si dovessero sentire protetti nel perseguire i propri interessi con la Bosnia. Il capitolo secondo del conflitto degli anni '90 è in fase di preparazione da vent'anni. La mancata realizzazione dell'arsenale nucleare comune europeo fu un'enorme occasione persa. Il documentario mi è piaciuto, ha aggiunto diverse informazioni e disarrugginito molte altre Potremmo riassumerla così. Noi l'avremmo voluta, ma i nostri alleati ci hanno sempre preferito senza.
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Essì, viviamo in una posizione privilegiata da sempre, ma questo aspetto è anche una maledizione. Fossimo una potenza sarebbe un plus, perché potremmo trasformare in un vantaggio competitivo la nostra posizione. Essendo invece storicamente fragili, siamo mira di interessi e meccanismi più grandi di noi, rendendoci difficile lo smarcamento dai contrasti e dai conflitti d'interesse del continente. Quel che succede a Roma, interesserà sempre a tutti. A Berlino, a Parigi, a Londra. Ma anche a Washington, a Mosca, a Pechino. E persino a Gerusalemme, a Teheran, ad Ankara, a Tripoli, etc. A volte verrebbe da pensare che per noi, guardando la storia, la nostra posizione sia stata più una condanna che una risorsa, nel complesso. No, ma questo senz'altro. Se ne dibatterà per anni di questi temi, ma a sensazione secondo me nella prima parte del conflitto gli aiuti militari hanno svolto una differenza relativamente modesta. Gli aiuti hanno fatto un'enorme differenza, invece, dalla 3°/4° settimana in poi (secondo me). L'ho letto, il tuo pensiero, per questo spendo volentieri tempo nel discuterne con te! Io ad oggi questo conflitto lo divido in due fasi, e siamo vicini alla terza fase, di difficile lettura al momento. 1° fase - difesa a oltranza ucraina, blitzkrieg russa (reistenza vs operazione speciale) Obiettivo ucraino: Tenere in vita lo stato e le reti con l'ovest. Fattore fondamentale: guadagnare tempo. Qui gli aiuti militari in Ucraina già cominciavano ad arrivare, ma per la maggior parte essi erano costituiti da materiale di dubbia qualità e di scarso impatto strategico (in sintesi, materiale di base come munizioni, viveri, giubbotti, elmetti, qualche mitra, qualche granata, poco più). Spesso materiale preso dalle riserve degli eserciti occidentali, roba del dopoguerra, sicuramente con almeno 30 anni sul groppone. Quanto bastava per riaccendere i motori alla macchina bellica ucraina, che fino ad una manciata di anni fa avremmo definito in molti "ingolfata". Fondamentale qui il lavoro diplomatico e mediatico, impressionante per efficacia, volume e risonanza. Obiettivo russo: Isolare l'Ucraina dall'Ovest. Fattore fondamentale: la velocità. Per ottenere questi risultati era fondamentale accerchiare Kiev (rendere impossibile la fuga ai leader ucraini, col tempo far rovesciare il governo e sfruttare l'imminente presa della città come importante moneta di scambio sui tavoli diplomatici), coinvolgere il più possibile la Bielorussia (per impedire che lei stessa si trasformasse in una via di fuga per gli ucraini), tagliare le principali arterie terrestri di comunicazione con l'ovest, proteggere quelle con l'est, ottenere l'appoggio della popolazione dell'est per garantire maggiore velocità nell'invasione, porre un blocco navale sulle coste ucraine, stabilire una no-fly-zone, occupare tutti i principali aeroporti del paese, distruggere la difesa aerea ucraina ed occupare le centrali energetiche. Fondamentale sarebbe stata la velocità. Per questo a mio modo di vedere si è ricorso alla presa tramite eliassalto degli aeroporti, si è avanzato velocemente in tutte le direzioni senza tentare gli assalti alle città, evitando inizialmente la guerriglia casa per casa. Questa prima fase del conflitto, conclusasi col ritiro da Kiev e dal nord del paese, si è conclusa con un completo fiasco russo, ed una vittoria strategica piena per gli ucraini. Perché? Perché l governo di Kiev non solo non è scappato dal paese, ma non è nemmeno caduto, ed anzi, si è rinforzato. Perché la popolazione dell'est, eccezion fatta per la Crimea già occupata, è stata meno collaborativa del previsto (poca resistenza, ma anche poso supporto). Perché gli approvvigionamenti, soprattutto via terra, hanno continuato ininterrottamente ad arrivare in Ucraina da ovest, aumentando anzi notevolmente di volume e portata (da qualche munizione si è passati a missili di ultima generazione). Perché le sanzioni occidentali, ed il supporto dell'intelligence, ha reso molto costoso ottenere risultati apprezzabili sul campo, rendendo decisamente più lenta del previsto l'avanzata russa. Perché le linee di approvvigionamento russe, avendo fallito la difesa delle infrastrutture conquistate su territorio ucraino, ed avendo persino subito perdite sul mare, si sono rivelate molto più fragili e dal braccio corto di quanto ci si aspettasse, comportando una carestia di rifornimenti che ha letteralmente lasciato a secco centinaia di unità, specialmente quelle più avanzate. Perché gli eliassalti alle strutture strategiche, pur avendo funzionanto in un primo momento, si sono dimostrati inutili non avendo poi ricevuto per tempo rinforzi, rendendo vana ogni conquista dietro le linee nemiche. Perché le perdite russe, nel complesso, sono state importanti e pure d'impatto (vedasi le perdite della marina russa, impensabili ad inizio conflitto). Da qui, la seconda fase. La Russia è messa spalle al muro dalla comunità internazionale, soffre economicamente e politicamente la situazione. Ha bisogno di vittorie significative. L'Ucraina ha tenuto botta, ma le perdite sono numerose oltre che insostenibili, serve un aiuto diretto dell'occidente per ribaltare le sorti del conflitto. I negoziati servono alla riorganizzazione delle parti, oltre che come cassa di risonanza e strumento propagandistico di entrambe le parti. Enrtambi rivendicano gli sforzi di pace ed accusano di sordità la contrparte. 2° fase - guerra aperta (riconquista e occidentalizzazione vs annessione e assimilazione) Obiettivo ucraino: Liberazione ed occidentalizzazione. Fattore fondamentale: coinvolgimento dell'ovest Liberare le campagne, le periferie, i villaggi, le centrali, gli aeroporti, le ferrovie del nord e dell'ovest. Mantenere in vita le aerterie di comunicazione con l'ovest, coinvolgere sempre di più la Nato nel conflitto, esponendoli a livello dipolmatico, religioso, tecnico, finanziario. Nel contempo massimizzare gli sforzi militari nel prendere ulteriore tempo, confidando nelle sanzioni occidentali sempre più severe, nella russofobia dell'est e nelle vittorie ottenute nella prima fase. Mettere, in sostanza, i russi nelle condizioni di non poter sostenere il conflitto, obbligandoli a rimettersi dinanzi ad un tavolo da una posizione di difficoltà. Crimea sicuramente sacrificabile, Donbass russo da ridurre ai minimi termini. Fondamentale proteggere ad ogni costo le grandi città portuali del paese, Mariupol ed Odessa devono rimanere parte integrante del territorio ucraino. Obiettivo russo: stanare la resistenza ucraina, preparare l'annessione dell'est. Fattore fondamentale: resistere alle pressioni estere. Rimuovendo le premure fin lì riservate ai civili, che non si sono dimostrati collaborativi quanto sperato, la presa delle città diventa imperativo strategico. Il nord non è più interessante, segue la ritirata. Lo diventa molto di più la stabilizzazione dell'est del paese, che va annesso ed assimilato e quindi "denazificato", in ottica di adesione alla federazione, come fatto con la Crimea. Vanno quindi estirpate con ogni mezzo tutte le potenziali minaccie su quei territori, passando dall'eliminazione fisica della resistenza e dei dissidenti. Vanno occupate le principali città marittime del paese, a costo di affrontare un conflitto casa per casa, con migliaia di morti civili. Vanno messe in sicurezza le coste, per isolare marittimamente l'Ucraina e per garantire i rifornimenti navali russi, messi in discussione dagli attacchi costiere alla flotta. Utile risorsa per l'ottenimento dell'obiettivo: il coinvolgimento della Transnistria nel conflitto. Mariupol ed Odessa diventano, nell'ottica russa, un obiettivo di annichilimento e sottomissione imprescindibile. La comunità internazionale va tenuta a bada con ogni mezzo, minaccia (verbale) nucleare inclusa, fino al raggiungimento di tali obiettivi. In questa fase più pragmatica, secondo me vicina alla conclusione, la Russia si trova sul campo in una situazione di apparente vantaggio. L'Ucraina incassa il successo, c'è da dirlo, nella liberazione definitiva di Kiev, tanto da permettersi il lusso di riattivare i voli diplomatici dai paesi occidentali alla capitale. Il conflitto si è fondamentalmente spostato geograficamente e si è tramutato in un conflitto più convenzionale, diretto, meno ardito ma più sanguinoso. Nessuno crede più in una soluzione rapida, né a Est né a Ovest, ed ormai nessuno crede più nella futura integrità del paese, come ammesso dallo stesso Zelensky. L'Ucraina comincia ad incassare i primi no da ovest, riguado a sanzioni e coinvolgimento, mentre la Russia comincia a soffrire il prolungamento della situazione e la completa degenerazione dei rapporti coi paesi occidentali. Credo di sì, l'iter dovrebbe essere quello, ma non ne sono pienamente sicuro. E' comunque complicato pensare di incassare l'unanimità in un momento come questo. Questo stasera me lo guardo proprio volentieri, ti ringrazio
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Unilaterale sicuramente no, ma è sicuramente stato di interesse anche per molti paesi europei (praticamente tutti, eccetto la Francia). Tant'è che paesi come Polonia e Repubbliche Baltiche ne chiedono ancora ed ancora. E' uno scudo comodo, che permette di risparmiare risorse enormi, di divincolarsi politicamente dalle spese militari e di rendersi ancora più inattaccabili. Poi è chiaro, se gli Stati Uniti ce li lasciano, hanno i loro interessi, ma la cosa fin qui è stata di reciproco interesse. E' stato drammaticamente sottovalutata la volontà di resistere dell'Ucraina, decisiva soprattutto nelle fasi iniziali, quando si è stati ad un passo dalla caduta di Kiev. Questa ha spinto gli alleati a sostenerla, perché in molti hanno cominciato a credere seriamente che l'invasione fosse contenibile. Da lì, la storia delle ultime settimane. Con Putin che, gonfiando il petto, non sa più come cercare di frenare gli aiuti occidentali e le sanzioni, con Zelensky che in occidente è in lista per la beatificazione, con tutti i paesi occidentali che si sono schierati a favore di Kiev tanto da mettere sul tavolo l'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Putin sta perdendo su tutta la linea, ad oggi, a livello politico-finanziario-militare. Ma il disastro è partito dal militare, col fallimento del primo assalto, e quello è per il 90% merito esclusivo ucraino. Ora sì, la differenza la stanno facendo gli aiuti Nato, ma nelle prime fasi è corretto registrare una resistenza ucraina impressionante per veemenza ed efficacia. Grande rimpianto, per entrambi i fallimenti. Credo che oramai sia comunque troppo tardi davvero.
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E questo dimostra, essendo necessaria l'unanimità dei membri Nato per ratificare un nuovo ingresso, quanto sia stato strumentalizzato l'ipotetico imminente ingresso dell'Ucraina nell'alleanza. Ingresso che non solo non era imminente, ma che nemmeno era un dossier sui tavoli occidentali al momento dell'invasione.
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Un Norvegese che parla contro gli interessi del suo stesso popolo, prossimo uscente dalla presidenza, dovrebbe quantomeno chiedere l'opinione dei paesi membri della Nato prima di parlare in nome loro e compromettere il negoziato.
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