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Montero non fa prigionieri

Caposciutti: "Così uccisi Strulli in un maledetto Samb-Ascoli. Da 60 anni convivo col dolore"

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Caposciutti: "Così uccisi Strulli in un maledetto Samb-Ascoli. Da 60 anni convivo col dolore"

Domenica torna a giocarsi il sentitissimo derby marchigiano. L'ex attaccante rossoblù racconta il tragico giorno in cui perse la vita l'allora portiere bianconero: "Era un amico. Per tutti ero diventato 'l'assassino'. Poi l'abbraccio con la moglie..."

 

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Roberto Strulli ha smesso di volare il 14 settembre 1965. La vita del giovane portiere dell’Ascoli si è interrotta in area di rigore. Stava provando a evitare un gol di Alfiero Caposciutti, attaccante della Sambenedettese: “Per i tifosi è sempre stato un derby sentitissimo. A cinque minuti dall’intervallo eravamo 2-0 per noi. Ci scontriamo su un pallone vagante, lui si tuffa e sbatte con il mento sul mio ginocchio. Perde i sensi. Guardo l’arbitro e ammetto subito di averlo colpito”. Oggi l’ex bomber rossoblù ha 83 anni, gli ultimi 60 li ha trascorsi ripercorrendo ogni secondo di quella maledetta domenica pomeriggio: “Due carabinieri lo portarono fuori, qualcuno chiamò l’ambulanza. A inizio ripresa lo speaker annunciò che Strulli stava bene, sembrava essersi ripreso. Vincemmo 4-0, dall’altra parte del campo c’era pure Carlo Mazzone. Quando a fine gara entrai nello spogliatoio degli avversari, Roberto non c’era. Capii subito fosse successo qualcosa di grave”.

 

Qual è stata la sua reazione? 

“Andai di corsa in ospedale. Ricordo il dottor Monaldi, medico sociale della Sambenedettese, urlare: ‘Qualcuno ha chiamato sua moglie Luana? Roberto non arriva a domani’. Mi mancò il respiro, era come se un coltello mi avesse appena trafitto la gola”. 

L’arbitro di quella partita, Paolo Pfiffner, dopo lo scontro disse: “Ho sentito un agghiacciante scricchiolio di ossa". 

“L’urto è stato involontario. Strulli parò un calcio di punizione, ma non riuscì a trattenere il pallone. Ci avventammo entrambi, lui allargò le braccia. L’impatto fu violento, purtroppo”. 

Il portiere dell’Ascoli è morto all’alba del 15 febbraio. È stato il primo giocatore in Italia a perdere la vita su un campo da calcio. 

“Aveva 26 anni, io 24 anni. Lui era di Monsummano Terme, nel pistoiese. Io di Montevarchi. Ci eravamo incrociati spesso, eravamo amici. Scambiammo due chiacchiere anche a inizio partita. Mi disse: ‘Facciamo presto, devo tornare a casa da Luana. È al settimo mese di gravidanza’. Si erano sposati da poco, prima di diventare un calciatore lavorava in un calzaturificio. A fine gara ero dispiaciuto, non pensavo ad altro”. 

Si è sentito in colpa? 

“Purtroppo sì. Quel sentimento è rimasto fino a quando un giornalista mi ha mostrato la foto dello scontro. Avevo provato in tutti i modi a frenare per evitare l’impatto, dallo scatto si intuisce. In quell’istante ho smesso di soffrire. È rimasto l’enorme dolore per la perdita di un amico”. 

Andò al suo funerale? 

“Me lo vietarono. Fu una scelta sbagliata, magari ci fossi andato”. 

Cosa avrebbe fatto?

“Difficile immaginarlo. Per tutti ero l’assassino. Diventò un coro ricorrente a ogni pallone che toccavo quando giocavamo in trasferta. Ascoltavo le urla dei tifosi dagli spalti ogni domenica, erano inferociti”.

Ad assolverla è stato un lungo abbraccio. 

“Qualche anno dopo un amico mi ha proposto di incontrare Luana Strulli. Sono andato a Monsummano Terme, ho aperto la porta di casa, lei aspettava sull’uscio. Ci siamo guardati e stretti in un forte abbraccio. Mi ha sussurrato: ‘Non ho mai pensato fossi tu il colpevole’. Quelle parole mi hanno liberato dal fardello che portavo. Il figlio non ha mai conosciuto suo padre. Sa come si chiama? Roberto”. 

Strulli se n’è andato la notte di San Valentino. 

“Sua moglie lo aspettava a casa. Mi ha detto che le aveva scritto una lettera per celebrare il loro amore. Era forte tra i pali, la Nazionale dilettanti lo aveva convocato. L’Inter lo teneva d’occhio. Anche io ho iniziato la carriera da portiere. A Lucca l’allenatore mi cambiò ruolo dopo aver incassato cinque gol in una partitella da un certo Gianni Rivera. Sono sicuro che Strulli avrebbe fatto una grande carriera”. 

Quello del tragico incidente è stato il suo primo derby con la maglia della Sambenedettese. 

“Ne ho giocati altri due nella stagione 70/71. Il primo finì 1-1 al Del Duca, nel secondo sotto la neve al Riviera delle Palme segnai la rete del definitivo 2-0. Colpii pure due pali. È rimasta l’ultima vittoria dei rossoblù contro l’Ascoli”.

Le due squadre tornano ad affrontarsi: non succedeva dal 1986. 

“Speravo in un derby aperto a tutti, tifosi di casa e ospiti. Ma non sarà così. Mi auguro sia una festa per il calcio. Ancora oggi non mi perdo una partita della mia Sambenedettese”. 

Caposciutti, 60 anni dopo la morte di Strulli, cambierebbe qualcosa di quel 14 febbraio 1965? 

“Ho 83 anni, il tormento non mi ha mai abbandonato. Ci penso ogni giorno. Se soltanto avessi lasciato quel pallone, forse Roberto sarebbe ancora qui”.

 

FONTE: Gazzetta.it

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Poi c’è gente che uccide volontariamente, per nulla, e magari dopo poche ore è anche a far festa.

E invece questo poveretto ha dovuto soffrire le pene dell’inferno…

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Non conoscevo questa triste vicenda. Purtroppo, il calcio è uno sport di contatto: bisogna sempre cercare di essere leali con gli avversari per evitare che situazioni del genere si verifichino. Ma non sempre, come in questa circostanza, si evita la tragedia nonostante la buona volontà.

 

Nella storia del calcio ricordo tanti interventi killer. Forse quello più famoso è il fallo di Schumacher (il portiere della Germania Ovest) ai mondiali del 1982 nella semifinale con la Francia.

 

Per me falli del genere dovrebbero essere sanzionati con la radiazione, stai mettendo a rischio la vita delle persone e questo è inaccettabile.

 

In questo caso, una tragica fatalità in una giocata normale che si vede continuamente in una partita.

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