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Sergione

Comolli: "Ho chiesto a Trezeguet quale fosse il DNA Juve, dedico tempo alla cultura del club senza la quale non si vince. I dati guidano ogni scelta"

Post in rilievo

Il nuovo amministratore delegato della Juventus, Damien Comolli, è stato ospite principale a Hudl Performance Insights 2025, prestigiosa conferenza londinese dedicata all’analisi dei dati nello sport. Intervenendo sul palco – come riportato da La Gazzetta dello Sport – ha affrontato i temi centrali della sua filosofia gestionale: cultura, metodo e uso avanzato dei dati.

 

Comolli ha spiegato come la trasparenza iniziale sia fondamentale nel rapporto con un nuovo tecnico:
«Durante i colloqui, tutti gli allenatori presentano il loro progetto come ideale, salvo cambiare idea una volta iniziato a lavorare. Per questo oggi inserisco nel contratto ciò che dichiarano in fase di colloquio, così se lo ricordano. Io dico subito: questo è il nostro modo di lavorare, i processi sono chiari, i dati guidano mercato, calci piazzati, prevenzione degli infortuni e molto altro. Se va bene, bene; altrimenti ci stringiamo la mano e ci salutiamo. Il coach deve abbracciare questa filosofia».


Il dirigente francese ha insistito sul peso della cultura come leva per i risultati:
«Dedico il 30% del mio tempo a pensare alla cultura del club, perché senza cultura non si vince. Ho chiesto a ex calciatori come Matuidi e Trezeguet quale sia il DNA della Juve, e tutti hanno risposto: vincere. Ma la cultura è un’altra cosa: non arriva dall’alto, si costruisce dal basso. Nel meeting di questa mattina ho detto a tutti: siamo noi a decidere chi siamo; io posso solo dare delle linee guida, ma i valori vengono dal gruppo. La cultura è l’insieme dei valori che condividiamo».


Parlando del suo metodo, Comolli ha ricordato l’esperienza al Tolosa sotto la proprietà RedBird:
«Mi scelsero per guidare il club attraverso i dati. La Juventus sapeva perfettamente quale fosse il mio approccio. Per usare i dati in modo efficace serve allineamento dall’amministratore delegato in giù. Il vero punto critico è spesso la relazione tra management e allenatore: serve un ponte, una figura che conosca i dati ma sappia parlare il linguaggio del coach. Se l’allenatore è aperto, tutto funziona; altrimenti no».

Ha raccontato inoltre pratiche innovative adottate in Francia:
«Al Tolosa misuravamo quotidianamente lo stato mentale dello staff: stress, motivazione, voglia di lavorare. Ci ha permesso di non assumere persone non motivate. In campo, avevamo vietato cross e tiri da lontano».


Comolli ha sottolineato quanto sia importante l’esempio quotidiano:
«Se entri in ufficio con un atteggiamento negativo, lo trasmetti. Voglio persone che mi correggano. Dicevo sempre al mio staff: se esco dalla cultura del club, ditemelo; se compro un giocatore che la tradisce, ditemelo. La coerenza è fondamentale».

 

Il dirigente ha anche parlato del suo metodo di studio e di lavoro su di sé:
«Non sono un grande scrittore, forse per un trauma passato. Ho persone che cercano innovazioni per me, e io studio costantemente: ho paura di perdere un’evoluzione dell’industria. Non leggo di calcio, è noioso; leggo articoli scientifici sui dati, sul recupero dagli infortuni, libri sulla leadership o sulla negoziazione. Imparo dagli altri sport, non dal calcio. In una riunione voglio essere il meno intelligente nella stanza: se sono io quello con le idee migliori, c’è un problema. Non sopporto l’arroganza: ho visto tante persone fallire perché talentuose ma prive di umiltà».

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Quoto

«Durante i colloqui, tutti gli allenatori presentano il loro progetto come ideale, salvo cambiare idea una volta iniziato a lavorare. Per questo oggi inserisco nel contratto ciò che dichiarano in fase di colloquio, così se lo ricordano. Io dico subito: questo è il nostro modo di lavorare, i processi sono chiari, i dati guidano mercato, calci piazzati, prevenzione degli infortuni e molto altro. Se va bene, bene; altrimenti ci stringiamo la mano e ci salutiamo. Il coach deve abbracciare questa filosofia».

Insomma, anche Lucianone è avvisato sefz 

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Intervista "epica" a dir poco.

 

Tra il "30% del tempo", l'astuzia (si fa per dire) del "mettere nel contratto ciò che gli allenatori dichiarano in fase di colloquio, così se ne ricordano"...

 

Mi chiedo perchè Gasperini abbia declinato di fronte a un simile approccio così marziale e senza fronzoli...boh

22 minuti fa, Sergione ha scritto:

Imparo dagli altri sport, non dal calcio.

Giusto .ehm

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23 minuti fa, Sergione ha scritto:

In una riunione voglio essere il meno intelligente nella stanza: se sono io quello con le idee migliori, c’è un problema.

Beh almeno è onesto...e spiritoso pure.

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La vedo male per Luciano e per noi. La frase fatta da CEO americano sul "meno intelligente della stanza" è l'apoteosi della stucchevolezza. 

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1 ora fa, Dastan85 ha scritto:

Intervista "epica" a dir poco.

 

Tra il "30% del tempo", l'astuzia (si fa per dire) del "mettere nel contratto ciò che gli allenatori dichiarano in fase di colloquio, così se ne ricordano"...

 

Mi chiedo perchè Gasperini abbia declinato di fronte a un simile approccio così marziale e senza fronzoli...boh

Giusto .ehm

Perché ha troppa personalità per il Gasp.

A Bergamo aveva carta bianca .. a Roma pure considerando la proprietà dall altra parte del globo per dire… alla Juve non sarebbe la stessa cosa. E Comolli è ingombrante per lui. 

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"Non leggo di calcio, è noioso". Si è visto dalla campagna acquisti fatta in estate e dalla scelta di andare avanti con Tudor. Non è questa anche un po' di arroganza e mancanza di umiltà che tanto critica?

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