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Marmellata Puffin

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  1. L’aria pesante l’aveva respirata anche Dani Alves, che infatti aveva esternato perfettamente il concetto in una intervista con Balzarini
  2. Eh ma come? Qui sul forum ho capito che se non sei rintanato nei 16 metri per 90 minuti a parcheggiare il pullman, allora “non sai difendere”, sei “indisciplinato tatticamente” e “non hai equilibrio”.
  3. Sì, capisco quello che vuoi dire, e in effetti il mio era un commento molto più circoscritto ai tempi recenti. Ma se vogliamo allargare lo sguardo alla storia intera, per me il vero momento “sliding door” della Juventus in Champions è la finale col Borussia Dortmund del ’97. Quella doveva essere la seconda Champions di fila, e vincerne due consecutive ti cambia la testa. Ti cambia come club, ti fa fare un salto definitivo. Invece lì ci siamo schiantati in una partita che, magari, pensavamo pure di avere già in tasca. Da quella botta, forse, non ci siamo mai davvero ripresi. Anzi, secondo me è quella la ferita più profonda di tutte.
  4. Su questo punto la vedo un po’ diversamente. La Juve del primo anno di Ronaldo, secondo me, era stata sopravvalutata all’epoca. Ronaldo a parte, il resto della squadra stava già dando segni di logoramento: Pjanic, Matuidi, Douglas Costa sempre rotto, Alex Sandro in calo, Chiellini spesso fuori, Khedira e Mandzukic a fine corsa… Emre Can e Cancelo non sono mai stati davvero integrati. Infatti io la vera finestra di competitività l’ho considerata dal 2015 al 2018. È lì che te la sei giocata davvero, ed è lì che, pur con tutti i rimpianti del caso, sei uscito contro squadre che oggi sono considerate tra le più forti di sempre: il Barça 2015 e soprattutto quel Real. Potevi giocartela meglio? Sì. Ma eri comunque inferiore.
  5. Vero anche questo, ma io mi riferivo alle edizioni più recenti, quelle in cui la Champions ha fagocitato il prestigio delle altre coppe e tutte le squadre più forti vi partecipano.
  6. L’ultima volta che la Juve ha cambiato allenatore a stagione in corso era il 2010. Quella sera, durante la finale di Champions, ero impegnato in un evento sportivo e non l’ho vista. Quest’anno la Juve ha cambiato di nuovo allenatore. E ho appena realizzato che sabato 31 maggio, sera della finale… sarò di nuovo impegnato in un evento sportivo e non potrò vederla.
  7. Guarda, a me non dà neanche più di tanto fastidio che l’Inter sia in semifinale o che possa arrivare in fondo. Il calcio è ciclico: prima o poi ogni squadra ha la sua finestra, il suo momento in cui può giocarsela davvero. Quello che mi rode è che la loro finestra arriva proprio in un momento in cui il livello generale delle superpotenze europee è più basso del solito. Real, Barça, Bayern: tutte squadre che stanno attraversando fasi di transizione, con meno certezze rispetto al passato recente. Noi la nostra finestra ce la siamo giocata tra il 2015 e il 2018, in un’epoca in cui per vincere la Champions dovevi affrontare versioni praticamente leggendarie di quelle stesse squadre. Il Real dei tre titoli di fila, il Barça di Messi-Suarez-Neymar, il Bayern macchina da guerra… se ti andava bene, ne eliminavi una. Ma poi arrivava l’altra. Era un Everest ogni anno. Ecco, questo mi brucia: che nel nostro momento buono ci siamo trovati davanti le corazzate, mentre ora l’Inter si gioca le sue carte in un contesto molto più aperto, quasi con un vuoto di potere.
  8. Marmellata Puffin

    È morto Bruno Pizzul

    Sono annunci che non avremmo mai voluto leggere (semicit.) Rip Bruno
  9. Marmellata Puffin

    Juve-Inter: la direzione di Mariani e le solite inutili polemiche

    Siamo onesti, Kolo Muani ha confuso i giocatori dell’Inter perché somiglia troppo a Khaby Lame, meritava il giallo.
  10. Kelly somiglia sinistramente a Ben Simmons
  11. Per quanto Cambiaso sia un giocatore in crescita, affidabile e moderno, dobbiamo essere obiettivi: non è ancora un game changer. La cifra proposta è probabilmente superiore al suo valore di mercato attuale e, da un punto di vista economico, sarebbe un affare eccellente per la Juventus. Tuttavia, un club ambizioso non può fermarsi al guadagno immediato. La vera sfida sta nel piano post-cessione. Il rischio? Non avere un piano chiaro. Se non c’è già una strategia per il sostituto o per allocare quei fondi, potresti ritrovarti a pagare cifre enormi per giocatori mediocri, perché tutti sapranno che hai liquidità da spendere.
  12. Ragionando sul tema, mi è tornato in mente un episodio raccontato da Carlos Tevez. Quando arrivò alla Juventus a 29 anni, già giocatore affermato e vincente, con esperienze in club di livello come Manchester United e City, al primo allenamento Buffon lo accolse con un abbraccio, guardandolo faccia a faccia, dicendogli: “Andiamo eh, andiamo eh, che quest’anno dobbiamo vincere tutto.” Detto da un capitano e veterano come Buffon, un simbolo per il club e rispettato da tutti, quello era un messaggio che trascinava e motivava immediatamente, mostrando cosa significava essere alla Juventus. Sono dettagli che contano: in un ambiente così stimolante, dove anche il leader massimo dà importanza a ogni allenamento, è più facile spingersi al limite. Ecco perché, oltre a puntare sui giovani e su un’età media bassa, credo che la squadra debba lavorare per integrare figure di grande carisma e spessore, capaci di essere un riferimento per tutti, dentro e fuori dal campo. Personalità del genere fanno la differenza, perché creano quella mentalità vincente che alla lunga può portarti lontano.
  13. Il discorso su Danilo può anche avere senso: se non si vuole puntare su di lui, considerato l’ingaggio pesante e il fatto che non è un giocatore futuribile, ci sta ragionarci. Ma guardando la rosa a 360°, emerge un aspetto su cui Giuntoli dovrà lavorare: con un’età media tra le più basse della Serie A e poca anzianità di servizio tra i giocatori (tolto Perin, Danilo è l’unico con un percorso consolidato, e dopo di lui c’è Locatelli, da tre anni alla Juve e senza grandi successi alle spalle), mancano esperienza e carisma. Per crescere e tornare competitivi, servirà integrare elementi di spessore internazionale e leadership.
  14. Marmellata Puffin

    Cambiare allenatore è davvero la soluzione?

    Su Gasperini è indubbio che sia un ottimo tecnico, ma è proprio l’emblema di un allenatore che ha bisogno di tempo e lavoro per implementare il suo calcio. Quando gli è stato chiesto tutto e subito, non sempre ha avuto successo (vedi Inter). Questo non per sminuire il suo valore – lo accoglierei volentieri alla Juventus – ma sarebbe importante essere consapevoli che anche un tecnico del suo calibro potrebbe richiedere pazienza per ottenere risultati tangibili. E allora, mi chiedo: saremmo disposti a concedergli il tempo necessario? O rischieremmo di trovarci in un loop di critiche e cambiamenti? È vero che Conte aveva un legame speciale con la Juventus come ex capitano, e questo gli ha dato un impatto immediato. Ma penso che anche Thiago Motta, da ex calciatore di alto livello con esperienze in grandi club, abbia piena consapevolezza di cosa significhi lavorare in un contesto ambizioso. Certo, non ha ancora dimostrato quanto Conte, ma non credo sia un tecnico scollegato dalla mentalità di una grande squadra. Per quanto mi riguarda, citare Trapattoni, Lippi e Conte non significa sostenere che un certo approccio funzioni sempre, ma solo che non esistono ricette universalmente vincenti o perdenti. Per ogni esempio di un allenatore giovane o emergente che ha avuto successo, ce n’è un altro che ha fallito, e lo stesso vale per i grandi nomi (vedi Ancelotti al Napoli o Van Gaal al Manchester United). Guardiola e Zidane, invece, hanno fatto benissimo da esordienti. Insomma, nel calcio le variabili sono tante, e ogni scelta ha i suoi rischi. Non si può escludere a priori che una strada sia migliore dell’altra, anche se ognuno può avere una preferenza legittima.
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