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  1. io invece non sono così sicuro, e penso che molti degli errori tecnici che vediamo compiere dai giocatori siano dovuti a un sistema che chiede loro giocate troppo complesse, di adattarsi sempre a fare cose che non sono nelle loro corde e che -palesemente - non sono provate in settimana. Alcuni dei giocatori in rosa sono scarsi, concordo con te (Weah per esempio, o McKennie, sono semplicemente mediocri). Ma TANTISSIMI sono semplicemente depotenziati dal loro essere perennemente (e palesemente) fuori ruolo, privi di chiare istruzioni e di trame di gioco pre-pensate e pre-costruite, costretti a fare tutto da soli perchè nessuno fa niente per loro. Ma Kean, è, per quanto mi riguarda, la dimostrazione di questo problema. Secondo me, e in termini assoluti, Kean è un discreto attaccante. Non è e non sarà mai Lewandowski o Haaland, ma in una Juve normale avrebbe tranquillamente potuto fare l'attaccante di scorta o il cambio tattico (tipo il secondo Morata, che stava dietro a Vlahovic e Dybala). Kean è discretamente tecnico e fisicamente trabordante (è diventato enorme). Ha un tiro potente e relativamente preciso. Messo di fronte alla porta segna con regolarità. In più, si sbatte tantissimo, e ricordo pochi attaccanti sbattersi così tanto. Ma il Kean di Allegri non sa che diavolo fare in campo. Corre, si sbatte in attacco e in difesa, viene messo come tappabuchi in tre ruoli diversi (quest'anno ha fatto il ruolo di chiesa, il ruolo di Vlahovic, e l'attaccante esterno), e bene o male è sempre e comunque spalle alla porta a prendere colpi, sempre macchino, sempre a girare un corpo gigante in mezzo a gruppi laocoontici di difensori centrali. Non è mai dove dovrebbe essere, non ha mai il corpo orientato come dovrebbe essere, non è mai su un binario a correre, mai di fronte alla porta a far valere la sua buona tecnica di base, o il suo tiro potente. Essenzialmente, il Kean di Allegri fa schifo. Ma Kean non è stato sempre così. Nell'anno al PSG, con Tuchel e Pochettino (due che sono estremamente iperuranici) Kean ha fatto 20 gol e non so quanti assist. Giocava essenzialmente attaccante esterno e aveva pochi compiti, tutti molto semplici: "mettiti su un binario a destra, stai in fronte alla porta, inserisciti in spazi creati da giocatori migliori di te. Sfrutta il fisico, il dribbling secco (ma molto basico) e il tiro". Kean è un esempio, ma il pattern si rivede spessissimo. mi chiedo come sia possibile che Locatelli sia diventato scarso alla Juve, che Arthur fosse un disastro con Allegri ma un gran costruttore di gioco con Italiano, che il mediocrissimo esterno a 5 Soulè dell'anno scorso sia diventato un'ala favolosa quest'anno, che Chiesa e Iling Junior facciano le buche in Nazionale ma non con la Juve.... Ci sono tantissimi giocatori, in questa Juve, che io vorrei tenere SOLO per vederli allenati da qualcuno che non sia Allegri. Son sicuro che varranno molto di più di quel che pensiamo.
  2. Secondo me, questo è un po' il cane che si morde la coda. Da un lato, Marotta ha fatto per ANNI un mercato alla perenne ricerca dell'occasione, dei giocatori che potevano rifiorire, dei 30qualcosa a 0, degli affari di mercato per tappare buchi, dei giocatori di talento che "alzano il livello della squadra" nonostante costassero poco o nulla. E lo ha fatto (anche) con la consapevolezza che l'allenatore - in un modo o nell'altro - avrebbe trovato la quadra. Che fosse Marotta e non Paratici lo si vede dal fatto che l'Inter segue la stessa modalità di "diamanti nel fango" nel fare il mercato, perchè anche Inzaghi - come il primo allegri (che infatti Marotta voleva all'inter dopo Conte)- è uno che trova sempre la quadratura del cerchio Llorente, Lucio, Bendtner, Khedira, Dani Alves, Emre Can (così come Godin, Chalanogly, Onana e Mikytharian, ma anche Eriksen ) sono tutti esempi di questo modo di fare mercato che si sposa(va) benissimo con le caratteristiche di Allegri. Dall'altro lato, è anche vero che ogni volta che allegri trovava la quadra per i suoi migliori 11, Paratici (che era il braccio armato di Marotta da questo punto di vista) si affrettava a trovare dei giocatori che potessero giocare come riserve che mancavano nel nuovo modulo (nessuno mi toglie che se avessimo avuto - per dire - Coman al posto di Lemina come riserva di mandzukic avremmo vinto a Cardiff). E infatti l'anno dopo Berlino prendemmo Hernanes e Pereyra per giocare il rombo (Vidal era appena partito), ma Allegri passò al 352 per sfruttare le esplosioni di Dybala e Alex Sandro, L'anno di Cardiff prendemmo Cuadrado e Dani Alves per giocare il 352 per poi ritrovarci a giocare con il 4231 spurio. L'anno dopo Cardiff prendemmo due ali (Douglas costa e Bernardeschi) per dare riserve a Mandzukic e Cuadrado. Per come la vedo io, nel primo ciclo allegriano si era creata una continua compensazione fra gli squilibri di Marotta/Paratici e quelli di Allegri. Ma siccome era una compensazione da cui guadagnavano tutti (fino all'all-in dell'anno di Cristiano Ronaldo, la juve continuava a crescere finanziariamente mentre il patrimonio tecnico crollava). Il secondo ciclo Allegriano invece è nato sotto auspici, condizioni, e obbiettivi diversi. Marotta non c'era più a fare quadrare i conti, La squadra necessitava di una ricostruzione dalle fondamenta, il livello tecnico si era abbassato fino a quasi schiantarsi (in due anni la squadra ha cambiato circa 20/23esimi) e Allegri è stato richiamato pensando che potesse fare una magia. E non è in grado.
  3. Quella di "Allegri ha fatto bene solo grazie a conte" è una leggenda metropolitana, è insensata, ed è ingiusta verso il Livornese. questo perchè A) la squadra di Berlino era si figlia del lavoro di Conte, ma aveva anche molto di Allegri (giocavamo un 442 a rombo che era solo un lontano parente del 352 contiano) B) la squadra di Cardiff, per sette undicesimi, non aveva mai visto conte di persona: Mandzukic, Dybala, Higuain, Pjanic, Khedira, Alex Sandro, Dani Alves ( e le riserve Cuadrado e Lemina) conoscevano il leccese solo in fotografia. Senza Conte non ci sarebbe stata la Juve vincente di Allegri, concordo. Ma non è che tutti i successi di Allegri sono di Conte.
  4. Parto dai complimenti: grazie. Sulle precisazioni: De Ligt e Matuidi non intendevo dire che avessero giocato assieme, stavo cucendo assieme gli ultimi due anni del primo Allegri. Su Kaio Jorge e Miretti... de gustibus non est disputandum. Personalmente, penso che entrambi potrebbero essere di grande uso e utilità per la Juve del futuro, specialmente se inseriti in un sistema di gioco in grado di dargli compiti chiari ed eseguibili (penso la stessa cosa di Kean: come è possibile che con Tuchel e Pochettino abbia giocato benissimo, e con allenatori meno "iperuranici" abbia sempre fatto male?) . Poi, certo, dovessero essere dati in prestito per far spazio a profili migliori non piangerei lacrime amare, ma penso che potrebbero essere ottime seconde linee. Sui "giochisti", penso che sia una moda insensata, quella di criticarli. Da un lato - come dicono a "la riserva" - perchè i "giochisti" vogliono vincere tanto quanto i "risultatisti", semplicemente pensano di poter fare meglio con un gioco diverso. Dall'altro, il fatto che Maifredi abbia fatto male non significa che De Zerbi (per dirne uno) debba fallire allo stesso modo. Perchè anche Guardiola è un giochista, eppure ha due triplete alle spallle.
  5. Il discorso extra-campo dell'anno scorso non l'ho voluto inserire, dato che non avrebbe informato il discorso prettamente calcistico che volevo tenere. Ma si, l'anno scorso - pur detestando il gioco che esprimeva - ero felice che ci fosse lui perchè non credo che Pirlo o Sarri sarebbero stati in grado di tenere la barca in navigazione durante una tempesta simile. Sulla seconda domanda... no. per tre motivi: il primo è che non abbiamo i soldi per trovare calciatori tecnicamente validi e mentalmente solidi che vorrebbe allegri (ne servirebbero almeno 3, e difficilmente Vlahovic e chiesa rimarrebbero un altro anno con allegri). il secondo è che un allenatore arrivato a fine contratto non lo puoi tenere - la squadra non lo segue a meno che tutto non vada benissimo - e rinnovare il contratto di allegri sarebbe un bagno di sangue. Il terzo è che abbiamo molti giovani da lanciare, giovani che sono un capitale per la società e che non sono migliorati molto con Allegri. Il costo-opportunità di tenere allegri non legato solo al suo stipendio, ma anche a tutti gli introiti che non si realizzano con la non-valorizzazione dei giovani.
  6. Io non sono d'accordo. Penso che debba specializzarsi a finire i lavori iniziati da iperuranici, sia fra squadre di prima fascia che in squadre di livello leggermente inferiore. Farebbe ottimi lavori e si toglierebbe moltissimi sfizi. Nel campionato italiano, sarebbe una scelta favolosa per la Fiorentina e il Napoli (a parte i fattori ambientali ovvi). In europa, sarebbe un grandioso post-Pep per il Manchester City, un post-Carletto per il Real, o un post-Jurgen per il Liverpool. Lo vedrei invece malissimo in tutte le squadre che si stanno ricostruendo, come il Barcellona dei ragazzini, il Bayern (ma quella è una polveriera di suo) e il Chelsea. Mah. La diatriba con Adani non ci sarebbe stata se lui non fosse già stato logoro di suo. Secondo me la diatriba ha cristallizzato una radicalizzazione che si stava già formando. Aldilà di tutto, fare l'allenatore della Juventus deve essere uno stress infinito, soprattutto quando vinci ma nessuno mai ti dice che te lo meriti.
  7. 1) Introduzione Prima di cominciare, tre punti: A) Mi sono fatto prendere la mano, e ho scritto troppo. Sono 4 pagine, ma volendo, potete anche saltare il punto 3 interamente). B) Vorrei che questo non diventasse l’ennesimo topic di Allegrismashing. Ce ne sono tanti in giro, e se volete potete andare a scrivere lì. Cerco di fare un discorso più articolato, e spero che le risposte possano essere più argomentate di “Allegri vattene!”. C) Così come negli altri topic di questa serie (1) https://shorturl.at/bCKLP e 2) https://shorturl.at/fxFKN) parto dal principio: Non sono un guru, non millanto conoscenze in società, né info riservate. Sono solo un cretino con troppo tempo a disposizione. A questo giro, mi chiedo che genere di allenatore sia stato Allegri, e che genere di allenatore voglio per l’anno prossimo. 1) Basi concettuali. Nella teoria delle forme di Platone l’iperuranio è descritto come un mondo ultraterreno dove stanno le idee, i modelli perfetti di tutte le cose terrene. Gli oggetti che esistono nel nostro mondo fisico sono solo povere e effimere rappresentazioni delle idee (le “forme”) che esistono – astratte, eterne, e perfette – nell’Iperuranio. Anche se ci sono miliardi di forme possibili di “tavolo”, e anche se il tavolo nel mio salotto e quello del vostro salotto sono diversi, noi li riconosciamo come “tavoli” in quanto hanno caratteristiche che si avvicinano a una astratta, eterna, e perfetta idea di “tavolità”: se è alto e largo come un tavolo, se ci puoi mangiare o lavorare sopra, se ha almeno un certo numero di gambe… allora corrisponde alla “tavolità” ed è considerabile un tavolo. Per come la vedo io, possiamo collocare ogni allenatore a seconda del rapporto che ha con l’iperuranio. Pensiamo a uno spettro di posizioni: all’estremo sinistro stanno gli allenatori che, avendo una loro idea iperuranica di calcio, cercano di plasmare la loro squadra in maniera tale che diventi quanto più simile alla “loro” idea di calcio. All’estremo destro stanno gli allenatori per cui una squadra va costruita solo sulla base delle caratteristiche dei giocatori a disposizione, e che rifiutano – o ignorano – anche solo l’idea che esista un iperuranio calcistico (e figurarsi che la squadra debba essere costruta per inseguire una ideologia predefinita). I primi sono dei costruttori, hanno un’idea di gioco che viene perseguita attraverso un insegnamento (se non un indottrinamento) del loro gioco iperuranico ai loro giocatori. Tendenzialmente sono anche quelli che sono migliori coi giovani che sono messi loro a disposizione, perchè i loro ruoli precisi solitamente generano dei compiti semplici, codificati, prevedibili, ma soprattutto facilmente apprendibili: se in una determinata situazione il mediano da sempre la palla al terzino, sia il mediano che il terzino impareranno a farlo più in fretta e meglio e coi movimenti giusti; se l’attaccante si sposta sempre a sinistra quando si attacca sulla fascia destra, il centrocampista saprà sempre di doversi inserire sul primo palo. Ripetizioni ossessive trasformano i comandi degli allenatori in seconde nature per i giocatori. I secondi sono dei gestori, quelli che pensano che i giocatori hanno delle caratteristiche, e l'allenatore deve trovare un modo di combinare le loro caratteristiche il meglio possibile, come un sarto che crea un abito su misura, Ogni squadra non va costruita secondo i desideri dell’allenatore (che non esistono) ma secondo le attitudini della rosa a disposizione. Tendenzialmente, questi allenatori sono anche quelli che sono migliori coi giocatori maturi, perchè li lasciano liberi da sovrastrutture che possono essere – per professionisti esperti – gabbie attorno al loro talento. Sono il sogno dei trentenni, i gestori, perché li mettono nelle condizioni di brillare senza dover imparare e praticare nuovi ruoli mai visti prima. In altre parole, i primi sono come un padre che monta rotelle alla bicicletta del figlio piccolo, così che il bambino possa andare dove vuole senza rischiare di cadere perché troppo inesperto su una bici. I secondi sono come il padre del bambino più grande, che –avendo visto che il figlio ha imparato a stare in equilibrio – toglie le rotelle alla bicicletta. Ovviamente, nessun allenatore è mai completamente “iperuranico” o il suo opposto, e tutti declinano le loro azioni a seconda del momento e del luogo in cui si trovano nella loro squadra e nella loro carriera. Ma tutti gli allenatori, per come la vedo io, possono essere localizzati da qualche parte su questa linea. 3) Allegri, da Gestore a Iperuranico. Ideologicamente, il primo Allegri è quanto più vicino al ”gestore” si possa avere. A leggere la sua tesi di laurea a Coverciano, Allegri ha una sua idea di calcio verticale e protetto in cui l’unico vero “iperuranio” è il centrocampo a tre. Nella sua tesi (leggetela, la consiglio vivamente https://shorturl.at/bfjOS ), Allegri parla di un mediano di fronte alla difesa con compiti prettamente difensivi – essenzialmente un difensore aggiunto – e due mezzali in grado di costruire e inserirsi. Per Allegri, il calcio si basa sulle connessioni fra i giocatori esperti e di talento, i quali sono calati all’interno di una struttura tattica molto semplice (funzionalmente priva di giocate codificate), e lasciati liberi di creare un gioco offensivo sulla base del proprio talento con la palla fra i piedi. La carriera in Serie A di Allegri lo porta in 3 squadre: Cagliari, Milan, e Juventus. Da Gobbo Sardo, l’ho seguito religiosamente mentre allenava sia il Cagliari che la Juve, e ricordo il suo Cagliari come una squadra più forte di quel che i nomi farebbero pensare, con poche idee calcistiche, ma molto efficaci. Sotto Allegri, il Cagliari aggiunge buoni risultati, e un paio di giocatori esperti – liberi da condizionamenti precedenti – sbocciano: il trequartista di rombo Cossu diventa un grandissimo regista offensivo, la mezzala mediocre dalla buona tecnica e gran fisico Conti diventa un mediano di protezione di ottimo spessore, mentre la vecchia ala di buon livello Fini trova il suo viale del tramonto come mezzala di costruzione. In attacco, Cossu è il regista offensivo, con Acquafresca a fare la Boa in attacco, e la seconda punta Jeda (uno con caratteristiche simili a Cambiaghi dell’Empoli, per intenderci) a inserirsi dall’esterno. Dopo un primo anno concluso al nono posto il Cagliari di Allegri fa un portentoso girone di andata, ma si arena improvvisamente alla 25esima giornata e smette di vincere. Dopo due punti in 9 partite, Allegri è esonerato. Qualche mese dopo Allegri firma con il Milan, e le idee rimangono grossomodo le stesse: Van Bommel davanti alla difesa a fare lo stesso lavoro che Conti faceva al Cagliari, Pirlo, spostato mezzala di costruzione, diventa il nuovo Fini, mentre i compiti di regista offensivo di Cossu (e quelli da boa di Acquafresca) vengono dati a Ibrahimovic, con il trequartista Boateng che va a prendere le funzioni di inserimento di Jeda, e Cassano (o Pato) che fungono da attaccante centrale. Il primo anno questo Milan raggiunge lo scudetto giocando un calcio gradevole, ma nei successivi due Allegri si trova di fronte a una situazione cui non saprà dare una soluzione: l’inaridimento tecnico della rosa. Nel giro di due stagioni, partono Thiago Silva, Nesta, Pirlo, Ibrahimovic, Seedorf, Pato, Cassano. Il loro posto viene preso da Yepes, Mexes, Zapata, Constant, Montolivo, Nocerino, Bojan, Pazzini, e il giovanissimo El Shaarawy. Allegri non dà (o non riesce a dare) alla rosa quelle giocate codificate necessarie a una rosa giovane e scarsa, e il suo calcio basato sule connessioni fra giocatori di talento e sulle invenzioni dei registi offensivi mal si scontra con il progressivo inaridimento della qualità della rosa, portando a una assoluta povertà di soluzioni offensive. Il conseguente calcio difensivo, arido, e sparagnino, comunque porta dei risultati: a fronte di una rosa complessivamente scarsa la qualificazione in champions viene raggiunta con un terzo posto che pare miracoloso. L’ultimo anno, con la squadra ulteriormente indebolita sul mercato, viene esonerato a gennaio. Allegri arriva alla Juve a Giugno di quell’anno. La situazione la sappiamo tutti: Conte – un allenatore molto “iperuranico” – ha costruito una squadra giovane e forte, e l’ha abbandonata dopo aver dato di matto. Era partito mettendo le rotelle alla bicicletta, per così dire, dando alla rosa tante giocate codificate e facendo mandare a memoria ai suoi giocatori posizioni e movimenti. La squadra è cresciuta: i giocatori principali del primo anno sono cresciuti, e sono uomini completi e capaci di fare tutto. Allo stesso tempo, gli acquisti fatti nel corso degli anni – Tevez e Pogba sopra tutti – hanno alzato vertiginosamente il tasso tecnico. All’arrivo di Allegri il bambino ha imparato a tenere bene l’equilibrio, e l’allenatore/padre toglie le rotelle alla bici. Nel processo, vediamo un Allegri molto poco “iperuranico” e molto pratico. Se il primo Milan di Allegri ricordava da vicino il suo Cagliari, la sua prima Juve è una cosa diversa. I movimenti degli attaccanti diventano più fluidi rispetto a quelli schematici di Conte; il centrocampo compie movimenti diversi da quelli precedenti, e anche quando, piano piano, allegri introduce il “suo” rombo, è in una versione lontana da quella di Conti e Van Bommel: Pirlo è regista – non mediano – mentre Pogba e Marchisio hanno ruoli più simili ai tuttocampisti di Conte che non il mediano di costruzione di Fini e del Pirlo rossonero. Vidal è il trequartista, ma ha un possesso palla e dei tempi di inserimento diversi da quelli di Cossu e da quelli di Boateng. In attacco, Tevez si muove un po' come vuole lui, ma nei contropiedi i movimenti che fa con Morata ricordano molto da vicino quelli che Allegri faceva fare a Jeda e Matri (mutatis mutandis). I primi 4 anni di Allegri alla Juve li ricordiamo tutti, col livornese che dimostra di essere un Gestore di primissimo livello. Da un lato, vince: quattro Scudetti, quattro Coppe Italia, e due finali di Champions. Dal’altro lato, convince: la squadra viene rivoltata come un calzino, e solo Chiellini, Bonucci, Buffon e Marchisio sono presenti in entrambe le rose. Quasi tutti i giocatori esperti che arrivano a Torino vengono impiegati al meglio delle loro capacità, e di anno in anno la connessione fra i migliori viene ricercata e costruita (Pogba e Dybala nel 2015, e i 4 attaccanti l’anno di Cardiff). Persino il suo centrocampo a 3 “iperuranico” viene abbandonato, con Pjanic che diventa un regista a tutto campo, Khedira che diventa funzionalmente un mediano di inserimento, e la punta Mandzukic – schierato ala – che prende molte delle funzioni che Allegri aveva precedentemente delegato alla mezzala sinistra Pogba (come l’inserimento dall’esterno, o la sponda sul lancio lungo dal portiere). Poi qualcosa si rompe. Forse è l’ambiente del calcio italiano, che erode chiunque vinca troppo (ricordiamo gli scontri in tv con Adani). Forse è l’arrivo di Ronaldo che alza la pressione per un Allegri che era già in difficoltà. Forse è la generale codardia di Allegri – el * di Teveziana memoria – che lo porta a pensare sempre e comunque alla difesa come prima cosa. Forse il turbinio di acquisti e cessioni di Marotta e Paratici ha finalmente rotto il giocattolo, costruendo una rosa piena di titolari incompatibili con le proprie riserve. Forse è la generale incapacità di Allegri di “mettere le rotelle alla bicicletta”, di costruire un impianto squadra di fronte a giocatori complessivamente meno tecnici e meno esperti di quelli che hanno soppiantato(è il periodo in cui si “perde” le promessa Bernardeschi, in cui De Ligt si ritrova spaesato in un calcio diverso da quello cui era abituato, in cui Alex Sandro – dopo stagioni da fenomeno offensivo – diventa un mediocre terzino difensivo, in cui il faticatore Matuidi viene schierato mezzala nel ruolo che era stato di Pogba). Fatto sta che Allegri diventa quel che non era mai stato: un iperuranico. Ma l’iperuranio di Allegri non è un sistema di gioco, non sono le giocate codificate, non sono i moduli. L’iperuranio di Allegri è molto più astratto di così: è l’assenza stessa di tutte queste “rotelle”, è l’idea stessa che il calcio sia semplice, che l’allenatore deve organizzare la difesa, e che sono i giocatori a doversi inventare qualcosa in attacco. L’ultimo anno del primo ciclo di Allegri è la manifestazione di queste idee, e l’esonero di fine stagione serve solo a radicalizzarle. L’Allegri che torna a Torino due anni dopo non è più il gestore purissimo che era stato, e si è cristallizzato in questo iperuranio “ateo”. Di fronte a una squadra tutto sommato giovane e da formare, si rifiuta di mettere rotelle alla bicicletta perché “il calcio è semplice”, e i giovani ne soffrono(pensiamo a Kulusevski, Kean, Pellegrini, de Ligt, Bentancur, Soule, Cambiaso, ). Al tempo stesso, invece che cercare di cucire una nuova realtà tattica adatta alle caratteristiche dei giocatori a disposizione, cerca ossessivamente di dar loro le funzioni che i giocatori del suo passato compivano nelle sue squadre. Il risultato è una specie di film di fantasmi: Locatelli diventa un mediano di copertura, a seguire gli spettri di Conti e Van Bommel, Rabiot è posseduto dai ricordi Mandzukic (non sono poche le partite del primo anno in cui si muove come l’ala sinistra dell’anno di Cardiff) e Matuidi, Chiesa è posseduto da Jeda e Tevez, Bentancur (e Mckennie, e Fagioli, e Miretti) da Fini, Marchisio, e Pogba. Dybala (ma anche Soulè o il ben più esperto Di Maria) sono la riproposizione del regista offensivo Cossu. Il risultato è scadente: non si vince nulla, non si cresce nulla, si bruciano legioni di calciatori giovani – che tanto avrebbero avuto da dare – e si ottiene in cambio una serie di quarti posti. 4) Il ciclo della Juventus di Giuntoli, o “che genere di allenatore voglio l’anno prossimo” Immagino sia chiaro, ora, come non penso che Allegri possa essere – in questo ciclo della Juventus come squadra, ma anche della sua vita – l’allenatore giusto per noi. In realtà dubito che anche il primissimo Allegri (quello del primo Milan, o della prima Juve) sarebbe quello giusto. E questo non perché disprezzi Allegri (credo che si sia capito dalle mie parole come in realtà lo stimi tantissimo), ma semplicemente perché non è quello che serve a questa Juve. Non è adatto a quello che serve a noi adesso. Nello scorso topic (2) dicevo come la Juventus non fosse in condizioni finanziarie eccellenti. Non dico che stia fallendo, o che non si possa permettere di investire, ma che l’ottica generale debba essere quella di una riduzione dei costi e aumento degli introiti. In aggiunta, dato che gli introiti “extracalcistici” come gli introiti da stadio o TV non possono aumentare né facilmente né considerevolmente nei prossimi anni, la Juventus deve guardare al lato sportivo per aumentare i ricavi. In altre parole, La Juventus dovrà reperire i soldi per funzionare e crescere attraverso il player trading, e l’accesso continuo alle coppe europee. Aggiungevo che Il player trading possa essere “programmato” attraverso la costruzione di una rosa giovane e una squadra che giochi un calcio inserito nella “dialettica” del calcio contemporaneo (ovvero, formare giocatori che possano giocare il calcio giocato dal resto del continente). La rosa della Juventus 2023/2024 è quella dall’età più bassa da decenni, e la rosa dell’anno prossimo – che avrà perduto Sandro, Rabiot, e probabilmente Bremer e Milik – sarà ancora più giovane. Gente come Soulé, Barrenechea, Yldiz, Iling-Junior, il redivivo Fagioli, Miretti, Hujsen, Cambiaso e Kaio Jorge (ma anche Kean, dovesse rimanere) hanno (e avranno) bisogno di qualcuno che gli dica precisamente che cosa fare e come farlo. Hanno (e avranno) bisogno di movimenti codificati, di posizioni stabili, di ruoli predefiniti e cuciti su misura per le loro capacità e caratteristiche. In altre parole, avranno (e hanno) bisogno di “rotelle”. Hanno (e avranno) bisogno di un allenatore “Iperuranico”, in grando di inseguire sul campo una idea di calcio astratta e preesistente, dando loro modo di crescere e di formarsi. In futuro, con una squadra formata e del calcio codificato, non sarei contrario ad avere un allenatore gestore come il primo Allegri. Ma adesso ci serve altro
  8. L'idea che Allegri non sia scarso ma solo inadatto a questo contesto tecnico è un concetto su cui sto pensando di scrivere un nuovo topic, nel corso della prossima settimana, e mi trova completamente d'accordo, ma penso che sia più una cosa legata a un concetto di "coperta di linus" da parte della dirigenza che fu -(spaventata dal quarto posto raffazonato di Pirlo, ha puntato sulla sicurezza del piazzamento europeo di Max a discapito di tutto il resto) che non a un'idea coerente di coesione fra obbiettivi manageriali e pratiche di campo. Sul punto dei tifosi, secondo me ci sono due elementi da considerare. da una parte, è vero che "il tifoso" (quesot animale mitologico) ha poca pazienza e tende a contestare in situazioni difficili con logiche a volte stentate. ma d'altra parte è anche vero che quando si parla di internet - twitter e forum e i vari podcast - si trova tutto e il suo contrario. E dato che quasi nessuno si mette a leggere continuamente i nomi e a distinguere fra i vari utenti del forum, si tende facilmente a dire "i tifosi sono umorali" invece che a rendersi conto del fatto che delpieromitosempre ha sempre sostenuto allegriin e bastarisultatisti983 è sempre stato allegriout. . in altre parole, secondo me non siamo tutti pazzi e umorali. Siamo solo tanti, e quindi ogni posizione ha centinaia di supporters.
  9. Che qualcuno verrà venduto per sistemare i bilanci è ovvio. Per quanto mi riguarda, le domande dovrebbero essere "chi", "come" e "sostituito da chi?" . Come ho scritto nell'altro topic, per esempio, rimpiazzare Bremer con Calafiori mi sembrerebbe -tutto sommato - una grandissima operazione. Rimpiazzare Vlahovic con Petagna, invece, no.
  10. ahahah purtroppo fra "concettualmente accurato" e "troppo lungo" preferisco sempre la prima
  11. penso che i grandi vecchi nel calcio siano un'arma a doppio taglio: se da un lato ti aiutano a guidare i giovani e ti tirano fuori le castagne dal fuoco in brutte partite, dall'altro hanno un nome e un ruolo che trascende il loro contributo in campo, e spesso limita la rosa. Pensa agli ultimi anni di Totti, per esempio. Per quanto mi riguarda, i grandi nomi sono utili SOLO se la squadra giocherebbe nello stesso modo con e senza di loro. Se devi modificare il gioco per adattarti alle loro caratteristiche, non ne vale la pena.
  12. io Invece non sono sicuro che un Toni Kroos sia una buona idea. E non perchè lui abbia qualche problema - è integro, è fortissimo, e mi sembra uno con la testa sulle spalle, che nello spogliatoio sarebbe molto utile - ma perchè la presenza del Toni Kroos di turno ti può creare due problemi: 1) essendo Toni Kroos dovrebbe giocare quasi sempre, ma i minuti di gioco sono un capitale limitato che dando a lui stai "sprecando" (nel senso che li potresti dare a un fagioli e farlo crescere e magari accrescerne il valore) 2) essendo Toni Kroos, è razionale nel breve periodo modificare il modo di giocare per farlo funzionare bene. Ma mentre il gioco non si infortuna (e quindi i giocatori sono intercambiabili) Toni Kroos si. e se tutto il gioco era incardinato su di lui, la sua assenza diventa un problema irrisolvibile.
  13. Così come nel primo topic di questa serie (https://shorturl.at/bCKLP), parto dal principio: Non sono un guru, non millanto conoscenze in società, né info riservate. Sono solo uno con troppo tempo a disposizione, e che si diverte a usare la logica. E mi chiedo quale siano gli obbiettivi nel medio/lungo periodo, e quale sia la filosofia più razionale per raggiungerli. Per “obbiettivo”, mi riferisco a qualcosa di più che il semplice e scontato “vincere è l’unica cosa che conta”. Tutti vogliamo vincere, sia fra i tifosi che in società. Ma vincere non è facile né scontato, e quindi dobbiamo porci due problemi: le modalità e la timeline, ovvero il COME si vince e il QUANDO si vince. Prima di cominciare, un piccolo avvertimento: Qui non parlerò di nomi di calciatori, perché il genere di ragionamento prescinde dal singolo giocatore e dal singolo allenatore. 1) Basi concettuali Immaginiamo una linea continua, uno spettro di possibilità in cui possiamo piazzare una squadra di calcio con velleità di crescita e ambizioni di vittoria: All’estremo sinistro stanno gli instant team: spendere molti soldi in stipendi e cartellini, prendere solo giocatori sui 27-32 anni, e avviare un ciclo breve (uno o due anni) per vincere subito. L’idea è quella di creare rapidamente delle fondamenta economiche che consentano alla squadra di produrre profitti. Solitamente si sceglie un allenatore esperto, in grado di integrare un insieme di giocatori già al loro top fisico/tecnico. È quel che hanno fatto tutti i club inglesi quando comprati da russi o arabi, ma anche il PSG, la Juve con Ronaldo, l’Inter di Moratti.Il vantaggio di questo sistema è che si assiste a una crescita rapida (ma effimera e incerta) degli introiti e delle chance di vincere qualcosa. Il problema è che però richiede molte risorse per il calciomercato, risorse che che sono solo soppiantabili da ricavi “altri” (stadio, merchandise, advertisement, competizioni europee). Nel calcio, però, questi ricavi non sono mai sicuri: la squadra è noiosa? La gente smette di venire allo stadio; Il tuo fenomeno dell’anno under performa? Il merchandise ne soffre; Il tuo fenomeno è coinvolto in uno scandalo? L’advertisement ne soffre; Una serie di infortuni, o problemi di integrazione della rosa eliminano i valori aggiunti dati dal tuo instant team? Addio competizioni europee. In questi casi, puoi reggere il gioco solo fintanto che le tue risorse economiche esterne (un patron che ci mette i soldi, un impero commerciale che sostiene il gruppo, o dei diritti tv ben venduti) sono superiori a quelle che bruci nel calciomercato. All’estremo destro stanno i “future team”, la costruzione lenta, sostenibile, e sostenuta: squadre giovani, con pochi acquisti mirati di giocatori esperti per tenere medio/alto il livello competitivo. Il grosso dei giocatori della prima squadra arriva dalle giovanili, ma il livello della rosa si alza di anno in anno. L’idea è quella di avviare un ciclo in cui si spera di vincere qualcosa nel medio/lungo periodo. L’ossatura della squadra è composta dai giocatori “prodotti in casa”, e il mercato supplisce alle carenze dell’organico delle giovanili, comprando giocatori “pronti” per coprire i ruoli lasciati scoperti, o per fornire titolari all’altezza delle ambizioni. Solitamente si sceglie un Allenatore capace di sviluppare i giovani (spesso uscito dalle giovanili, o alle prime esperienze), con una filosofia di gioco ben marcata e inserita nel calcio contemporaneo. È quel che han fatto – per esempio – il Liverpool di Klopp (che ha vinto qualcosa solo al terzo anno), il Barcellona di Cruijff prima e di Guardiola poi, l’Ajax degli anni 90. Il vantaggio di questo sistema è che non richiede molte risorse, che massimizza i guadagni da calciomercato – di solito compri giocatori giovani e poco costosi e rivendi giocatori pronti ed esperti – e che rende una squadra sostenibile nel lungo periodo, a prescindere da ricavi “altri” che sono secondari rispetto a quelli di calciomercato. Il problema di questo sistema è che richiede molto tempo per portare la squadra alla vittoria: i giovani possono fallire, o possono passare periodi di appannamento, o possono richiedere più tempo del preventivato per sbocciare. In più il calciomercato rischia di essere un’arma a doppio taglio, perché il confine fra “vendo per reinvestire il ricavato e crescere” e “continuando a vendere non raggiungo mai l’obbiettivo sportivo” è molto sottile. Soprattutto, la crescita non è mai scontata. Questo è un modello molto semplicistico, ovviamente. Nessuna squadra reale si può considerare davvero un instant team, o un future team in questi termini (gli esempi fatti erano solo un modo per rendere l’idea). Ma tutte le squadre possono essere localizzate da qualche parte su questa linea, dato che ogni squadra cerca la sua ricetta per il successo. Questo modello, però, ha due pregi: rende possibile inquadrare le squadre reali all’interno di questo spettro di possibilità, e instradare la discussione sulla domanda che interessa a noi: 2) “Quando e come la Juventus di Giuntoli intende vincere?”. Sul “quando”, credo che l’unica risposta accettabile – in società, prima ancora che per i tifosi – sia “il prima possibile”. Il problema è che “il prima possibile” dipende da fattori al di fuori del controllo della Juventus. Come ho detto all’inizio, vincere non è facile e non è scontato, e se un crollo dell’Inter la prossima stagione (tipo il Napoli di quest’anno) aprirebbe la via alle altre squadre, un suo rafforzamento (o uno delle competitrici) rallenterebbe – o quanto meno renderebbe difficoltosa – la vittoria immediata della Juventus. Sul “come”, c’è di che discutere. La Juventus in questo momento ha, finanziariamente, l’acqua alla gola: le ricapitalizzazioni dal Covid in poi ballano attorno al miliardo, i costi sono molto alti (anche se in diminuzione), e pare che l’azionista di maggioranza – Exxor – si sia rotto le scatole di ripianare il bilancio. Questo non significa che la Juve stia fallendo, o che non si possa permettere di investire – nemmeno lontanamente – ma che l’ottica generale debba essere la riduzione dei costi e di aumento degli introiti. Il problema è che gli introiti “extracalcistici” non possono aumentare né facilmente né considerevolmente nei prossimi anni: gli introiti da stadio possono crescere solo marginalmente (lo stadio è già semipieno, e i biglietti sono tanto costosi che un ulteriore aumento dei prezzi potrebbe deprimere la domanda), quelli dei diritti TV sono funzionalmente bloccati per 4 o 5 anni, e quelli commerciali o da pubblicità dipendono tantissimo dall’andamento della rosa. Gli unici elementi da cui la Juventus possa aumentare i ricavi – sia considerevolmente, che rapidamente - sono quelli sportivi. Da un lato, l’accesso continuo alle coppe europee – siano esse quelle UEFA o quelle A22 – è un flusso considerevole di denaro che rende necessario il piazzamento europeo ogni anno. D’altro lato, il player trading è l’unica fonte di denaro che possa essere sia rapida che, in un certo senso, programmabile (nel senso che puoi strutturare la società e la rosa per massimizzare la tua capacità di valorizzare e rivendere il talento). L’ipotesi “Instant team” tout-court non sembra quindi praticabile, in quanto presenta alti costi e rischi che non credo che la società voglia correre: basta una stagione fuori dalle coppe – lo stiamo vedendo – per dare enormi problemi alla tenuta finanziaria. Negli ultimi anni, la Juventus ha investito fortemente nelle sue giovanili e nella next gen, ha una rosa dall’età media bassa, e una serie di giovani sparsi in serie A e B che potrebbero rientrare alla base. Allo stadio attuale, l’ipotesi “Future team” sembra quindi praticabile, se non desiderata, e una conseguenza logica degli investimenti passati. Detto questo, non vedo la Juventus del futuro diventare un “future team” tout-court, perché comunque i rischi associati a un gruppo composto esclusivamente da giovani sono enormi, e -come detto – non possiamo rischiare di non andare in Europa ogni anno. 3) Come si declinerebbe un “future team” nella Juventus? Se – come sembra – la sostenibilità finanziaria sarà la stella polare da perseguire nel prossimo futuro, immagino che la Juve sarà incardinata su due elementi – base: la costruzione di uno stile di gioco incardinato nel calcio contemporaneo, e la vendita delle seconde linee. A) Uno stile di gioco compatibile al calcio contemporaneo Quando uno vuol vendere un prodotto ricavando il massimo, il prodotto deve essere di alto livello, ma anche altamente richiesto. I migliori flip-phone del mondo, in questo momento, sono meno richiesti – e quindi valgono meno – dei peggiori smartphone. Per poter vendere i tuoi giocatori è quindi necessario che il tuo stile di gioco sia compatibile con quello del calcio giocato in Europa in questo momento: è inutile produrre seconde punte piccoline se tutte le squadre giocano con due ali e un centravanti, o liberi se tutti giocano con la difesa a zona. Per questo motivo penso che gli allenatori che verranno nell’era Giuntoli saranno in grado di sviluppare i giovani a disposizione all’interno di un sistema di calcio all’avanguardia. B) La vendita delle seconde linee Per quanto la Juventus non sia più una delle primissime squadre del continente, in questo momento, siamo comunque molto più un punto di arrivo che un punto di partenza per le grandi carriere, per cui l’idea che la squadra dovrà vendere i propri “gioielli di famiglia” ogni stagione non mi sembra corrispondere alla realtà. L’unico modo per crescere nei risultati, quindi, mi sembra essere quello di vendere le seconde linee: ogni anno prendere dei giovani che possano crescere e farsi le ossa dietro il titolare – pensate a Yldiz con Chiesa – e alla fine dell’anno vendere il titolare se il giovane è pronto a essere titolare, o la riserva se si sta perdendo/è arrivato a un punto morto del suo sviluppo, 4) Conclusione Ho scritto troppo, e quindi mi limiterò qui a sintentizzare tutto il discorso: Io penso che il futuro della Juventus – per come mi pare che lo stia construendo Giuntoli – sia quello di un “future team” moderato. Penso che si cercherà di sviluppare giovani e rivenderli, quasi a ciclo continuo. Penso che la guida tecnica dovrà essere anch'essa "giovane", e comunque inserita nelle mode tattiche del momento. Penso che i colpi di mercato saranno pochi nei prossimi anni, e quasi sempre legati a giovani giocatori su cui si crede molto (Alcaraz mi pare, da questo punto di vista, un proof of concept). Penso che i parametri 0 saranno pochi, esperti, e con uno stipendio medio/alto (soprattutto per poterli rivendere facilmente se necessario), e soprattutto legati all’idea di dare una spina dorsale esperta a una squadra che sarà in gran parte formata da U25, se non U23. Non credo che andremo a caccia di parametri 0 30enni, stile Ramsey o Dzeko. Un saluto!
  14. Conte arrivava dal siena in serie B. Non credo che sia un discrimine accettabile, datto che le pressioni si possono imparare a gestire. Il fatto poi che la tifoseria juventina sia isterica (innegabile) non è un elemento che possa essere utilizzato a favore o contro alcun allenatore.
  15. Perchè non conviene nemmeno a te tenerlo in scadenza. Un allenatore in scadenza ha molti problemi a tenere unito lo spogliatoio, e a imporre la sua volontà tattica. Staresti tenendo qualcuno in cui non credi E buttando soldi contemporaneamente. Ma se lui non si dimette, quei soldi glieli devi comunque dare.
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