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#ilVoStrowalter - Ricordiamo qui tutti gli esaltanti momenti vissuti con l'ex allenatore dell'inter Mazzarri

Post in rilievo

Io ricordo allegramente una bella intervista post partita dello scorso anno... Dopo l'ennesima prestazione pietosa, Piangiarri si lamentava del fatto che "a lui i campioni non li comprano mai"... In un sol colpo ridicolizzó società e giocatori... ahah

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Ha mai pronunciato sta frase: "Eravamo primi in classifica, poi è iniziato il campionato"? sefz sefz

 

Se non l'ha fatto non lo considero nemmeno u.u

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Il libro di mazzarri lo ritroveremo su qualche bancarella a Bologna al mercato tra una decina di anni,al prezzo di 0.99 cent

 

Non riesco voler male all'uomo mazzarri spesso le sue sparate post gara erano divertenti ma assolutamente provocatorie e fuori luogo,tipo pensavamo al compleanno di cavani peccato che la gente non abbia capito la sua ironia,sinceramente apprezzo più lui che certi musicisti francesi falliti che suonano a roma

 

Non mi è mai piaciuto il tutti contro uno, la colpa è solo di un signore che ha i denti gialli non è filippino e che ha accumulato 300 milioni di debiti in 20 anni,un squallido personaggio che amava alla follia in maniera assolutamente incomprensibile recoba dandogli per anni uno stipendio da messi o cr7 uno che ha cambiato circa 22 allenatori e che di calcio sapeva meno di mia sorella

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Il libro di mazzarri lo ritroveremo su qualche bancarella a Bologna al mercato tra una decina di anni,al prezzo di 0.99 cent

 

...secondo me lo venderanno in abbinamento al cd "Zucchero filato nero" di Mauro Repetto, al prezzo complessivo speciale di 1,19 € alla dozzina...

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non scordiamoci che Marotta stima moltissimo Mazzarri e che per un pelo non ce lo siamo ritrovato a Vinovo, io ho ancora paura di Marotta. detto questo, è un vero peccato, finito lo spasso!

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...secondo me lo venderanno in abbinamento al cd "Zucchero filato nero" di Mauro Repetto, al prezzo complessivo speciale di 1,19 € alla dozzina...

Ahahahah

 

E si ritorna ai bei tempi in cui l'Inter pagava contemporaneamente 3-4 allenatori! Mancini allenatore più pagato d'Italia 2,7 poi biennale a 4 mil/anno e ci sono sempre i 3,5mil/anno per il nostro Ualter! L'Inter spende quanto il Real Madrid per gli allenatori!!

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Post Juventus - inter 3-1... .mazzarri:"Peccato per il loro 2° e 3° goal, ma se poi noi avessimo fatto il 3-2 potevamo fare un assedio nel finale"

 

onestamente? tra tutte quelle che ha detto questa qui è normalissima, dichiarazioni del genere ne ho sentite da tantissimi allenatori

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Ahahahah

 

E si ritorna ai bei tempi in cui l'Inter pagava contemporaneamente 3-4 allenatori! Mancini allenatore più pagato d'Italia 2,7 poi biennale a 4 mil/anno e ci sono sempre i 3,5mil/anno per il nostro Ualter! L'Inter spende quanto il Real Madrid per gli allenatori!!

 

 

non volendo buttare nel WM, ehm, nel WC la cifra di 1,20 euro per comprare il tomo (+cd repettiano), ho reperito sul web la recensione di uno di quei circa 2000 fortunati che hanno comprato (e letto?!) la bibbia di Uolter... eccovene un ricco sunto (e fatevi qualche risata anche sugli scarni commenti in fondo alla pagina linkata)

 

http://rudighedini.wordpress.com/2014/04/11/il-meglio-deve-ancora-venire-ascoltiamo-in-silenzio-le-parole-ispirate-di-supermazzarri-da-luigi-cavallaro/

 

Il meglio deve ancora venire? Ascoltiamo in silenzio le parole ispirate di SuperMazzarri – da Luigi Cavallaro

 

 

11 aprile 2014 6 commenti

Ricevo dall’amico Luigi Cavallaro un testo di urticante sarcasmo, che svicola dalle forme della recensione e presenta in “viva voce” un condensato dell’autobiografia più sfortunata – almeno come tempistica – della storia del calcio italiano. Paragonabile allo sventurato che, nel 2008 avesse pubblicato un’Elegia di Quaresma…

Sempre più inquieto per le scialbe prestazioni della Beneamata e decisamente preoccupato per i primi spifferi di malcontento verso il nostro allenatore, ho finalmente deciso di sprofondarmi nella meditazione delle 212 pagine alle quali Mazzarri ha consegnato la sua autobiografia (Il meglio deve ancora venire, scritto per Rizzoli con Alessandro Alciato). Ed è stato un bene, perché anch’io sono stato toccato dal racconto, anzi dalla Rivelazione: la Rivelazione di un tecnico «predestinato», capace di trasformare le «aspettative nulle» intorno ad un qualsiasi gruppo di calciatori «in una cavalcata trionfale» (pp. 53-54) e proprio per ciò inevitabile oggetto di «amore» da parte di chiunque abbia realmente imparato a conoscerlo (pp. 75 e 81). Un tecnico capace di stare «alla pari» con Guardiola e Mourinho (pp. 15 e 199) e che da solo vale «più del 10% del club» dove lavora (p. 97).

Sì, perché Mazzarri è anzitutto un incompreso, anzi un «INCOMPRESO, con tutte le lettere maiuscole» (p. 17). «Se penso al mio cammino, non so negli ultimi dieci anni chi abbia realmente fatto meglio di me», annota con modestia (p. 18). Eppure, quasi mai l’ambiente in cui si è trovato ad operare gli ha restituito tutto ciò che egli ha dato: spesso, anzi quasi sempre, gli è stato riconosciuto «meno di quanto [ha] prodotto» (p. 97). «Banca Mazzarri, interessi garantiti», scrive il Nostro con fine understatement (p. 153), ma i detrattori sono sempre dietro l’angolo: «Dall’esterno studiano le classifiche e il lavoro di ogni giorno in maniera sbagliata» (p. 19), e così basta un niente perché lui venga precipitato nella stessa situazione in cui si troverebbe Einstein quando venisse costretto a spiegare la relatività ad un operaio edile. Già, perché la verità è che «Einstein non può parlare con chi mette la malta per terra» (p. 99): «chi ha pensieri di livello superiore fa fatica a discutere con chi sta al piano di sotto» (p. 100).

Si spiega certo così il mancato riconoscimento della Panchina d’oro ad un allenatore che considera alla sua portata qualunque «sfida impossibile» (p. 115). Ma c’è una spiegazione più profonda, ed è che la stessa Panchina d’oro sarebbe un riconoscimento insufficiente per ciò che egli ha fatto e fa: «Non mi hanno dato la Panchina d’oro perché io merito la Panchina di platino», è solito dire «un po’ scherzando» ai suoi giocatori (p. 99). E in effetti, parliamo di un tecnico il cui sapere calcistico è così straordinario da indurlo ad essere «restio ad andare a insegnare alla scuola per gli allenatori»: non solo perché è il «risultato di un’esperienza ancora viva, in evoluzione», ma soprattutto perché è «un modo di vincere le partite che non vorrei svelare a nessuno» (p. 98). Un tecnico, insomma, per il quale l’unica definizione «perfetta» è quella di «miglior allenatore del mondo» (p. 106).

Così, finalmente, ho capito. Ho capito che la nostra Inter è una squadretta un po’ come la Primavera del Bologna, che Mazzarri allenò (portandola alle «finali nazionali») giusto prima della gloriosa esperienza all’Acireale: un assemblaggio di «materiale umano non eccellente», che però con lui «ha imparato a giocare a memoria» (p. 42). Già, perché Mazzarri non è tipo che lasci nulla al caso: «Voglio avere ogni dettaglio sotto controllo, perché il caso è un nemico»; «comando io e mi prendo le responsabilità di tutte le scelte che faccio» (p. 23). I calciatori sono solo gli «attori protagonisti di uno spettacolo scritto e diretto» da lui (p. 99), tant’è tutte le sue squadre «dalla C2 alla Champions League hanno avuto un comun denominatore: si è sempre vista, chiara e profonda, la mano dell’allenatore» (p. 98). E dunque può esser solo l’inadeguatezza della rosa a spiegare che a sei giornate dalla fine del campionato ci si ritrovi con quei medesimi 50 punti che il tecnico, nella sua conferenza stampa inaugurale, aveva garantito di esser pronto a raggiungere anche facendo giocare i giovanissimi. Quel Kovacic, per esempio: non è evidente che, ostinandosi a giocare in verticale, crea scompensi in una squadra che, ormai come un sol uomo, vede l’acme dell’azione offensiva nella corsa e nella sovrapposizione degli esterni di centrocampo? E poi, non lo capisce come si marca l’uomo?

Sì, mi son ripetuto, dev’essere colpa dell’inadeguatezza della rosa. «Se la mia squadra vale 100 e ottengo 90, ho fatto male. Se vale 100 e ottengo 100, ho fatto quello per cui mi hanno pagato. Se vale 90 e ottengo 100, ho fatto benino. Se vale 50 e ottengo 100, sono Mazzarri», spiega il Nostro; e dovendo evidentemente escludersi che egli possa mai «far male» o che possa essere altro da quel che è, dobbiamo dedurre che la rosa che gli è stata affidata era da retrocessione (più o meno come quella del Catania o del Sassuolo, per capirci) e che solo grazie al suo apporto stiamo concorrendo per il traguardo dell’Europa League.

Certo, quando la palla sbatte sul palo o l’arbitro non fischia un rigore sacrosanto non si può non pensare a interventi sovrannaturali: Mazzarri lo sa bene, perché oltre che in se stesso crede «nel Signore» e «capita che non condivida certe sue [cioè del Signore, n.d.r.] scelte»: ma, magnanimamente, non le contesta, perché come lui è un «allenatore di uomini», così il Signore lo è «di anime» e un allenatore «prende decisioni difficili ma comunque non sbagliate» (p. 123). In ogni caso, possiamo star tranquilli: quanto prima, ad Appiano, riunirà il gruppo per un colloquio altrettanto memorabile di quello ormai celeberrimo di Acireale («tutta la squadra nello spogliatoio, io in piedi davanti alla lavagna e gli altri seduti intorno a me, disposti a U: U come Uditori, U come Uniti, U come Uno: io», p. 138) e i fortunati potranno udire un altro «discorso del re», che – come l’altro, non meno celebre, tenuto a suo tempo a Napoli – muterà «il torpore in adrenalina» (p. 157) e consentirà alla Beneamata di raggiungere l’insperato obiettivo, guadagnando al nostro tecnico l’ennesimo alloro della sua brillante carriera. Basta leggere questo libro per crederci. Speriamo che lo legga anche Thohir e ne tragga le conseguenze.

Post scriptum. Ha ragione Mazzarri a ritenere il terzo capitolo il più bello di tutto il libro. Racconta del suo rapporto con il figlio Gabriele e in specie di quando, in un ristorante di Acireale, un cameriere ebbe a suscitarne l’ilarità per aver chiamato «mister» il suo papà. «Poi mi ha indicato e ha urlato: “Mister Broccolo!”. Una, due, dieci volte. “Mister Broccolo! Mister Broccolo!”. Non ha detto altro per tutta la sera. Era il protagonista di un cartone animato che andava per la maggiore, il suo preferito, e in quel preciso istante il cartone animato ero io» (p. 34). Leggendolo, mi è tornata in mente una fiaba di Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore, ma non sono ancora riuscito a capire perché.

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non volendo buttare nel WM, ehm, nel WC la cifra di 1,20 euro per comprare il tomo (+cd repettiano), ho reperito sul web la recensione di uno di quei circa 2000 fortunati che hanno comprato (e letto?!) la bibbia di Uolter... eccovene un ricco sunto (e fatevi qualche risata anche sugli scarni commenti in fondo alla pagina linkata)

 

http://rudighedini.w...uigi-cavallaro/

 

Il meglio deve ancora venire? Ascoltiamo in silenzio le parole ispirate di SuperMazzarri – da Luigi Cavallaro

 

 

11 aprile 2014 6 commenti

Ricevo dall’amico Luigi Cavallaro un testo di urticante sarcasmo, che svicola dalle forme della recensione e presenta in “viva voce” un condensato dell’autobiografia più sfortunata – almeno come tempistica – della storia del calcio italiano. Paragonabile allo sventurato che, nel 2008 avesse pubblicato un’Elegia di Quaresma…

Sempre più inquieto per le scialbe prestazioni della Beneamata e decisamente preoccupato per i primi spifferi di malcontento verso il nostro allenatore, ho finalmente deciso di sprofondarmi nella meditazione delle 212 pagine alle quali Mazzarri ha consegnato la sua autobiografia (Il meglio deve ancora venire, scritto per Rizzoli con Alessandro Alciato). Ed è stato un bene, perché anch’io sono stato toccato dal racconto, anzi dalla Rivelazione: la Rivelazione di un tecnico «predestinato», capace di trasformare le «aspettative nulle» intorno ad un qualsiasi gruppo di calciatori «in una cavalcata trionfale» (pp. 53-54) e proprio per ciò inevitabile oggetto di «amore» da parte di chiunque abbia realmente imparato a conoscerlo (pp. 75 e 81). Un tecnico capace di stare «alla pari» con Guardiola e Mourinho (pp. 15 e 199) e che da solo vale «più del 10% del club» dove lavora (p. 97).

Sì, perché Mazzarri è anzitutto un incompreso, anzi un «INCOMPRESO, con tutte le lettere maiuscole» (p. 17). «Se penso al mio cammino, non so negli ultimi dieci anni chi abbia realmente fatto meglio di me», annota con modestia (p. 18). Eppure, quasi mai l’ambiente in cui si è trovato ad operare gli ha restituito tutto ciò che egli ha dato: spesso, anzi quasi sempre, gli è stato riconosciuto «meno di quanto [ha] prodotto» (p. 97). «Banca Mazzarri, interessi garantiti», scrive il Nostro con fine understatement (p. 153), ma i detrattori sono sempre dietro l’angolo: «Dall’esterno studiano le classifiche e il lavoro di ogni giorno in maniera sbagliata» (p. 19), e così basta un niente perché lui venga precipitato nella stessa situazione in cui si troverebbe Einstein quando venisse costretto a spiegare la relatività ad un operaio edile. Già, perché la verità è che «Einstein non può parlare con chi mette la malta per terra» (p. 99): «chi ha pensieri di livello superiore fa fatica a discutere con chi sta al piano di sotto» (p. 100).

Si spiega certo così il mancato riconoscimento della Panchina d’oro ad un allenatore che considera alla sua portata qualunque «sfida impossibile» (p. 115). Ma c’è una spiegazione più profonda, ed è che la stessa Panchina d’oro sarebbe un riconoscimento insufficiente per ciò che egli ha fatto e fa: «Non mi hanno dato la Panchina d’oro perché io merito la Panchina di platino», è solito dire «un po’ scherzando» ai suoi giocatori (p. 99). E in effetti, parliamo di un tecnico il cui sapere calcistico è così straordinario da indurlo ad essere «restio ad andare a insegnare alla scuola per gli allenatori»: non solo perché è il «risultato di un’esperienza ancora viva, in evoluzione», ma soprattutto perché è «un modo di vincere le partite che non vorrei svelare a nessuno» (p. 98). Un tecnico, insomma, per il quale l’unica definizione «perfetta» è quella di «miglior allenatore del mondo» (p. 106).

Così, finalmente, ho capito. Ho capito che la nostra Inter è una squadretta un po’ come la Primavera del Bologna, che Mazzarri allenò (portandola alle «finali nazionali») giusto prima della gloriosa esperienza all’Acireale: un assemblaggio di «materiale umano non eccellente», che però con lui «ha imparato a giocare a memoria» (p. 42). Già, perché Mazzarri non è tipo che lasci nulla al caso: «Voglio avere ogni dettaglio sotto controllo, perché il caso è un nemico»; «comando io e mi prendo le responsabilità di tutte le scelte che faccio» (p. 23). I calciatori sono solo gli «attori protagonisti di uno spettacolo scritto e diretto» da lui (p. 99), tant’è tutte le sue squadre «dalla C2 alla Champions League hanno avuto un comun denominatore: si è sempre vista, chiara e profonda, la mano dell’allenatore» (p. 98). E dunque può esser solo l’inadeguatezza della rosa a spiegare che a sei giornate dalla fine del campionato ci si ritrovi con quei medesimi 50 punti che il tecnico, nella sua conferenza stampa inaugurale, aveva garantito di esser pronto a raggiungere anche facendo giocare i giovanissimi. Quel Kovacic, per esempio: non è evidente che, ostinandosi a giocare in verticale, crea scompensi in una squadra che, ormai come un sol uomo, vede l’acme dell’azione offensiva nella corsa e nella sovrapposizione degli esterni di centrocampo? E poi, non lo capisce come si marca l’uomo?

Sì, mi son ripetuto, dev’essere colpa dell’inadeguatezza della rosa. «Se la mia squadra vale 100 e ottengo 90, ho fatto male. Se vale 100 e ottengo 100, ho fatto quello per cui mi hanno pagato. Se vale 90 e ottengo 100, ho fatto benino. Se vale 50 e ottengo 100, sono Mazzarri», spiega il Nostro; e dovendo evidentemente escludersi che egli possa mai «far male» o che possa essere altro da quel che è, dobbiamo dedurre che la rosa che gli è stata affidata era da retrocessione (più o meno come quella del Catania o del Sassuolo, per capirci) e che solo grazie al suo apporto stiamo concorrendo per il traguardo dell’Europa League.

Certo, quando la palla sbatte sul palo o l’arbitro non fischia un rigore sacrosanto non si può non pensare a interventi sovrannaturali: Mazzarri lo sa bene, perché oltre che in se stesso crede «nel Signore» e «capita che non condivida certe sue [cioè del Signore, n.d.r.] scelte»: ma, magnanimamente, non le contesta, perché come lui è un «allenatore di uomini», così il Signore lo è «di anime» e un allenatore «prende decisioni difficili ma comunque non sbagliate» (p. 123). In ogni caso, possiamo star tranquilli: quanto prima, ad Appiano, riunirà il gruppo per un colloquio altrettanto memorabile di quello ormai celeberrimo di Acireale («tutta la squadra nello spogliatoio, io in piedi davanti alla lavagna e gli altri seduti intorno a me, disposti a U: U come Uditori, U come Uniti, U come Uno: io», p. 138) e i fortunati potranno udire un altro «discorso del re», che – come l’altro, non meno celebre, tenuto a suo tempo a Napoli – muterà «il torpore in adrenalina» (p. 157) e consentirà alla Beneamata di raggiungere l’insperato obiettivo, guadagnando al nostro tecnico l’ennesimo alloro della sua brillante carriera. Basta leggere questo libro per crederci. Speriamo che lo legga anche Thohir e ne tragga le conseguenze.

Post scriptum. Ha ragione Mazzarri a ritenere il terzo capitolo il più bello di tutto il libro. Racconta del suo rapporto con il figlio Gabriele e in specie di quando, in un ristorante di Acireale, un cameriere ebbe a suscitarne l’ilarità per aver chiamato «mister» il suo papà. «Poi mi ha indicato e ha urlato: “Mister Broccolo!”. Una, due, dieci volte. “Mister Broccolo! Mister Broccolo!”. Non ha detto altro per tutta la sera. Era il protagonista di un cartone animato che andava per la maggiore, il suo preferito, e in quel preciso istante il cartone animato ero io» (p. 34). Leggendolo, mi è tornata in mente una fiaba di Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore, ma non sono ancora riuscito a capire perché.

Ahahah

Non pensavo fosse così avanti!!

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Le sue principali colpe sono di non aver mai dato un gioco e un'identità all' Inter, poi la maggior parte delle sue scuse post insuccesso erano veramente ridicole, questo gli a contribuito ad attirargli antipatia.

La sua avventura all' Inter è stata un fallimento senza sè e senza ma, magari in una nuova piazza potrebbe rilanciarsi, chissà, vedremo il futuro di Mazzarri, "L'inventore del calcio mondiale" (cit.)

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1450124_1559721537596364_3586763235167570778_n.jpg?efg=eyJvbGF0IjoxMjB9&oh=9f49ecbcc4b906286f4758d7520a2534&oe=54E1F4C5 Generatore di risposte di Mazzarri Giocare con la difesa a tre. E’ un problema, perchè è il modulo che la squadra conosce di più ma i nuovi innesti non hanno ancora i raggiunto i dovuti automatismi. Giocare con la difesa a quattro. E’ un problema, perchè è un modulo che adottiamo soltanto sporadicamente e il reparto stenta a raggiungere i dovuti automatismi. Giocare ogni tre giorni. E’ un problema, perchè non abbiamo respiro. Giocare ogni sette giorni. E’ un problema, perchè siamo abituati a giocare ogni tre giorni. La pausa della Nazionale. E’ un problema, perchè si recuperano gli eventuali infortunati ma si perde il ritmo, e poi ho giocatori in giro per mezzo mondo. Il periodo senza pause per la Nazionale. E’ un problema, perchè a molti giocatori fa bene uno stimolo diverso e non si recuperano gli eventuali infortunati. Giocare con una sola punta. E’ un problema, perchè si chiede all’attaccante un grande lavoro e serve essere tempestivi negli inserimenti da dietro. Giocare con due punte. E’ un problema, perchè rinunciamo a qualcosa a centrocampo. Giocare con tre punte. E’ un problema, perchè ci si sbilancia troppo. Giocare con quattro punte. E’ un problema, e non solo perchè non ho quattro punte a disposizione. Giocare con il rifinitore. E’ un problema, perchè rinunciamo a qualcosa dietro. Giocare senza rifinitore. E’ un problema, perchè rinunciamo a qualcosa davanti. Fare tanti gol. E’ un problema, il 7-0 con il Sassuolo ha finito con il condizionarci. Fare pochi gol. E’ un problema, perchè gli attaccanti si deprimono. Ah sì, beh, è anche oggettivamente più difficile vincere, ma non ne farei una questione specifica. Arrivare da due vittorie consecutive. E’ un problema, perchè si rischia di perdere la necessaria tensione. Arrivare da due sconfitte consecutive. E’ un problema, perchè si rischia di venire travolti dalla tensione. Arrivare da due pareggi consecutivi. E’ un problema, perchè si rischia di non raggiungere la necessaria tensione. Arrivare da una vittoria e un pareggio / da un pareggio e una sconfitta / da una vittoria e una sconfitta. E’ un problema, perchè i risultati altalentanti non ci danno certezze. Avere tanti infortunati. E’ un problema, perchè non c’è ricambio e giocando così spesso siamo costretti a spremere diversi giocatori. Avere pochi infortunati. E’ un problema, perchè al di là del turn over non è facile tenere gli stimoli alti nell’intera rosa. Restare in inferiorità numerica. E’ un problema, perchè in dieci contro undici è difficile imporre il gioco. Restare in superiorità numerica. E’ un problema, perchè si rompono gli equilibri in campo e la squadra avversaria, rimasta in dieci, si libera dagli schematismi e di trova nella condizione di moltiplicare le proprie forze. Avere un rigore contro. E’ un problema, perché è da anni che va avanti così e la squadra ci soffre. Avere un rigore a favore. E’ un problema, perché non eravamo abituati a queste situazioni e la squadra ci soffre. Giocare in casa. E’ un problema, perchè i nostri tifosi sono molto esigenti e in questo momento la squadra – e io stesso – ci sentiamo molto esposti agli umori dello stadio. Giocare in trasferta. E’ un problema, perchè il clima ostile aumenta la pressione in un momento già negativo. Giocare in campo neutro. E’ un problema, perchè destabilizza la squadra che non coglie il calore del proprio stadio nè la tensione dello stadio altrui. Giocare in Europa. E’ un problema, perchè le trasferte sono lunghe e le squadre avversarie sono molto motivate. Giocare in Italia. E’ un problema, perchè l’Inter è l’Inter e tutti vogliono fare bella figura. Giocare in Paesi non riconosciuti dall’Onu. E’ un problema, perchè rischi di trovare identità forti che vogliono mettersi in mostra. Se ti applaudono. E’ un problema, perché poi arrivi impraparato al momento dei fischi. Se ti fischiano. E’ un problema, perché dal tuo pubblico ti aspetti applausi. Se ti fischiano all’americana / Se ti applaudono ironicamente. E’ un problema, perché ti distrai nell’interpretare l’umore del pubblico. Giocare alle 12,30. E’ un problema, perchè è un orario anomalo e si rischia ancora di imbattersi in giornate calde. Giocare alle 15. E’ un problema, perchè non giochiamo quasi mai alle 15 e rischiamo di trovarci impreparati. Giocare alle 18. E’ un problema, perchè non è nè troppo presto nè troppo tardi, non sai mai cosa e quando mangiare. Giocare alle 20,45. E’ un problema, perchè ci guarda un sacco di gente e questa squadra non è ancora preparata a certe pressioni. Giocare alle 21,05. E’ un problema, perchè non è ancora stata ben chiarita questa cosa dei 5 minuti che rischia di togliere concentrazione ai giocatori più precisi. Giocare con il caldo. E’ un problema, perchè il dispendio fisico rischia di giocare un brutto scherzo a una squadra come la nostra. Giocare con il freddo. E’ un problema, perchè la temperatura rigida rischia di giocare un brutto scherzo a una squadra come la nostra. Giocare nelle mezze stagioni. E’ un problema, vabbe’, questo è noto, la classica situazione che ti frega. Giocare con le squadre deboli. E’ un problema, perchè la partita con l’inter rappresenta sempre una grande motivazioni per le provinciali. Giocare con le squadre medie. E’ un problema, perchè non sai mai come prenderle. Giocare con le squadre forti. E’ un problema, perchè è un problema, diciamolo. Vincere. E’ un problema, perchè poi ti adagi. Pareggiare. E’ un problema, perchè è frustrante. Perdere. E’ un problema, perchè entri in una spirale negativa. Giocare. E’ un problema.

 

Fantastico! Da premio Oscar!!!

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Sinceramente di Mazzarri e dell Inter me ne frega pochissimo...

Sono esimi come sempre,esclusa (guardacaso) la parentesi postcalciopoli,di Mancini,e Mourinho

 

Le inter di Orrico,di Hodgson,di Bagnoli,di Lippi (addirittura Lui)di Simoni,di Suarez,di Castellini,di Stramaccioni,di Mazzarri,di Bianchi,di Lucescu,di Tardelli,di Cuper,di Verdelli,di Zaccheroni,di Ranieri,Di Benitez,Di Leonardo.........

HANNO FATTO SEMPRE RIDERE...

 

Le eccezioni ripeto sono stati gli anni post-farsa,per il resto nemmeno sono da considerare rivali scudetto.

 

Ora con il Gabibbo giallo la barzelletta ha il suo degno seguito,pregustiamoci nuove risate...in pieno stile-Inter.

ma non diamo loro troppa importanza...non ne hanno e non ne meritano.

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l'unico allenatore al mondo che non ammetteva mai i meriti degli avversari e che quando perdeva era colpa sempre degli altri ma mai di se stesso .sisi

Proprio l'unico non direi, la lista è lunga.

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