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Vecchiasignora.com ricorda le vittime dell'Heysel con la testimonianza dell'amministratore Chub

Post in rilievo

Sto sentendo Radio Radio e stanno riproponendo il monologo di Walter Weltroni tratto dal suo libro "quando cade l'acrobata entrano i clown"...

Toccante e magnifico. Complimenti a radio radio, quando i media sono da elogiare va fatto.

 

 

Per il resto topic da incorniciare e quello che mi fa più rabbia è che il becerume questa tragedia la ricorda non per i 39 Angeli, non per segno di rispetto o per una preghiera. No.

La ricordano solo per dire che "quella coppa andrebbe tolta alla juve". A loro interessa solo "levare trofei all'avversario", manco conoscono l'argomento e i sentimenti che si porta dietro.

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sto seguendo su sportitalia 24 il racconto di un giornalista( FRANCESCO CAREMANI) che finalmente dice le cose come stanno....gli inglesi cambiarono registro sugli hooligans non dopo l'heysel ma dopo che i morti furono i loro( highsborogh1989)......

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....

C’è uno dietro di me che ha uno striscione con scritto “Mamma sono qui”.

 

 

Non eravamo tanto distanti....

 

Bel racconto, avrei scritto uguale tanti particolari

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ogni volta che rileggo i vostri racconti mi colpisce sempre questo fatto: che avete saputo le notizie praticamente in italia e che in pratica anche chi non c'entrava nulla era dato per possibile disperso e le famiglie hanno passato momenti terribili..

 

Lascio immaginare l'angoscia dei genitori (i cellulari non esistevano), il fatto che poi sia partito senza il loro consenso, mi catapulto' in un senso di colpa che se ne ando' dopo vario tempo

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In questo momento ho un magone che mi opprime.

Io non ricordo molto ma ogni volta che qualcosa mi ricorda questa Tragedia mi oscuro e l'emozione e' tale che il mio cuore vorrebbe piangere ma cerco di trattenere le lacrime.

Io sono credente e sono sicuro che chi soffre in vita avra' serenita' oltre la vita.

Ciao.

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Come un nodo al fazzoletto di Emilio Targia

 

Son passati 28 anni, dal quel 29 maggio 1985 allo stadio “Heysel” di Bruxelles. Da quella notte di colori sfumati nel buio, di festa diventata tempesta.

 

“Un uomo senza memoria è un uomo seduto in cima a un precipizio” scrive Erri De Luca. La lucidità dello scrittore ci sorregge, e ci aiuta a sintetizzare. E a capire. Che la memoria è materia preziosa, irrinunciabile. L'argilla che tiene insieme il racconto, la cronaca attenta che poi diventa storia.

 

“L'organisateur décline toute responsabilité du chef d'accident, de quelque nature qu'il soit, qui pourrait se produire au cours ou à l'occasion du match pur lequel ce ticket est délivré”.

C'era scritto così sul biglietto del settore Z dello stadio Heysel. Ma non sul retro, o di lato, in caratteri minuscoli. No no, era scritto davanti, a caratteri ben visibili. Insomma, “guarda che se ti accade qualcosa, noi non c'entriamo”. Quasi un presagio. La follia di quella notte iniziava già dal biglietto d'ingresso.

 

Oggi “Heysel” è una parola che schiocca come una frustata. Evoca solo e soltanto quella notte e quella strage. Null'altro. “Heysel” non è più uno stadio, come “Ustica” non è più un'isola, e “Italicus” non è più un treno.

 

Eppure quella notte i presupposti per il volo c'erano tutti. Il bianco che rifletteva il sole raddoppiandone la luce, il nero accanto a ricomporre le cose. Sogno e realtà, in fondo, il seme dei colori di quelle bandiere. “Come può una simile luce tradire i nostri sogni stasera?” aveva riflettuto Giuseppe, un tifoso bianconero che da decenni sognava una sera così. E però aveva paura. Che il sogno spaventa, se si sta per toccarlo. E poi Andrea, che aveva 11 anni, l'età in cui il calcio è ancora la musica della propria vita, la misura della propria gioia. Andrea che a Cagliari andava alla scuola di calcio “Gigi Riva”. Andrea che era lì col papà Giovanni per vivere il proprio incantesimo.

 

“Juve-Juve-Juve” era l'urlo prossimo al sogno del popolo bianconero. “Juve-Juve-Juve” scandito dal batter di mani. “Juve-Juve-Juve” urlato ad occhi chiusi. Lo stadio tremava dentro a quel battito, e quel coro toccaval'anima, si infilava nelle ossa. Poi, di colpo, quell'inno alla gioia si era incrinato. E, di colpo, interrotto. Gli occhi di nuovo aperti. Per guardare. Per provare a capire. L'odio. Un corpo estraneo. Un ago velenoso che bucava il palloncino di un bambino.

 

Urla, dal settore Z. Gente che fugge, nel settore Z. Un muro che crolla,nel settore Z. Più nessuna bandiera, nel settore Z. Un vociare scomposto,un coro frantumato. Urla che rimbalzano sopra rumori estranei. Immagini veloci, sfocate, inafferrabili. Poi, d'improvviso, più nulla. Nessun urlo, nessun rumore. Solo silenzio. E sguardi fissi nel vuoto. Un vuoto immobile. Tutto lo stadio cristallizzato dentro a quell'istante. Dentro a un tramonto livido. Raggelato. Che non ci sono mica parole, di fronte auna cosa così. Di fronte a un silenzio innocente di sangue e di orrore.

 

Tutto questo.

Tutta quella vita calpestata, quell'energia perduta.

Tutta quella violenza, dentro a un incanto gioioso.

In questi anni troppo spesso è diventato altro.

 

Per troppe persone quelle vittime sono semplicemente “juventini”. Come se non fossero invece prima di tutto cittadini ed esseri umani.

Per troppe persone quella è semplicemente la notte della “coppasporcadisanguechelaJuvenondovevaaccettare”. Come se non ci fosse prima di tutto una strage, con cui fare i conti.

Per troppe persone quella è “lapartitachenonsidovevagiocare”.

Che nessuno ha capito, quante persone ha salvato, l'averla giocata.

 

La vita di Andrea e di Giovanni, quella di Giuseppe e poi quella di Rocco, quella di Bruno e di Barbara, di Giusy e di Luciano, di Sergio e di tutti gli altri, per molti deve contare ben poco. Ben poco anche per quei gentiluomini che in curva oggi intonano il coro “Heysel, Heysel!”. O per quelli che in tribuna prendono in prestito una canzone di Vasco Rossi, per affogarla nell'orrore: “Cosa succede, cosa succede all'Heysel...”.

O per quelli scrivono sui muri la temperatura di Bruxelles.

O per quelli che indossano le magliette con la scritta -39.

O per quelli che guardano e ascoltano, e fanno finta di niente.

 

Questo mare di offese, volgarità, e frasi fatte è dovunque. Onde maldestre che si infilano in un dibattito tv, tra le pagine di un libro, in un articolo di giornale, o che echeggiano al bar mentre prendi un cappuccino.

 

A questo serve, oggi, la memoria di quella notte.

A questo serve oggi, fare un nodo al fazzoletto.

Un anticorpo contro la superficialità.

Ma servono manutenzione, cura e attenzione.

Per non dimenticare la storia incompiuta di quelle 39 persone.

Memoria contro la fiera della violenza morale e delle banalità.

Di chi non ha alcun titolo per parlare eppure urla.

Di chi non sa nulla eppure insulta.

Senza nemmeno sapere di che cosa sta parlando.

Senza provare nemmeno a capirlo, l'Heysel.

Senza nemmeno provare a immaginarlo, il dolore.

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Lascio immaginare l'angoscia dei genitori (i cellulari non esistevano), il fatto che poi sia partito senza il loro consenso, mi catapulto' in un senso di colpa che se ne ando' dopo vario tempo

Infatti...

Dai vari racconti mi sembra di capire che il vero terrore l'abbia provato chi stava a casa con la paura che i propri cari non tornassero mai più...

Chi era lì allo stadio aveva avvertito che ci fosse qualcosa andato storto,ma non sapeva bene cosa..

Invece chi era a casa e aveva figli o mariti o fratelli all'Heysel ha vissuto tutto in maniera lucida. E purtroppo,per qualcuno il terrore si è trasformato in disperazione...

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Dovevo esserci anche io allo stadio di Bruxelles quel giorno, ma avevo problemi a scuola e decisi all'ultimo di non andare.

Ci andarono tutti i miei cugini (quelli di fede bianconera ovviamente) e finirono proprio nel settore Z.

Fortunatamente riuscirono tutti quanti a cavarsela senza conseguenze, molti altri non furono così fortunati.

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Il mio "Nick Name" la dice lunga...riguardo cosa abbia rappresentato quella serata per me : RICORDO INDELIBILE DI UNA NOTTE DI PURA FOLLIA !

 

-Ovunque Voi siate in questo momento....PER SEMPRE SARETE CON NOI ! Stefano!

tu eri in quell'inferno, mamma mia....... è cosi assurdo, cosi terribile. Sono passati tanti anni e ancora non ci si crede, non si può morire per una partita di calcio.

 

Riposate in pace angeli, vi ricorderemo sempre....

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Avevo dei dubbi prima della Finale se andarci o meno. Gli hooligan avevano una brutta fama, ma poi pensai che nella civilissima Bruxelles le misure di sicurezza sarebbero state sufficienti. I biglietti erano praticamente introvabili, ma chiesi al club di trovarmi 5 biglietti a qualsiasi costo ad esclusione delle curve. Fu la mia salvezza. Partimmo nel primo pomeriggio con l'ultimo volo da Torino, un charter 747 della KLM. Le prime avvisaglie che l'organizzazione fosse per lo meno discutibile le avemmo all'arrivo in città, con il pullman che arrivò nelle vicinanze dello stadio dalla parte degli Inglesi (ubriachi fradici),si fermò e fummo fatti scendere senza tante storie dicendoci che al termine della gara sarebbero tornati a prenderci nello stesso punto. Odore di fritto, una puzza incredibile di strutto, birra, troppa birra e un caldo allucinante ecco cosa mi colpi di più. Il clima era teso, ma nulla che lasciasse presagire una tragedia simile. Cercammo comunque la vicinanza con i gendarmi per evitare guai ed entrammo prestissimo nello stadio. Controlli severi all'ingresso, ma solo per noi italiani, poi si poteva riuscire dallo stadio per andare a prendere da bere e rientrare facendo semplicemente vedere il biglietto. A saperlo con due biglietti facevo entrare 100 persone.

Lo stadio era una cosa senza senso. Da noi non avrebbe avuto l'agibilità nemmeno per la serie C2. Fatiscente è un termine benevolo, in realtà un rudere con le sole due tribune numerate in condizioni accettabili, le curve con gradoni in terra delimitati da cordoli in pietra sbrecciata con erba e arbusti che crescevano in mezzo. Per tutto il settore dei distinti in basso c'erano solo due porte per entrare ed uscire larghe non più di 80 cm. Non mi ero portato la macchina foto per essere più libero (evidentemente certe cose si sentono) e non ho documentazione, ma non credevo ai miei occhi. Una finale di Coppa Campioni in un postaccio simile non lo avrei mai e poi immaginato. Solo un demente poteva organizzare un evento di quella portata, con le tifoserie più numerose d'Europa, in un simile buco di stadio. Le reti divisorie tra le curve erano delle semplici reti metalliche a rombi , di quella che da noi vengono usate per i pollai.

Io a distanza di anni, continuo a dare la colpa di quel massacro solo ed unicamente a chi a voluto una finale in quel posto maledetto. In uno stadio appena normale non sarebbe successo nulla di nulla. I tifosi del Liverpool avevano 2/3 di curva e 1/3 era in teoria neutrale, in realtà nostri tifosi nel famigerato settore z. Quello che poi successe dopo lo vedete nei filmati. Io ho ancora impressa la scena che stavo osservando. Normali scaramucce poi un i diota che non manca mai lanciò una bottiglia nel settore Inglese. Fu l'inizio della fine

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se mio padre fosse stato nella curva opposta io non sarei neanche nato.....

 

da allora mio padre fino a 3 anni fa non è mai mai andato allo stadio....

 

le poche volte che mi racconto' di quel giorno, perchè non ne vuole parlare assolutamente, mi racconto' di come quel giorno si svolse un vero e proprio massacro, di gente che per scappare camminava sopra altre persone neanche fossero bestie....

 

un ricordo vivissimo ai caduti dell'heysel

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