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Fox Vega

Juve amarcord 6a puntata: Foggia-Juventus 2-0 1994/95

Post in rilievo

propongo una serie di partite semisconosciute o quasi, che fanno parte della nostra storia, ma che, per svariati motivi sono diventate parti integranti della storia di piccole realtà italiane e non, che hanno vissuto la classica "giornata di gloria" e che, riviste oggi, ci fanno un po' sorridere...

 

Dalla Campania alla Puglia, il passo è breve...dopo il match con la Salernitana della stagione 1998-99 della passata settimana, oggi parliamo di Foggia-Juventus, stagione 1994-95, la prima di Marcello Lippi sulla panchina bianconera.

Domenica 16 ottobre 1994, stadio Pino Zaccheria di Foggia, 6a giornata di campionato.

In Puglia scende in campo una Juventus che ha iniziato la stagione post-rivoluzione alla grande con 3 vittorie e 2 pareggi in campionato, 6 goals fatti e 1 subito. L'unica sconfitta è arrivata in coppa UEFA a Sofia contro il CSKA per 3-2, sconfitta trasformatasi poi in 0-3 a tavolino in quanto i bulgari schierarono un giocatore squalificato.

In estate la rivoluzione in casa bianconera è stata totale: dirigenziale e tecnica.

L'ancient regime formato da Boniperti dietro la scrivania e Trapattoni in panchina e frettolosamente restaurato dopo il fallimento della gestione Montezemolo, ora non c'è più. Umberto Agnelli ha preso il toro per le corna e ha varato un progetto tecnico innovativo, dando le redini della società in mano alla triade Moggi-Giraudo-Bettega e affidando la panchina all'emergente Marcello Lippi che negli anni precedenti si era distinto con ottimi risultati sulle panchine di Atalanta e Napoli. Sul mercato si è puntato a costruire solide fondamenta con gli arrivi di Ferrara, Paulo Sousa, Deschamps e di un giovane Tacchinardi.

Il Foggia arriva da tre esaltanti stagioni consecutive di serie A in cui la città è impazzita per il calcio propositivo e dinamico proposto da Zeman, e per i tanti giovani italiani rampanti lanciati in quegli anni fra i quali Beppe Signori, Ciccio Baiano, Roberto Rambaudi e Gigi Di Biagio. In estate però il tecnico boemo è passato alla Lazio e sulla panchina dei "satanelli" siede Enrico Catuzzi.

Si arriva alla sesta di campionato con la sensazione che i rossoneri possano disputare un'altra ottima annata veleggiando nelle zone tranquille della classifica, e con la stuzzicante prospettiva di togliersi qualche soddisfazione negli scontri diretti contro le grandi, proprio come due anni prima quando sconfissero davanti al proprio pubblico la Juve guidata da Trapattoni per 2-1.

Le cose per i pugliesi non andranno però come previsto. Ad oggi la stagione 1994/95 è l'ultima disputata dai rossoneri in serie A, in quanto al termine di quell'anno sportivo il Foggia retrocesse classificandosi al terz'ultimo.

La Juventus invece iniziò il leggendario ciclo che la portò sul tetto d'Italia in quella stagione, d'Europa e del mondo negli anni a seguire.

 

Il Foggia vinse il match in questione per 2-0, grazie ad una doppietta dell'eroe di giornata, Pierpaolo Bresciani, attaccante scuola Milan che visse i suoi anni migliori proprio fra le fila dei pugliesi. La prima rete venne convalidata dall'arbitro Cesari (si proprio il saccente moviolista attualmente su Premium) nonostante Peruzzi avesse bloccato il pallone proprio sulla linea. Quell'anno, per la cronaca, la tanto "sospettata" Juve di Moggi, subì un altro decisivo goal fantasma convalidato contro il Genoa al Delle Alpi da parte di Galante.

Il risultato sarebbe potuto essere anche più severo per la Juventus se Biagioni nel finale non avesse fallito un calcio di rigore provando a fare il cucchiaio a Peruzzi. I bianconeri subirono così quella che fu, formalmente, la prima sconfitta assoluta dell'era Lippi, proprio allo Zaccheria di Foggia.

 

FORMAZIONI:

FOGGIA: Mancini, Padalino, Bucari, Nicoli, Di Biagio, Caini (Di Bari dall'81'), Bresciani, Bressan, Biagioni, De Vincenzo, Mandelli (Sciacca dal 75'). ALL.Catuzzi

JUVENTUS: Peruzzi, Ferrara, Jarni, Fusi, Kohler, Paulo Sousa (Tacchinardi dal 63'), Di Livio, Conte, Vialli, Baggio R., Marocchi (Ravanelli dal 46'). ALL.Lippi

 

arbitro: Cesari

 

reti: Bresciani 39' e 76'.

 

a voi le immagini, con audio e video non ottimali, di 90°minuto (scusate se l'intervista finale a Catuzzi è di un certo varriale .doh )

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La prima rete venne convalidata dall'arbitro Cesari (si proprio il saccente moviolista attualmente su Premium) nonostante Peruzzi avesse bloccato il pallone proprio sulla linea. Quell'anno, per la cronaca, la tanto "sospettata" Juve di Moggi, subì un altro decisivo goal fantasma convalidato contro il Genoa al Delle Alpi da parte di Galante. 

 

Tanto per sottolineare.

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La ricordo come fosse ieri, nel girone d'andata addirittura due reti fantasma contro di noi, oltre a questa ci fu anche il pareggio di galante al Delle Alpi in Juve-Genoa 1-1, però ovviamente tutti si scandalizzarono per "la rimessa laterale di Aldair" in una partita che vincemmo nettamente 3-0!

Insomma, in più di 20 anni non è cambiato niente!

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Lippi dimettiti

sei l'erede dell'utente beetgogh che a tutti i video commentava "platini elefantessa incinta, boniperti dimettiti, trapattoni incompetente" :d

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sei l'erede dell'utente beetgogh che a tutti i video commentava "platini elefantessa incinta, boniperti dimettiti, trapattoni incompetente" :d

 

Baggio smettila di guardarti allo specchio, Boniperti dimettiti, con Lippi torneranno i settimi posti.

 

:d

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La ricordo come fosse ieri, nel girone d'andata addirittura due reti fantasma contro di noi, oltre a questa ci fu anche il pareggio di galante al Delle Alpi in Juve-Genoa 1-1, però ovviamente tutti si scandalizzarono per "la rimessa laterale di Aldair" in una partita che vincemmo nettamente 3-0!

Insomma, in più di 20 anni non è cambiato niente!

La ricordo come fosse ieri, nel girone d'andata addirittura due reti fantasma contro di noi, oltre a questa ci fu anche il pareggio di galante al Delle Alpi in Juve-Genoa 1-1, però ovviamente tutti si scandalizzarono per "la rimessa laterale di Aldair" in una partita che vincemmo nettamente 3-0!

Insomma, in più di 20 anni non è cambiato niente!

Condivido in pieno!

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Dopo quel match passammo al 433 con Ravanelli titolare accanto a Baggio e Vialli e l'alternativa Del Piero in panca. Quello scudetto, come il primo di Conte, arrivò dopo diversi anni di astinenza (in questo caso addirittura 10) e con vittorie epiche come il mitico 3 a 2 con i violacei. Stagione indimenticabile. Durante quell'anno, nelle interviste, i giocatori sottolinearono come dopo Foggia era scattato qualcosa, un po' come quest'anno dopo Sassuolo.

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partita decisiva

 

Dopo quella partita, Lippi decise di dare una scossa alla squadra promuovendo il 4-3-3

Con questo cambio, iniziò un filotto di 8 vittorie consecutive che ci portò in testa alla classifica, e poi allo scudetto, poi alla Champions, poi all' Intercontinentale ecc.. ecc.

 

Tutto nacque da qui.

 

 

PS:impressionante che ora siamo a 14 vittorie

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partita decisiva

 

Dopo quella partita, Lippi decise di dare una scossa alla squadra promuovendo il 4-3-3

Con questo cambio, iniziò un filotto di 8 vittorie consecutive che ci portò in testa alla classifica, e poi allo scudetto, poi alla Champions, poi all' Intercontinentale ecc.. ecc.

 

Tutto nacque da qui.

 

 

PS:impressionante che ora siamo a 14 vittorie

iniziò un periodo positivo ma non facemmo filotti di vittorie significativi...qualche giornata dopo questa sconfitta perdemmo il derby e prima di natale ci fu appunto quell'episodio del goal fantasma di galante che ci costò il pari interno col genoa

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Dopo quel match passammo al 433 con Ravanelli titolare accanto a Baggio e Vialli e l'alternativa Del Piero in panca. Quello scudetto, come il primo di Conte, arrivò dopo diversi anni di astinenza (in questo caso addirittura 10) e con vittorie epiche come il mitico 3 a 2 con i violacei. Stagione indimenticabile. Durante quell'anno, nelle interviste, i giocatori sottolinearono come dopo Foggia era scattato qualcosa, un po' come quest'anno dopo Sassuolo.

se non erro quellanno perdemmo sette volte, una volta addirittura con il padova, ultimo in classifica con goal di creek!!

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Ero allo stadio (vivo a Foggia), in mezzo ovviamente ai tifosi bianconeri. Anni dopo ho fondato lo Juventus club Foggia Umberto Agnelli...Sto a tempo perso scrivendo un libro su Juve e club...Ecco uno stralcio......

Stralcio...

Ancora di più è difficile essere juventino a Foggia. La città di Zemanlandia. La città dove si crede che Bohemian Rhapsody (nota canzone dei Queen di Freddie Mercury) sia dedicata al boemo Zeman. Abbia inizio la “sinfonia”.

Zeman per gli anti-juventini è un “totem”. Tutti i luoghi comuni contro la Juve citati dal “maestro” (l’appellativo più in voga tra i suoi trasversali fans) sono una manna dal cielo per giornalisti e tifosi “diversamente juventini”. Un allenatore che riesce ad essere amato contemporaneamente dai tifosi della Lazio e della Roma, della Salernitana e del Napoli, del Pescara e del Foggia, del Palermo e del Messina (tutte squadre allenate dal boemo) deve indubbiamente avere una “marcia in più”. Quella “marcia in più” è il suo “astio” nei confronti della Vecchia Signora. Il “logico collante” tra tutte queste tifoserie altrimenti rivali (in alcuni casi, ferocemente rivali) è infatti il “disprezzo” per l’imprendibile Zebra dal 1897 (“since 1897” fa molto più figo).

Il livore zemaniano contro i colori bianconeri ad alcuni potrebbe sembrare non scaturente da motivi personali ma da “amore della verità” e da una “sincera passione per la giustizia”.

Bene: staccate la testa dal cuscino e svegliatevi. Lo dico anche ai foggiani-juventini (cosa diversa dagli juventini di Foggia, categoria nella quale mi fregio di appartenere con orgoglio), che combattono contro loro stessi per scacciare l’alter ego impostore: chi è Dr Jekyll e chi Mr Hyde?

Zeman è il nipote (da parte di mamma) di Čestmír Vycpálek, d’ora in avanti per la difficoltà di trascrivere il suo nome sarà per il lettore semplicemente “lo zio” o “Cesto” (suo diminutivo).

“Lo zio” era un grande giocatore (e poi grande allenatore) cecoslovacco. Una mezzala di gran classe, dotato di ottima leadership, grande tecnica, visione di gioco, e tiro potente e preciso . Nel 1944, lui giocatore dello Slavia Praga, fu deportato nel campo di concentramento nazista di Dachau trascorrendo 8 mesi molto difficili in condizioni precarie.

Nel 1946 la Juventus acquistò “lo zio” strappandolo alla Cecoslovacchia comunista e da una condizione di estrema difficoltà e disagio. Una sola stagione in bianconero da giocatore senza lasciare tracce significative, ben due scudetti da allenatore juventino nelle stagioni ‘71-‘72 e ‘72-’73.

Nel frattempo all’ombra del “Cesto” cresceva Zdenek Zeman, detto “il nipote”, “il boemo”, “il maestro”.

Il “maestro” impara “l’educazione dallo zio”. In effetti diventa subito un grandissimo tifoso juventino (non scherzo!). Lo dico sempre: l’educazione (anche e soprattutto calcistica) è importantissima. E “Cesto” riesce ad allevare la sua “lumachina” con i sani principi e valori dello sport (dunque nel segno della Juve).

Infatti, a seguito della repressione sovietica e dei moti del 1968 nella Cecoslovacchia che cercava di “liberarsi” dall’allora regime comunista dell’Unione Sovietica (moti sfociati poi nella c.d. “Primavera di Praga”) “il nipote” chiese “asilo” (“il maestro” che chiede “asilo”: questa mi piace!) “allo zio” ,stabilendosi di fatti a casa del “Cesto”. In Italia il signor Zeman, dopo aver ottenuto la cittadinanza, si laurea a pieni voti all’ISEF di Palermo. E in seguito divenne anche “professore” di educazione fisica al liceo scientifico “Gonzaga” del capoluogo sicliano. Dunque prima di diventare “maestro”, diventò “professore”, a seguito dell’ “asilo” dal “Cesto” (di merende?). Vi sto confondendo con questi sciocchi giochi di parole? Probabilmente. Come probabilmente era (ed è) confuso il “boemo” .

“il nipote” è ragazzo ambizioso e cerca di sfruttare “lo zio” (stimatissimo dalla proprietà bianconera) per proporre la sua candidatura come preparatore atletico, e in seguito, come allenatore -niente poco di meno che- della Juventus FC.

A più riprese la Juventus fece notare al “nipote” che per il ruolo di preparatore atletico e/o allenatore si era già coperti (con allenatori con un discreto palmares di vittorie) . Il “maestro”, come il peggiore dei rinnegati ,si fa un bel nodo stretto al dito e ci scrive su “Juventus”. Pronto a mandare (da buon “maestro”) l’alunno insolente dietro la lavagna alla prima pseudo marachella commessa, confondendo e mischiando a suo piacimento il “bene” e “male” .

Di quanto siano agli antipoti Juventus e Zeman lo dicono anche le contrapposte filosofie di vita. Per il “boemo” il “calcio deve far divertire la gente”: ben vengano i 4-4 subendo tre gol in rimonta, ben vengano i 3-3, ben venga anche “perdere giocando bene”. Gli 8-2, i 7-1, i 4-3. Per Zeman lo spettatore pagante si diverte a vedere i gol. Il calcio è spettacolo. Come dimenticare, ad esempio, Atalanta-Foggia del 12 aprile 1992. Per non portarla troppo per le lunghe, il Foggia a Bergamo al 71° conduce per 4 reti a 1. Ad un certo un tale Cornacchia realizza in rapida successione 3 gol. “Grande fiuto del gol”, direte voi, per “l’uccello del malaugurio” Cornacchia. Beh, nelle restanti partite da professionista (ma è un difensore) realizzerà ben 2 reti complessive. Allo stadio, i tifosi del Foggia, contentissimi per aver visto in un solo colpo 8 gol. Aver assistito all’eccezionalità di una tripletta di tal Cornacchia. Tanti kilometri fatti, ma ne è valsa la pena!

Zeman è così. “Undici siamo noi, undici sono loro”. “Il derby è una partita come le altre: in palio ci sono sempre i 3 punti”. Quando vince “la squadra ha giocato secondo il mio credo calcistico”, quando perde “Questi non è il mio calcio”.

“Manifesto” forse assoluto della juventinità è invece racchiuso nella frase di Giampiero Boniperti: “Alla Juve vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Ed è esattamente quello che la Juve fa dal 1897 fino ai giorni nostri.

Zeman è il perfetto esempio della teoria darwiniana sull’evoluzione. “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti” diceva Charles Robert Darwin. Zeman è fermo (calcisticamente intendo) agli anni ’90. In quegli anni era indubbiamente un innovatore: zona pura, pressing a tutto campo, unico ad essere anche un –ottimo- preparatore atletico. Le sue squadre atleticamente erano avanti rispetto a molte altre, la sua “zona pura” era adottata da pochi, e in pochi riuscivano a trovare delle contromisure. Poi , il tempo ha “uniformato” gli altri al gioco a zona, al pressing, alla preparazione atletica sistematica. Ed è qui che è morto (sempre calcisticamente) Zeman. Nessun accorgimento, nessuna variante, niente di niente. 4-3-3 sempre, linea difensiva altissima (pensate, il “maestro” imponeva e impone spesso ai sui difensori di stare sulla linea del centrocampo sul rinvio del portiere avversario), pressing ultra offensivo indipendentemente dagli avversari, dalla condizione atletica, dalla fase della partita. Mi ricorda quel pazzo che pur conoscendo perfettamente la strada da percorrere, il manto stradale, i fossi, la segnaletica, le curve, le gomme delle sua auto, lo stato di manutenzione di motore, freni, ammortizzatori, decide di percorrere sempre a 300 km/h quella strada, pur nella consapevolezza che così facendo è molto probabile uscire fuori strada.

Da juventino “made in Foggia” (di quelli che tifano Juve –e basta- non prevedendo la doppia opzione: sono “monoteista” anche nel Calcio ) nel corso degli anni ho dovuto spesso “rispondere” all’accusa di “traditore dei valori della foggianità”. In particolare dai banchi delle “medie” (in piena Zemanlandia) mi piovevano addosso frasi del tipo “Ma come fai a tifare Juve e non la squadra della tua città: dovresti vergognarti”.

Ho sempre risposto che il Calcio è una passione. La passione è –per definizione - irrazionale. “Moglie e buoi dei paesi tuoi” è un motto che non mi appartiene. Ogni tanto, pensate un po’, preferisco il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano grattugiato sui maccheroni al Caciocavallo podolico. Ho addirittura mangiato anche gli “scagliozzi di polenta fritti” più volte nella mia vita. Trovo totalmente conciliabile l’amore per la mia terra con la “fede” bianconera. Amo la mia città, e la rispetto. Probabilmente più di quanto facciano “gli integralisti” del tifo a maglie rossonere di marca foggiana.

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iniziò un periodo positivo ma non facemmo filotti di vittorie significativi...qualche giornata dopo questa sconfitta perdemmo il derby e prima di natale ci fu appunto quell'episodio del goal fantasma di galante che ci costò il pari interno col genoa

il derby fu rinviato, e lo perdemmo intorno al 20 gennaio

 

Sono certo che facemmo 8 vittorie consecutive, 4 con e 4 senza Baggio.

Vado a verificare

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il derby fu rinviato, e lo perdemmo intorno al 20 gennaio

 

Sono certo che facemmo 8 vittorie consecutive, 4 con e 4 senza Baggio.

Vado a verificare

hai ragione sul derby...le vittorie però furono 6 in campionato...la serie si interruppe proprio per quel goal di galante all'ultima prima di natale...

forse contando le coppe

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iniziò un periodo positivo ma non facemmo filotti di vittorie significativi...qualche giornata dopo questa sconfitta perdemmo il derby e prima di natale ci fu appunto quell'episodio del goal fantasma di galante che ci costò il pari interno col genoa

 

non proprio. Il derby era in programma la prima domenica di novembre ma venne rinviato a gennaio perché il giorno prima ci fu la tremenda alluvione che devastò la mia provincia e mezzo Piemonte.

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non proprio. Il derby era in programma la prima domenica di novembre ma venne rinviato a gennaio perché il giorno prima ci fu la tremenda alluvione che devastò la mia provincia e mezzo Piemonte.

vero, come poi ho scritto su... si giocò poi il 25 gennaio

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Ero allo stadio (vivo a Foggia), in mezzo ovviamente ai tifosi bianconeri. Anni dopo ho fondato lo Juventus club Foggia Umberto Agnelli...Sto a tempo perso scrivendo un libro su Juve e club...Ecco uno stralcio......

Stralcio...

Ancora di più è difficile essere juventino a Foggia. La città di Zemanlandia. La città dove si crede che Bohemian Rhapsody (nota canzone dei Queen di Freddie Mercury) sia dedicata al boemo Zeman. Abbia inizio la “sinfonia”.

Zeman per gli anti-juventini è un “totem”. Tutti i luoghi comuni contro la Juve citati dal “maestro” (l’appellativo più in voga tra i suoi trasversali fans) sono una manna dal cielo per giornalisti e tifosi “diversamente juventini”. Un allenatore che riesce ad essere amato contemporaneamente dai tifosi della Lazio e della Roma, della Salernitana e del Napoli, del Pescara e del Foggia, del Palermo e del Messina (tutte squadre allenate dal boemo) deve indubbiamente avere una “marcia in più”. Quella “marcia in più” è il suo “astio” nei confronti della Vecchia Signora. Il “logico collante” tra tutte queste tifoserie altrimenti rivali (in alcuni casi, ferocemente rivali) è infatti il “disprezzo” per l’imprendibile Zebra dal 1897 (“since 1897” fa molto più figo).

Il livore zemaniano contro i colori bianconeri ad alcuni potrebbe sembrare non scaturente da motivi personali ma da “amore della verità” e da una “sincera passione per la giustizia”.

Bene: staccate la testa dal cuscino e svegliatevi. Lo dico anche ai foggiani-juventini (cosa diversa dagli juventini di Foggia, categoria nella quale mi fregio di appartenere con orgoglio), che combattono contro loro stessi per scacciare l’alter ego impostore: chi è Dr Jekyll e chi Mr Hyde?

Zeman è il nipote (da parte di mamma) di Čestmír Vycpálek, d’ora in avanti per la difficoltà di trascrivere il suo nome sarà per il lettore semplicemente “lo zio” o “Cesto” (suo diminutivo).

“Lo zio” era un grande giocatore (e poi grande allenatore) cecoslovacco. Una mezzala di gran classe, dotato di ottima leadership, grande tecnica, visione di gioco, e tiro potente e preciso . Nel 1944, lui giocatore dello Slavia Praga, fu deportato nel campo di concentramento nazista di Dachau trascorrendo 8 mesi molto difficili in condizioni precarie.

Nel 1946 la Juventus acquistò “lo zio” strappandolo alla Cecoslovacchia comunista e da una condizione di estrema difficoltà e disagio. Una sola stagione in bianconero da giocatore senza lasciare tracce significative, ben due scudetti da allenatore juventino nelle stagioni ‘71-‘72 e ‘72-’73.

Nel frattempo all’ombra del “Cesto” cresceva Zdenek Zeman, detto “il nipote”, “il boemo”, “il maestro”.

Il “maestro” impara “l’educazione dallo zio”. In effetti diventa subito un grandissimo tifoso juventino (non scherzo!). Lo dico sempre: l’educazione (anche e soprattutto calcistica) è importantissima. E “Cesto” riesce ad allevare la sua “lumachina” con i sani principi e valori dello sport (dunque nel segno della Juve).

Infatti, a seguito della repressione sovietica e dei moti del 1968 nella Cecoslovacchia che cercava di “liberarsi” dall’allora regime comunista dell’Unione Sovietica (moti sfociati poi nella c.d. “Primavera di Praga”) “il nipote” chiese “asilo” (“il maestro” che chiede “asilo”: questa mi piace!) “allo zio” ,stabilendosi di fatti a casa del “Cesto”. In Italia il signor Zeman, dopo aver ottenuto la cittadinanza, si laurea a pieni voti all’ISEF di Palermo. E in seguito divenne anche “professore” di educazione fisica al liceo scientifico “Gonzaga” del capoluogo sicliano. Dunque prima di diventare “maestro”, diventò “professore”, a seguito dell’ “asilo” dal “Cesto” (di merende?). Vi sto confondendo con questi sciocchi giochi di parole? Probabilmente. Come probabilmente era (ed è) confuso il “boemo” .

“il nipote” è ragazzo ambizioso e cerca di sfruttare “lo zio” (stimatissimo dalla proprietà bianconera) per proporre la sua candidatura come preparatore atletico, e in seguito, come allenatore -niente poco di meno che- della Juventus FC.

A più riprese la Juventus fece notare al “nipote” che per il ruolo di preparatore atletico e/o allenatore si era già coperti (con allenatori con un discreto palmares di vittorie) . Il “maestro”, come il peggiore dei rinnegati ,si fa un bel nodo stretto al dito e ci scrive su “Juventus”. Pronto a mandare (da buon “maestro”) l’alunno insolente dietro la lavagna alla prima pseudo marachella commessa, confondendo e mischiando a suo piacimento il “bene” e “male” .

Di quanto siano agli antipoti Juventus e Zeman lo dicono anche le contrapposte filosofie di vita. Per il “boemo” il “calcio deve far divertire la gente”: ben vengano i 4-4 subendo tre gol in rimonta, ben vengano i 3-3, ben venga anche “perdere giocando bene”. Gli 8-2, i 7-1, i 4-3. Per Zeman lo spettatore pagante si diverte a vedere i gol. Il calcio è spettacolo. Come dimenticare, ad esempio, Atalanta-Foggia del 12 aprile 1992. Per non portarla troppo per le lunghe, il Foggia a Bergamo al 71° conduce per 4 reti a 1. Ad un certo un tale Cornacchia realizza in rapida successione 3 gol. “Grande fiuto del gol”, direte voi, per “l’uccello del malaugurio” Cornacchia. Beh, nelle restanti partite da professionista (ma è un difensore) realizzerà ben 2 reti complessive. Allo stadio, i tifosi del Foggia, contentissimi per aver visto in un solo colpo 8 gol. Aver assistito all’eccezionalità di una tripletta di tal Cornacchia. Tanti kilometri fatti, ma ne è valsa la pena!

Zeman è così. “Undici siamo noi, undici sono loro”. “Il derby è una partita come le altre: in palio ci sono sempre i 3 punti”. Quando vince “la squadra ha giocato secondo il mio credo calcistico”, quando perde “Questi non è il mio calcio”.

“Manifesto” forse assoluto della juventinità è invece racchiuso nella frase di Giampiero Boniperti: “Alla Juve vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Ed è esattamente quello che la Juve fa dal 1897 fino ai giorni nostri.

Zeman è il perfetto esempio della teoria darwiniana sull’evoluzione. “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti” diceva Charles Robert Darwin. Zeman è fermo (calcisticamente intendo) agli anni ’90. In quegli anni era indubbiamente un innovatore: zona pura, pressing a tutto campo, unico ad essere anche un –ottimo- preparatore atletico. Le sue squadre atleticamente erano avanti rispetto a molte altre, la sua “zona pura” era adottata da pochi, e in pochi riuscivano a trovare delle contromisure. Poi , il tempo ha “uniformato” gli altri al gioco a zona, al pressing, alla preparazione atletica sistematica. Ed è qui che è morto (sempre calcisticamente) Zeman. Nessun accorgimento, nessuna variante, niente di niente. 4-3-3 sempre, linea difensiva altissima (pensate, il “maestro” imponeva e impone spesso ai sui difensori di stare sulla linea del centrocampo sul rinvio del portiere avversario), pressing ultra offensivo indipendentemente dagli avversari, dalla condizione atletica, dalla fase della partita. Mi ricorda quel pazzo che pur conoscendo perfettamente la strada da percorrere, il manto stradale, i fossi, la segnaletica, le curve, le gomme delle sua auto, lo stato di manutenzione di motore, freni, ammortizzatori, decide di percorrere sempre a 300 km/h quella strada, pur nella consapevolezza che così facendo è molto probabile uscire fuori strada.

Da juventino “made in Foggia” (di quelli che tifano Juve –e basta- non prevedendo la doppia opzione: sono “monoteista” anche nel Calcio ) nel corso degli anni ho dovuto spesso “rispondere” all’accusa di “traditore dei valori della foggianità”. In particolare dai banchi delle “medie” (in piena Zemanlandia) mi piovevano addosso frasi del tipo “Ma come fai a tifare Juve e non la squadra della tua città: dovresti vergognarti”.

Ho sempre risposto che il Calcio è una passione. La passione è –per definizione - irrazionale. “Moglie e buoi dei paesi tuoi” è un motto che non mi appartiene. Ogni tanto, pensate un po’, preferisco il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano grattugiato sui maccheroni al Caciocavallo podolico. Ho addirittura mangiato anche gli “scagliozzi di polenta fritti” più volte nella mia vita. Trovo totalmente conciliabile l’amore per la mia terra con la “fede” bianconera. Amo la mia città, e la rispetto. Probabilmente più di quanto facciano “gli integralisti” del tifo a maglie rossonere di marca foggiana.

.allah .allah .allah

Io sono di Andria

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