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Ultimo Uomo: "Le 7 partite più importanti dello Scudetto della Juventus"

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da http://www.ultimouomo.com/le-7-partite-piu-importanti-dello-scudetto-della-juventus/

 

 

Le 7 partite più importanti dello Scudetto della Juventus

La stagione dei bianconeri è costellata di piccoli punti di svolta, tutti fondamentali per arrivare alla vittoria in campionato.

 

 

 

Genoa-Juventus 2-4

di Emanuele Atturo

 

Ecco un fatto: la Juventus vince lo Scudetto da sette anni consecutivi. Un lasso di tempo incredibilmente grande, che nessun’altra squadra in Europa è riuscita ad eguagliare. Per dire che significato può avere un dominio così lungo, basti pensare che chi oggi ha 20 anni probabilmente non ha una memoria troppo consapevole di un momento in cui la Juventus non ha vinto il campionato italiano. O anche: l’ultima volta che la Juve non ha vinto la Serie A Silvio Berlusconi era presidente del consiglio, Benedetto XVI era il Papa in carica, Lou Reed, Liz Taylor e David Bowie erano ancora vivi. 

 

La Juventus è riuscita in un’impresa che ha del magico: far apparire la vittoria di un campionato da 20 squadre e 38 partite una condizione normale e immutabile. Per questo alla fine di ogni stagione ci si chiede se lo Scudetto appena vinto dalla Juventus possa essere l’ultimo. È forse questo tipo di pensiero alla base della domanda di Mario Sconcerti che ha fatto impazzire Allegri, quella se il tecnico cominciasse ad avvertire “qualche scricchiolio” nel monolite bianconero. Una domanda che suona quasi come un augurio.

 

Le prime partite di un campionato della Juventus vengono guardate dall’esterno come i romani guardavano gli uccelli, cercando di individuare nelle piccole pieghe delle partite i segnali di un possibile grande crollo. Quest’anno c’erano alcuni elementi che potevano lasciar immaginare che la Juventus sarebbe stata meno spietata del solito. Il trasferimento di Bonucci al Milan, innanzitutto, che sembrava poter aprire un ciclo di instabilità; ma anche una campagna acquisti che sembrava voler costruire un atteggiamento tattico più spregiudicato, meno attento del solito a non voler concedere rischi.

 

Alla sua prima partita ufficiale la Juventus aveva perso: 3 a 2 contro la Lazio a Doha nella Supercoppa italiana, confermando alcune leggerezze che la facevano sembrare una squadra diversa dal solito, forse più interessata alla Champions League che alla Serie A. Un’impressione di certo non fugata dalla facile vittoria contro il Cagliari alla prima giornata di campionato. La trasferta a Genova, contro il Genoa, era forse il primo momento in cui la squadra di Allegri doveva dimostrare di voler vincere il campionato almeno quanto gli anni scorsi. 

 

La trasferta contro i rossoblù è una partita storicamente difficile per la Juve. Nelle ultime tre stagioni aveva vinto una volta sola: una miseria per una squadra che sfiora abitualmente i 100 punti in campionato. Prima Gasperini e poi Juric sembravano avere l’unica ricetta possibile per mettere in discussione il dominio della squadra di Allegri: ritmi alti, pressing alto, marcature a uomo a tutto campo. Una ricetta che l’anno prima aveva portato a una vittoria per 3 a 1 a metà campionato, con un parziale di 3 gol di distacco alla fine del primo tempo. Una sconfitta che avevamo definito “storica” nella nostra analisi: «La Juventus non aveva mai subito tre gol in Serie A da quando Allegri si è seduto sulla panchina bianconera e non subiva tre gol nel primo tempo da addirittura undici anni. Quella di ieri è quindi una sconfitta storica, e questo ci porta a considerarla come un evento isolato, eccezionale, una specie di bandierina sulla linea del tempo con un prima e un dopo».

 

Era la terza sconfitta in campionato, dopo le 2 con le milanesi, e ogni sconfitta della Juventus nella Serie A recente è un evento che tutti si sforzano di capire quanto significativo. (Dopo quella vittoria la Juventus vincerà 5 partite consecutive, tra cui lo scontro diretto contro la Roma).

 

Quest’anno, a fine agosto, la partita era ricominciata allo stesso modo. Dopo 19 secondi Pandev salta Alex Sandro con una facilità ridicola, poi mette in mezzo una palla che Chiellini gira nella propria porta. Dopo pochi minuti la Juventus ha la possibilità di pareggiare subito, con Gentiletti che rischia di restituire il favore girando di testa verso la propria porta un cross di Pjanic. La parata di Perin, in iper-estensione, sembra il presagio di una giornata nera. Poco dopo un fallo di Rugani su Galabinov viene sanzionato con il calcio di rigore, dopo il controllo col VAR. Il nuovo strumento nell’immaginario sembra un nuovo nemico dell’invincibilità della Juventus, che già si era vista fischiare un rigore contro alla prima giornata dopo un controllo al video. Per quanto suoni assurdo in quei giorni in Italia c’era ci pensava che il VAR avrebbe impedito alla Juventus di vincere il campionato. Una situazione così paradossale che un mio amico juventino mi aveva confidato che vincere nell’anno del VAR era la singola motivazione più importante.

 

Col risultato sul 2 a 0 la Juventus aveva confermato di non avere più la tenuta difensiva e la solidità mentale degli anni passati. Alla fine del primo tempo la Juventus riesce a pareggiare con due gol di Dybala, di cui uno su rigore assegnato col VAR. Nel secondo tempo Cuadrado – uno dei giocatori più sottovalutati di questi anni – segna un grande gol, con uno stop e un dribbling in area, e un tiro di sinistro sotto la traversa. Poi Dybala, da destra, appena entrato in area, ha segnato con un rasoterra sul primo palo il gol del 4 a 2, il suo quarto in 2 partite.

 

 

Quella Juventus corrispondeva ancora all’idea che ci si era fatti d’estate, di una squadra che accettava di concedere agli avversari (in quella partita la Juventus ha subito più gol che nei primi 4 mesi del 2018). Allegri giocava col 4-2-3-1, in difesa c’erano Rugani e Alex Sandro, che hanno via via perso il posto; a centrocampo Matuidi non aveva ancora preso il proprio posto fra i titolari e Douglas Costa veniva centellinato al minimo indispensabile. Quella vittoria è significativa quindi di una Juventus ancora lontana dalla sua forma definitiva, ma che nonostante le difficoltà è riuscita a non perdere troppi punti in classifica. Ci è riuscita grazie alle armi meno convenzionali del proprio gioco, cioè la forza offensiva, la capacità di segnare un gol più degli avversari.

 

Napoli-Juventus 0-1

di Marco D’Ottavi

Se la Juventus vince lo scudetto da sette anni di fila è perché vince partite come Napoli – Juventus quando è appena dicembre. Non sto dicendo che i bianconeri hanno l’abitudine di conquistare gli scudetti vincendo gli scontri diretti, anzi probabilmente è più vero il contrario: per Allegri conta più fare punti altrove e arrivare in posizione di forza nelle partite contro i rivali, che non vincere proprio quelle partite. Sto dicendo che quando – classifica alla mano – la Juventus deve vincere una partita per forza, poi la vince.

 

E contro la squadra di Sarri la Juventus doveva necessariamente vincere, per non scivolare a 7 punti di distanza dalla vetta, un numero  che avrebbe avuto il sapore di resa al Napoli folgorante di inizio stagione, che arrivava alla sfida imbattuta in campionato e con la miglior difesa (solo 9 gol subiti in 14 partite). Lo spettro di finire così distanti da Napoli (ed Inter) si aggirava tra i tifosi, uno spettro nuovo ed inaspettato per una squadra che – tolto il momento buio della stagione 2015/16 – non aveva mai avuto un distacco tanto ampio dalla vetta. Uno spettro che si aggirava ovunque, ma non nella mente di Allegri e dei giocatori, che avevano bene in mente come vincere la partita.

 

La Juventus non ha surclassato il Napoli, dopotutto il punteggio di 0 a 1 è un punteggio a malapena sufficiente per vincere una partita, però – guardando la sfida del San Paolo – si poteva cogliere tra le righe tracciate dai giocatori in campo un messaggio molto chiaro, se volevate cogliere quel messaggio. Un messaggio a cui i tifosi della Juventus sono abituati, un messaggio che recita più o meno così: non esiste che questa partita noi non la vinciamo.

 

Lo si legge nelle mosse di Allegri, che ha schierato la Juventus con un 4-4-1-1 molto scolastico, ma scegliendo anche di attirare la pressione del Napoli costruendo ostinatamente dal basso, prendendosi molti rischi, per sfilacciare la loro fase difensiva; nell’applicazione di Douglas Costa, che fino a quel momento aveva giocato poco e mai come esterno puro di centrocampo. Nei 10 minuti iniziali in cui la Juventus ha avuto il 63% di possesso palla e creato i presupposti per passare in vantaggio, ma lo si legge anche nei restanti 80 in cui ha controllato la partita senza mai concedere al Napoli il minimo spazio per rientrare. Lo si legge negli sguardi di intesa tra Chiellini e Buffon, ma anche e soprattutto nell’azione del gol, nella precisione chirurgica dei movimenti e dei gesti tecnici di Douglas Costa, Dybala ed Higuain. Prima la conduzione del brasiliano, che risale il campo in diagonale con la velocità e la forza di una katana di Hattori Hanzo; poi il tempo e il giro perfetto dell’assist di Dybala, per finire con il controllo orientato e il gol di Higuain, che lì in quello stadio è sempre una garanzia.

 

Insomma la partita con il Napoli, che sembra essere stata giocata secoli fa, sta lì a ricordarci non tanto che la Juventus è una squadra imbattibile, nessuna squadra è imbattibile, quanto che anche quando non sembra la versione migliore di sé stessa rimane comunque una squadra in grado di alzare il proprio livello di attenzione ed intensità così in alto da risultare indigesta anche per un avversario che sta vivendo un ottimo momento di forma e gli sembra superiore. 

 

Foto di Francesco Pecoraro / Getty Images.

 

Juventus e Napoli hanno nobilitato questo campionato e se la dicotomia tra bel gioco ed efficienza è stato il tema principale di questa sfida, la partita di andata ha dimostrato come questi concetti siano molto più sfumati di quello che vogliamo credere. La Juventus non ha vinto a Napoli grazie al bel gioco, ma ha vinto giocando bene come squadra (allo stesso modo il Napoli farà più o meno la stessa cosa al ritorno). Dimostrando una volta di più che le qualità dei suoi singoli si esaltano in un contesto preciso ed organizzato, che Allegri sa creare come pochi altri allenatori. La vittoria di uno Scudetto passa da tante cose, alcune piccole, altre grandi, ma quel giorno a Napoli si è creato un presupposto che poi ha guidato la Juventus in tante altre vittorie: non esiste una Juventus migliore o peggiore, esiste solo una Juventus che può solo vincere quando conta.

 

Juventus – Roma 1-0

di Federico Aquè

 

Alla diciassettesima giornata la lotta per lo Scudetto non era ancora diventata un duello tra Juventus e Napoli. Tra il primo posto degli azzurri e il quarto della Roma c’erano soltanto 4 punti, mentre la Juve occupava il secondo posto a un punto dal Napoli e con tre punti di vantaggio sui giallorossi, che dovevano ancora recuperare la partita contro la Sampdoria rinviata per maltempo. Con una vittoria contro la Juve, quindi, la Roma avrebbe agganciato i bianconeri e mantenuto ancora aperta la lotta per lo Scudetto.

 

Dicembre è stato un mese fondamentale per la squadra di Allegri, che prima di battere la Roma aveva affrontato altri due scontri diretti, vincendo a Napoli e pareggiando contro l’Inter. La sfida contro i giallorossi ha quindi chiuso un piccolo ciclo di partite decisive per stabilire che piega avrebbe preso la lotta per lo Scudetto e ha racchiuso diversi temi cruciali della stagione bianconera: i necessari aggiustamenti in fase di impostazione per rimediare alla cessione di Bonucci, e tra questi in particolare il nuovo ruolo dato a Pjanic, decisivo contro il pressing offensivo della Roma nel proporsi come uomo libero o creando le condizioni per la superiorità numerica e posizionale necessaria a manovrare all’interno delle linee di pressione giallorosse; l’atteggiamento conservativo e prudente con cui la Juve ha gestito la partita, rifugiandosi nelle sicurezze date dalla sua difesa posizionale, che durante l’anno ha alimentato il dibattito sulla bellezza del suo gioco; l’illusione di poter piegare alla propria volontà i diversi momenti di una partita.

 

Contro la Roma uno dei possibili momenti di svolta, non solo della partita ma forse anche della stagione, è arrivato proprio nei secondi finali. La Juve batte un calcio di punizione vicino al centrocampo: Barzagli alza la palla senza pretese, Fazio respinge di testa e poi la traiettoria viene allungata da Perotti. La palla rimbalza tra Chiellini e Benatia, che aveva segnato nel primo tempo il gol decisivo sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con il contributo proprio di Chiellini. Il rimbalzo crea un’incomprensione tra i due difensori, Benatia anticipa il tentativo di rinvio di Chiellini con un passaggio all’indietro che regala la palla a Schick, senza più avversari tra lui e la porta. L’attaccante ceco si porta avanti la palla e, una volta entrato in area, sceglie un tiro a incrociare sul secondo palo con l’interno del piede sinistro, senza alzare il pallone. Szczesny si allunga per coprire il più possibile lo specchio della porta e riesce a respingere la conclusione con la gamba sinistra.

 

 

L’errore di Schick ha permesso alla Juve di vincere la partita e di non interrompere la striscia di vittorie iniziata la giornata precedente contro il Bologna, che proseguirà per 12 partite e permetterà alla squadra di Allegri di porre le basi per il settimo scudetto consecutivo. Dopo la sconfitta contro i bianconeri, invece, la Roma ha messo in fila altre cinque partite senza riuscire a vincere, che l’hanno definitivamente estromessa dalla lotta per il titolo. Non possiamo sapere come sarebbero cambiate le cose se Schick non avesse sbagliato quell’occasione, ma in quel momento della partita e della stagione il suo errore ha contribuito a indirizzare ancora una volta il campionato dalla parte della Juve.

 

Lazio – Juventus 0-1

di Flavio Fusi

 

Dopo dodici logoranti giornate in cui la Juventus si era mantenuta ad un solo punto di distanza dal Napoli, alla 27.esima giornata è definitivamente riuscita ad assestare il colpo di mano decisivo per la conquista del primato. A undici partite dalla fine del campionato, gli azzurri sentivano il fiato sul collo della Vecchia Signora, ma la Juventus stava probabilmente attraversando il momento peggiore del 2018.

 

Due settimane prima, pur riuscendo a strappare un pareggio per 2-2, i bianconeri erano stati pesantemente messi sotto dal Tottenham sul proprio terreno di gioco, moltiplicando i punti interrogativi sul proseguo del cammino in Champions League e su tutta la stagione. Nella precedente gara di campionato, erano sì riusciti a superare il Torino nel Derby, ma in una partita tesa e tutt’altro che spettacolare in cui Allegri aveva perso prima Higuaín e poi Bernardeschi, che era entrato in campo proprio per sostituire il centravanti argentino. A due giorni dalla gara dell’Olimpico, nonostante un’altra prestazione poco brillante si era invece assicurata la quarta finale di Coppa Italia consecutiva, riuscendo a segnare solo con un rigore di Pjanic a 15 minuti dalla fine.

 

Costretta a inseguire e a rispondere colpo su colpo al Napoli, per la squadra di Allegri ogni partita era un vero e proprio crocevia, ma Lazio – Juventus era segnata nel calendario con il pallino rosso, perché il fischio d’inizio di Napoli – Roma sarebbe arrivato a meno di un’ora di distanza dalla conclusione della partita. Seppur in un ruolo non da protagoniste, le due squadre romane sono diventate per una giornata attrici di primo piano nella corsa Scudetto. Vincendo, infatti, la Juventus avrebbe posto sulle spalle di Sarri e dei suoi uomini un fardello degno di Atlante, ma era uscita con le ossa rotta in entrambe le precedenti uscite stagionali contro la Lazio: prima in Supercoppa italiana e poi anche nella gara d’andata, in cui, in sette minuti, Immobile aveva rifilato due gol a Buffon, facendo registrare la prima sconfitta casalinga dei bianconeri in 41 partite, con tanto di rigore del possibile pareggio fallito da Dybala al 96.esimo.

 

La formazione scelta da Allegri, sembrava però poco coerente con la missione da compiere: 3-5-1-1 a specchio, con Douglas Costa ed Alex Sandro, tra le poche note positive a livello offensivo nelle uscite precedenti, lasciati in panchina. Ed effettivamente, nel primo tempo la Juventus si è concentrata su quello che gli riusciva meglio in quel periodo, cioè difendersi per non subire gol, puntando tutto sulla stabilità e la compattezza. D’altronde l’allenatore bianconero aveva dichiarato di voler congestionare gli spazi per non consentire ai biancocelesti di trovare spazio e scatenare così le proprie devastanti transizioni offensive. Compito riuscito alla perfezione, visto che in tutta la partita, Immobile ha trovato spazio per un solo misero contropiede e che anche quando la Lazio aveva attaccato affidandosi ad azioni manovrate, non era praticamente mai riuscita a mettere in difficoltà la difesa avversaria.

 

Nonostante l’efficienza del reparto arretrato, la Juventus non riusciva a rendersi pericolosa come avrebbe voluto, tanto che Allegri aveva cambiato sistema di gioco già nella prima frazione, passando ad un 4-3-3 che non aveva portato però i frutti sperati. Se il possesso palla abbondava, le occasioni latitavano, anche dopo l’ingresso di Douglas Costa ed Alex Sandro che avevano reso più pura l’interpretazione del 4-3-3. L’unica opportunità era stata un colpo di testa di Mandzukic, ma allo scocco del 90.esimo, i bianconeri avevano tirato appena una volta su azione.

 

Quando la prudenza delle due squadre sembrava aver prevalso e il pareggio era praticamente cosa fatta, è stato Dybala, che aveva sulla coscienza il tiro dagli undici metri dell’andata, a risolvere la gara e a porre la prima pietra angolare del settimo Scudetto consecutivo, concludendo un’azione insistita che proprio lui aveva cominciato recuperando palla a centrocampo e dribblando Lucas Leiva. 

 

Dopo aver ricevuto palla al limite dell’area e aver saltato Luiz Felipe in un fazzoletto, il numero 10 bianconero è stato stato contrastato da Parolo che sembrava essere in condizione di contenerlo, o perlomeno di impedirgli la conclusione. Ma con una forza che sembrava non appartenergli, Dybla è riuscito a resistere all’opposizione del centrocampista biancoceleste e a calciare il pallone all’incrocio dei pali. Un’azione da campione assoluto, paradigma delle convinzioni di Allegri sulla superiorità della tecnica sulla tattica, che, sommata alla sconfitta del Napoli con la Roma, ha posto la Juventus sul gradino più alto del podio, mai più lasciato fino alla fine del campionato.

 

 

Inter – Juventus 2-3

di Alfredo Giacobbe

 

Inter-Juventus è stata senza dubbio la partita che ha deciso il campionato. Ancora domenica, dopo lo 0-0 di Roma-Juventus che ha dato ai bianconeri l’ufficialità del titolo, Sarri ha ribadito quanto il risultato favorevole alla Juventus in quella partita avesse colpito i suoi intimamente. Però probabilmente l’ultimo Derby d’Italia sarebbe stato decisivo per i destini del campionato con ogni risultato. La tensione emotiva che si è sviluppata lungo i 102 minuti della sfida di San Siro ha raggiunto picchi enormi, i cui effetti si sarebbero sicuramente ripercossi sui bianconeri per le tre giornate conclusive del campionato.

 

È stata la partita nella quale, forse per la prima volta da quando siede sulla panchina della Juventus, Allegri è sembrato incapace di modificare il corso di un match a proprio favore. Incapace di mettere in atto quanto necessario per arrivare dall’altra parte del fiume, tanto per citare la stessa metafora che l’allenatore ha usato ai microfoni di Sky.

 

Eppure la partita aveva preso una piega subito favorevole ai bianconeri: presto in vantaggio nel primo tempo, nel risultato e nel numero di uomini, grazie al gol di Douglas Costa e all’espulsione di Matias Vecino. Il gioco dei bianconeri è diventato però all’improvviso sterile e gli uomini di Allegri hanno finito per incartarsi, tramortiti dal loro stesso palleggio soporifero, a causa della mancanza di soluzioni nella trequarti offensiva. 

 

L’Inter ha tratto forza dalle indecisioni della Juventus, comunque sostenuta dalle scelte di Spalletti. Il tecnico dei nerazzurri ha cambiato due volte la sua squadra tra l’espulsione di Vecino e l’intervallo tra i due tempi, fino a trovare la chiave giusta. Prima ha avvicinato Perisic a Icardi, e chiesto ai terzini di spingersi in avanti, lasciando Skriniar e Miranda a guardia del solo Higuain. Poi l’Inter è passata da un centrocampo in linea ad uno col rombo, che ha fatto perdere ogni riferimento spazio-temporale ai giocatori avversari. Storditi da una lunghissima fase di possesso palla degli avversari, i giocatori della Juventus si sono ritrovati sotto di un gol.

 

Qualsiasi altra squadra avrebbe ceduto di schianto. Anche se la Juventus fosse arrivata al pareggio, il risultato avrebbe comunque dato al Napoli, stanco quanto la Juve per una stagione sfibrante sotto ogni punto di vista, nuova linfa per tentare di mettere a segno il sorpasso decisivo. Non si sa come, la Juventus ha reagito. Non si sa da quale pozzo, ha estratto le energie nervose per ribaltare il piano di una partita complicata e di un’intera stagione.

 

 

L’inserimento di Dybala, una mossa che da parte di Allegri è sembrata dovuta più che ragionata, come fosse un disperato surplus di talento riversato in campo dalla panchina, ha prodotto i suoi frutti. Una sua ricezione tra le linee, come spesso accade quando è schierato sotto-punta nel 4-2-3-1, ha dato il via all’azione pericolosa che ha portato Cuadrado a provocare l’autorete di Skriniar. A quel punto la partita è sembrata entrare in una dimensione diversa, gli ultimi minuti di Inter-Juventus si sono giocati su un piano che non è stato né tecnico, né tattico, né atletico, e neanche mentale. Forse esiste davvero, nel calcio dei top-club, dove il livello delle abilità e della competizione è altissimo tra le contendenti quasi in egual modo, una dimensione inafferrabile. Lo ha detto anche Allegri, nel post-partita di Roma-Juventus: «Ci sono componenti [in una partita] anche inspiegabili, imponderabili. Ci sono talmente tante sfumature che ridurre il tutto al giocar bene e al giocar male ha poco senso».

 

Solo accettando l’esistenza di un livello intangibile possono essere spiegabili, ad esempio, i successi in Champions League del Real Madrid di Zidane. Allo stesso modo, solo così sembra spiegabile come la Juventus sia riuscita a piegare l’Inter più bella della stagione, in una partita confusa, persino burrascosa. Il gol di Higuain nel finale di partita, negli stessi minuti che avevano tradito la Juventus nei due match più importanti della stagione, contro Real e Napoli, hanno permesso ai bianconeri di rimettere le mani sul settimo titolo che ormai sembrava irrimediabilmente perduto. 

 

Juventus-Napoli 0-1

di Dario Saltari

 

Juventus-Napoli era la tipica partita che le squadre che ambiscono allo Scudetto sono abituate a veder scivolare dalla parte del club bianconero. Era l’ultima possibilità del Napoli per riaprire la lotta scudetto, si giocava allo Juventus Stadium e la squadra di Allegri veniva da un periodo difficile, con l’eliminazione dalla Champions League e i veleni di Madrid: se esiste una mistica della Juventus, queste erano le premesse perfette perché emergesse.

 

Allegri deve aver pensato lo stesso, facendo leva quasi unicamente sul potere invisibile di far girare gli episodi a proprio favore, impostando una partita conservativa, come spesso fa nei momenti decisivi della stagione. D’altra parte, alla Juventus bastava un pareggio e Allegri ha abbassato il baricentro della propria squadra sulla propria mediana ostruendo il centro e cercando di approfittare delle difficoltà del Napoli, emerse dopo l’infortunio di Ghoulam, nell’attaccare l’ampiezza e allargare le maglie delle difese avversarie. 

 

La logica distruttiva della Juventus ha prodotto una partita sostanzialmente noiosa, in cui d’altra parte nemmeno il Napoli sembrava troppo convinto di volersi giocare tutte le sue fiches per provare a riaprire il campionato. Sarri non ha mai provato a cambiare modulo, a mettere in difficoltà Allegri tatticamente, chiamando sostituzioni ruolo su ruolo (Milik per Mertens, Zielinski per Hamsik, Rog per Allan), nonostante la partita stesse lentamente scivolando verso uno 0-0 che a Vinovo sarebbe stato celebrato come una vittoria (almeno privatamente, vista l’immagine di inscalfibile concentrazione che la Juve dà verso l’esterno).

 

Se è vero che la Juventus nei 90 minuti aveva effettuato un solo passaggio nell’area avversaria (sbagliato per di più) e che per la prima volta nella storia non aveva mai tirato nello specchio della porta avversaria allo Juventus Stadium, è anche vero che il Napoli non era stato poi molto più pericoloso. Le occasioni della squadra di Sarri erano state sporadiche – un cross di Mario Rui da sinistra che stava per sorprendere Buffon finendo sotto la traversa, un paio di inserimenti di Hamsik in area conclusi da tiri radenti al lato, un tiro di Zielinski dalla grandissima distanza – e la Juventus non aveva mai dato l’impressione di essere davvero in difficoltà.

 

In questo senso, il gol nei minuti finali di Koulibaly, che ha trasformato di testa il corner di Callejon con una schiacciata quasi pallavolistica, è stato il più grande plot twist di questa stagione, almeno in quel momento. Perché la Juventus aveva subito un gol che siamo abituati vedergli segnare, per via di una disattenzione ingenua nel momento in cui di solito decide le partite con freddezza, gettando una luce del tutto negativa sulla strategia tenuta in campo e complicando terribilmente il suo cammino finale in campionato, viste le trasferte a Milano e a Roma nelle giornate successive.

 

 

Guardando oggi il gol di Koulibaly possiamo dire a posteriori che corrisponde al momento di massimo sforzo del Napoli e che tra le due squadre, nella corsa per consunzione che è stata la lotta Scudetto quest’anno, quella di Sarri avesse ormai esaurito le energie fisiche e mentali per alzare ulteriormente l’asticella. Ma se la Juventus, al contrario, è riuscita a raschiare ulteriormente il barile nelle ultime tre giornate (a cominciare dalla rimonta complicata con l’Inter), non è solo per la diversa profondità di rosa tra le due squadre, ma anche perché Allegri ha dimostrato ancora una volta di essere un maestro nell’utilizzare a proprio favore il tempo. 

 

Non solo il tempo all’interno di una singola partita, ma anche quello di un’intera stagione. Non bisogna dimenticare, in questo senso, che la Juventus è salita in cima alla classifica solo ad inizio marzo, a poco più di due mesi dalla fine del campionato. E fa paura rileggere oggi le dichiarazioni dello stesso Allegri ad inizio stagione, quando prediceva con precisione atomica che «il campionato si deciderà da marzo in poi». 

 

La cura maniacale del tempo si può notare in tutte le pieghe del lavoro del tecnico livornese: dal sapiente utilizzo dei cambi per cambiare gli equilibri, alla sperimentazione tattica nella prima parte della stagione, dalla variazione dei registri tattici all’interno di una stessa partita fino ad arrivare al graduale e lento inserimento dei nuovi acquisti. Tutto il lavoro di Allegri sembra avere l’unico scopo di portare la sua squadra al massimo del rendimento nel momento giusto.

 

Allegri parlò della gestione del tempo anche dopo quella sconfitta del Napoli, con una freddezza scientifica per certi versi inquietante: «Ho già detto ai ragazzi che la delusione e l’amarezza vanno smaltite in un giorno e mezzo, visto che avremo una settimana per preparare la partita di sabato (contro l’Inter, nda)». Com’è andata a finire lo sappiamo tutti.

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Per me le gare chiavi dello scudetto sono :

-Lazio-Juve 0-1 il sorpasso dopo 5 mesi di inseguimento e il gol che ha distrutto il Napoli.

-Inter-Juve 2-3 La rimonta decisiva .

-Napoli-Juve 0-1 -1 invece di -7.

-Sampdoria-Juve 3-2 la gara che ha cambiato il volto alla stagione.

-Juve-Sampdoria vittoria nella prima gara dopo Madrid , una sconfitta avrebbe significato una crisi profonda.

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Sarebbe scontato e banale dire Inter Juve 2-3 e Lazio - Juve 0-1

 

Secondo me abbiamo vinto lo scudetto quando a gennaio facevamo fatica a giocare e abbiamo vinto molte partite sporche tipo, Cagliari Juve 0-1, Juve - Genoa 1-0, Fiorentina Juve 0-2 e Torino - Juve 0-1

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Per me le cinque partite chiavi sono state:

 

Sampdoria-Juve 3-2. É stata un pó come Sassuolo-Juve 1-0 di due anni fa. La partita che ha fatto capire che qualcosa andava cambiato. Dopo la sconfitta di Genova, Allegri ha capito che ci voleva un centrocampo piú solido, per garantire piú filtro. E da lí in poi abbiamo macinato punti su punti. La sconfitta contro la Samp é stata la classica sconfitta che alla fine ha fatto piú bene che male.....perché a volte serve una brutta partita per svegliare l´ambiente! Come Sassuolo-Juve del 2014-2016 o come Milan-Juve di Supercoppa la stagione dopo. O come Foggia-Juve 2-0 al primo anno di Lippi.....

 

Juve-Roma 1-0. É stata la prima partita dove siamo sembrati davvero solidi dietro, anche se nel finale ci ha salvati un miracolo di Szczesny. Peró credo che quella vittoria, sofferta, abbia dato piú fiducia e convinzione all´ambiente.

 

Napoli-Juve 0-1. Ovvio che é stato fondamentale andare a -1 piuttosto che a -7. Avessimo perso lí, dubito che ci saremmo ripresi....

 

Lazio-Juve 0-1. Quella vittoria in extremis ha demoralizzato il Napoli. Sul piano psicologico é stata importantissima, anche se abbiamo fatto comunque schifo in quella partita.

 

Inter-Juve 2-3. Avessimo perso 2-1, per me avremmo perso lo Scudetto. Ma quella incredibile rimonta ha scoraggiato il Napoli che il giorno dopo poi ha perso a Firenze.

 

Péró un pó anche Juve-Bologna 3-1. É stata una partita tecnicamente non bella, ma una sliding door importante é stato quando sull´1-1 il Bologna ha colpito un palo clamoroso. Avessimo pareggiato quella partita, credo che poi il Napoli avrebbe vinto anche col Toro ed allora lo Scudetto sarebbe stato ancora in bilico...

 

 

 

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Leggendo l’articolo di UU mi e’ riaffiorata l’impressione che ho avuto piu’ volte quest’anno, ovvero che questa Juve abbia giocato molto col fuoco, che la differenza fra il vincere e il perdere quest’anno sia stata molto piu’ labile degli anni scorsi, persino del 2015/2016 dove ad un certo punto avevamo oltre 10 punti di distacco, ma quando abbiamo iniziato a giocare piallavamo chiunque con facilita’.

Ecco io questa sensazione quest’anno non l’ho avuta. Ho sempre visto partite sofferte ed incerte, anche con due gol di scarto non avevo mai la sicurezza di portarla a casa.

 

Credo che questo sia stato lo scudetto dell’esperienza e della tenuta mentale, che hanno sopperito ad altre qualita’ venute meno.

 

Ne devono tenere conto in societa’, perche’ l’anno prossimo servono forze fresche e nuovi stimoli (oltre che ovviamente gente buona).

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25 minuti fa, Zotoss ha scritto:

Leggendo l’articolo di UU mi e’ riaffiorata l’impressione che ho avuto piu’ volte quest’anno, ovvero che questa Juve abbia giocato molto col fuoco, che la differenza fra il vincere e il perdere quest’anno sia stata molto piu’ labile degli anni scorsi, persino del 2015/2016 dove ad un certo punto avevamo oltre 10 punti di distacco, ma quando abbiamo iniziato a giocare piallavamo chiunque con facilita’.

Ecco io questa sensazione quest’anno non l’ho avuta. Ho sempre visto partite sofferte ed incerte, anche con due gol di scarto non avevo mai la sicurezza di portarla a casa.

 

Credo che questo sia stato lo scudetto dell’esperienza e della tenuta mentale, che hanno sopperito ad altre qualita’ venute meno.

 

Ne devono tenere conto in societa’, perche’ l’anno prossimo servono forze fresche e nuovi stimoli (oltre che ovviamente gente buona).

Assolutamente d'accordo su tutto. 

Analisi perfetta. 

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Articolo molto ben curato, si lascia leggere molto piacevolmente, e che dice tutte cose condivisibili. Quest'anno è stata la stagione in cui il cosiddetto "allegrismo" è stato enfatizzato all'ennesima potenza ed al massimo possibile, un mix di pragmatismo, calcolo, gestione e pianificazione che è sicuramente apprezzabile almeno teoricamente, ma che ha anche evidenziato come questa squadra non sia in grado di fare di più di quanto fatto quest'anno, perchè le energie (poche) e la condizione fisica (scarsa) condita da infortuni (troppi) non permettono di far giocare la squadra a ritmi più alti e con più continuità. Il vero valore aggiunto del calcio moderno è la tecnica in velocità, più riesci a compiere gesti tecnici anche semplici ma precisi ad alti ritmi, più riesci ad essere incontenibile per l'avversario. E' lo stesso concetto per cui Messi è stato il giocatore più forte del mondo per anni insieme a CR7, ed è un concetto che lo stesso Allegri ha ribadito più volte in conferenza stampa ("la tecnica ce l'abbiamo più o meno tutti, ma la tecnica in velocità ce l'hanno in pochi, ed è da lì che si distingue il livello di un calciatore").
Pur non apprezzando il modo di vedere il calcio del marafenomeno livornese, sono convinto che se avesse uno staff atletico di prim'ordine invece dei killer professionisti che ha come sottoposti, persino lui si concederebbe qualche licenza estetica più appetibile.

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X me

Samp Juve

Udinese Juve

Cagliari Juve

Fiore Juve

Lazio Juve

Inda Juve

 

Tutte gare in trasferta

Io da abbonato posso affermare che nn ho mai sentito in questa stagione, una gara in casa che mi abbia fatto pensare  "ok ora lo vinciamo"

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4 ore fa, Pjanic5 ha scritto:

Sarebbe scontato e banale dire Inter Juve 2-3 e Lazio - Juve 0-1

 

Secondo me abbiamo vinto lo scudetto quando a gennaio facevamo fatica a giocare e abbiamo vinto molte partite sporche tipo, Cagliari Juve 0-1, Juve - Genoa 1-0, Fiorentina Juve 0-2 e Torino - Juve 0-1

La partita di Roma è stata il culmine di quel periodo.

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Una su tutte inda-juve. Poi napoli-juve, ma la più importante è stata juve-napoli! Si sono gonfiati come dei palloni. 😂 oserei dire che era una tattica per mandarli a rotoli! 

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Questo secondo me i punti cruciali.

 

Udinese Juventus 2-6
Il distacco inizia ad aumentare era -5, prima di  questa gara giocata in dieci; c'era il rischio di perdere un'ulteriore punto -6, il Napoli pareggia con i merdosi in casa.
Si va dai Sarribani con -4

 

Napoli-Juventus 0-1
Prima mazzata destabilizza un po l'ambiente napolese, ringalluzzisce i nostri.

 

Juventus – Roma 1-0
La solita partita allegriana pragmatica porta punti.

 

Lazio – Juventus 0-1
Qui iniziano i primi scricchiolii psicologici napolesi
(Ha signat a Juv maronn...)

 

Juventus-Napoli 0-1
Dopo questa si rischiava di brutto, il momento quasi culmine della disfatta. Il peggio doveva ancora arrivare...

 

Inter – Juventus 2-3
Sul 2-1 il livello di allerta e su DEFCON 2 (ecco l'abisso)
Al termine di questa partita l'ago dell'acceleratore sfiorava quota novemila giri. Prossima marcia in canna.
tutto ritorna a DEFCON4. .ottimo
Il giorno successivo ai napolesi partiva la turbina che li aveva tenuti a galla.


Juventus Bologna 3-1
Fine dei giochi al raddoppio della Juve.

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