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Visualizzazione di contenuti con la più alta reputazione 26/11/2018 in tutte le aree

  1. 1 punto
    Infatti.pure quell'altro film, the dreamers ,al limite dell'incesto.film volgari, anzi oltre, un film puo' essere spinto ma lui e' andato oltre la decenza. Tinto ha il marchio di sporcaccione e se ne vanta, questo lo fanno passare per intellettuale, e mi fa ridere.
  2. 1 punto
    lasciamo perdere va se non fosse stato membro di certa intellighenzia alto che grande imperatore del cinema certe scene di the dreamer e io ballo da sola sono al limite del porno volgare,uno sporcaccione ecco cos'era,proprio come Tinto ma almeno lui lo faceva apposta,faceva film per sporcaccioni mentre il nostro imperatore dicevano che era intelettuale
  3. 1 punto
    Concordo in tutto .ha distrutto psicologicamente la vita di una giovane attrice con un comportamento vomitevole durante e dopo quella zozzura di film.non ci manchera'.
  4. 1 punto
    Risposta A: Scott Brooks, che non faranno mai fuori ma che con un roster così dovrebbe fare meglio. Wall, Beal, Porter, Morris più KO non è una bruttissima base, anche se poco omogenea. Risposta B: le gare le giocano comunque loro, e quando vedi quei numeri e atteggiamenti in difesa ti viene da pensare che una squadra non esista, che nessuno ha più voglia di giocare per gli altri (perché poi individualmente i numeri ci sarebbero pure, ma sono di fatto i Cavs dello scorso anno) e che dalla torre dovrebbero buttare via tutti. Mi avevano ridotto a sperare che tornasse Howard per vedere qualche rimbalzo, ma quando lo spogliatoio non c’è più, secondo me, va fatta tabula rasa. Qualcuno ha fatto l’esempio della muffa. A me Wall piace (nonostante i mille difetti), ma BB è più appetibile anche per questioni contrattuali, quindi non credo ci siano grandi possibilità di scelta.
  5. 1 punto
  6. 1 punto
  7. 1 punto
    Domani parto per New York e starò via 8 giorni, quindi ne approfitto per parlare di qualcosa che ho visto ultimamente. Tra le nuove uscite al cinema ho visto il secondo capitolo di Animali Fantastici. Rispetto al primo capitolo almeno racconta una storia e non il niente, ma si conferma una saga completamente differente per atmosfera, dettagli, sensibilità rispetto a quella di Harry Potter. Per il resto gli effetti visivi sono più curati e ambiziosi, ma sono 134 minuti di caos, un guazzabuglio di azioni, di personaggi...entrambi poco curati e mal scritti. L'unico motivo per cui continuo a guardarli è perché sono cresciuto con Harry Potter e speravo almeno di ritrovarci quelle sensazioni e atmosfere, invece no. Se parlassimo poi della continuità narrativa rispetto alla vecchia storia ce ne sarebbero di cose da dire...pura operazione commerciale senza anima e ideata a caso. Stasera vorrei andare a vedere Window di McQueen. Per quanto riguarda visioni non contemporanee, ho continuato il mio viaggio italiano...dopo Rossellini e De Sica è toccato a Germi e Fellini. Di Pietro Germi ho visto In nome della legge (1949), Il cammino della speranza (1950), Il ferroviere (1956), Divorzio all'italiana (1961) e Sedotta e abbandonata (1964). Germi è conosciuto soprattutto per la sua seconda fase di carriera, in cui si è dedicato alla commedia...è proprio il suo film "Divorzio all'italiana" che ha dato il nome alla commedia italiana di quel periodo. Da una parte è anche giusto, perché "Divorzio all'italiana" è un film che trovo semplicemente maestoso, perfetto. Chiaramente non è un film che scopro io ed è piuttosto inutile parlarne, ma veramente mi ha sorpreso enormemente. E' uno di quei massimi film che mi ha incantato immensamente minuto dopo minuto, per arrivare al finale che ho trovato talmente perfetto, una ricapitolazione così eccezionale, che mi sono venuti letteralmente i brividi. Sedotta e abbandonata è una sorta di sequel/remake ideologico...ottimo film, ma lontano dallo splendore di Divorzio. Come dicevo Germi è conosciuto soprattutto per questa fase, ma anche il suo cinema precedente è pregevole e meritevole di elogi. Germi (insieme a Lattuada) è il regista che si è mosso nell'ambito del neorealismo ma che ha anche anticipato il cinema di genere italiano successivo. In nome della legge, ad esempio, è un film di struttura western; parla di un giovane magistrato che viene mandato in un piccolo paese siciliano come pretore e deve scontrarsi con la mafia locale. E' uno dei primi film a trattare questo argomento ma è anche un film che prende molto dal cinema di John Ford e dagli stereotopi del genere western, dalle ambientazioni, all'eroe che arriva nel paesino e si scontra col criminale nemico eccetera. Ma ha anche sfumature noir e visivamente è molto curato. E' il suo primo film che ho visto e si vede un po' tutto il cinema di Germi; innanzitutto la Sicilia, perché pur essendo genovese, Germi ha ritratto in quasi tutti i suoi film la Sicilia in un modo incredibile, ma anche la forte componente realistica (riguardante i ceti bassi nella sua prima fase di carriera, riguardante la borghesia nella fase della commedia). Ma l'aspetto che più mi ha colpito è il suo forte sguardo popolare, in tutti i suoi film che ho visto ci sono splendide panoramiche sui volti popolari, la gente vera, genuina...e questo aspetto Germi lo sa veramente cogliere in modo incredibile. Questo aspetto popolare viene esaltato anche dall'utilizzo in diversi film di canzoni popolari di varie tradizioni. "In nome della legge" ha però il difetto di avere una visione eccessivamente ingenua nella sua narrazione, soprattutto nella scena finale che risulta estranea al film, alla realtà...altrimenti sarebbe stato un grandissimo film. Ottimi film sono anche "Il cammino della speranza" e "Il ferroviere". Il primo parla di un gruppo di siciliani che per trovare fortuna decide di partire per la Francia, ne segue un'Odissea con mille vicissitudini. Il ferroviere è il miglior film di questa prima fase e parla di un ferroviere e della sua famiglia. Con questo film Germi decide di cimentarsi anche come attore, infatti ne è il protagonista. Film veramente bellissimo, oltre ai forti collegamenti sociali, ovviamente, ha una visione e un'analisi della famiglia e delle problematiche dei rapporti che per me è straordinaria e attualissima anche oggi. Con "Il cammino della speranza" e "Il ferroviere" Germi ha anticipato il filone dei film sociali degli anni '60-'70. Credo che sia veramente un grandissimo autore, purtroppo il suo nome non viene sempre fuori, i più nominati sono altri...ma per me davvero è alla pari dei più grandi maestri italiani. Divorzio all'italiana è sicuramente va a rientrare tra i miei film preferiti. Trovo che Germi sia stato anche un grande direttore di attori, riusciva ad esaltare il lavoro delle persone che aveva a disposizione, sia i protagonisti come Mastroianni in Divorzio o Urzì in Sedotta e abbandonata, sia i numerosi caratteristi e personaggi secondari come lo stesso Urzì (attore che ha recitato quasi in tutti i film di Germi) o come Leopoldo Trieste, Lando Buzzanca per finire con tutta la schiera di volti e personaggi popolari. Tra l'altro sotto Germi si sono formati Monicelli e Fellini, sceneggiatori dei puoi primi film. Fellini e Germi rimasero grandissimi amici negli anni a seguire, Fellini chiedeva il parere di Germi su tutti i suoi film e glieli mostrava in precedenza....e si dice che fu la scelta di Germi di comparire come protagonista in alcuni propri film che abbia spinto Fellini a cercare la figura di un attore feticcio, che trovò poi in Mastroianni. Grandissimo autore e personaggio del nostro cinema...temo che possa via via sparire nel dimenticatoio e bisogna far di tutto per tenere il suo nome vivo. Di Fellini ho visto Lo sceicco bianco (1952), I vitelloni (1953), Le notti di Cabiria (1957), La dolce vita (1960), 8 1/2 (1963) e Giulietta degli spiriti (1965). Anche di Fellini ahimè non avevo visto nulla, ma era tempo di rimediare Ancor più rispetto al caso di Germi, è insensato che parli dei vari film...insomma, Fellini è tra i più grandi e conosciuti registi della storia. Ci tengo, però, a parlare del film che ho preferito che, a sorpresa mia in primis, non è La dolce vita o 8 1/2, ma Le notti di Cabiria. E' un film che mi ha stregato. Narrativamente è tipicamente felliniano e se entriamo in questo argomento credo sia difficile da separare un film dall'altro, si entra in un mondo ben preciso che credo sia unico in tutta la storia...anche se chiaramente tra film e film ci sono differenze, cambiamenti, fasi distinte ed evoluzioni. La discriminante per quanto riguarda il mio giudizio credo l'abbia fatta Giulietta Masina. Personalmente è la più bella interpretazione femminile che abbia visto...forse anche in generale, ma chiaramente tra quelle che mi hanno suscitato emozioni più forti. La trovo davvero incredibile, non ho mai visto trasmettere così tanta "vita", genuinità, spensieratezza...il modo in cui mi ha trasmesso emozioni sia drammatiche che più leggere non mi era mai capitato. A memoria credo sia un unicum nell'ambito cinematografico. Ci sono vari tipologie di attrice e sono tutte più o meno rappresentate in maniera varia, ma del suo tipo non me ne vengono in mente altre. E chiaramente se il personaggio principale ha questo effetto, tutto il film e tutte le vicende brillano di luce ancora più intensa. Il film è una sinfonia di diversi episodi orchestrati, narrati e mostrati in modo assolutamente armonioso ed equilibrati in modo incredibile. L'amarezza beffarda che comunica questo film è indelebile e, se vogliamo, emerge il pessimistico sentore negativo che Fellini ha nei confronti del concretizzarsi del sogno, del suo incontro con la realtà e con la sua realizzazione, come era emerso anche ne Lo sceicco bianco e pure ne I vitelloni (anche se più in piccolo)...altri due film che ho apprezzato molto, ovviamente. Per quanto riguarda il suo cinema in generale, si riconosce chiaramente il suo valore narrativo, onirico e visivo...8 1/2, in particolare, visivamente è favoloso. E' impossibile non accorgersi dell'immenso valore artistico de La dolce vita e 8 1/2, sono film di una complessità narrativa e visiva che difficilmente viene raggiunta. Proprio questa densità li rende più unici tra i suoi film che ho visto e, pur appunto riconoscendone l'immenso valore, sono due film che hanno avuto un impatto più freddo su di me, mi sono sentito meno trasportato all'interno della storia e meno toccato emotivamente...e sinceramente sono il primo ad esserne rimasto stupito. Infine un caso isolato, Il cappotto (1952) di Lattuada. In questo film, tratto dall'omonimo racconto di Gogol, vediamo le vicende di un impiegato comunale (un maestoso Renato Rascel) poverissimo e del "cappotto" che più che singolo oggetto diventa un po' la metafore di quello che si possiede, quasi dell'onore della persona stessa, del suo ruolo nel mondo, della sua essenza, un po' come la bicicletta di Ladri di biciclette di De Sica o della divisa di L'ultima risata di Murnau. Il protagonista sostanzialmente non ha niente, il bene di maggior valore è proprio il suo cappotto, che lo ripara dal freddo rigidissimo...ma è un cappotto logoro, vecchio, rattoppato fino all'estremo e decide di usare i suoi ultimi risparmi per comprarsi un cappotto nuovo, che lo rigenerano come persona fino al triste epilogo. Il personaggio è un semplice impiegato comunale, timido, deriso, "debole"...una sorta di Fantozzi ante litteram così come il tono del film, tra il comico e il dramma. Il film è chiaramente debitore del neorealismo, ma unisce in modo perfetto il dramma, la commedia (anche comica) e un senso di grottesco e di fantastico (soprattutto nel finale)...questa unione è ricollegabile anche a certe commedie americane di autori come Frank Capra. Film veramente molto bello, con una grandissima interpretazione di Renato Rascel.
  8. 1 punto
    Ho guardato molti film ma faccio fatica a trovare il tempo per scrivere qua. Intanto chiudo, forse per ora, il discorso Sjostrom, ma ne avrei altri film di cui parlarvi. Il carretto fantasma, Victor Sjostrom, 1921. La leggenda narra che chi muore sul' scoccare della mezzanotte di capodanno sarà costretto a condurre il carro che raccatta la anime dei dannati. Il nostro protagonista, un uomo dalla vita ormai persa dietro il vino, sembra il candidato alla conduzione del carro. Intanto, nella stessa notte, è destinata a spegnersi una ragazza che invece ha tentato per tutta la vita di aiutare gli altri, specialmente il nostro di cui si diceva. Cosa succederà lo lascio scoprire. Il film ha la sua pregevolezza sia nella tecnica cinematografica, con un lavoro all'avanguardia sulla sovrimpressione utilizzato specialmente per il carretto eponimo. Ma il suo valore è anche nel racconto di questa storia a dir poco drammatica. Un racconto reso certo più vivo dagli sguardi degli attori in alcune scene decisamente ispirate. Il difetto è forse in 10, 15 minuti di troppo della parte centrale che appesantiscono la visione. Altre cose da notare sono il fatto che Sjostrom utilizzi nel film degli espedienti narrativi, come la prigione e il mancare da casa, che utilizza già in altri film precedenti per far funzionare la trama, e sopratutto da notare la scena che ispirerà, o copierà, Kubrick per la celeberrima scena di Shining. Gran film, tra l'altro ottima la versione restaurata. He who gets slapped (L'uomo che prendeva gli schiaffi), V. Sjostrom, 1924. Un uomo, ormai schiaffeggiato dalla vita sia professionale che sentimentale, diviene clown. E come numero ha proprio la sua specialità: prendere gli schiaffi, questa volta davanti a un pubblico pagante che si sbellica nel vederlo sbeffeggiato da tutti. Ma anche nel circo, in questa sua nuova vita, non riesce mai ad uscire dal personaggio e continuare a prendere schiaffi su schiaffi. Nel finale, tra i più belli e patetici del cinema, morirà da eroe tra le risate del pubblico. Sjostrom dopo i successi scandinavi va negli Usa come capita ad altri suoi colleghi europei che si può dire abbiano in parte insegnato il mestiere da quelle parti, là viene chiamato Seastrom, ma non perde la sua drammaticità. Il film mantiene la sua firma stilistica non solo nel tipo di storia ma anche per le sovrimpressioni utilizzate. E' un film bellissimo quanto triste, posso solo consigliare di vederlo. The scarlet letter (La lettera scarlatta), V. Sjostrom, 1926. Boston in epoca puritana, in sostanza non si può far nulla senza che qualcuno non se ne accorga e per questo ti faccia condannare per un qualsiasi peccato. La più peccatrice della cittadina pare essere una ragazza, Hester, che entra però nelle grazie del giovane pastore ben visto da tutti. E ovviamente, nascendo una relazione fra loro, nasceranno sempre più problemi. Del film è pregevole come mostri quanto il fanatismo, più che dal vertice, spesso nasca dal basso, dalla massa. Poi c'è, come al solito, questa storia drammaticissima che racconta benissimo. C'è in particolare una scena con Esther sul patibolo che per intensità drammatica quasi eguaglia la Giovanna d'Arco di Dreyer, anche se dell'amor profano e non sacro. Da notare, per chi lo vedrà, un intertitolo strabiliante. The wind (Il vento), V. Sjostrom, 1928. Siamo nel West, una ragazza arriva in questa terra desertica e sempre battuta da un'inarrestabile vento. La forestiera non è ben vista dalla padrona di casa dove è ospitata che teme gli rubi il marito, già amico della forestiera. Perciò la ragazza dovrà andarsene e nel farlo sposando un uomo che però non ama. La vita nel West e il vento incessante non le piacciono proprio, vorrebbe solo tornare a casa. Come finirà lo lascio a voi. Il film recupera le sovrimpressioni à la Sjostrom, in questo caso un maestoso cavallo che personifica il grande vento del nord. Ma per il resto il film non ha quasi mai forza, recupera soltanto negli ultimissimi minuti con qualche bella scena. Eppure la protagonista è interpretata da Lilian Gish, meravigliosa donna e attrice, già protagonista ne La lettera scarlatta e musa di Griffith. Certamente il più debole dei film di Sjostrom visti.
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