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Mormegil

Guerra di Siria e situazione mediorientale: news e commenti

Post in rilievo

Per ingannare il tempo in attesa dell'imminente Terza Guerra Mondiale, suggerisco un articolo interessante del Sole 24 Ore che svela un po' di retroscena dell'establishment trumpiano

 

Gli strateghi di «America First»

 

Marco Valsania

 

New York

 

L’intervento in Siria e il monito alla Corea del Nord hanno sollevato il sipario sulla nuova missione dell’amministrazione di Donald Trump: restituire credibilità alla politica estera di una giovane Casa Bianca parsa finora pericolosamente allo sbando, ostaggio di guerre per bande. E il cuore di questa missione è tutto nel destino di un organismo - il Consiglio di Sicurezza Nazionale - lontano dai riflettori ma dal Secondo dopoguerra cruciale per l’elaborazione di strategie da presentare al presidente al cospetto di crisi e sfide globali.

Generali di lungo corso, protagonisti dell’intelligence e leader esperti - da HR McMaster a James Mattis, veterani delle forze armate, al segretario di Stato Rex Tillerson, ex chief executive di Exxon Mobil - sono oggi diventati i collaboratori più ascoltati da un presidente che alla sua improbabile elezione aveva fatto terremoti istituzionali, incarnati dall’ascesa dell’onnipresente consigliere populista e isolazionista della destra radicale Steve Bannon.

 

La caduta in disgrazia di Bannon segna il riscatto delle istituzioni, dei centristi sugli estremisti: è stato rimosso dal National Security Council dopo che il suo ingresso nel riservato “club” aveva destato scalpore e preoccupazione. In un’ulteriore passo, potrebbe essere in totale uscita anche come stratega di Trump, assieme all’inefficace capo di staff Reince Priebus. Sostituiti nel ruolo di confidente - ma non più nel Consiglio - da Jared Kushner, il genero con un portafoglio estero che comprende Cina, Medio Oriente e Messico. E per la poltrona di esecutore di politiche interne e fiscali dell’ex banchiere di Goldman Sachs, ora consigliere economico, Gary Cohn. Entrambi, Kushner e Cohn, sono considerati politicamente moderati e pragmatici. E un asse McMaster-Kushner-Cohn appare oggi in fase di consolidamento, inedito centro di potere nell’amministrazione e chiave d’una sua futura stabilità.

 

Il cambio di marcia non è privo di rischi e incognite: avviene in corsa, con faide interne irrisolte, numerose correnti estreme e Trump che deve tuttora dimostrare la sua leadership sul palcoscenico internazionale. Il drammatico sforzo di ricalibrare i ruoli nel National Security Council è però indubbio.

 

L’arrivo alla guida di fatto di HR McMaster è stato il primo e principale segnale: il 54enne generale è tuttora in servizio, prestato al ruolo di consigliere di Sicurezza nazionale. È un veterano dei confitti in Iraq e Afghanistan, stratega geniale e fine intellettuale, autore di un influente libro, Dereliction of Duty, dove ha criticato la gestione della guerra del Vietnam. Ha sostituito Mike Flynn, uomo delle prima ora di Trump considerato pessimo leader e cacciato per sospette relazioni con la Russia. È stato McMaster, soprattutto, a imporre l’uscita di Bannon. E, ottenuta l’autorità di orchestrare l’agenda dell’organismo e del parallelo Consiglio di Sicurezza interna, cerca ora di ripulirli da staff troppo compromessi, che l’hanno “macchiato” alimentando il sospetto infondato che Trump fosse stato illegalmente spiato dal predecessore Barack Obama.

 

Il ministro della Difesa Mattis, 66 anni, ha fama di aggressività, anzitutto sull’Iran, ha messo a punto la rapida rappresaglia contro Damasco, ma è a sua volta un accorto veterano di Iraq e Afghanistan ed ex capo del Comando Centrale impegnato sul Medio Oriente dove prese le redini da David Petraeus.

 

L’uscita di Bannon è stata accompagnata dal rientro nell’organismo del direttore nazionale dell’Intelligence, Dan Coats, e del capo degli Stati Maggiori Riuniti delle Forze armate Joseph Dunford. Coats è un politico con passato diplomatico, ex senatore repubblicano e ambasciatore in Germania. E il generale Dunford, 61 anni, aveva già ricevuto la fiducia di Obama per l’attuale incarico. Nel Consiglio sono per statuto anche il vicepresidente Mike Pence, il segretario all’Energia Rick Perry e quello di Stato Tillerson, 65 anni, il cui profilo di duro mediatore è improvvisamente salito e che la prossima settimana è atteso a Mosca per fare i conti con la “rottura” sulla Siria.

 

Trump, se ha scosso i nervi di molti con le sue prese di posizione anche nei confronti di alleati e della Nato, è oggi forse aiutato nel ricucire i rapporti con l’establishment militare e di intelligence da alcune promesse elettorali che sembra intenzionato a mantenere. Nella proposta di budget ha offerto gli unici veri aumenti al Pentagono, 54 miliardi che gonfiano una spesa già di 600 miliardi l’anno. E l’idea di risposte misurate ma determinate alle minacce, se da verificare, ha anche sostenuto l’intero settore della difesa. Colossi quali Raytheon, produttrice dei missili Tomahawk usati contro Assad, e Lockheed Martin hanno guadagnato a Wall Street. Lo spettro di eccessive influenze, dirette o indirette, del “complesso militar-industriale”, contro cui aveva messo in guardia il generale-presidente Dwight Eisenhower, restano. Ma oggi Trump è convinto di avere un compito ben più urgente: restituire fiducia al Consiglio per la Sicurezza nazionale e statura alla sua politica estera e di gestione delle crisi.

 

Su un punto, secondo me bisogna essere ben chiari una volta per tutte: al di là delle eterne tiritere ideologiche sui "militari guerrafondai" sempre pronti a menare le mani, se c'è una categoria di individui che per natura si muovono con i piedi di piombo valutando tutte le possibili opzioni secondo le regole del più sano pragmatismo, è proprio quella dei militari, che tutto vogliono tranne i salti nel buio, visto che sono i primi a pagare per le scelte altrui.

A differenza degli ideologhi fanatici alla Bannon (quella si, una razza da temere) i militari seguono poche ma essenziali regole: uno più uno deve sempre fare due; la scelta più semplice è sempre la migliore; il razionale deve sempre prevalere sull'irrazionale. E l'uso delle armi è sempre l'opzione finale (e Bannon vaticinava già a gennaio una guerra con la Cina! .doh).

Ed alla fine colpire duro quelle poche volte che è indispensabile, possibilmente facendolo in maniera risolutiva: ed anche qui, a differenza di ideologhi e politici sempre pronti a tirarsi indietro a metà strada (cioè nel momento peggiore).

 

Quindi, il fatto che in questa fase nell'establishment trumpiano pare stia prevalendo il pragmatismo dei militari alla McMaster a scapito degli ideologi estremisti alla Bannon non può che essere visto come uno sviluppo positivo.

 

Ai militari spetta vincere le guerre, ma sono gli ideologhi ad accendere la miccia.

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TRUMP SCERIFFO GLOBALE

Il generale Jean: «I missili in Siria un segnale per Russia, Iran e Cina. Non farà cadere Assad finché non troverà un successore»

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Per ingannare il tempo in attesa dell'imminente Terza Guerra Mondiale, suggerisco un articolo interessante del Sole 24 Ore che svela un po' di retroscena dell'establishment trumpiano

 

 

 

Su un punto, secondo me bisogna essere ben chiari una volta per tutte: al di là delle eterne tiritere ideologiche sui "militari guerrafondai" sempre pronti a menare le mani, se c'è una categoria di individui che per natura si muovono con i piedi di piombo valutando tutte le possibili opzioni secondo le regole del più sano pragmatismo, è proprio quella dei militari, che tutto vogliono tranne i salti nel buio, visto che sono i primi a pagare per le scelte altrui.

A differenza degli ideologhi fanatici alla Bannon (quella si, una razza da temere) i militari seguono poche ma essenziali regole: uno più uno deve sempre fare due; la scelta più semplice è sempre la migliore; il razionale deve sempre prevalere sull'irrazionale. E l'uso delle armi è sempre l'opzione finale (e Bannon vaticinava già a gennaio una guerra con la Cina! .doh).

Ed alla fine colpire duro quelle poche volte che è indispensabile, possibilmente facendolo in maniera risolutiva: ed anche qui, a differenza di ideologhi e politici sempre pronti a tirarsi indietro a metà strada (cioè nel momento peggiore).

 

Quindi, il fatto che in questa fase nell'establishment trumpiano pare stia prevalendo il pragmatismo dei militari alla McMaster a scapito degli ideologi estremisti alla Bannon non può che essere visto come uno sviluppo positivo.

 

Ai militari spetta vincere le guerre, ma sono gli ideologhi ad accendere la miccia.

 

Bannon aveva detto che in futuro è possibile ci sia una guerra con la Cina, ma non la ha mai indicata come imminente. Inoltre uno dei punti su cui più premeva (oltre all'isolazionismo) era il mega piano da 1000 miliardi di $ per ricostruire le infrastrutture degli Stati Uniti, che servirebbe sia a rimettere in sesto strade, porti ed aeroporti sia ad espandere il consenso del presidente creando molti posti di lavoro. Per vedere se Bannon è stato davvero ridimensionato come dicono aspetterei di vedere che fine farà questo piano.

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Bannon aveva detto che in futuro è possibile ci sia una guerra con la Cina, ma non la ha mai indicata come imminente. Inoltre uno dei punti su cui più premeva (oltre all'isolazionismo) era il mega piano da 1000 miliardi di $ per ricostruire le infrastrutture degli Stati Uniti, che servirebbe sia a rimettere in sesto strade, porti ed aeroporti sia ad espandere il consenso del presidente creando molti posti di lavoro. Per vedere se Bannon è stato davvero ridimensionato come dicono aspetterei di vedere che fine farà questo piano.

 

Non ci vuole una zingara per scoprire il futuro che Ci ( Vi ) attende : Non cambierà niente!!

( ha ragione Gianluca Ferrara , specialmente dal minuto sei (6) in poi ... )

 

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Non ci vuole una zingara per scoprire il futuro che Ci ( Vi ) attende : Non cambierà niente!!

( ha ragione Gianluca Ferrara , specialmente dal minuto sei (6) in poi ... )

 

 

Secondo me è troppo presto per giudicare, per il momento Bannon è ancora il capo stratega.

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Non ci vuole una zingara per scoprire il futuro che Ci ( Vi ) attende : Non cambierà niente!!

( ha ragione Gianluca Ferrara , specialmente dal minuto sei (6) in poi ... )

 

26mila bombe e gli danno il nobel.. sefz

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La Corea del Nord non è la Siria

 

10 Aprile 2017

Uno sguardo alle opzioni militari contro la Corea del Nord che non garantirebbero la vittoria assoluta. La pista diplomatica resta l’opzione migliore

 

Franco Iacch

 

 

La Corea del Nord non è la Siria. Un attacco preventivo convenzionale contro la Corea del Nord ridurrebbe certamente le capacità militare del paese, ma non escluderebbe la ritorsione contro Seul. Tuttavia, qualsiasi decisione sarà affidata all’infallibilità e capacità di discernimento concessa al Presidente degli Stati Uniti.

 

Il pattugliamento del Gruppo da Battaglia della portaerei Carl Vinson davanti le coste della penisola coreana è senza dubbio una prova di forza e dimostrazione politica nei confronti di Pyongyang, certamente non un asset in grado di decapitare la forza militare del regime. Da premettere che l’opzione migliore per fermare il programma missilistico e nucleare della Corea del Nord, è quella diplomatica per i motivi che andremo a spiegare.

 

Le opzioni di Trump

Il Consiglio per la Sicurezza Nazionale, secondo prassi obbligatoria, ha presentato al Presidente degli Stati Uniti il ventaglio di tutte le opzioni disponibili (blue sky options) per rispondere al programma nucleare della Corea del Nord. Si guarda con apprensione a sabato prossimo 15 aprile, compleanno di Kim Il-sung, fondatore dello Stato. Il Nord ha condotto test nucleari nel 2006, 2009 e nel 2013. Il quarto test nucleare si è svolto nel gennaio dello scorso anno, due giorni prima il compleanno di Kim. Il quinto test è avvenuto lo scorso settembre, a margine delle manifestazioni per il 68° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea e pochi giorni dopo il vertice economico del G-20 in Cina. I satelliti confermano che i lavori preparatori sul sito di Punggye-ri, si sono conclusi da settimane. Nello specifico, sono stati ultimati gli interventi nel terzo tunnel, North Portal, della struttura di prova, ad oggi non ancora utilizzato. Il North Portal dovrebbe trovarsi ad una profondità di 550 metri. Il sito di Punggye-ri è distante 116 chilometri dal vulcano sul Monte Baekdu. Una maggiore profondità potrebbe comportare un aumento dell’apporto di uranio o diverse detonazioni.

 

 

 

Reintrodurre asset nucleari in Corea del Sud

La possibilità di reintrodurre armi nucleari tattiche in Corea del Sud, ritirate più di 25 anni fa, sarebbe altamente provocatoria. Se Trump decidesse in tal senso, la base aerea di Osan, a meno di 50 miglia a sud della capitale Seoul, sarebbe la prima struttura estera ad ospitare asset nucleari dalla fine della guerra fredda. Altamente provocatoria, potrebbe soltanto esacerbare i già precari rapporti con Pyongyang, considerando altamente remota la possibilità di un attacco nucleare preventivo ed esporre la Corea del Sud nel quadro regionale. Nelle ore scorse, è stata avanzata l’ipotesi di schierare bombardieri strategici B-2/B-52 permanentemente a Guam con regolari pattugliamenti in Corea del Sud.

 

Decapitare la linea di governo

Eliminare Kim Jong-un, l’intera linea decisionale e le figure connesse con il programma missilistico e nucleare della Corea del Nord. E’ una delle peggiori opzioni poiché si tratta di decapitare un regime. A gestire tali operazioni sarebbe la CIA. Teoricamente parlando e qui ci basiamo solo sulle definizioni, la decapitazione è una strategia allettante quando vi sono figure imprevedibili e pericolose come quella di Kim Jong-un. Tuttavia decapitare la linea politica di un regime comporta delle soluzioni politiche immediate. La Cina avrebbe già espresso parere contrario a tali operazioni di assassinio. Pechino teme una crisi umanitaria a ridosso dei suoi confini qualora cadesse il regime.

 

Operazioni segrete

Reparti speciali Usa e della Corea del Sud dietro supervisione CIA, si infiltrerebbero nel Nord per sabotare le strutture chiave e la rete viaria primaria per bloccare il movimento dei lanciatori. Tuttavia, quando si considerano azione del genere, è importante riconoscere le variabili e le lacune di intelligence che complicano inevitabilmente il processo decisionale politico e militare. Gli Stati Uniti ignorano l’esatta ubicazione degli oltre duecento lanciatori, molti dei quali nascosti in bunker corazzati a profondità ignote e la reale ramificazione del programma nucleare della Corea del Nord. La distruzione delle infrastrutture nucleari note della Corea del Nord, non sarebbero sufficienti per annullare la ritorsione. Senza considerare, infine, che la cattura di uno o più operatore dei reparti speciali Usa provocherebbe inimmaginabili conseguenze psicologiche in patria. Quello avvenuto con l’Iran dovrebbe far riflettere.

 

Operazioni informatiche

La Casa Bianca potrebbe ordinare una guerra informatica ed elettronica totale, ma senza alcun tipo di garanzia. La tecnologia left of launch è efficace se indirizzata contro obiettivi identificati, come il worm Stuxnet in Iran. Gli obiettivi della Corea del Nord sono molteplici e schierati su lanciatori mobili. In un approccio dove il tempismo è fondamentale, gli hacker del Pentagono e dell’unita Spartan 3000 della Corea del Sud, dovrebbero disabilitare in remoto i sistemi missilistici, provocando il fallimento del test. Tuttavia, in un contesto operativo, anche se tutti gli attacchi informatici riuscissero a disabilitare i missili schierati in posizione di lancio, sarebbe impossibile hackerare i sistemi nascosti nei bunker sotterranei del paese. Ecco perché la Corea continua a sviluppare un Icbm mobile che, potenzialmente, sarebbe in grado di minacciare gli obiettivi in ​​tutto il mondo.

 

Attacco convenzionale

La forza stimata per un attacco preventivo contro Pyongyang sarebbe di dieci bombardieri strategici B-2 equipaggiati con asset GBU-31 e GBU-57 e 24 F-22 che decollerebbero dagli aeroporti in Giappone e Corea del Sud. Non meno di 500 Tomahawk verrebbero lanciati a ondate da diverse piattaforme, compresi almeno due sottomarini classe Ohio riconvertiti in ruolo SSGN. Tale forza è ritenuta in grado di danneggiare gravemente tutte le infrastrutture connesse con il programma nucleare della Corea del Nord, così come tutte le armi stoccate nei siti corazzati e le principali strutture comando dell’esercito. La distruzione delle infrastrutture nucleari della Corea del Nord, potrebbe non essere sufficiente per annullare la ritorsione. Pertanto, anche se gli Stati Uniti possono essere ragionevolmente certi di arrestare un duro colpo all'infrastruttura nucleare nella prima ondata, sarebbe necessario un grado di cognizione assoluta per annullare ogni tipo di ritorsione.

 

La pista diplomatica, l’unica soluzione

Al Presidente degli Stati Uniti è concessa la facoltà di tramutare un conflitto convenzionale in nucleare. Le opzioni nucleari contro la Corea del Nord esistono da tempo. Sarebbero necessari meno della metà dei missili Trident II della linea leggera da attacco, testate W76/Mk4A da 100 Kt trasportati da un solo sottomarino Ohio, per cambiare per sempre il destino della Corea del Nord e del mondo. Nessuno sa quello che accadrà una volta avviati i lanci, mentre ancora più pericolose potrebbero essere le implicazioni sulla stabilità strategica mondiale. Escludendo l’opzione nucleare ed una inimmaginabile invasione terrestre (il fanatismo dei militari del Nord andrebbe considerato alla stregua delle forze giapponesi in patria durante la seconda guerra mondiale), ogni tipo di azione militare fisica o virtuale innescherebbe una violenta rappresaglia su Seul, con granate (probabilmente chimiche) da artiglieria utilizzate nel targeting indiscriminato della capitale e dei suoi sobborghi.

 

Le opzioni militari contro la Corea del Nord non garantirebbero la vittoria assoluta. La pista diplomatica resta l’opzione migliore. Ed il ruolo della Cina sarà determinante. L'88% di tutte le importazioni della Corea del Nord provengono dalla Cina. Le esportazioni sono all’86%. Pechino ha un ruolo fondamentale nel garantire il rispetto delle sanzioni delle Nazioni Unite come, ad esempio, per la fornitura di carbone. I tentativi di instaurare rapporti economici e politici con la Russia non hanno avuto esito positivo.

 

La famiglia Kim chiede il rispetto internazionale e cerca, soprattutto, di sopravvivere. Il rispetto internazionale si basa sul riconoscimento a potenza nucleare così da reimpostare le relazioni con i diretti antagonisti come la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Il graduale aumento della pressione militare sul regime nordcoreano per ottenere un risultato politico, nella speranza che non precipiti in un conflitto reale, è un elemento debole e pericoloso per la politica degli Stati Uniti. In assenza di una nuova iniziativa diplomatica, la situazione di per se instabile nella penisola coreana, continuerà a peggiorare.

 

Il giornale

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Bannon aveva detto che in futuro è possibile ci sia una guerra con la Cina, ma non la ha mai indicata come imminente. Inoltre uno dei punti su cui più premeva (oltre all'isolazionismo) era il mega piano da 1000 miliardi di $ per ricostruire le infrastrutture degli Stati Uniti, che servirebbe sia a rimettere in sesto strade, porti ed aeroporti sia ad espandere il consenso del presidente creando molti posti di lavoro. Per vedere se Bannon è stato davvero ridimensionato come dicono aspetterei di vedere che fine farà questo piano.

 

Credo che si possano considerare due aspetti separati. Nel senso che in politica interna Trump può benissimo sfruttare ogni leva del proprio repertorio per rispettare il suo programma, e quindi lisciare il pelo ai suoi elettori, magari lanciando un bel New Deal 2.0 pure da 2000 miliari per evitare che si impoveriscano ulteriormente: che poi è la cosa che più conta per essere rieletto. Quindi da questo punto di vista può dare tranquillamente fondo al suo vulcanico armamentario "antisistema" (mi viene da ridere a dirlo, ma vabbè) per salvaguardare giustamente le tasche dei "suoi" elettori, il 90% dei quali non ha manco la più pallida idea di cosa o dove sia la Siria, perché oltre Washington non va ed è già tanto se ci arriva.

 

Altra cosa è la politica estera, dove l'"America" non può permettersi il lusso di fare finta che il resto del mondo non esista, semplicemente perché è obbligata ad interessarsene per via del suo stesso peso e di quello che gli Usa rappresentano su scala globale. Sotto questo punto di vista gli Stati Uniti sono di fatto "schiavi del loro ruolo" di prima potenza planetaria.

E su questo aspetto Trump è giocoforza vincolato a degli schemi, alleanze, meccanismi e legami commerciali consolidati da decenni, da cui non si può prescindere e che gli consentono margini di manovra e uscite d'ingegno decisamente più ridotti rispetto a quelli interni, perché vanno a toccare interessi vitali senza i quali gli Usa abdicherebbero di fatto al loro ruolo. In altre parole, la politica estera, dove bisogna lavorarsi il mondo intero, non può essere rivoltata come un calzino senza pagare un prezzo altissimo, a differenza di quella interna dove è più facile guadagnare perché basta lavorarsi i propri elettori.

Ed è probabilmente su questo aspetto che si è giocata la partita tra le due correnti dell'establishment trumpiano.

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Su alcuni siti giordani circolano notizie relative alla leadership militare che avrebbe dato l'ok a USA e GB per un eventuale intervento da sud (a cui parteciperebbe anche la Giordania ovviamente).

Non si parla di guerra per rimuovere Assad, non subito almeno, si parla di intervento (da nord e da sud) per creare "zone sicure" e "bonificate dal terrorismo", in modo da togliere poi al regime la scusa dei bombardamenti su quelle zone che colpiscono quasi sempre i civili. Boh, staremo a vedere.

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non so se ne avete già parlato, ma avete visto cos'è questo fantomatico "centro siriano per i diritti umani" ? la fonte dalla quale i giornali hanno dato la notizia dell'attacco chimico in Siria ?

 

pare che la sua sede sia a Londra, e che sia composto da una sola persona, un tale di nome Osama Sulejman, in arte Abdul-Rahman... contemporaneamente fondatore, direttore, redattore, writer e corrispondente di guerra.

 

Io mi sarei aspettato una organizzazione radicata nel territorio, con esponenti internazionali, riconoscimenti, ecc... ecc..

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non so se ne avete già parlato, ma avete visto cos'è questo fantomatico "centro siriano per i diritti umani" ?

la fonte dalla quale i giornali hanno dato la notizia dell'attacco chimico in Siria ?

 

pare che la sua sede sia a Londra, e che sia composto da una sola persona, un tale di nome Osama Sulejman, in arte Abdul-Rahman... contemporaneamente fondatore, direttore, redattore, writer e corrispondente di guerra.

 

Io mi sarei aspettato una organizzazione radicata nel territorio, con esponenti internazionali, riconoscimenti, ecc... ecc..

 

.uhm a proposito dell' " Osservatorio Siriano dei Diritti Umani " ....

ho trovato un video su youtube ( non si capisce il russo , ma il senso di quello che ha mostrato il guardiano : SI' ;) : sono dei semplici bidoni !!! .ghgh )

 

Di armi chimiche, se qualcuno avesse avuto qualche dubbio, nemmeno l'ombra... !!!!:

meglio, l'O.S.D.U. ha provato a far passare questi contenitori

salvo poi fare marcia indietro una volta resa evidente la sua totale ignoranza in materia (contenitori standard per uso bellico generico assolutamente non impiegabili per lo stoccaggio di armi chimiche).

.ehm

https://youtu.be/cvRdMBbupXU

 

4350949_9ab1f6795baf030710285205f3e0d396.jpg

 

( tradotto col traduttore ) :

Si tratta di un tipo versatile di contenitori, la confezione standard per aviazione tattico.

A seconda del compito, possono essere dotati di frammentazione,

submunizioni cumulative volume o detonanti.

E questo non è il contenitore non può essere di base aerea, utilizzata attivamente per missioni di combattimento.

 

C84TdeQXsAIJb7F.jpg

 

...... ..... ...... reuters003683e1cxw200h261c00.jpg... ... uum

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l Washington Post ieri ha pubblicato un articolo in cui si evidenzia che numerose testimonianze sul campo evidenziano che a utilizzare il letale gas sarin nell’attacco di una settimana fa su civili siriani non sono state le truppe di Assad, ma terroristi dell’Isis, infiltrati tra gli oppositori al regime. Una posizione simile a quella dei russi, che hanno immediatamente fatto sapere a Trump che ha sbagliato a colpire chi con l’attacco chimico non c’entrava. Anche tra i senatori americani e gli analisti conservatori si continua a mettere in guardia Trump dalla trappola della disinformazione.

 

Libero

 

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...

 

Non mi pare vi sia traccia sul WP di questo fantomatico articolo.

 

Mi piacerebbe quindi avere il link per poterlo leggere direttamente e quindi valutarlo di persona .the

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Estratto dell'articolo di Daniele Ranieri sul Foglio di oggi.

Il resto dell'articolo non è disponibile on-line, ma solo a pagamento acquistando il giornale sefz

 

meno di 24 ore dopo l'attacco con armi chimiche, la Russia ha offerto una copertura diplomatica al presidente siriano e ha fatto circolare una versione alternativa dei fatti: " gli aerei siriani hanno colpito accidentalmente un deposito di armi chimiche dei ribelli siriani e le esalazioni hanno colpito i civili".

Il comunicato del Ministero della difesa russo obbedisce alla prima regola della disinformazione: creare confusione, nebbia, incertezza e costringere i media a scrivere titoli esitanti, senza attribuzione di responsabilità -cosa che è regolarmente successa. Non c'è bisogno di dimostrare una verità alternativa in competizione con l'altra, basta creare scompiglio.

Poco importa quindi che il ministero della difesa russo abbia sbagliato l'ora del raid -la versione russa parla delle undici e mezza, ma l'attacco è avvenuto prima delle sette di mattina - e che il sarin per la sua natura instabile e corrosiva non possa essere stoccato già pronto all'uso (si possono solo conservare gli ingredienti e poi miscelarli con un procedimento speciale poco prima dell'uso: e noi siamo chiamati a credere che una bomba d'aeroplano abbia fatto tutto questo).

Poco importa che i testimoni diretti abbiano detto "ci ha colpito un aereo, il sarin è scaturito da quel bombardamento", che i team medici abbiano confermato l'uso di sarin, che sia uscito anche il tracciato radar dell'aereo che portava il missile caricato con l'agente tossico e che un reporter del Guardian Kareem Shaheen, sia arrivato e non abbia trovato nessun deposito sul luogo e abbia fotografato il punto d'impatto del missile -il mezzo ad una strada.

Poco importa perché ormai l'assadismo è questione di fede, chi vuole credere crede. L'assadismo, come categoria cruda del putinismo, è egemone, come si diceva della sinistra nella cultura degli anni Settanta: domina la conversazione, intimidisce i media, fa sentire molto intelligenti e aggressivi i suoi adepti e fa sentire i suoi critici marginali e inattuali. L'assadismo scorre potente. La versione data dal ministero russo è considerata quella autentica al punto che, come scrivono il sito della rete CNN e Politico, gli stessi sostenitori di Donald Trump lo abbandonano perché, messi davanti a una scelta, tra l'asse Assad/Putin e il presidente, scelgono il primo. Trump in qualche modo ha tradito la loro visione del mondo, si fida dei militari e dell'intelligence che sono certi della responsabilità dell'apparato militare siriano

 

Aggiungo tre cose:

 

1) per quale motivo Mosca, per meglio difendere il suo giocattolo siriano non ha tirato fuori ALCUNA PROVA, della innocenza di Assad perdendo così la meravigliosa occasione di sputtanare una volta per tutte i malvagi calunniatori occidentali e le loro menzogne?

Eppure Mosca dispone di Awacs, di sistemi di ascolto ed intercettazione, di un accesso illimitato al dispositivo militare siriano: perché quindi si è limitata ad una semplice ricostruzione generale, senza offrire alcuna prova a suo sostegno invece di sbatterci in faccia le prove della nostra malafede?

 

2) non è assolutamente vero che nessuno dei soccorritori non abbia sentito gli effetti del gas: alcuni di loro infatti sono collassati immediatamente dopo essere entrati nell'area dell'attacco: https://www.nytimes.com/2017/04/04/world/middleeast/syria-gas-attack.html?_r=0

 

3) è del tutto inesatto che l'annuncio dell'attacco sia stato dato solo dal famoso Osservatorio di Londra: perché invece la notizia è stata diffusa per prima dagli attivisti presenti nel villaggio colpito, come confermato dalle testimonianze dirette: http://www.npr.org/sections/parallels/2017/04/05/522093672/the-view-from-khan-shaykhun-a-syrian-describes-the-attacks-aftermath

 

Oltretutto anche in questa seconda testimonianza è precisato come i primi soccorritori siano stati visti cadere vittime del gas.

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l'hai comprato?

 

On Line non c'è traccia. Negli ultimi 7 giorni non appare nulla che possa apparire compatibile con quanto asserito da Savoini su Libero.

Per questo mi piacerebbe leggerlo, per vedere da dove lui ha tratto quella notizia.

Credo sarebbe utile per tutti scoprirlo.

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On Line non c'è traccia.

Quindi non l'hai comprato.

On line non mettono tutti gli articoli usciti sul giornale. Comunque è un articolo uscito ieri.

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Quindi non l'hai comprato.

On line non mettono tutti gli articoli usciti sul giornale. Comunque è un articolo uscito ieri.

 

Infatti ho fatto ricerche fino a sette giorni indietro da oggi. Nulla di compatibile.

È impossibile che una notizia del genere non sia stata messa online, perché toglierebbe acqua al mulino di Trump e il WP è ostile a Trump.

 

E tu invece l'hai comprato per dire che c'è?

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Ottime le dichiarazioni di Alfano al G7 e di Mattarella in visita a Mosca.

 

Se magari le metti qui fai un favore a tutti

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G7 Esteri, Tillerson: “Assad è alla fine”. Alfano: “Ma la transizione sarà politica”. Russia, non c’è intesa su nuove sanzioni

 

G7-Esteri-Lucca-2-675.jpg

 

Bashar al Assad è arrivato a fine corsa, ma a Damasco la transizione deve essere politica. Mosca deve scegliere da quale parte stare, ma per ora nessuna nuova sanzione. Sono state Siria e Russia gli argomenti principale del G7 dei ministri degli Esteri di Lucca.

 

“E’ chiaro a tutti noi che il regno di Assad sta arrivando alla fine“, ha detto il segretario di Stato Usa Rex Tillerson al termine del summit, nel quale i capi delle diplomazie dei sette grandi hanno concordato su fatto che “non ci può essere una soluzione per la Siria con Assad al potere”, ha riferito il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault a margine dei lavori, allargati ai Paesi del Golfo ed alla Turchia. “Dopo l’intervento americano (con il bombardamento di Shykrat, la base dalla quale sarebbero partiti i raid al gas sarina sui civili di Khan Sheikoun, ndr) si è aperta una finestra di opportunità per costruire una nuova condizione positiva per il processo politico in Siria, che riteniamo essere l’unica soluzione“, ha spiegato il capo della Farnesina Angelino Alfano, al termine della riunione straordinaria.

 

Da Lucca si è levato un appello a Mosca. “Diciamo ai russi, ‘cogliete questa opportunità per prendere le distanze dall’orrore del regime di Assad e mostrare con sincerità che volete la pace'”, ha insistito Ayrault. Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario di Stato Usa Rex Tillerson, secondo cui la Russia deve scegliere se sulla questione siriana stare con gli Stati Uniti e con i Paesi che la pensano allo stesso modo o con Assad, l’Iran e Hezbollah.

 

“La Russia non va isolata, anzi nei limiti del possibile va coinvolta nel processo di transizione politica sulla Siria”, e su questo punto il G7 “la pensa in modo significativamente unito”, ha spiegato Alfano. Per questo motivo “in questo momento non vi è un consenso per altre nuove sanzioni come strumento efficace per raggiungere gli obiettivi prefissati in Siria”. Il ministro degli Esteri ha ricordato che sulla questione “ci sono sensibilità diverse, e che Johnson (Boris, capo della diplomazia britannica, ndr) ha posto la questione, ma le sanzioni vanno considerate uno strumento per arrivare ad un obiettivo”.

 

“La base di tutto – ha proseguito – non può che essere il cessate il fuoco, durevole, efficace e sincero da parte di tutte le parti politiche in campo”. Il negoziato con la Russia “sarà complesso, ma la prima tappa è già molto importante”, ha aggiunto Alfano, riferendosi alla visita a Mosca, in programma oggi e domani, di Tillerson, che potrà contare su un “consenso molto convinto determinatosi tra ieri ed oggi qui a Lucca”.

 

Fonte

 

Direi che con gli USA che si espongono in questo modo non è più questione di se, ma di quando Assad lascerà il potere.

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G7 Esteri, Tillerson: “Assad è alla fine”. Alfano: “Ma la transizione sarà politica”. Russia, non c’è intesa su nuove sanzioni

 

Direi che con gli USA che si espongono in questo modo non è più questione di se, ma di quando Assad lascerà il potere.

 

Ci vorra un pò ancora ma credo che anche i russi scaricheranno pian piano Assad garantendogli una via d'uscita il più possibile dignitosa. Sarà probabilmente un pò più difficile convincere gli iraniani......

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Ci vorra un pò ancora ma credo che anche i russi scaricheranno pian piano Assad garantendogli una via d'uscita il più possibile dignitosa. Sarà probabilmente un pò più difficile convincere gli iraniani......

 

Ma sai, alla fine la politica è un do ut des, vedrai che Siria senza Assad vorrà dire Iraq lasciato agli iraniani. Tra l'altro è una "soluzione" che avevo accennato tempo fa anche qui sul topic, nel senso che dovendosi dividere la torta quella è la soluzione più logica, considerando che la Siria è al 75% sunnita mentre l'Iraq è a maggioranza sciita, diciamo che rimetti i due paesi nelle loro sfere d'influenza "naturali".

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