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*Michel le Roi*

Caso Plusvalenze: la Corte d'Appello FIGC riapre il processo e condanna la Juve a 15 punti di penalizzazione. Prosciolti tutti gli altri club

Post in rilievo

è una vigliaccata con la quale vogliono essere sicuri che la Juve non partecipi alle coppe europee a prescindere.

Col senno di poi si può affermare che l'azzeramento del cda precedente, in quel  preciso momento, ha dato il segnale che del club potevano fare carne di pòrco.

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Adesso, Roby76MJ ha scritto:

Ripeto, per me finisce qui...

Non può essere altrimenti per molti tifosi... ci siamo appassionati al calcio e alla Juve, non a questo.

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I complotti sono reali, non si tratta certo di complottismo quando si cerca di esporre certi complotti. É evidente che oggi come nel 2006 c´é un complotto molto reale contro la Juventus. Stavolta peró bisogna difendersi ed usare il pugno forte contro i nostri detrattori. 

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Adesso, The Answ3r ha scritto:

In ogni caso, quanta brutta pubblicità ancora per noi

La Juventus, siamo martoriati

Esatto, dal punto di vista mediatico un'altra botta, e con i social in questo stato di espansione è un disastro.

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Ci hanno ucciso la passione nel seguire questa squadra, uno pensava che il 2006 fosse stato eccessivo e avessero riconosciuto l'errore che ha affossato il calcio italiano, sono riusciti a fare peggio e c'è ancora un altro processo della Consob dove sicuro ci manderanno in B se è questo il metro di giudizio.

 

Speriamo nel ricorso al Coni ma se fossi la società andrei al TAR a costo di bloccare il calcio italiano e vediamo se hanno gli attributi.

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1 minuto fa, IlRuganiOlandese ha scritto:

È ora che bisogna lottare più che mai. 

Questo è il giorno in cui essere juventini ancor di più. 

 

Domineremo. Tempo al tempo. 

Certo, fino alla prossima inchiesta

  • Triste 1

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Adesso, Non c'è fretta ha scritto:

Cioè l'accusa chiedeva penalizzazione di 9 e chi doveva decidere se dare i 9 o non dare nulla ha detto ma no meglio 15. Ma si è mai vista una cosa del genere? 😂

Beh è possibile in ogni processo. 

Sportivo e non. 

 

È una sentenza politica, verrà ribaltata o comunque ridotta in scioltezza 

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Ma non capisco davvero la giustificazione di tutto ciò. Le plusvalenze fittizie come le dimostrano? Le fa solo la juve chi lo dimostra? Le intercettazioni da sole non valgono niente...non dimostrano nulla.... Ma su cosa è basato il tutto?

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1 minuto fa, asturias7 ha scritto:

LA PROSSIMA PARTITA LA JUVE NON SCENDE IN CAMPO. ECCO COSA FAREI, TANTO A COSA SERVIREBBE GIOCARE?

Ma questa società da quando è andato via L'Avvocato non ha più le palle.

Esattamente.

Facciamo saltare dirette tv ecc

 

#boicottiamoilcampionato

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Da Linkiesta,  avvocato Intrieri 

 

Quoto

Non c’è stato neanche bisogno di un processo, figuriamoci di unA sentenza di merito, che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa: ci si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate non tribunale ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’inquisizione

Italia

20 Gennaio 2023

Italian jobLa condanna della Juventus segna la fine del diritto e il trionfo della giustizia del popolo

Cataldo Intrieri

Non c’è stato neanche bisogno di un processo, figuriamoci di unA sentenza di merito, che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa: ci si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate non tribunale ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’inquisizione

LaPresse

La condanna in sede sportiva della Juventus non è un fatto puramente sportivo né roba da tifosi. È l’ennesimo segnale che la breve illusione di un ritorno del garantismo è già finita, mentre torna alla ribalta il mai sopito sentimento di “giustizia del popolo”.

La giustizia sportiva, se possibile, ha dimostrato di versare in condizioni anche più precarie di quella ordinaria.

In un normale ordinamento di uno Stato di diritto, una delle poche certezze è lo scudo del “giudicato penale”, ovvero la certezza che una volta riconosciuto innocente dopo i vari gradi di giudizio niente potrà riportarti a subire un nuovo processo per lo stesso fatto.

Nell’ordinamento sportivo non solo è possibile ciò, ma il giudice, il medesimo giudice, può smentire sé stesso e dopo aver dichiarato che una determinata condotta ancorché opaca non è punibile perché manca una norma del codice che lo preveda, dopo qualche mese decida esattamente l’opposto e che di una legge si può fare a meno nella scia di ciò che indica una procura della repubblica.

Qui sta il punto delicato che riguarda tutti, anche chi non mastica calcio: la corte sportiva ha sconfessato sé stessa perché sollecitata dalla magistratura, a cui a sua volta viene rilasciato un primo timbro di validità sull’esito di una indagine clamorosa.

Questo giornale ha già avuto modo di spiegare le numerose perplessità sulle ipotesi di reato formulate dalla procura di Torino contro l’ex gruppo dirigente della Juventus che ha costruito la schiacciante superiorità societaria e calcistica del club per un decennio, ma ciò che va sottolineato è che, in barba alla decantata “autonomia” dell’ordinamento sportivo, in realtà come sempre nella realtà italiana, a partire dalla politica, conta solo ciò che decide la magistratura.

Nel caso della Juventus poi non c’è stato neanche bisogno di una sentenza di merito che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa.

Il tipico “italian job” giudiziario si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate in un processo pubblico ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’ inquisizione e, come ti sbagli?, del solito mucchietto di intercettazioni.

Italia

20 Gennaio 2023

Italian jobLa condanna della Juventus segna la fine del diritto e il trionfo della giustizia del popolo

Cataldo Intrieri

Non c’è stato neanche bisogno di un processo, figuriamoci di unA sentenza di merito, che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa: ci si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate non tribunale ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’inquisizione

LaPresse

La condanna in sede sportiva della Juventus non è un fatto puramente sportivo né roba da tifosi. È l’ennesimo segnale che la breve illusione di un ritorno del garantismo è già finita, mentre torna alla ribalta il mai sopito sentimento di “giustizia del popolo”.

La giustizia sportiva, se possibile, ha dimostrato di versare in condizioni anche più precarie di quella ordinaria.

In un normale ordinamento di uno Stato di diritto, una delle poche certezze è lo scudo del “giudicato penale”, ovvero la certezza che una volta riconosciuto innocente dopo i vari gradi di giudizio niente potrà riportarti a subire un nuovo processo per lo stesso fatto.

Nell’ordinamento sportivo non solo è possibile ciò, ma il giudice, il medesimo giudice, può smentire sé stesso e dopo aver dichiarato che una determinata condotta ancorché opaca non è punibile perché manca una norma del codice che lo preveda, dopo qualche mese decida esattamente l’opposto e che di una legge si può fare a meno nella scia di ciò che indica una procura della repubblica.

Qui sta il punto delicato che riguarda tutti, anche chi non mastica calcio: la corte sportiva ha sconfessato sé stessa perché sollecitata dalla magistratura, a cui a sua volta viene rilasciato un primo timbro di validità sull’esito di una indagine clamorosa.

Questo giornale ha già avuto modo di spiegare le numerose perplessità sulle ipotesi di reato formulate dalla procura di Torino contro l’ex gruppo dirigente della Juventus che ha costruito la schiacciante superiorità societaria e calcistica del club per un decennio, ma ciò che va sottolineato è che, in barba alla decantata “autonomia” dell’ordinamento sportivo, in realtà come sempre nella realtà italiana, a partire dalla politica, conta solo ciò che decide la magistratura.

Nel caso della Juventus poi non c’è stato neanche bisogno di una sentenza di merito che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa.

Il tipico “italian job” giudiziario si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate in un processo pubblico ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’ inquisizione e, come ti sbagli?, del solito mucchietto di intercettazioni.

A quanto pare, vista l’assoluzione delle altre società, sono state queste l’elemento decisivo. Poco importa se non sono state ancora sottoposte a perizia, che non si è chiesta una spiegazione a chi certe frasi ha pronunciato.

Un’imbarazzante manifestazione di subordinazione culturale e politica ben simboleggiata dal timoroso ministro dello Sport Giancarlo Abodi che un minuto dopo la richiesta di revocazione della precedente assoluzione aveva già liquidato la questione dell’innocenza juventina («nel calcio si muore e si risorge») porgendo in anticipo le condoglianze.

Italia

20 Gennaio 2023

Italian jobLa condanna della Juventus segna la fine del diritto e il trionfo della giustizia del popolo

Cataldo Intrieri

Non c’è stato neanche bisogno di un processo, figuriamoci di unA sentenza di merito, che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa: ci si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate non tribunale ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’inquisizione

LaPresse

La condanna in sede sportiva della Juventus non è un fatto puramente sportivo né roba da tifosi. È l’ennesimo segnale che la breve illusione di un ritorno del garantismo è già finita, mentre torna alla ribalta il mai sopito sentimento di “giustizia del popolo”.

La giustizia sportiva, se possibile, ha dimostrato di versare in condizioni anche più precarie di quella ordinaria.

In un normale ordinamento di uno Stato di diritto, una delle poche certezze è lo scudo del “giudicato penale”, ovvero la certezza che una volta riconosciuto innocente dopo i vari gradi di giudizio niente potrà riportarti a subire un nuovo processo per lo stesso fatto.

Nell’ordinamento sportivo non solo è possibile ciò, ma il giudice, il medesimo giudice, può smentire sé stesso e dopo aver dichiarato che una determinata condotta ancorché opaca non è punibile perché manca una norma del codice che lo preveda, dopo qualche mese decida esattamente l’opposto e che di una legge si può fare a meno nella scia di ciò che indica una procura della repubblica.

Qui sta il punto delicato che riguarda tutti, anche chi non mastica calcio: la corte sportiva ha sconfessato sé stessa perché sollecitata dalla magistratura, a cui a sua volta viene rilasciato un primo timbro di validità sull’esito di una indagine clamorosa.

Questo giornale ha già avuto modo di spiegare le numerose perplessità sulle ipotesi di reato formulate dalla procura di Torino contro l’ex gruppo dirigente della Juventus che ha costruito la schiacciante superiorità societaria e calcistica del club per un decennio, ma ciò che va sottolineato è che, in barba alla decantata “autonomia” dell’ordinamento sportivo, in realtà come sempre nella realtà italiana, a partire dalla politica, conta solo ciò che decide la magistratura.

Nel caso della Juventus poi non c’è stato neanche bisogno di una sentenza di merito che accettasse i fatti garantendo il contraddittorio tra difesa e accusa.

Il tipico “italian job” giudiziario si accontenta di una richiesta di rinvio a giudizio, di ipotesi non vivisezionate in un processo pubblico ma frettolosamente citate in un dibattimento tenuto rigorosamente segreto come ai tempi dell’ inquisizione e, come ti sbagli?, del solito mucchietto di intercettazioni.

A quanto pare, vista l’assoluzione delle altre società, sono state queste l’elemento decisivo. Poco importa se non sono state ancora sottoposte a perizia, che non si è chiesta una spiegazione a chi certe frasi ha pronunciato.

Un’imbarazzante manifestazione di subordinazione culturale e politica ben simboleggiata dal timoroso ministro dello Sport Giancarlo Abodi che un minuto dopo la richiesta di revocazione della precedente assoluzione aveva già liquidato la questione dell’innocenza juventina («nel calcio si muore e si risorge») porgendo in anticipo le condoglianze.

Sarà un caso ma è un segnale che va ad aggiungersi alle polemiche pretestuose della magistratura sulla riforma Cartabia, all’aggressione insolente del loquace ministro Carlo Nordio, alle scomuniche di chi osi solo criticare l’anti-mafia di maniera, e l’idolatria del carcere.

Così, stasera, anche un qualsiasi tifoso milanista si chiede per chi suona la campana con la sgradevole sensazione che non sia solo per l’odiata Juventus.

 

 

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Com'era la storia che questa volta ci saremmo difesi?

Ogni volta mille promesse e poi il nulla cosmico, con l'aggravante che, così facendo, si continua a dar ragione alle capre antijuventine.

 

Spiace solo per i giocatori, da sportivo, da ex atleta, vedere che vittorie e sconfitte maturate sul campo ti vengono invalidate da un tribunale è sempre brutto.

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