Concordo parola per parola. Post dall'alto senso civico ed educativo, da stampare, incorniciare, e far leggere sempre a tante persone che, in tutti i settori, PRETENDONO prestazioni e risultati dagli altri, giudicando rozzamente solo in base a criteri meramente quantitativi.
Ed è proprio perchè, come giustamente dici nella tua frase d'esordio, viviamo in una società di questo tipo, che le persone stanno male. Gli Stati Uniti, il Paese più ricco, opulento e potente del mondo, simbolo di questo modello consumista e ipercompetitivo, hanno la seguente situazione:
- Un cittadino su 5 sviluppa, almeno una volta all'anno, problemi psichici;
- il 5% presenta seri problemi di salute mentale
- Circa il 16% dei ragazzi tra i 16 e i 17 anni hanno forti problemi di natura psicologica;
- Nella fascia d'età compresa tra i 10 e i 34 anni il suicidio è la seconda causa di morte.
- 564 americani su mille fanno uso abituale di psicofarmaci;
Fonte: National Alliance on Mental Illness del 2020 .
La nostra è, in tutta evidenza, una società che fa male.
Credo che ci siano da ripensare, se non vogliamo condannarci alla malattia e all'infelicità, tutto un sistema di concetti, di percezioni, e di valori.
ALLA RADICE.
E mi fermo anche io qui, perchè non voglio, stasera, scendere su terreni che vanno molto al di là dello sport, e che appartengono all'analisi strettamente sociologica delle società cosiddette "avanzate".
Anche a me, praticandolo a lungo, il tennis ha insegnato molto: il rispetto per l'avversario (e quindi per gli altri); la consapevolezza di non poter sempre primeggiare (perchè, nella vita, per quanto tu sia bravo, o t'impegni, c'è sempre qualcuno che ne sa più di te, è più preparato, e riesce a fare le cose meglio di te); la voglia d'imparare da chi è più bravo, e non scadere nel vittimismo o, peggio, nella denigrazione perchè lui ottiene certi risultati e io no; ad accettare i miei limiti e ad essere contento se, semplicemente, quando ho di fronte una situazione, so di aver fatto quello che ho potuto (di più, non potevo fare); di confrontarmi con la mentalità altrui, per vedere similitudini e differenze; e, infine (e un tennista lo sa, non importa il suo livello), mi ha insegnato a combattere, oltre che, banalmente, per la vittoria della partita, anche per le mie idee, per quello in cui credo, per ciò che considero giusto.
E così, alla fine, quando terminerà la mia partita, io andrò lentamente verso la rete, e, di fronte alla mia vita, prima di andarmene, come sempre, le stringerò la mano.
Buona serata a tutti, fratelli di racchetta.