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Lev

[Topic Unico] L'Angolo del Guru

Post in rilievo

6 minuti fa, lokom ha scritto:

che sono 16 lordi, più 10/15 mln alla firma x 5 anni di contratto. Operazione da 100mln 

soldi che non spenderà mai nessuno per vlahovic

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4 minuti fa, lokom ha scritto:

che sono 16 lordi, più 10/15 mln alla firma x 5 anni di contratto. Operazione da 100mln 

anche a me piacerebbe un altro attaccante di livello superiore a Dusan...ma credo proprio che i costi sarebbero ben maggiori

tanto per dire per Lucca costo cartellino circa 35 mil e ingaggio 2 mil netti...Lucca eh...

 

Oppure si prova con uno semi sconosciuto e non sotto i riflettori a costi inferiori a nostro rischio e pericolo

 

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10 minuti fa, lokom ha scritto:

che sono 16 lordi, più 10/15 mln alla firma x 5 anni di contratto. Operazione da 100mln 

io ritengo vlahovic out, 100mln la juve non puo e non deve spenderli per un giocatore cosi, nemmeno se si fa una plus di 50 con david.

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Questi sono gli stessi anni di quando volevamo Xavi Alonso, ma portavano Poulsen. 
Di quando volevamo Kuyt ma portavano Martinez. 
 

Frattesi e Malinovsky… non li prenderei neanche per fare i camerieri da me.

 

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58 minuti fa, Anubic ha scritto:

Discorso Douglas Luiz: difficilmente il Nottingham Forest agevolerà la Juventus per il suo riscatto
Il centrocampista brasiliano è stato sostituto per la terza volta in stagione all'intervallo e il tecnico Dyche sembra preferire giocatori di corsa (già a gennaio sta cercando un altro centrocampista). L'obbligo, che scatta a 15 presenze da 45', da 25mln € + 3.5 eventuali di bonus resta ancora in dubbio.

🗞 Mirko Di Natale

 

Quando fanno terrorismo mi fanno girare le balle 

Se lo toglie all'intervallo e la presenza deve essere da 45 minuti, allora vale. Scrivere cose a caso proprio 

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9 minuti fa, Tenente Colombo ha scritto:

il punto 1 non lo vedo benissimo, sul 2abbiamo gia mckennie che spalletti inserira proprio li credo, e non nei 2 a centrocampo.

sul punto 3 importante norelegare yildiz solo laterale

McKennie pecca in continuità e precisione nel servire i compagni

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A me Frattesi piace, con Inzaghi non si è trovato (Chivu sta facendo copia incolla, quindi difficile potesse cambiare il suo apporto). E' un giocatore che fa gol pesanti in partite difficili, questo significa avere carattere. E come tipologia di giocatore è sicuramente "spallettiano".

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La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. […]  “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”.

 

“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato. L’Avvocato era forse l’uomo più popolare d’Italia”. Perché essere amati non è un ornamento del potere, dice De Benedetti: “E’ una parte dell’ingegneria che lo regge, il potere”.

 

Senza quella quota di riconoscimento collettivo, anche l’imprenditore più abile, o l’erede di una grande fortuna famigliare, diventa un amministratore provvisorio. Sottoposto ai pericoli.

“L’ammirazione, la benevolenza degli altri, sono un capitale”. Non figurano nei bilanci, ma determinano tutto il resto. “La notte prima dei funerali di Gianni Agnelli quattrocentomila torinesi salirono sul tetto del Lingotto per salutarlo. Quattrocentomila! Si rende conto? Metà della città”.

 

Unire potere e popolarità era il talento dell’Avvocato, dice De Benedetti, che era amico e compagno di gioco di Umberto Agnelli sin da bambino.

 

[…] “John Elkann tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Gli strumenti della popolarità erano la Fiat, certo. Ma anche la Juve, oggi talmente in crisi che Giampiero Mughini dice che “dovrebbe cambiare nome”, e poi la Ferrari che non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025, e ovviamente i giornali:

“I miei figli, Marco e Rodolfo, vendettero a Elkann quello che allora era il più grosso gruppo editoriale della sinistra che esisteva in Europa. Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. Carlo Calenda dice che Elkann comprò Repubblica per comprarsi il Pd e la Cgil. “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo. Senza mai chiedere niente”.

 

E coi giornali polverizzati, la Juventus periclitante, la Ferrari perdente, la Fiat delocalizzata, ripete De Benedetti, “vedrete che se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani. D’altra parte è già ai servizi sociali”.

Per la vicenda dell’eredità di sua nonna, Donna Marella. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”.

 

[…] Deve pur averlo un talento, questo distruttore di mondi. O no? “E’ bravo negli investimenti finanziari”, taglia corto De Benedetti. “E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita un esempio: Via, azienda israeliana oggi nel portafoglio Exor.

 

“Un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto. Ci ho investito anch’io: software per gli autobus nelle città”. Poi torna al punto, l’Ingegnere: “Una volta fatto l’investimento, John non sa far fare fortuna alle aziende. Le dico solo che, a un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica.

Uno che non capiva nulla, né di pallone né di carta. Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John, non so se alle elementari o alle medie... Sa qual è la fortuna del Corriere della Sera?”. Lo dica lei. “Che a Elkann fallì la scalata. E ora lì c’è Urbano Cairo che è bravissimo. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro, al Corriere”.

 

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

 

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1 hour ago, baggio18 said:

il blocco italiano si poteva costruire scegliendo meglio la gente giusta e formarlo più competitivo.

Che il movimento sia mediocre è vero ma è vero anche che abbiamo scelto gente sbagliata o ne abbiamo sottovalutato il valore . In altri casi siamo stati sfortunati (per esempio i problemi fisici di chiesa , proprio mentre si stava invece affermando come top player a livello internazionale) 

 

Per esempio è errore grave non aver insistito su Calafiori, errore aver sottovalutato Palestra questa estate(a quanto si racconta) 

La Juventus deve semplicemente tornare a comprare bene già in ambito nazionale e sarebbe già un passo importante 

 

Poi oh sarà una tesi da quinta elementare anzi che no ma sarebbe già tanto tornare a fare cose elementari 

Va bè 

Secondo me invece hanno fatto benissimo (o ci è andata di *)...

 

 

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3 minuti fa, Gobbo di Notre Dame ha scritto:

La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. […]  “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”.

 

“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato. L’Avvocato era forse l’uomo più popolare d’Italia”. Perché essere amati non è un ornamento del potere, dice De Benedetti: “E’ una parte dell’ingegneria che lo regge, il potere”.

 

Senza quella quota di riconoscimento collettivo, anche l’imprenditore più abile, o l’erede di una grande fortuna famigliare, diventa un amministratore provvisorio. Sottoposto ai pericoli.

“L’ammirazione, la benevolenza degli altri, sono un capitale”. Non figurano nei bilanci, ma determinano tutto il resto. “La notte prima dei funerali di Gianni Agnelli quattrocentomila torinesi salirono sul tetto del Lingotto per salutarlo. Quattrocentomila! Si rende conto? Metà della città”.

 

Unire potere e popolarità era il talento dell’Avvocato, dice De Benedetti, che era amico e compagno di gioco di Umberto Agnelli sin da bambino.

 

[…] “John Elkann tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Gli strumenti della popolarità erano la Fiat, certo. Ma anche la Juve, oggi talmente in crisi che Giampiero Mughini dice che “dovrebbe cambiare nome”, e poi la Ferrari che non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025, e ovviamente i giornali:

“I miei figli, Marco e Rodolfo, vendettero a Elkann quello che allora era il più grosso gruppo editoriale della sinistra che esisteva in Europa. Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. Carlo Calenda dice che Elkann comprò Repubblica per comprarsi il Pd e la Cgil. “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo. Senza mai chiedere niente”.

 

E coi giornali polverizzati, la Juventus periclitante, la Ferrari perdente, la Fiat delocalizzata, ripete De Benedetti, “vedrete che se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani. D’altra parte è già ai servizi sociali”.

Per la vicenda dell’eredità di sua nonna, Donna Marella. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”.

 

[…] Deve pur averlo un talento, questo distruttore di mondi. O no? “E’ bravo negli investimenti finanziari”, taglia corto De Benedetti. “E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita un esempio: Via, azienda israeliana oggi nel portafoglio Exor.

 

“Un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto. Ci ho investito anch’io: software per gli autobus nelle città”. Poi torna al punto, l’Ingegnere: “Una volta fatto l’investimento, John non sa far fare fortuna alle aziende. Le dico solo che, a un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica.

Uno che non capiva nulla, né di pallone né di carta. Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John, non so se alle elementari o alle medie... Sa qual è la fortuna del Corriere della Sera?”. Lo dica lei. “Che a Elkann fallì la scalata. E ora lì c’è Urbano Cairo che è bravissimo. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro, al Corriere”.

 

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

 

dice chiaramente cose che sa, che gran parte di noi avevano già capito ( o stanno capendo)

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4 ore fa, baggio18 ha scritto:

:d

 

era /sarebbe da prendere Palestra, era da prendere Donnarumma(per me lontano dai Buffon Zoff ma era una tipologia di acquisto da fare) . Era da prendere Calafiori 

 

Frattesi è un giocatore piuttosto normale /discreto, ti ritroveresti a fare gli stessi discorsi che si fanno oggi per tutti quelli che abbiamo 

è abbastanza inutile aggiungere giocatori giusto per.. ci deve essere qualcosa in più . Frattesi ha senso aggiungerlo proprio nell' Inter che ha già barella chala ecc allora a completare un reparto può andare bene

Sono d'accordo che Frattesi non sia il giocatore che ci possa far fare il salto di qualità, poi se abbiamo le disponibilità per rivoluzionare tutto il centrocampo nella batteria ci può stare perché con i suoi inserimenti è in grado di spaccare le partite, però noi dobbiamo partire da un regista serio che vada a togliere il posto al capitano.

 

Gli unici di un certo livello sono Donnarumma, Calafiori, Tonali, Barella, Bastoni e Di Marco. Palestra è l'unico, fuori da questo gruppo, su cui si potrebbe puntare perché sembra sia forte che con personalità, già l'anno scorso la dea chiedeva 30, chissà adesso.

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8 minuti fa, Gobbo di Notre Dame ha scritto:

La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. […]  “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”.

 

“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato. L’Avvocato era forse l’uomo più popolare d’Italia”. Perché essere amati non è un ornamento del potere, dice De Benedetti: “E’ una parte dell’ingegneria che lo regge, il potere”.

  

Senza quella quota di riconoscimento collettivo, anche l’imprenditore più abile, o l’erede di una grande fortuna famigliare, diventa un amministratore provvisorio. Sottoposto ai pericoli.

“L’ammirazione, la benevolenza degli altri, sono un capitale”. Non figurano nei bilanci, ma determinano tutto il resto. “La notte prima dei funerali di Gianni Agnelli quattrocentomila torinesi salirono sul tetto del Lingotto per salutarlo. Quattrocentomila! Si rende conto? Metà della città”.

 

Unire potere e popolarità era il talento dell’Avvocato, dice De Benedetti, che era amico e compagno di gioco di Umberto Agnelli sin da bambino.

 

[…] “John Elkann tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Gli strumenti della popolarità erano la Fiat, certo. Ma anche la Juve, oggi talmente in crisi che Giampiero Mughini dice che “dovrebbe cambiare nome”, e poi la Ferrari che non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025, e ovviamente i giornali:

“I miei figli, Marco e Rodolfo, vendettero a Elkann quello che allora era il più grosso gruppo editoriale della sinistra che esisteva in Europa. Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. Carlo Calenda dice che Elkann comprò Repubblica per comprarsi il Pd e la Cgil. “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo. Senza mai chiedere niente”.

  

E coi giornali polverizzati, la Juventus periclitante, la Ferrari perdente, la Fiat delocalizzata, ripete De Benedetti, “vedrete che se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani. D’altra parte è già ai servizi sociali”.

Per la vicenda dell’eredità di sua nonna, Donna Marella. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”.

  

[…] Deve pur averlo un talento, questo distruttore di mondi. O no? “E’ bravo negli investimenti finanziari”, taglia corto De Benedetti. “E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita un esempio: Via, azienda israeliana oggi nel portafoglio Exor.

 

“Un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto. Ci ho investito anch’io: software per gli autobus nelle città”. Poi torna al punto, l’Ingegnere: “Una volta fatto l’investimento, John non sa far fare fortuna alle aziende. Le dico solo che, a un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica.

 Uno che non capiva nulla, né di pallone né di carta. Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John, non so se alle elementari o alle medie... Sa qual è la fortuna del Corriere della Sera?”. Lo dica lei. “Che a Elkann fallì la scalata. E ora lì c’è Urbano Cairo che è bravissimo. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro, al Corriere”.

  

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

 

 

 

si può aggiungere un fatto abbastanza inquietante: mi sapete nominare un solo dirigente scelto da Elkann che si sia rivelato una scelta azzeccata?

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1 hour ago, Anubic said:

Discorso Douglas Luiz: difficilmente il Nottingham Forest agevolerà la Juventus per il suo riscatto
Il centrocampista brasiliano è stato sostituto per la terza volta in stagione all'intervallo e il tecnico Dyche sembra preferire giocatori di corsa (già a gennaio sta cercando un altro centrocampista). L'obbligo, che scatta a 15 presenze da 45', da 25mln € + 3.5 eventuali di bonus resta ancora in dubbio.

🗞 Mirko Di Natale

 

Quando fanno terrorismo mi fanno girare le balle 

Un saluto all amico Mirko che ci legge sempre ahah

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9 minuti fa, teojuve89 ha scritto:

A me Frattesi piace, con Inzaghi non si è trovato (Chivu sta facendo copia incolla, quindi difficile potesse cambiare il suo apporto). E' un giocatore che fa gol pesanti in partite difficili, questo significa avere carattere. E come tipologia di giocatore è sicuramente "spallettiano".

esatto. Sarebbe oro rispetto ai nostri attuali centrocampisti. Se poi riesci anche a prendere Goretzka a zero, finalmente avremmo un centrocampo degno di tale nome!

Ricordiamoci sempre, prima di fantasticare su dei nomi impossibili, che siamo con le pezze al ciulo e con il fiato dello sloveno sul collo...

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10 minuti fa, Gobbo di Notre Dame ha scritto:

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

Ma De Benedetti ancora parla?? Lui??? Parla di imprenditoria???? Un bancarottiere incallito???

Ma 'sta gente non può serenamente dedicarsi al proprio tramonto ed occuparsi dei nipotini senza rendersi ridicola, che già han fatto tanti danni in vita?

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13 minuti fa, Gobbo di Notre Dame ha scritto:

La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. […]  “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”.

 

“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato. L’Avvocato era forse l’uomo più popolare d’Italia”. Perché essere amati non è un ornamento del potere, dice De Benedetti: “E’ una parte dell’ingegneria che lo regge, il potere”.

 

Senza quella quota di riconoscimento collettivo, anche l’imprenditore più abile, o l’erede di una grande fortuna famigliare, diventa un amministratore provvisorio. Sottoposto ai pericoli.

“L’ammirazione, la benevolenza degli altri, sono un capitale”. Non figurano nei bilanci, ma determinano tutto il resto. “La notte prima dei funerali di Gianni Agnelli quattrocentomila torinesi salirono sul tetto del Lingotto per salutarlo. Quattrocentomila! Si rende conto? Metà della città”.

 

Unire potere e popolarità era il talento dell’Avvocato, dice De Benedetti, che era amico e compagno di gioco di Umberto Agnelli sin da bambino.

 

[…] “John Elkann tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Gli strumenti della popolarità erano la Fiat, certo. Ma anche la Juve, oggi talmente in crisi che Giampiero Mughini dice che “dovrebbe cambiare nome”, e poi la Ferrari che non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025, e ovviamente i giornali:

“I miei figli, Marco e Rodolfo, vendettero a Elkann quello che allora era il più grosso gruppo editoriale della sinistra che esisteva in Europa. Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. Carlo Calenda dice che Elkann comprò Repubblica per comprarsi il Pd e la Cgil. “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo. Senza mai chiedere niente”.

 

E coi giornali polverizzati, la Juventus periclitante, la Ferrari perdente, la Fiat delocalizzata, ripete De Benedetti, “vedrete che se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani. D’altra parte è già ai servizi sociali”.

Per la vicenda dell’eredità di sua nonna, Donna Marella. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”.

 

[…] Deve pur averlo un talento, questo distruttore di mondi. O no? “E’ bravo negli investimenti finanziari”, taglia corto De Benedetti. “E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita un esempio: Via, azienda israeliana oggi nel portafoglio Exor.

 

“Un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto. Ci ho investito anch’io: software per gli autobus nelle città”. Poi torna al punto, l’Ingegnere: “Una volta fatto l’investimento, John non sa far fare fortuna alle aziende. Le dico solo che, a un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica.

Uno che non capiva nulla, né di pallone né di carta. Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John, non so se alle elementari o alle medie... Sa qual è la fortuna del Corriere della Sera?”. Lo dica lei. “Che a Elkann fallì la scalata. E ora lì c’è Urbano Cairo che è bravissimo. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro, al Corriere”.

 

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

 

Finalmente qualcuno di grosso e mediatico che ha il coraggio di dirlo

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Quoto

Giuntoli potrebbe presto iniziare una nuova avventura dopo l’esonero dalla Juventus: si è proposto a questa big! Ecco il retroscena

 

In una stagione di Serie A che sta riservando colpi di scena in vetta e in coda, c’è una piazza storica che vive ore di profonda angoscia. La Fiorentina, nobile decaduta di questo campionato 2025/26, versa in una crisi tecnica e di risultati che ha fatto scattare l’allarme rosso: lo spettro della retrocessione in Serie B è diventato maledettamente reale. In questo scenario drammatico, spunta una candidatura eccellente per tentare il miracolo sportivo: Cristiano Giuntoli.

L’indiscrezione: contatti avviati tramite intermediari

Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Giornale, l’ex Football Director della Juventussarebbe pronto a rimettersi in gioco immediatamente. Dopo la fine della sua esperienza in bianconero – un capitolo durato meno del previsto e conclusosi senza i risultati sperati, lasciando il posto alla nuova gestione Comolli – il dirigente toscano avrebbe una gran voglia di riscatto.

 

Le indiscrezioni parlano di un Giuntoli che, attraverso una rete di amici fidati e intermediari, si sarebbe proposto alla dirigenza viola. L’obiettivo? Prendere in mano le redini dell’area tecnica per guidare la missione salvezza.

Scouting tra Londra e Parigi: pronto per il mercato

Nonostante lo stop forzato, l’architetto del terzo Scudetto del Napoli non è rimasto con le mani in mano. In questi mesi, Giuntoli è stato avvistato frequentemente tra Francia e Inghilterra, setacciando gli stadi di Ligue 1 e Premier League. Un aggiornamento professionale continuo che lo renderebbe l’uomo ideale per intervenire subito sul mercato di gennaio.

La Fiorentina ha bisogno di correttivi immediati e di interventi mirati per puntellare una rosa che ha smarrito certezze. La competenza di Giuntoli nello scovare talenti e nel gestire situazioni di rifondazione potrebbe essere la medicina giusta per una squadra malata.

La palla a Commisso

Ora la decisione spetta a Rocco Commisso. Il Presidente della Fiorentina deve valutare se affidarsi a un “big” della dirigenza italiana per evitare il disastro sportivo ed economico della retrocessione. L’ingaggio di Giuntoli sarebbe un segnale forte alla piazza e allo spogliatoio, ma i tempi stringono: gennaio è alle porte e a Firenze non è più tempo di scommesse, serve certezza.

 

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4 minuti fa, Lagavulin84 ha scritto:

 

 

si può aggiungere un fatto abbastanza inquietante: mi sapete nominare un solo dirigente scelto da Elkann che si sia rivelato una scelta azzeccata?

Bhé Marotta.

Alla Fiat mi pare che Marchionne l'abbia scelto lui (e tutti quelli che dirigono la Ferrari - intesa come impresa non come reparto corse che epraltro a parte Forumla 1 va bene - che hanno raggiunto grandi risultati).

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7 minuti fa, Gobbo di Notre Dame ha scritto:

La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. […]  “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”.

 

“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato. L’Avvocato era forse l’uomo più popolare d’Italia”. Perché essere amati non è un ornamento del potere, dice De Benedetti: “E’ una parte dell’ingegneria che lo regge, il potere”.

 

Senza quella quota di riconoscimento collettivo, anche l’imprenditore più abile, o l’erede di una grande fortuna famigliare, diventa un amministratore provvisorio. Sottoposto ai pericoli.

“L’ammirazione, la benevolenza degli altri, sono un capitale”. Non figurano nei bilanci, ma determinano tutto il resto. “La notte prima dei funerali di Gianni Agnelli quattrocentomila torinesi salirono sul tetto del Lingotto per salutarlo. Quattrocentomila! Si rende conto? Metà della città”.

 

Unire potere e popolarità era il talento dell’Avvocato, dice De Benedetti, che era amico e compagno di gioco di Umberto Agnelli sin da bambino.

 

[…] “John Elkann tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Gli strumenti della popolarità erano la Fiat, certo. Ma anche la Juve, oggi talmente in crisi che Giampiero Mughini dice che “dovrebbe cambiare nome”, e poi la Ferrari che non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025, e ovviamente i giornali:

“I miei figli, Marco e Rodolfo, vendettero a Elkann quello che allora era il più grosso gruppo editoriale della sinistra che esisteva in Europa. Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. Carlo Calenda dice che Elkann comprò Repubblica per comprarsi il Pd e la Cgil. “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo. Senza mai chiedere niente”.

 

E coi giornali polverizzati, la Juventus periclitante, la Ferrari perdente, la Fiat delocalizzata, ripete De Benedetti, “vedrete che se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani. D’altra parte è già ai servizi sociali”.

Per la vicenda dell’eredità di sua nonna, Donna Marella. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”.

 

[…] Deve pur averlo un talento, questo distruttore di mondi. O no? “E’ bravo negli investimenti finanziari”, taglia corto De Benedetti. “E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita un esempio: Via, azienda israeliana oggi nel portafoglio Exor.

 

“Un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto. Ci ho investito anch’io: software per gli autobus nelle città”. Poi torna al punto, l’Ingegnere: “Una volta fatto l’investimento, John non sa far fare fortuna alle aziende. Le dico solo che, a un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica.

Uno che non capiva nulla, né di pallone né di carta. Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John, non so se alle elementari o alle medie... Sa qual è la fortuna del Corriere della Sera?”. Lo dica lei. “Che a Elkann fallì la scalata. E ora lì c’è Urbano Cairo che è bravissimo. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro, al Corriere”.

 

Carlo De Benedetti su John Elkann: Illuminante

 

Sì ma allora che si fa? Ormai la situazione l’hanno capita pure i sassi. Comunque quando vincevamo 9 scudetti di fila c’era sempre lui al comando solo che la Juve la gestiva gente competente come Marotta e altri come Nedved e Agnelli che oltre a capire di calcio amano la Juve. Non capisco perché si ostini a continuare così. Basterebbe prendere un Del Piero e metterlo a fare il presidente con pieni poteri. Poi la struttura se la crea lui non Comolli che non sta certo spiccando per competenza. Ci deve essere uno competente che avalli le scelte tecniche e uno altrettanto valido che dica se finanziariamente quell’acquisto si può fare o no. Poi cannare un paio di acquisti è normalissimo ma cannarli tutti significa non essere proprio all’altezza 

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