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Visualizzazione di contenuti con la più alta reputazione 08/09/2025 in tutte le aree
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9 puntiil fuorigioco però sarà sempre questione di millimetri. Anche con questa nuova regola, avremo goal annullati perché l'attaccante è avanti di un millimetro rispetto al difensore e viceversa. Quindi, posso concordare sul fatto che questa nuova regola potrebbe portare a più goal, però quando si parla di fuorigioco, non si potrà MAI e poi MAI eliminare le situazioni al limite, nè con la soglia di tolleranza, ne spostando il fuorigioco più avanti o più indietro.
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8 puntiIl concetto di "non ci saranno più i fuorigioco di 1 mm" non ha nessun senso perchè semplicemente si traslerà il concetto alla nuova regola. 1 attaccante che avrà il tallone 1 cm oltre il mignolo del difensore sarà comunque ridicolmente in fuorigioco rispetto ad uno che avrà il tallone sovrapposto di 1 cm rispetto al mignolo del difensore. Così come succede adesso ma con regola differente
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7 punti
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7 puntiho visto il video senza conoscere il risultato. Sembrava una partita equilibrata, sembrava...
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7 punti
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7 puntiConcluso il mercato estivo, il DG della Juventus, Damiano Comolli, deve prendere in mano il fascicolo relativo alla figura del 'direttore sportivo'. Dopo aver formato una squadra composta da Francois Modesto (Direttore tecnico) e da Giorgio Chiellini (Direttore delle strategie calcistiche), alla gestione sportiva bianconera manca un ds operativo, ruolo per il quale ci sono alcuni candidati, ma ancora nessuna scelta. La scelta del nome, e la decisione su come questi dirigenti si coordineranno fra di loro e con il DG, sarà il prossimo esame per Comolli. Prima del mercato di gennaio. La Juventus durante l'autunno avrà un nuovo direttore sportivo. Come raccontato da Romeo Agresti sul suo canale iltuotubo, sarà presumibilmente una figura moderna, che avrà un ruolo importante anche nel reparto ricerca. Nei mesi scorsi la Juve ha valutato diversi nomi, da Marco Ottolini a Frederic Massara, senza poi affondare: l'ex bianconero Ottolini (ex Juventus prossima generazione) è rimasto al Genoa, mentre Massara è tornato alla Roma. La ricerca del prossimo ds, però, è tutt'altro che terminata, perciò le prossime settimane saranno importanti anche sotto questo aspetto. Fra i nomi sondati dalla società bianconera, ci sono anche il portoghese Rui Braz, lo spagnolo Javier Ribalta e un altro ex bianconero, Matteo Tognozzi. Ma così come avvenuto nelle ultime ore del mercato calciatori, con la sorpresa Openda, anche su questo versante non è escluso che Comolli estragga un coniglio dal cilindro. E quindi, occhio alle sorprese. L'aspetto più importante che filtra dal mondo bianconero è il concetto di 'squadra', in campo come in dirigenza. Dopo l'assolo di Cristiano Giuntoli, terminato male con l'allontanamento del dirigente ex Napoli sul finire della stagione 2024-25, la chiave ora è quella della ricerca dell'equilibrio fra competenze e poteri all'interno dell'area sportiva. E' questa l'idea sulla quale si basa la nuova Juventus, anche per il ds. Alla fine, sarà Comolli a coordinare la squadra e ad avere l'ultima parola sulle questioni cruciali, ma nell'ambito di un lavoro di squadra, nel quale ognuno avrà margine d'azione e diritto di parola. Mi sono permesso di tradurre l'articolo in italiano
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6 punti
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6 puntima banalmente per spiegare che non cambierà nulla basta portare questo esempio: margine di tolleranza di 5 cm ti fischiano fuorigioco perché il tuo attaccante è 5.01 cm avanti rispetto al difensore convalidano un goal contro di te perché l'attaccante è avanti 4.99 cm rispetto al difensore Finchè non si accetta che il fuorigioco è una regola che ha queste situazioni al limite, non c'è soglia di tolleranza che tenga.
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5 puntiIn pratica si torna a 20anni fa quando doveva "esserci luce" tra i due
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5 puntiCiao ragazzi, faccio la solita incursione post slam. Breve dialogo di ieri sera, prima della partita, con la moglie, newcomer appassionata di tennis, anzi, tifosissima faziosa e sfegata di Jan il Rosso. - Dimmi chi vince... - Non lo so, non ho doti divinatorie... - Dai...dimmi chi vince secondo te... - Vuoi sentirlo? - Sì! - Vince Alcaraz... - *... - E allora perché me lo chiedi? Per insultarmi? In verità, ho avuto modo, visti gli orari, di vedere molto del torneo dei due figli degli dei; e tutto sommato, leggendo fra le righe, e al netto del (mio) veloavevodettismo, sempre specioso, era abbastanza intuibile la percezione che fra i due, Carlos arrivasse all'atto finale in condizioni psico-fisiche nettamente migliori. Lo spagnolo si è presentato a NY tirato a mille, con il sangue agli occhi (al di là dei suoi larghi sorrisi che elargisce sempre in gran quantità), con la ferocia dell'orgoglio ferito e la determinazione e concentrazione di un uomo in missione. La percezione generale, era che Sinner fosse il vero numero uno, al di là della classifica, da almeno un anno e mezzo; che al Roland Garros fosse finita come era finita anche per volere degli dei, e che a Wimbledon si fosse visto l'esatto rapporto di forze tra i due ("nello scambio è più forte di me!!!" - cit.), e Carlitos, da un lato, in cuor suo sapeva benissimo che questa percezione generale era fondata e corretta; dall'altro, non l'ha accettata; lui al di là dei complimenti, anche sinceri, che elargisce, è convinto in cuor suo di essere il migliore; è tipico dei campioni. Non l'ho MAI visto giocare un torneo come questo US Open, in nessuno degli altri 5 major vinti in precedenza; ha dominato tutto e tutti dal primo turno alla finale; anche dopo il secondo set perso, un po' per il suo fisiologico bisogno di rifiatara (è un bisogno mentale, non una distrazione), molto per la classe e per l'orgoglio parimenti smisurato di Jannik, la sensazione era che l'esito fosse già scritto; a parte quei venti minuti nel secondo, non c'è mai stata partita, siamo sinceri. Jannik è arrivato all'atto conclusivo con una serie di piccoli (?) acciacchi, e comunque ha affrontato tutto lo swing americano in condizioni così così; forse, anche uno Cyborg come lui ha sentito un leggero appagamento dopo lo storico trionfo a Wimbledon. I discorsi su chi sia il più forte, sempre condizionati dal sic et nunc, lasciano il tempo che trovano. Ripeto sempre, con gli amici, che io, in più di quarant'anni che gioco (ad infimi livelli) e seguo il tennis, uno come Alcaraz non l'avevo MAI visto; un tale connubio di potenza, resistenza, esplosività, mentalità vincente, bagaglio tecnico smisurato e talento fuori da ogni logico, è un uniqum; nemmeno in Federer ho visto tutto ciò. Ma, parimenti, fino all'altro ieri consideravo Djokovic, per quanto mi sia sempre stato a pelle piuttosto antipatico, considerando il tennis a 360 gradi, il più forte e completo di tutti, sia di Roger, che di Rafa, al di là del numero degli slam vinti. Ma vedendo Sinner, vedo in lui un Nole 2.0, l'evoluzione della specie; simile al serbo, ma un filo più forte fisicamente, un filo più veloce, un filo più preciso, un filo in più in tutto; e quindi... La cosa bella è che entrambi traggono ispirazione e stimoli l'uno dall'altro; senza Jannik, Carlitos non avrebbe avuto la maturazione che sta evidenziando; senza Carlitos, Jannik non avrebbe fatto i progressi tecnici che l'hanno portato a questi livelli siderali, e ad essere il numero uno indiscusso da un anno e mezzo a questa parte. Della classifica non me ne è mai fregato niente; tanto più che, quella attuale, è un frutto bacato di un albero avvelenato alle radici dalla famosa squalifica subita da Sinner; e quindi, lascia il tempo che trova. Rimangono i due slam a testa al termine di una stagione incredibile; questi due hanno portato il tennis ad un livello tale che non ce ne rendiamo nemmeno conto fino in fondo. E la serie degli h2h nelle grandi finali, temo sia solo all'inizio. Temo per gli altri, ovviamente. Godiamoci lo spettacolo. Sperando, almeno, in un terzo incomodo; che, per me, non sarà Fonseca.
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5 puntiHa fatto una buona partita, quello che è certo però è che un buon centrocampo batte 9 volte su dieci un buon attacco.
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4 punti
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4 punti
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4 puntiSe gli allenatori della Juventus fossero nel mondo di Dungeons & Dragons, che allineamento avrebbero? Dopo il "successo" del post sull'allineamento dei Capitani, ecco l'analogo lavoro per gli allenatori più emblematici, in un senso o nell'altro, della nostra storia! Giovanni Trapattoni: Legale Buono Giovanni Trapattoni è la quintessenza del Legale Buono, un personaggio che si impegna a fare la cosa giusta, rispettando le regole, le tradizioni e un profondo codice d'onore. La sua figura è stata quella di un padre per i giocatori e di un "mister" vecchio stampo, le cui due lunghe e vincenti ere alla guida della Juventus (dal 1976 al 1986 e dal 1991 al 1994) si basavano su disciplina, lealtà e un senso etico del lavoro. Il suo stile di gioco, pur essendo solido e difensivo, non era un dogma, ma l'espressione di una mentalità che anteponeva il bene della squadra al singolo. Il suo rapporto paterno con i giocatori è leggendario, come dimostra la famosa frase "Platini è come un figlio per me", che riassume il suo approccio umano e protettivo. La sua saggezza, radicata in un profondo pragmatismo, si riflette in un'altra celebre frase: "Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco". Un detto che, con la sua prudenza e la sua semplicità, incarna perfettamente l'anima di un uomo che ha vinto tutto in maniera onesta e misurata, restando sempre fedele a sé stesso e ai valori più profondi dello sport. Carlo Ancelotti: Neutrale Buono Carlo Ancelotti incarna alla perfezione l'allineamento di Neutrale Buono, un personaggio che agisce per il bene degli altri, senza essere vincolato da leggi o dogmi, ma seguendo un proprio senso di giustizia e umanità. Il suo è un approccio al calcio basato sulla leadership emotiva e sulla gestione umana dello spogliatoio. Il suo periodo alla Juventus fu un paradosso vivente, un "uomo del Milan" in una squadra dal DNA freddo e pragmatico. Fin dal suo esordio, fu accolto da uno striscione con la scritta "Un maiale non può allenare", una frase che riassume l'ostilità di una parte della tifoseria che lo vedeva come un corpo estraneo. In quell'ambiente, Ancelotti non vinse lo Scudetto, ma mostrò la sua vera natura: non reagì con rabbia o vendetta, ma con la sua solita calma, dimostrando di essere un "maestro di tranquillità" in grado di sopportare le pressioni più estreme. Il suo motto era quello di costruire un rapporto di fiducia con i giocatori, concedendo loro libertà in campo e dimostrando empatia, un approccio che lo differenziava dai tecnici più rigidi. Un aneddoto significativo è l'incontro con Paolo Montero: Ancelotti voleva imporre il suo rigido 4-4-2, ma il difensore gli disse "Tu non capisci", riferendosi alla necessità di adattarsi a campioni come Zidane. In quel momento, Ancelotti comprese che il suo sistema non era la cosa più importante, e da lì in poi decise di adattarsi ai giocatori, non il contrario. Questa sua capacità di mettere da parte il dogma per il bene della squadra e per il benessere dei giocatori, lo ha reso uno degli allenatori più vincenti e rispettati del mondo, un perfetto Neutrale Buono che ha fatto della sua umanità la sua più grande forza. Andrea Pirlo: Caotico Buono Andrea Pirlo è senza dubbio il candidato più corretto per l'allineamento di Caotico Buono. Questo allineamento si adatta a chi agisce in base a un'etica personale che va oltre le regole e le convenzioni, con l'intenzione di fare del bene. Per Pirlo, questo "bene" era l'idea romantica e idealistica di un calcio propositivo, estetico e moderno, contrapposto al pragmatismo storico della società. La sua stessa nomina fu un atto di profondo caos, un'esperienza al limite del "suicidio" sportivo, che la dirigenza accettò per provare a ritrovare la sua anima. Il suo calcio era un'arte più che una scienza, un insieme di intuizioni geniali e di caos che non si è mai tradotto in una tattica coerente. La sua costante sperimentazione di moduli e giocatori, che non si è mai conclusa con un'idea di gioco ben definita, è l'espressione massima della sua natura caotica. L'aneddoto decisivo è la sconfitta per 0-3 contro il Milan, una partita che ha mostrato il totale collasso tattico della squadra e la sua incapacità di adattarsi. Nonostante tutto, Pirlo non può essere considerato un "malvagio". Il suo è stato un progetto fallito, ma il suo intento era "buono". E a testimoniare questo intento c'è la vittoria in Coppa Italia del 2021 contro l'Atalanta. Quella sera, in una partita frenetica, riuscì a conquistare un trofeo, dimostrando che il suo caos, per quanto imprevedibile, aveva un cuore e una finalità "buona". Il suo essere un "poeta" in un ambiente di "ingegneri" lo ha portato a lasciare un segno inaspettato, dimostrando che le sue intenzioni, per quanto fuori dagli schemi, avevano un fondo di bontà. Marcello Lippi: Legale Neutrale Marcello Lippi è l'incarnazione del Legale Neutrale. Questo allineamento si adatta a chi si concentra su legge, tradizione e onore, agendo secondo un codice rigido e pragmatico per ottenere il risultato, senza badare al bene o al male. Lippi ha costruito un'epoca di successi basata sulla disciplina ferrea e sulla mentalità vincente, trasformando la Juventus in una vera e propria macchina da guerra. La sua carriera è costellata di successi, dalla vittoria della Champions League nel 1996 alle tre finali perse, a testimonianza di una mentalità che ha sempre puntato al massimo risultato. Le sue dimissioni, onorevoli e dignitose, al termine del primo ciclo, e il suo successivo ritorno a Torino per vincere ancora, dimostrano la sua professionalità e la sua incrollabile dedizione al dovere. Il suo successo culminò con la vittoria al Mondiale del 2006 con un blocco di giocatori della Juventus, a riprova della sua capacità di creare un sistema vincente basato sulla disciplina. Non a caso, molti dei suoi ex calciatori, come Conte e Deschamps, sono diventati allenatori di primo piano, a testimonianza della sua influenza. Tuttavia, il suo lato "legale" e rigido si è manifestato in alcuni passaggi in chiaroscuro, come il rapporto con Roberto Baggio. La sua scelta di escludere un fuoriclasse come Baggio per una questione di equilibrio tattico e di rispetto delle gerarchie, dimostra la sua natura pragmatica che antepone il sistema al singolo. La sua frase "La vittoria non ha colore, è solo un'operazione matematica" riassume perfettamente la sua filosofia, che non ammetteva sentimentalismo, ma solo risultati. Massimiliano Allegri: Neutrale Puro Massimiliano Allegri è il prototipo del Neutrale Puro, un personaggio che agisce secondo il proprio istinto, senza allinearsi a bene o male, legge o caos. La sua filosofia è l'antitesi di qualsiasi dogma calcistico: non si cura del bel gioco, della tattica o della filosofia, ma solo del risultato. "Il bel gioco non vince i trofei" è una frase che incarna perfettamente la sua essenza. La sua natura vincente si è palesata fin da subito. È subentrato ad Antonio Conte, che aveva dichiarato che la Juventus non poteva "mangiare nel ristorante da 100 euro", e invece Max ha portato quella stessa squadra a giocare due finali di Champions League in tre anni. Ha dimostrato che la sua mentalità e la sua capacità di adattarsi erano superiori a qualsiasi preconcetto. Allegri è un camaleonte che si adatta alle situazioni, trovando sempre il modo di vincere, senza seguire un codice preciso. La sua creatività tattica, il suo saper cambiare ruolo in maniera sorprendente a un giocatore, e la sua capacità di ribaltare una partita con le "allegrate", sono la prova del suo camaleontismo. È l'allenatore aziendalista che allena i giocatori che gli vengono dati, senza mai fare polemica con la società. Ma è anche il personaggio che dà spettacolo nelle conferenze stampa, come nella diatriba dialettica con Adani e i "giochisti", dimostrando che il suo pragmatismo ha una vena di caos e teatralità. Fuori dal calcio, la sua passione per l'ippica e il suo atteggiamento non convenzionale, lontano dai cliché, lo rendono un personaggio unico. Un suo tratto distintivo è il suo approccio umano verso i giocatori, con i quali instaura un rapporto di stima e fiducia, come nel caso del video in cui gioca a basket con Pogba, che dimostra come la sua leadership sia basata sulla relazione umana. I suoi due addii sono la perfetta sintesi della sua natura. Il primo, al termine del suo ciclo vincente, fu condito da una conferenza stampa al fianco del presidente, dove le sue parole polemiche furono un'evidente frecciata al suo successore, Sarri. Il secondo, invece, lo ha visto fare da parafulmine per una società allo sbando, portando la squadra in Europa nonostante la penalizzazione, culminando nella vittoria della Coppa Italia e in un licenziamento inaspettato. I suoi gesti, come il "dov'è Rocchi?" urlato in campo o il dito puntato verso il dirigente Giuntoli, dimostrano come la sua "neutralità" non sia passiva, ma una reazione diretta e pragmatica alle ingiustizie percepite. Luifi Maifredi: Caotico Neutrale Luigi "Gigi" Maifredi incarna alla perfezione l'allineamento di Caotico Neutrale. Questo archetipo si adatta a un individualista che segue le proprie regole, agendo in modo imprevedibile e disordinato, senza un'intenzione morale precisa, ma che spesso finisce per distruggere ciò che lo circonda. La sua nomina alla Juventus fu l'atto inaugurale della "rivoluzione di Montezemolo", un tentativo di rottura con il passato e il "calcio champagne" del "profeta di Brescia" si scontrò con la tradizione pragmatica dei bianconeri. Maifredi, con la sua fede nel gioco a zona e la sua natura di sperimentatore, si è trovato in un ambiente che non era pronto per il suo caos. Il suo approccio "neutrale", che non si curava delle vecchie abitudini, lo ha portato a non adattarsi a una squadra di campioni e ad avere difficoltà nel rapporto con lo spogliatoio. Celebre è l'aneddoto in cui dovette entrare in campo per portare via a braccia un esuberante Di Canio dopo una provocazione. Il suo spirito caotico e idealista si è scontrato con la realtà dei fatti, portando a un disastro sportivo che la Juventus non conosceva da decenni. La sua squadra, pur mostrando a tratti un bel gioco, si rivelò imprevedibile e instabile, fallendo la qualificazione alle coppe europee dopo 28 anni. Il suo atteggiamento noncurante della tradizione e della storia del club si riassume perfettamente in un aneddoto del suo primo incontro con Gianni Agnelli. A una domanda dell'Avvocato sull'abitudine di firmare solo contratti annuali, Maifredi rispose: "Se le cose vanno bene, rinnovo; se vanno male, me ne vado", al che Agnelli replicò: "Maifredi, lei abbandona la nave quando sta affondando". Questa frase, insieme al fallimento del suo progetto, riassume perfettamente l'essenza di un allenatore che ha perseguito un suo ideale di gioco senza un reale senso del dovere, portando al disastro e lasciando una ferita profonda nella storia della Juventus. Maurizio Sarri: Legale Malvagio Maurizio Sarri è l'incarnazione del Legale Malvagio, un personaggio che persegue i propri obiettivi con una disciplina incrollabile e un codice rigido, imponendoli agli altri senza curarsi del loro benessere o delle loro sensazioni. Il suo "Sarrismo" non è una semplice filosofia di gioco, ma un dogma, una legge assoluta che deve essere rispettata. Il suo arrivo alla Juventus, dopo il ciclo di Massimiliano Allegri, fu un atto di rottura, un tentativo di imporre la propria visione a un ambiente abituato al pragmatismo. La sua intransigenza tattica, che lo portava a voler adattare i giocatori al suo sistema piuttosto che il contrario, si scontrò con la natura di uno spogliatoio di campioni. I conflitti con i senatori della squadra non furono solo un problema di coesistenza, ma la testimonianza di una lotta tra la sua rigida "legge" e le abitudini consolidate di un gruppo vincente. A un certo punto, pare che rivolse frasi poco piacevoli ai suoi giocatori, che resero il rapporto insostenibile. Il suo allineamento "malvagio" si è rivelato in modo palese quando, dopo aver capito di non poter imporre il suo gioco, ha scelto di fare buon viso a cattivo gioco. Invece di dimettersi o di continuare a battersi per i suoi principi, ha scelto la via più pragmatica per mettere in bacheca il suo primo e unico Scudetto. Questo compromesso, che ha sacrificato la sua anima calcistica per il risultato, è il lato oscuro e calcolato del suo allineamento. La sua vittoria non è stata un trionfo, ma la fine di un percorso, un'operazione matematica che ha portato al titolo ma che ha lasciato una squadra senza anima, un'eredità tattica confusa e un esonero inevitabile. Thiago Motta: Neutrale Malvagio Thiago Motta, con la sua filosofia di "calcio posizionale", incarna l'allineamento di Neutrale Malvagio. Questo archetipo si adatta a chi agisce in modo calcolato e spietato, senza seguire un codice morale, ma unicamente per il proprio tornaconto. Le sue decisioni non sono dettate dal caos, ma da una fredda logica che antepone il proprio progetto a tutto il resto. Il suo arrivo alla Juventus, salutato come un nuovo inizio, si è presto rivelato un disastro, una "lunga caduta". La sua "fluidità posizionale" si è tradotta in una squadra senza un'identità chiara, con i giocatori persi in campo e una generale mancanza di coesione. A dispetto delle sue dichiarazioni che attestavano le sue scelte alla volontà dei giocatori, le sue decisioni, spesso irrazionali, sembravano dettate da un fare dispotico che ha distrutto la squadra. Le sue scelte, come accantonare Vlahovic o cedere un capitano come Danilo senza un adeguato saluto ai tifosi, non sembrano dettate da un intento "buono", ma da una spietata logica di distruzione per ricostruire, un po' come un "malvagio" che brucia la foresta per costruirci un grattacielo. I suoi esperimenti, le sue scelte discutibili e la sua incapacità di adattarsi alla realtà si sono scontrati con la Juventus, e il risultato è stato il fallimento. La sua avventura si è conclusa con un esonero burrascoso, lasciando la squadra senza un trofeo e con un rapporto rotto con lo spogliatoio. La qualificazione in Champions League è arrivata solo grazie al subentro di Tudor. Il suo "Fa male ma rifarei tutto", pronunciato dopo la sconfitta contro il Norimberga, non denota l'orgoglio di un artista, ma l'arroganza di un personaggio convinto di essere nel giusto a prescindere dal risultato. La sua storia alla Juventus è un esempio di come un'idea, quando è sostenuta da un'assenza di empatia e da una fredda ambizione, può diventare una forza distruttiva e malvagia. Antonio Conte: Caotico Malvagio Antonio Conte incarna la perfetta essenza del Caotico Malvagio, un allineamento che si addice a chi persegue i propri scopi a discapito di qualsiasi lealtà o morale, usando il caos e la sua imprevedibilità per ottenere il potere. La sua natura egoistica e distruttiva si è manifestata con la sua lamentela costante nei confronti della proprietà. Alla Juventus, questo atteggiamento è simboleggiato dalla celebre metafora del "ristorante da 100 euro", con cui ha lamentato la mancanza di investimenti per la squadra. A cementare la sua immagine di Caotico Malvagio ci sono anche i suoi addii inaspettati. Il suo passaggio alla panchina dell'Inter, storica rivale, è stato percepito come un vero e proprio tradimento, un'azione guidata dal desiderio di rivalsa personale e dal gusto di infliggere un colpo alla sua ex-squadra. Ma il suo atto più eclatante è arrivato nell'estate del 2025, quando, mentre giornalisti e tifosi si aspettavano il suo ritorno a Torino per risollevare la squadra, ha rinnovato inaspettatamente con il Napoli. Un episodio vissuto come un versare sale sulla ferita ancora aperta dell'addio del 2014. Si ipotizza che Conte abbia sfruttato l'interesse della Juve solo per ottenere da De Laurentiis il potere assoluto e illimitato a Napoli: questa sì che è un'azione caotica e malvagia! Il suo lato "malvagio" si è espresso anche nella ricerca ossessiva di record personali, come i 102 punti in campionato. Questo traguardo, più importante per lui che per la società, ha portato a sacrificare il cammino europeo, culminato nell'eliminazione ai gironi di Champions League e nella sconfitta in semifinale di Europa League, perdendo l'occasione storica di giocare la finale a Torino.
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4 puntiè tipo la partita sulla spiaggia di "Tre uomini e una gamba".
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4 puntiQuello che volevo dire è che a me pare che le valutazioni della forza globale dei due tendano, in generale, ad essere troppo esaltate nei confronti di Alcaraz e un po' troppo tiepide nei confronti di Sinner, forse proprio in virtù della maggiore spettacolarità e varietà dei colpi dello spagnolo, che sono certo indicatori di talento ma non sono il tutto nella valutazione della forza complessiva di uno sportivo. In altre parole, vi sono altre componenti fondamentali a 'fare' di un giocatore un campione, che Sinner ha dimostrato di avere, AD OGGI, più di Alcaraz molto meno stimate solo perchè molto meno appariscenti. 1) Alcaraz ha più talento naturale e più sensibilità di Jannik? Senza dubbio (e lo dissi già in passato, mi pare visibile) 2) Se Alcaraz e Sinner sono entrambi al top della condizione, 2 volte su 3 vince Alcaraz? Probabilmente sì, in virtù del punto 1 3) Alcaraz è salito in continuità e in lucidità tattica, da oggi a Sinner lascerà le briciole a tempo indeterminato? Affermazione implicata dal momento, tutta da dimostrare e ingenerosa nei confronti di Sinner, per quanto visto negli ultimi due anni In sostanza, i due campioni, pur diversi, sono molto più vicini tra loro di quanto molti continuano a ritenere, e sono bastati due mesi, dopo due anni di predominanza dell'italiano, per riportare a galla l'assioma 'Alcaraz è Dio, Sinner un campione comunque subalterno'. Personalmente lo trovo non solo ingiusto ma abbastanza prematuro IMHO
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4 puntiL'importante è che sia uscito intero. Odio le nazionali.
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4 puntiLa cosa impressionante di questo ragazzo è che proprio giocate fine a se stesse non le vuole fare.😁 Le sue giocate sono sempre utili a qualcosa di produttivo. Grande giocatore.
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4 punti
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3 puntiAnche per quanto mi riguarda il ricordo più bello è legato alla prima partita vista dal vivo allo Stadium, nello specifico Juventus-Copenhagen 3-1 della fase a gironi della Champions League 2013/14 con tripletta di Vidal
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3 puntiBravo. Borg, McEnroe, Connors, Lendl, Wilander e Becker sommati hanno vinto 53 major in sei. Djokovic, Federer e Nadal 66 in tre. Perché erano più forti loro, o perché era più scarsa la concorrenza? Murray ha vinto soli tre major perché era meno forte di Becker e Wilander, o perché nei big three aveva avversari più forti? Se Borg non si fosse ritirato a 24 anni, quanti major avrebbe vinto? Sarebbe arrivato a 14 RG come Nadal? Se nel 1985-86 ci fosse stato lui, Becker avrebbe vinto quei due Wimbledon? Sono tutte ipotesi senza risposte certe. Si può solo dire che de facto i titoli per ognuno quelli sono.
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3 punticome mai Dybala ha accettato la proposta della Roma dopo che ha rifiutato le nostre che erano anche più alte? Come mai ha firmato per la Roma con quella ridicola clausola rescissoria che nessuna società terza ha mai voluto esercitare? Forse perchè alcuni calciatori si convinco di avere un valore molto elevato e devono poi sbattere il muso contro la dura realtà per capire quale sia la considerazione che di loro ha il mondo reale
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3 puntiBeh dai, gioca bene anche quando lo mettono "a pisciare sulla bandierina del calcio d'angolo" (multi-cit.)
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3 punti
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3 puntiMeglio che sto zitto sennò mi querelano
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